«Oggi spacco tutto!» Riccardo, cuffia calata fino agli occhi, costume verde fluorescente e ciabatte blu è pronto per l’allenamento.
Si tuffa e inizia a nuotare con vigore.
Scivola leggero nell’acqua, respiro dopo respiro, una bracciata dietro l’altra. L’allenatore lo segue lungo il bordo della vasca con il cronometro in mano.
«Bravo Ric! Vai così… Vai così!»
Un’ora e mezzo di felicità liquida per tre giorni alla settimana. Diciotto ore al mese.
Ventidue aggiungendo il tempo necessario per gli spostamenti in auto e lo spogliatoio.
Riccardo, un pesce fuor d’acqua nella vita di tutti i giorni, un siluro tra le corsie della piscina.
In camera, una foto grande quanto tutta la parete gli ricorda il giorno più bello.
In tre sorreggono il tricolore. La medaglia al collo. Argento nei duecento farfalla. La gioia limpida come un cristallo riluce sul volto.
Mercoledì. Sul calendario il giorno è cerchiato di rosso insieme al lunedì e al venerdì.
Il borsone è pronto. Riccardo cammina avanti e indietro fissando l’orologio al polso.
«Mamma, partiamo?»
La donna lo guarda dritto negli occhi cercando le sue mani.
«Amore, oggi la piscina è chiusa.»
«È tardi. Devo nuotare. Andiamo.»
«Non possiamo uscire, tesoro.»
Riccardo esce dalla stanza per tornare un attimo dopo col calendario in mano.
«Mamma, lo vedi?» Le indica il cerchietto rosso. «Oggi devo spaccare. Andiamo.»
«Ascolta, Riccardo. C’è una brutta malattia in giro. Tutte le persone devono restare in casa.»
Riccardo si tappa le orecchie con le mani. Sbatte la porta di camera e si butta sul letto.
Si spoglia, indossa il costume e l’accappatoio e resta a guardare il soffitto.
«Pronto… Sì, gliel’ho detto. No, non l’ha presa bene.»
Due mesi, forse tre o chissà magari qualcuno in più. Senza cloro, senza nuoto, senza felicità.
Riccardo gira a vuoto nella stanza. Vive in accappatoio e non parla quasi mai.
La mamma lo sente piangere spesso. Il medico gli ha prescritto un farmaco per aiutarlo a superare le crisi, ma lei preferisce non somministrarglielo. Non vuole vederlo stordito.
A volte riesce a calmarlo portandogli un secchiello pieno d’acqua, come faceva quando era bambino. Ancora adesso gli occhi si illuminano di un sorriso obliquo quando immerge le mani a lungo, fino a farle raggrinzire.
“Dottore, è capitato perché sono troppo vecchia per avere un figlio?”
“L’età è un fattore di rischio, ma non è detto che sia il suo caso. Non deve farsene una colpa.”
“Dottore, io voglio tenerlo.”
Mentre lo guarda giocare, le lacrime sono spilli che pungono dietro le palpebre. Riccardo, un bambino difettoso ieri, un giovane speciale oggi.
Forse la soluzione è proprio lì davanti agli occhi. Peccato non avere una vasca! Però…
«Riccardo, vieni che ti ho preparato la doccia.»
Lui solleva lo sguardo. «Posso mettermi il costume?»
«Certo, amore.»
«Posso mettere anche la cuffia?»
«Sì, se vuoi.»
«Un’ora e mezzo, mamma. Devo spaccare.»
Magari non è la soluzione più economica, ma Riccardo grazie a quelle docce riesce a sopportare la clausura.
Un’ora e mezzo tre volte alla settimana. Indossando cuffia, costume e ciabatte. Fino a quando gli impianti sportivi non potranno riaprire.
«Pronto. Sì, sono io… Davvero? Riccardo non vede l’ora.»
La donna rovista nel cassetto in cerca di una penna.
«Allora ci vediamo lunedì prossimo alle diciassette, buona giornata anche a lei.»
Chiusa la telefonata si precipita nella stanza del figlio.
«Riccardo, prendi il calendario. Ecco, fai un bel cerchio rosso qui.»
Non c’è bisogno di dire altro. Nel giro di cinque minuti, Riccardo riempie le settimane di allegri anelli colorati.
Il lunedì sembra non arrivare mai. Sono le quindici e il borsone è già pronto.
«Mamma, partiamo?»
«È ancora troppo presto.»
«Mamma, devo nuotare. Andiamo.»
Riccardo, cuffia calata fino agli occhi, costume verde fluorescente e ciabatte blu siede nello spogliatoio. Manca più di un’ora all’inizio dell’allenamento, ma lui è già pronto per ricominciare.