onde si muovono a diversi porti per lo gran mar de l’essere, e ciascuna con istinto a lei dato che la porti.
Paradiso, Canto I, vv. 112-114
Prologo
Il cielo era livido di rabbia.
Come inchiostro allargatosi su un foglio di pergamena ingiallita nubi nere disegnavano sinistri presagi nella volta celeste.
La sera sopraggiunta all’improvviso non poteva essere una scusa per il sole che, inghiottito dietro quella uniforme coltre compatta, non era più in grado di dare punti di riferimento al comandante.
Raffiche di vento sferzavano senza pietà la prua del veliero, rovesciando sul ponte di coperta secchi colmi d’acqua salmastra.
I marinai, completamente fradici, tentavano con coraggio di ammainare le vele prima che fossero squarciate dalla furia della tempesta.
Ogni tanto il loro sguardo volgeva oltre la torre di comando alla disperata ricerca di una speranza che aleggiava sopra la nave come uno spettro sempre più sbiadito e lontano.
Con forza il capitano Bright teneva le mani ferme e salde sul timone nel tentativo sempre più improbo di mantenere la rotta dell’imbarcazione.
Aspettava che dall’albero maestro giungesse il segnale di avvistamento della terraferma. Nel frattempo le grida disperate dell’equipaggio venivano inghiottite dal vento che innalzava oltre l’instabile linea di galleggiamento cortine d’acqua schiumanti di collera.
Le assi di legno scricchiolavano sotto la pioggia battente, mentre le sartie cigolavano nella tensione a cui erano costrette quasi fossero prigionieri alla ruota.
- Temo sia la fine - il pensiero del capitano rimbalzava senza tregua o consolazione nella sua testa in attesa di uscire dalle labbra in segno di resa finale.
Pensò alla sua famiglia che lo aspettava per festeggiare il Natale da qualche parte oltre quell’orizzonte che fino a poco prima sembrava così vicino, ma che ora si era smarrito in un cielo di pece inghiottito oltre la superficie del mare.
Chiuse gli occhi e, inspirando la salsedine che con violenza graffiava la sua pelle, cercò di trovare conforto nei ricordi della moglie Claire e della loro figlioletta.
Soltanto l’anno prima si erano trasferiti dalla lontana Inghilterra nella laguna veneta e lì era avvenuto il miracolo.
Quel primogenito tanto atteso dopo anni di matrimonio era finalmente arrivato.
E con gli occhi colmi di gioia ed emozione fissi su quella piccola creatura che riposava tra le braccia affettuose della mamma avevano deciso di chiamarla come la santa venerata il giorno della sua nascita. Lucia.
Un lampo improvviso squarciò il cielo.
Colpita dal fragore assordante del tuono che seguì quasi immediato, la nave tremò sin dalle fondamenta più remote della stiva.
In quell’illusoria luce il capitano Bright riuscì soltanto a scorgere la paura dipinta sul volto del suo equipaggio, mentre un’enorme onda si stava abbattendo rabbiosa contro la fiancata del veliero.
13 dicembre, Monza
Il freddo pungente di quella giornata prossima all’inverno aveva regalato una sottile cornice bianca intorno ai rami spogli degli alberi che correvano lungo il Lambro.
Valeria era appena uscita dall’ufficio e, stretta nel cappotto nero che indossava, si stava avviando verso la piazzetta antistante il duomo.
Nel cielo limpido di quella sera appena iniziata le stelle strizzavano l’occhiolino sulla superficie leggermente increspata del fiume che silenzioso scorreva verso la periferia della città.
Ancora una volta il lavoro l’aveva trattenuta più a lungo del previsto davanti alla sua scrivania e sperava che quel ritardo non avesse conseguenze sull’appuntamento a cui stava andando.
Mentre il rumore dei tacchi accompagnava i suoi passi lungo l’acciottolato, i dubbi ancora una volta avevano preso ad assillarla.
Era proprio ciò che voleva?
In passato si era interrogata più volte sulla decisione che avrebbe dovuto prendere, ma ora che se ne era convinta il senso di colpa o forse i rimorsi si erano intrufolati furtivi tra le sue certezze come spifferi d’aria tra le fessure di una finestra.
Scosse la testa per allontanare quei pensieri.
- Sì, è la cosa giusta - cercò ancora una volta in quelle parole il conforto della propria scelta. Le voci allegre intorno a lei, anticipo delle imminenti festività, la riportarono alla realtà.
Di fronte a lei lo sguardo si posò su alcuni addetti alle luminarie che, in cima a scale di metallo, erano intenti ad appendere tra i muri degli edifici storici della via gli addobbi e le decorazioni natalizie che l’amministrazione comunale e i commercianti locali avevano deciso, anche per quell’anno, di regalare ai cittadini e ai turisti che affollavano le strade.
Il suo umore si incupì ancor di più.
I ricordi dell’infanzia che aveva voluto lasciare fuori dalla porta della propria memoria tornarono infatti a bussare con insistenza.
- Sì, è la cosa giusta - ripeté questa volta a voce alta, allungando il passo verso l’ingresso del bar in cui tutto avrebbe avuto finalmente fine.
La sua entrata fu accompagnata dall’allegro tintinnio di una campanellina appesa sulla porta di ingresso.
L’aria era satura delle parole che si stavano consumando, insieme agli aperitivi, tra i tavoli affollati.
Un senso di oppressione la investì e sentì l’aria mancarle.
Si tolse così il soprabito, mentre i suoi occhi cercavano febbrilmente la persona che avrebbe dovuto incontrare.
Tra i volti per lo più sconosciuti che riempivano ogni singolo spazio libero non riusciva a riconoscerla.
Poi alla fine la vide.
Seduta in disparte, in fondo al locale, davanti all’ultimo tavolino che dava sull’ampia vetrata aperta sulla piazzetta in cui incombeva la rassicurante presenza della basilica cittadina.
Sospirando la ragazza allungò il passo per raggiungerla.
- Buonasera, mi perdoni. Sono mortificata, ma un imprevisto in ufficio…
Circa trent’anni prima, Natale, Murano
- Vediamo che nome c’è scritto su questo bigliettino.
Gli occhi della bambina seduta sul pavimento davanti all’albero di Natale brillavano di attesa. La luce pallida del mattino filtrava attraverso la finestra rimbalzando sulla superficie stranamente immobile, quasi il tempo si fosse fermato, del canale dei Marani.
Alla fine non riuscendo a trattenere la propria impazienza si alzò, avvicinandosi al padre.
- E’ il mio? E’ il mio? - ripeté impaziente, appoggiando le sue minute manine sulla spalla del genitore.
Poco distante la mamma seduta sul divano assisteva alla scena, felice e con trattenuta commozione.
Il marito si voltò cercando complice il suo sorriso.
- Come hai fatto a indovinare? - la fissò, dissimulando meraviglia e stupore, il papà. - Ebbene sì, c’è proprio scritto Valeria.
E sorridendo le diede il piccolo pacchetto, accarezzandole i lunghi capelli biondi.
Con il regalo tra le mani la bambina si precipitò tra le braccia della mamma per scartarlo.
I suoi occhi si illuminarono non appena scoprì cosa si nascondeva dietro la preziosa carta dorata e il ricercato fiocco rosso.
- Oh!!! Ma è bellissima!!! - esclamò la bambina.
- Che città è?
- Helsinki - le sussurrò il papà, quasi a volerle confidare un segreto.
Valeria girò tra le proprie dita la palla di vetro in cui era racchiuso quel luogo che non conosceva, ma che più tardi il papà le avrebbe mostrato sul mappamondo.
La neve tornò nel cielo liquido per poi ricadere lentamente e silenziosa sul campanile della Kristuskyrkan, la chiesa del Cristo.
La bambina rimase incantata durante quegli attimi sospesi, finché tutto tornò bianco ai piedi del piccolo monumento.
- Vado a metterla con tutte le altre - disse alla fine, sciogliendosi dolcemente dall’abbraccio della mamma e precipitandosi verso la sua cameretta.
Nel frattempo il papà si era avvicinato alla moglie.
- Ti prometto che quello di gennaio sarà l’ultimo viaggio.
La donna guardò riconoscente il marito.
Sapeva quanto gli piacesse il suo lavoro di comandante, ma Valeria e lei avevano bisogno di lui.
Non erano più in grado di riempire i vuoti lasciati dalle sue partenze in attesa di un ritorno sempre più lungo da sopportare.
Lei si alzò e si abbracciarono.
Oltre la finestra una gondola, quasi fosse un galeone fantasma, pareva avesse preso il volo sulla superficie a tratti ghiacciata della laguna.
Fine novembre, Monza
- Signorina Valeria c’è un ospite per lei.
- Prego, lo faccia entrare.
La segretaria aprì la porta che aveva appena socchiuso, lasciando così spazio all’uomo che aveva appena annunciato.
- Piacere, Edoardo - si presentò il nuovo arrivato.
- Piacere mio, Valeria - rispose la donna alzandosi dalla poltrona.
- Desidera un caffè? - gli offrì, invitandolo nello stesso istante ad accomodarsi sulla sedia di fronte a lei.
- No, grazie mille - declinò l’offerta Edoardo.
Togliendosi gli occhiali Valeria fece cenno all’assistente in attesa sulla soglia dell’ufficio che poteva congedarsi.
- Con permesso - salutò così la segretaria, mentre sulla porta di vetro che si stava richiudendo alle sue spalle gli ultimi raggi del sole annunciavano il tramonto.
- Grazie per essere riuscito a passare. Purtroppo per me è un periodo… - disse la ragazza allargando in segno di scusa le mani verso tutti i plichi e i documenti che erano impilati sulla scrivania.
- Non si preoccupi avvocato. Comprendo.
Il sorriso di Edoardo sciolse per un attimo la visibile tensione del giovane legale.
Valeria infilò nuovamente gli occhiali e con entrambe le mani recuperò una cartellina che giaceva all’interno del cassetto sotto la scrivania.
- Ecco alcune foto della proprietà e le planimetrie dei diversi livelli della casa.
Edoardo prese la documentazione e le sue dita toccarono inavvertitamente quelle di lei.
Un brivido percorse la schiena dei due ragazzi senza che nessuno potesse indovinare che lo stesso stava capitando all’altro.
Per evitare qualsiasi possibile imbarazzo Edoardo abbassò lo sguardo, passando in rassegna uno dopo l’altro quei fogli che si era ritrovato tra le mani.
- Sono stata incerta fino all’ultimo se venderla, ma la consapevolezza che il mio lavoro e che la mia vita sono ormai qui mi ha alla fine convinto. Parlandone per caso con il titolare dello studio ho appreso che poteva interessarle.
- In effetti come le avrà spiegato Paolo mi occupo di immobiliare e sono alla ricerca proprio nel capoluogo veneto di opportunità per alcuni miei clienti.
Gli occhi del ragazzo scivolarono in un attimo dalla foto dell’ultimo piano del palazzo, da cui si godeva una magnifica vista sulla laguna, al piano terra, da cui tramite una piccola darsena rientrante si poteva accedere direttamente al canale dei Marani.
La dimora risaliva al periodo rinascimentale ed era mantenuta in perfetto stato. Una delle poche che non risaltava per il colore acceso della propria facciata, ma che riusciva comunque a trasmettere allo stesso tempo un senso di eleganza e di riservatezza.
Le travi a vista su cui spiccavano dipinti in cui le tonalità pastello dei colori ravvivavano gli ambienti, i drappeggi di velluto rosso al fianco delle ampie vetrate, i mobili in legno massello conferivano a quell’abitazione un fascino unico.
Secondo solo alla persona che gli stava davanti pensò per un attimo Edoardo.
- Mi interessa - disse alla fine guardandola dritta negli occhi. Valeria ricambiò uno sguardo lucido.
Non sapeva se essere contenta. Era ancora in tempo per rinunciare, ma era altrettanto consapevole che doveva lasciarsi alle spalle il passato.
Circa trent’anni prima, il gennaio successivo, Murano
- Nooo!!!
L’urlo disperato della donna riecheggiò tra le pareti del soggiorno.
Quando Valeria accorse trovò la mamma appoggiata al petto dello zio, scossa da profondi sussulti di dolore e in attesa di una consolazione che non sarebbe mai riuscita a colmare il senso di vuoto che stava provando.
- Mamma…
A quel richiamo gli occhi della donna colmi di lacrime si voltarono.
La mamma si precipitò subito dalla figlioletta e, inginocchiandosi davanti a lei, la avvolse protettiva tra le proprie braccia come un caldo mantello.
- Mamma, cosa succede…
La donna non riusciva ad articolare alcun suono, quasi avesse improvvisamente perso la parola.
Soltanto i suoi singhiozzi rompevano il silenzio terribile che si era impossessato della stanza.
- Amore mio il papà purtroppo non tornerà più…
- Cosa vuoi dire? - esclamò la bambina con un’espressione interrogativa disegnata sul volto.
Come poter spiegare a una bambina di soli sette anni che la nave su cui si trovava per lavoro il suo adorato papà si era inabissata portandolo con sé nelle profondità di un mare ghiacciato di cui non conosceva nemmeno l’esistenza?
- C’è stato un incidente…
In quella sospensione di parole non dette la bambina capì e nello stesso istante perse tutta la gioia del Natale appena trascorso e tutta l’innocenza della propria infanzia.
Lucciconi iniziarono a ingrossarsi intorno ai suoi occhi color ambra. Serrò i pugni contro i fianchi e gridò con rabbia:
- No, non può essere. Mi aveva promesso che sarebbe tornato presto prima di partire.
Quasi a voler sfogare tutta la collera che si stava impadronendo di lei, Valeria si staccò dalla mamma e uscì di corsa dal soggiorno.
La donna si alzò e fece per andarle dietro.
Il fratello che fino a quel momento aveva assistito silenzioso e inerme alla scena però la trattenne.
- Lasciala da sola per un po’.
Quando più tardi la donna si affacciò sulla porta della cameretta vide la piccola Valeria di fronte alla parete sulla cui mensola erano allineate tutte le palle di vetro che il marito aveva fino a quel giorno portato in dono alla figlia dai suoi viaggi di lavoro.
C’era ancora così tanto spazio.
Emise un sospiro prima di avvicinarsi alla bambina.
- Come stai? - riuscì a chiederle cercando di non tradire la propria sofferenza.
- Questa è la prima - rispose la bambina, alzandosi in punta dei piedi e prendendo con cautela uno di quei preziosi ricordi.
La mamma la guardò ed ebbe un tuffo al cuore.
- Mi leggerai ora tu il libro che avevo iniziato con il papà la sera prima di addormentarmi? E con un cenno Valeria indicò un volume aperto sul piccolo scrittoio affacciato anch’esso sul canale.
I riflessi del sole di quel pomeriggio ferirono gli occhi della mamma che, abbracciando con affetto e tenerezza la figlioletta, le promise:
- Certo, tesoro mio.
13 dicembre, Monza
- Nessun problema. Ne ho approfittato per fare alcune telefonate.
Nello sguardo di Edoardo la ragazza riuscì a leggere quell’innocente bugia che le aveva detto per non farla sentire in colpa.
Ma vide anche qualcos’altro.
- Prego. Accomodati.
Poi, quasi a volersi scusare di una libertà che si era concesso, continuò:
- Sempre che per te vada bene darci del tu.
- Certo - rispose Valeria prendendo posto di fronte a lui.
La ragazza si sentiva allo stesso tempo a suo agio e fuori posto.
Quel ragazzo, poco più grande di lei e che aveva visto prima di allora soltanto una volta nel suo ufficio, le infondeva una serenità che soltanto … no, non poteva ammettere chi gli ricordava.
- Posso offrirti qualcosa? - le propose lui.
Doveva assolutamente uscire da lì il prima possibile. Si sentiva soffocare.
Le parole allegre e festose degli altri avventori sembravano dilatarsi e Valeria iniziò ad avvertire vertigini trascinarla a terra.
Frugò allora nella propria borsetta alla ricerca dell’amuleto che avrebbe posto fine a quella storia.
- No grazie. Ecco - e con un gesto istintivo gettò con forza il mazzo di chiavi sul tavolinetto che separava i due ragazzi.
Edoardo non fece in tempo a prenderle e quelle caddero tintinnando. Gli occhi mortificati di Valeria anticiparono le sue scuse.
- Perdonami.
Il ragazzo ancora una volta le sorrise e senza dire nulla, ma intuendo che lei gli stava nascondendo qualcosa, si chinò a recuperare da terra una parte di passato trascorso che sarebbe diventato un nuovo futuro.
Fuori intanto le luminarie appena appese si accesero, anticipando così il Natale.
Edoardo e Valeria videro gli addetti alla manutenzione recuperare i propri attrezzi prima di avviarsi soddisfatti verso il furgoncino con cui erano arrivati.
- Forse è arrivato il momento che tu mi racconti il vero motivo per cui vuoi vendere la casa di Murano. O forse non vuoi vendere.
Senza il permesso di Valeria il ragazzo le prese le mani tra le sue, cercando di infonderle il proprio calore.
- Prima però cosa ne dici se ordiniamo una cioccolata?
Gli occhi di lei si tuffarono in quelli di Edoardo alla ricerca di un faro che potesse illuminare i suoi passi.
- Va bene - rispose Valeria senza sottrarsi alla presa delicata del ragazzo.
Fine estate, Murano
- Non ti affaticare mamma.
Valeria era seduta sul bordo del letto e teneva con tenerezza la mano della donna proprio come un tempo lei faceva quando l’accompagnava, bambina, a dormire.
Partita di corsa quella mattina da Monza si era precipitata con il cuore in gola in quella che era stata fino a poco tempo prima anche la sua casa.
Era stata avvertita che le condizioni della mamma erano peggiorate durante la notte precedente e che probabilmente non sarebbe riuscita a superare quella giornata.
La luce del tardo pomeriggio filtrava attraverso la vetrata colorata della finestra regalando sulle pareti arcobaleni in movimento.
La ragazza osservava la madre nella fragilità della malattia che da oltre un anno la stava consumando e ancora una volta si sentì impotente di fronte a quell’ennesima ingiustizia che la vita aveva riservato alla donna.
Non era stato sufficiente strapparle il marito quando era ancora giovane. Non era bastato dover crescere da sola una figlia nel dolore di una perdita così grande e accettare poi il trasferimento di Valeria una volta diventata adulta.
Ancora una volta tra quelle pareti la ragazza sentì la rabbia montare in lei. Le labbra della mamma si mossero in un sussurro.
Valeria si avvicinò per cercare di comprendere le sue parole silenziose.
- Ho un ultimo desiderio da chiederti. Puoi leggermi l’ultima pagina del libro di papà? Non l’ho spostato dall’ultima volta.
La ragazza sussultò.
Da quanto tempo non metteva più piede in quella stanza?
- Certo mamma. Vado subito a prenderlo.
Un brivido percorse la schiena di Valeria mentre attraversava il corridoio.
I passi attutiti sul tappeto finemente lavorato accentuavano il battito del cuore che sentiva esplodere nelle sue orecchie.
Si ritrovò davanti alla porta della sua cameretta e indugiò con la mano appoggiata sulla maniglia d’ottone.
Alla fine la spalancò e si ritrovò investita dai ricordi che erano rimasti imprigionati tra quelle pareti.
Nel frattempo la luce di quella calda giornata inondava la stanza rimbalzando su ogni superficie lucida.
Come lucciole i raggi del sole presero a danzare sulle palle di vetro che proprio come un tempo giacevano ancora una accanto all’altra sulla mensola di fronte a lei.
Tutte tranne una.
La prima.
I suoi occhi si posarono quindi sul comodino di fianco al letto e lì, lei, la stava invitando a prenderla tra le mani.
Valeria si fece coraggio e nel pulviscolo che in controluce accompagnava il ballo di immaginarie fate si avvicinò.
Tutto sembrava essersi fermato in quella stanza e per un attimo nella luce che riempiva quel piccolo spazio ritrovò la gioia della sua infanzia.
Si accomodò quindi sulla poltrona di fianco al letto.
Quella in cui la mamma era solita sedersi per leggerle le pagine di quel libro che Valeria aveva imparato a memoria.
Chiuse infine gli occhi e rivisse le risate e gli abbracci della sua famiglia quell’ultimo Natale.
Inizio di dicembre, Murano
Il cielo grigio sembrava essersi impossessato dell’umore cupo di Valeria che in piedi davanti alla finestra stava guardando per l’ultima volta il mare da quella che un tempo era stata la sua cameretta.
Dietro di lei scatoloni impilati sembravano voler fare a gara per toccare il soffitto.
Stringeva con forza tra le sue mani il rotolo di nastro adesivo con cui vi aveva rinchiuso tutti i ricordi.
Tutti tranne due.
Qualcuno suonò al citofono, richiamando all’improvviso la sua attenzione. Sicuramente erano gli addetti della società di trasloco che aveva contattato.
Si girò quindi per raggiungere l’ingresso situato al piano terra e lo sguardo si perse lungo le pareti vuote ai cui piedi giacevano tappeti arrotolati e protetti da teli di plastica.
Anche quelli sarebbero stati portati via.
15 dicembre, Murano
Per la prima volta Edoardo era entrato in quella casa che alla fine sentiva già sua. Aveva infatti deciso che l’avrebbe acquistata per sé.
Quando Valeria gli aveva raccontato la sua storia aveva capito che non avrebbe potuto permettere che finisse in altre mani.
Aveva provato per quella ragazza un sincero e istintivo affetto sin dal primo giorno che l’aveva incontrata e, quando soltanto pochi giorni prima, in quel bar in cui lei gli aveva consegnato le chiavi, Valeria si era confidata con lui, aveva realizzato che non avrebbe potuto tradire quella fiducia.
Lei aveva preferito non accompagnarlo durante quella visita con la scusa di alcune urgenze lavorative, ma sapevano bene entrambi che la realtà era un’altra.
Edoardo aprì la finestra del soggiorno, permettendo così all’aria fresca del mare di rallegrare quegli spazi chiusi e immobili.
Poi si incamminò lungo il corridoio e raggiunse l’ultimo piano.
Entrò alla fine in quella che probabilmente era stata la cameretta di Valeria. Pochi passi e inciampò su un’asse leggermente sollevata.
Incuriosito si abbassò e notò attraverso la fessura del pavimento un doppio fondo. Con delicatezza prese allora la tavola di legno che senza sforzo si staccò dall’assito.
Gli occhi di Edoardo si spalancarono per la sorpresa di quello che stavano osservando all’interno di quel nascondiglio segreto.
Sette anni dopo, Natale, Murano
All’improvviso, quando tutte le speranze sembravano essere state inghiottite dalle profondità oscure del mare, una luce tremolante rischiarò l’orizzonte, facendosi largo tra le nubi dense e nere come il carbone.
Gocce di pioggia si unirono alle lacrime di felicità che avevano preso a scivolare lungo le guance del comandante Bright.
Sarebbe riuscito alla fine a restituire alle loro rispettive famiglie tutti i suoi marinai!
E anche lui avrebbe potuto gioire ancora una volta dell’abbraccio di sua moglie e della loro figlioletta.
Con rinnovato coraggio ruotò così leggermente il timone, indirizzando il veliero verso quello spiraglio di salvezza.
Le sartie sciolte sbattevano contro i corrimani di legno, mentre le vele strappate sventolavano al vento libere di annunciare come fazzoletti sollevati il prossimo arrivo della nave nel porto.
- Forza!!! Prepariamoci all’attracco!!! - incitò il capitano a gran voce l’equipaggio, cercando di sovrastare il ruggito rabbioso del mare.
Sul ponte reso scivoloso dall’acqua portata dalle onde e dal cielo i marinai in precario equilibrio si affrettavano nelle operazioni di avvicinamento al molo in cui sarebbero finalmente approdati.
La luce del fuoco acceso riflessa dagli specchi in cima alla torre di legno dell’isola continuava a segnare la rotta.
Quell’iniziale scintillio ora era sempre più vicino e il comandante quasi riusciva ad avvertire il calore delle fiamme che si innalzavano nel cielo.
Il profumo della legna riarsa, accompagnato da quello della resina che, colando, sfrigolava nelle braci sottostanti, si mescolava a quello dello zolfo dei lampi che imperterriti continuavano a illuminare il cielo.
Quasi volessero rubare la scena al faro e confondere il capitano.
Ma quello senza indugio continuava a condurre l’imbarcazione verso il pontile, incurante dell’inferno che si stava scatenando in cielo e sotto la chiglia.
All’improvviso un’onda oscurò il cielo.
Un ultimo tentativo della sventura di riportare il veliero in mare aperto.
Poi la vista della banchina e del faro, oltre quel sipario che si era definitivamente alzato. Lungo il molo, incuranti della tempesta che si era abbattuta sulla laguna e sui loro cuori, tutti gli abitanti dell’isola di Murano erano pronti a riabbracciare il capitano Bright e il suo equipaggio.
Il comandante riusciva dall’alto del ponte di comando a riconoscere Claire e la piccola
Lucia.
Un tuffo al cuore riempì i suoi occhi più di tutte le immagini dei luoghi che aveva visitato in giro per il mondo.”
Con occhi sognanti, nel caldo del suo lettino, Aurora stata osservando il papà che, seduto di fianco a lei, aveva appena finito di leggerle la storia del libro che le era stato portato in dono quel giorno.
- Buona notte amore mio. Dormi bene.
Mentre si stava rialzando, rimboccandole le coperte e spegnendo la luce della cameretta, la bambina lo fermò e gli chiese:
- Papà puoi per favore girare la palla di vetro che mi ha regalato Babbo Natale e accenderla?
- Certo tesoro - rispose Edoardo scompigliandole affettuosamente i capelli biondi e ruotando quel piccolo e racchiuso mondo in miniatura che giaceva sul vicino comodino.
E, mentre finti fiocchi di neve si stavano posando lentamente sul faro di Murano, illuminato da una lucina azionata premendo una levetta, Edoardo si avvicinò alla finestra dove Valeria lo stava aspettando.
I loro occhi lucidi di felicità si incrociarono.
Poi lei gli prese le mani e le posò delicatamente e senza preavviso sul proprio grembo:
- Buon Natale…
Intanto, fuori dalla finestra, la lanterna del vicino faro rifletteva, quasi fosse la stella cometa, il chiarore argenteo della luna, guidando così i cuori di tutti gli abitanti dell’isola verso il loro incognito e per questo meraviglioso destino.