Al tardo meriggio
d'un giorno qualunque di maggio
primavera è lontana
e l'estate è in letargo.
Piove sulla triste e solitaria vallata
e confusi da anomali stagioni
gabbiani volteggiano in cerca di cibo
tra rifiuti abbandonati dai più nelle vie.
Una nebbia leggera sulle cime rocciose
con sinuose e leggiadre movenze si posa,
stampando baci fugaci
in un tempo che corre veloce.
Il silenzio intorno sa di fumo e di canto
d'un dolore prigioniero in mondo cieco e sordo
che si prepara alla notte per nasconderne gli echi.
E il borbottio malinconico del mare mi giunge
nelle sonorità dell'onde frantumate sugli scogli a picco,
nascondendo grida che svaniscono in solitudine,
come pensieri senza respiro,
tra flutti di note d'un attimo infinito.
E piango per ciò che nella vita si frantuma,
poi sorrido per ciò che la stessa ricompone
scansando ombre intorbidite.
Nel barlume d'un secondo a suon di musica,
nel pensiero si cristallizza la felicità.