Au revoir là-haut (Ci rivediamo lassù) - Pierre Lemaitre
"En le tenant contre lui, Albert se dit que pendant toute la guerre, comme tout le monde, Edouard n'a pensé qu'à survivre, et à présent que la guerre est terminée et qu'il est vivante, voilà qu'il ne pense plus qu'à disparaitre. Si meme les survivants n'ont plus d'autre ambition que de mourir, quel gachis..."
(Tenendolo tra le sue braccia, Albert si disse che durante tutta la guerra, come tuti, Edouard non ha pensato che a sopravvivere, e ora che la guerra è finita e che è vivo, ecco che non pensa ad altro che scomparire. se perfino i sopravvissuti non hanno altra ambizione che morire, che disastro...)
Che bello! E' la prima frase che mi è venuta in mente quando ho finito questo libro, ma è anche la frase che mi sono ritrovato spesso a ripetere durante la sua lettura.
Nella mia continua ricerca di romanzi francesi da leggere in lingua originale, mi sono imbattuto in questo autore, ahimè, prima d'ora a me sconosciuto: ed è stato proprio un gran bell'imbattersi.
Primo di una trilogia che comprende anche Couleurs de l'incendie (I colori dell'incendio) e Miroir de nos peines (Lo specchio delle nostre miserie) Au revoir là-haut è un libro che racconta una storia drammatica, dura, con una leggerezza, un'ironia di fondo continua che lascia il lettore incredulo e favorevolmente sorpreso fin dalle prime pagine ambientate nella trincea francese a poche ore dalla tregua finale della prima guerra mondiale con i tedeschi.
Qui conosciamo tre dei protagonisti dell'intero romanzo, Albert Maillard, il debole, il perdente, forse perché infinitamente buono, Edouard Péricourt il ricco estroso e originale, la vera vittima della guerra e infine Henry d'Aulnay-Pradelle il cattivo, spregiudicato, senza scrupoli... Molti altri personaggi conosciamo lungo le 500 pagine del romanzo ma, senza spoilerare nulla, i tre protagonisti sono loro, autori, ciascuno a modo proprio, di due grandi, grandissime frodi dagli esiti diametralmente opposti.
Si sorride, spesso, tra le pagine del romanzo, si soffre con i due protagonisti "buoni", si parteggia per loro anche quando la logica direbbe esattamente di fare il contrario, ma quello che più conta, è che pagina dopo pagina si scopre che si ha a che fare con un "grande" autore che tratta con una perizia notevole una materia decisamente esplosiva accompagnando il lettore dentro il cuore e la mente dei suoi personaggi che scava a fondo e tratteggia fin nei minimi particolari.
E quando li si lascia sia durante la lettura sia quando la stessa è terminata, ci si accorge che sono entrati a far parte della tua vita, ti ritrovi spesso durante la giornata a pensare a loro a chiederti cosa gli succederà o a sentirne la mancanza.
Nel leggere le ultime pagine mi è capitata una cosa che raramente mi succede quando leggo un libro: il voler centellinare le pagine non perché non vedessi l'ora di scoprire come sarebbe finita, ma per il vero timore che potesse finire in modo diverso da come io desiderassi.
Per chi può, consiglio vivamente la lettura in lingua originale, Lemaitre è un maestro nell'uso delle parole e nella costruzione della frase!
"En fait, Albert le comprend maintenant: Edouard n'aura plus la force de se tuer. C'est fini. S'il avait pu se jeter par la fenetre le premier jour, tout aurait été réglé, le chagrin et les larmes, le temps, l'interminable temps à venir, tout se serait achevé là, dans le coeur de l'hopital militaire, mais cette chance est passée, il n'aura plus jamais le courage: le voici condamné à vivre."
(In effetti, Albert lo capisce ora. Edouard non avrà più la forza di uccidersi. E' finito. Se avesse potuto gettarsi dalla finestra il primo giorno, tutto si sarebbe sistemato, il dolore e le lacrime, il tempo, l'interminabile tempo che verrà, tutto si sarebbe compiuto là, nel cuore dell'ospedale militare, ma questa possibilità è passata, non ne avrà mai più il coraggio: eccolo condannato a vivere)
"En le tenant contre lui, Albert se dit que pendant toute la guerre, comme tout le monde, Edouard n'a pensé qu'à survivre, et à présent que la guerre est terminée et qu'il est vivante, voilà qu'il ne pense plus qu'à disparaitre. Si meme les survivants n'ont plus d'autre ambition que de mourir, quel gachis..."
(Tenendolo tra le sue braccia, Albert si disse che durante tutta la guerra, come tuti, Edouard non ha pensato che a sopravvivere, e ora che la guerra è finita e che è vivo, ecco che non pensa ad altro che scomparire. se perfino i sopravvissuti non hanno altra ambizione che morire, che disastro...)
Che bello! E' la prima frase che mi è venuta in mente quando ho finito questo libro, ma è anche la frase che mi sono ritrovato spesso a ripetere durante la sua lettura.
Nella mia continua ricerca di romanzi francesi da leggere in lingua originale, mi sono imbattuto in questo autore, ahimè, prima d'ora a me sconosciuto: ed è stato proprio un gran bell'imbattersi.
Primo di una trilogia che comprende anche Couleurs de l'incendie (I colori dell'incendio) e Miroir de nos peines (Lo specchio delle nostre miserie) Au revoir là-haut è un libro che racconta una storia drammatica, dura, con una leggerezza, un'ironia di fondo continua che lascia il lettore incredulo e favorevolmente sorpreso fin dalle prime pagine ambientate nella trincea francese a poche ore dalla tregua finale della prima guerra mondiale con i tedeschi.
Qui conosciamo tre dei protagonisti dell'intero romanzo, Albert Maillard, il debole, il perdente, forse perché infinitamente buono, Edouard Péricourt il ricco estroso e originale, la vera vittima della guerra e infine Henry d'Aulnay-Pradelle il cattivo, spregiudicato, senza scrupoli... Molti altri personaggi conosciamo lungo le 500 pagine del romanzo ma, senza spoilerare nulla, i tre protagonisti sono loro, autori, ciascuno a modo proprio, di due grandi, grandissime frodi dagli esiti diametralmente opposti.
Si sorride, spesso, tra le pagine del romanzo, si soffre con i due protagonisti "buoni", si parteggia per loro anche quando la logica direbbe esattamente di fare il contrario, ma quello che più conta, è che pagina dopo pagina si scopre che si ha a che fare con un "grande" autore che tratta con una perizia notevole una materia decisamente esplosiva accompagnando il lettore dentro il cuore e la mente dei suoi personaggi che scava a fondo e tratteggia fin nei minimi particolari.
E quando li si lascia sia durante la lettura sia quando la stessa è terminata, ci si accorge che sono entrati a far parte della tua vita, ti ritrovi spesso durante la giornata a pensare a loro a chiederti cosa gli succederà o a sentirne la mancanza.
Nel leggere le ultime pagine mi è capitata una cosa che raramente mi succede quando leggo un libro: il voler centellinare le pagine non perché non vedessi l'ora di scoprire come sarebbe finita, ma per il vero timore che potesse finire in modo diverso da come io desiderassi.
Per chi può, consiglio vivamente la lettura in lingua originale, Lemaitre è un maestro nell'uso delle parole e nella costruzione della frase!
"En fait, Albert le comprend maintenant: Edouard n'aura plus la force de se tuer. C'est fini. S'il avait pu se jeter par la fenetre le premier jour, tout aurait été réglé, le chagrin et les larmes, le temps, l'interminable temps à venir, tout se serait achevé là, dans le coeur de l'hopital militaire, mais cette chance est passée, il n'aura plus jamais le courage: le voici condamné à vivre."
(In effetti, Albert lo capisce ora. Edouard non avrà più la forza di uccidersi. E' finito. Se avesse potuto gettarsi dalla finestra il primo giorno, tutto si sarebbe sistemato, il dolore e le lacrime, il tempo, l'interminabile tempo che verrà, tutto si sarebbe compiuto là, nel cuore dell'ospedale militare, ma questa possibilità è passata, non ne avrà mai più il coraggio: eccolo condannato a vivere)