Iniziò a frugare tra i cassetti, in cerca della calcolatrice: non era mai stato forte in matematica.
“È un affare che non puoi lasciarti scappare”. Lo Smilzo, di fronte alla porta, lo guardava in attesa di una risposta, dall’alto dei suoi due metri distribuiti su un corpo che non superava i sessanta chili.
Duemila e cinquecento! Non ne aveva mai comperate così tante in tutta la sua vita, figuriamoci in una botta sola.
Dove cazzo era finita quella calcolatrice! Trovarla in quel casino era un’impresa.
Aprì le finestre appannate per far prendere un po’ d’aria al monolocale. L’aria gelida lo colpì ai polmoni, ma ne aveva bisogno per rinfrescarsi le idee: faceva un caldo boia in quell’appartamento.
“Allora… non ho tutto il giorno” lo incalzò lo Smilzo. Gli occhi, incassati in un volto emaciato, ruotavano vispi a scrutare lo squallore che lo circondava. “Vuoi passare il resto della vita in questa topaia?”
Il rumore delle auto che sfrecciavano sul cavalcavia rimbombò nella stanza.
Andrea salì con le scarpe sul divano-letto ancora sfatto, facendo scorrere la mano lungo la mensola.
“Ah, eccola!” disse fingendo di non aver sentito per il baccano.
“Quanto avevi detto? 4,80 l’una?”; si levò gli occhiali, spessi come fondi di bottiglia per armeggiare con la calcolatrice.
“Ohé! Quattro, fanno 12.000 euro. Non ci vuole mica la laurea!”
“E dove cazzo li trovo? Dammene 500, come al solito” ribatté Andrea, Quattrocchi per gli amici.
“O tutto, o niente… a questo prezzo. Prendere o lasciare. La metà in contanti… ORA!”
Andrea si diresse al bagno, chiuse la porta per non farsi vedere dallo Smilzo. Estrasse un pacchetto incellofanato dalla cassetta dello sciacquone.
“Che posto originale per nascondere quattro soldi” urlò il compare al di là della porta.
2.000 euro, e qualche spicciolo in tasca. Andrea fece due conti: 10.000 diviso 15… doveva venderne 700 per rientrare del debito.
Buttò il pacchetto sul tavolino: “E’ quello che ho. Prendere o lasciare!”
“Vabbè, ma il resto entro il trentuno, non un giorno di più. Altrimenti i miei amici ci giocano a Shanghai con le tuoi ditini… e anche con i miei”.
Quattrocchi prese la scatola: pesava, non era abituato a quelle quantità.
La appoggiò a lato dei soldi ed iniziò a contare. 25 bustine di plastica, contenenti ognuna 100 pasticche di colore verde, marrone e violetto, e con in rilievo i simboli del teschio, del diamante e delle due frecce, per contrassegnare la tipologia e gli effetti dell’ecstasy.
Lo Smilzo assisteva all’operazione, chinato in avanti; sembrava quasi stesse per rompersi in due.
“Ok, ci son tutte. Il malloppo è tuo”.
“Il resto entro il trentuno, ricordatelo” ammonì lo Smilzo sbattendo la porta.
“Possibile che non ci sia neanche un rave? Ti ricordi quante ne abbiamo smerciate alla cava di Maleo?”
“Quattro, ma con sto freddo chi lo organizza una rave” ribatté Susy.
“Sono in ballo da una settimana e ne ho piazzate solo una cinquantina. Che dovrei fare… mettere un banchetto agli Obei Obei?”
Andrea era preoccupato: a questo ritmo, al 31 non ne avrebbe vendute neanche la metà.
“Hai già provato al parchetto?”
“La Pula passa un giorno sì e uno no a rompere i coglioni. Mi conoscono… mi hanno preso di mira. Anche i clienti l’hanno capito e non si avvicinano più”.
“Abbiamo sempre Capodanno, non credi. La gente si vuole sballare: se ci giriamo quattro o cinque disco…”.
“Ma che, sei matta! I locali se li sono già spartiti i clan… quelli seri. Se ci provo, mi trovo un coltello in pancia ancor prima di cominciare”.
“Davanti al liceo?” insistette.
“Ragazzini? Non sono il mio target. Ho un’etica anch’io!”
La ragazza lo guardò imbronciata: “Ma uffa, cassi tutte le mie idee”.
Poi gli si strusciò addosso: “Dai, fammene provare una!”
“Ma non eri venuta per gli addobbi? Per rendere più accogliente questo deprimente monolocale?”
La Susy gli sbatté gli occhioni addosso: “Ma io volevo l’albero di Natale!”
“Bellina, e dove lo mettiamo un albero in questo buco?”
“Te lo metto io l’albero in un buco…” ammiccò la ragazza allungando la mano a tastare tra le gambe di Andrea, “se mi fai fare un trip”.
Prese una “E” e la fece scivolare sotto la lingua. Si sfilò il maglione pesante; non portava niente sotto, solo un paio di calzettoni di lana e di mutandine rosse con la scritta Accomodati, proprio lì. Attaccò qualche ghirlanda al lampadario, una corona di fiori secchi alla porta, uno sticker di Babbo Natale al vetro.
Quattrocchi contemplava estasiato quella ninfa mezza nuda dimenarsi per la stanza canticchiando ‘Last Christmas’ di George Michael. Ma che ci faceva con uno sfigato come lui? Con occhiali tipo Mister Magoo? Con la pancia che rotolava giù dalla cintura?
Perché chiederselo? Appena gli passò vicino, l’afferrò per la vita e la buttò sul letto.
Il trip era iniziato.
“Chi cazzo è?”
Lo Smilzo, sul pianerottolo, bussava ripetutamente, in attesa che qualcuno all’interno si degnasse di rispondere: “Sono venuto a prendere un anticipo… prima che ti vengano strane idee”.
Andrea si infilò un paio di boxer e annaspò verso la porta, tastando i mobili nella penombra.
“Era aperta… cretino” disse girando la maniglia.
Lo spilungone entrò. Alle sue spalle, Alex si piazzò a cavallo dell’uscio, con le braccia incrociate.
Accese la luce; Susy, nuda tra le lenzuola, era ancora in catalessi dalla sera precedente.
Alex lo guardò schifato: “Ma cosa ci trova in te una così?”
Andrea si voltò; senza occhiali, gli apparve solo una evanescente sfumatura rosa sul letto bianco. Preso da gelosia, si avvicinò e la coprì.
“Te pensa agli affari tuoi!”
“E io son qua per i miei” si intromise lo Smilzo: “Quanto mi dai intanto?”
“Ma non era al 31? Ho avuto qualche difficoltà. Non starmi addosso!”
“Smettila… che mi innervosisci. Quanto hai?”
“Mille…”
“Ma che, mi prendi per il culo? E come ci arrivi al resto in due settimane?”
“Ho un piano… lasciami fare”.
Susy si era appoggiata alla testata del divano-letto e seguiva la scena divertita.
“Quattro, se mi fai casini ti ci lascio affondare nella merda. Non ti ho dato le pasticche per spassartela con quella troietta”.
“A meno che non le paghi lei” aggiunse Alex strizzandole l’occhio.
La ragazza aprì le gambe, piegate sotto le lenzuola, con un gesto volgare: “E come vuoi che te le paghi?”
“Mi sembra l’abbia già capito!”
Susy lasciò scivolare il lenzuolo, scoprendo il seno.
“Adesso basta… prendete questi e fuori di qui!”
Mise i mille euro in mano allo smilzo e lo spinse malamente verso la porta: “Portati via il tuo gorilla… e non farti più vedere fino all’anno prossimo!”
“Piccola, chiamami se vuoi divertirti. Ci facciamo un viaggio insieme” urlò Alex imboccando le scale.
Andrea si buttò sul materasso sfondato.
“Mica male l’Alex” civettò Susy.
“Allora lo Smilzo ha ragione: sei proprio una troietta. Ma soprattutto ha ragione a dire che se non ci diamo una mossa, saranno guai”.
“Lasciami pensare. Ho fatto un po’ di marketing all’università… finché l’ho frequentata”.
Si mise in posa, pollice e indice sulle meningi.
“Dai Quattro, ci sono”, proseguì: “Primo: sorprendere il cliente. Secondo: attirarlo con offerte speciali. Terzo: fidelizzarlo”
“E quindi?”
“Più di venti pacchettini… solo oggi. Vedi che il marketing funziona!”, esclamò la Susy infreddolita ma super-eccitata.
Era vero. La notizia si era sparsa rapidamente tra i clienti di Andrea: tre per due, come le offerte speciali, come al supermercato. 40 euro, una scatolina, tre confetti… invece che due. E un buono per una quarta, valido a gennaio, a soli 15 euro, giusto per legare cliente e fornitore.
“Sei un genio… soprattutto nel sorprendere il cliente”, disse Andrea aprendo il lucchetto della cassetta, appoggiata sul tavolino: “840 euro… più le monete”.
Avevano passato tutto il giorno al parchetto. Andrea, vestito da Babbo Natale, si aggirava tra i vialetti e i giochi dei bambini, con il grosso sacco sulla spalla e una campanella nella mano. Gli occhiali, tondi, con la spessa montatura nera, appoggiati su grossi baffi bianchi, per la prima volta in vita sua, gli donavano un’aria bonaria e importante.
La Susy lo precedeva di qualche metro, in un delizioso abito da elfo, velluto verde con bordi di pelo rosso alle maniche. La gonnellina lasciava scoperte due gambe slanciate, avvolte in una calzamaglia a righe orizzontali, verdi e rosse come il vestito.
Quando un cliente si avvicinava alla coppia, la ragazza allungava la cassetta di legno che teneva tra le mani, per far introdurre la gradita offerta nell’apposita fessura. Solo a quel punto Babbo Natale apriva il sacco, estraendo il prezioso dono: una scatolina colorata, chiusa da un nastro con un bel fiocco, leggera come il sogno che prometteva. Con danze e balletti, la Susy consegnava il pacchettino all’estatico avventore, così, alla luce del sole, senza sotterfugi, senza precauzioni.
Se si avvicinava un bambino, avvolto nel suo bel cappottino, per far cadere una moneta nella cassetta, Babbo Natale estraeva un enorme lecca-lecca, bianco e rosso, con le stelline sul bastoncino. Poi lo prendeva in braccio, con un sorriso, per la foto di rito.
Erano tornati a casa abbracciati quella sera, godendosi lo spettacolo di luci lungo la strada. Le luminarie sembravano ancora più splendenti quell’anno. Avevano anche salutato i due Ghisa, fermi al semaforo… e questi, ignari, avevano ricambiato con un sorriso.
“Porca puttana, guarda là!” disse indicando un uomo in divisa poco lontano. Il brigadiere Bergonzi, di servizio nel quartiere, gli aveva già fatto fare qualche settimana al fresco, un paio d’anni prima.
“Tranquillo… Quattrocchi. In primis, non ho mai sentito dire ‘porca puttana’ a un Babbo Natale, per cui datti una calmata. E poi, come vuoi che ti riconosca, conciato così”.
Andrea, per nulla rassicurato, non riuscì neanche a muovere un passo: gli si era piazzata tra i piedi una bimba, con due lunghi codini biondi che spuntavano sopra i para-orecchi rosa.
“Mamma… Babbo Natale dice le parole brutte”.
Si era attaccata alla giacca di Andrea, tirandolo con forza verso la madre.
“Mamma… voglio un regalo da Babbo Natale”.
L’elfo in gonnella venne in soccorso, porgendo la cassetta: “Una moneta per un regalo!”
“Tieni amore, metti la moneta nel buchino” disse la madre allungandole due euro.
“Ecco qua! Un bellissimo lecca-lecca per la mia piccina” disse Andrea.
“Ma io voglio la scatolina, come il signore di prima” frignò la bambina.
La Susy afferrò una altro lecca-lecca dalla sacca: “Non fare così, dai: un doppio lecca-lecca da Babbo Natale per la piccola principessa”.
“Ho detto che voglio la scatolina, quella rosa” urlò la bambina.
“Su, cosa le costa, le dia la scatolina e si riprenda i due lecca-lecca” incalzò la madre alquanto scocciata.
Andrea guardò allarmato verso il Bergonzi che si stava dirigendo verso di loro, attirato da quel vociare. Si frugò in tasca: “Ecco, si tenga i suoi due euro… anzi, gliene lascio cinque”. E si voltò per allontanarsi.
La signora afferrò l’elfo per la manica: “Dove va Babbo Natale? Non me ne faccio niente dei suoi cinque euro. La bambina vuole la scatolina con la sorpresa!”
“Che succede qui? Tutto a posto?”
Ormai il brigadiere era lì.
Andrea cercò di nascondere il nervosismo: “Solo un malinteso, brigadiere. Me ne stavo andando”.
Peccato che, dopo avere letteralmente trascinato il suo padrone, un mastino napoletano gli stava ringhiando contro con fare minaccioso, proprio a lui che aveva il terrore dei cani. Ma era possibile che ce l’avessero tutti con lui?
“Mi scusi… non so cosa gli è preso” abbozzò l’uomo tirando con forza il guinzaglio. Non c’era più tempo: preso dal panico, Andrea cercò di allontanarsi camminando all’indietro, per tenere sotto controllo quella pericolosa bestia, ma inciampò in un gradino andando lungo disteso.
Un capannello di persone gli si era fatto intorno. La vista annebbiata, supino nel prato, ne rilevava solo i contorni, in contrasto con il cielo bianco pronto a scaricare i primi fiocchi: nella caduta, gli occhiali erano stati proiettati a qualche metro di distanza.
Il carabiniere li raccolse. Dove li aveva già visti? Fu un attimo. Si chinò, ad immobilizzare con il ginocchio il malcapitato: “Vediamo un po’ cosa c’è in quel sacco… Quattrocchi! Non ti chiamano così?”.
La Susy, nelle retrovie, lasciò scivolare a terra il cappello verde e rosso, cercando di mimetizzarsi tra la piccola folla che si era ammassata sul posto. Si allontanò pian piano, sgattaiolando tra le siepi.
Tanto che poteva fare ora come ora per aiutare il povero Andrea?
Sarebbe stato via a lungo stavolta, pensò.
Tenne stretta la cassetta sotto il braccio. Si frugò nella tasca: una bustina con qualche “E” era ancora lì: verdi, marroni e violetto. Qualche viaggio era ancora assicurato; chissà se Alex le avrebbe fatto compagnia?