Tante volte è capitato sentir parlare male di me…
“Li porti i soldi in casa?”
“Ma come fai? Ma questo mestiere è?”
Mi presento, sono Luca e ho 50 anni; il mio lavoro è stagionale, durante l’inverno io faccio il Babbo Natale.
Non ridete, è un lavoro onesto, quand'ero piccolo facevo il cantastorie, inventavo storie incredibili per i miei compagni di scuola e crescendo capii che la cosa che amavo fare era emozionarmi emozionando gli altri.
Così andavo negli ospedali, nelle case di riposo, e raccontavo le mie storie.
25 anni fa, il primo dicembre, passando per le strade, il proprietario del negozio di giocattoli più grande della città mi fermò e mi propose questo lavoro, inizialmente la presi ridendo, poi ci presi davvero gusto.
La cosa più bella del Natale per me è guardare i visi dolci e gioiosi dei bambini che mi chiedono cosa desiderano tanto, alcuni a volte parlano pure con gli occhi.
Diversi anni fa conobbi un bambino tanto diverso da tutti gli altri, era vestito molto leggero per la stagione che stavamo vivendo, tra l’altro era un pochino sporco in volto, trascurato, e guardava con molto desiderio quelle ricche vetrine, piene di giochi e addobbi natalizi.
Ogni giorno vedevo un sacco di bambini di tutte le età; si sedevano sulle mie ginocchia ed ero molto felice di ascoltarli.
Non avevo avuto mai figli, non mi sono mai sposato, ma ho amato, ho amato tanto una ragazza, l’unica della mia vita, Lorella.
Tutti credevano ch’era una storiella adolescenziale, quella che trovi scritta nei libri, invece io ero proprio innamorato di quella pazza con gli occhi color cioccolato.
Lei era il mio primo vero amore, tutte le mie prime volte sia belle che brutte, l’unica capace a farmi perdere la testa e poi riposizionarmela al posto giusto.
Pensate che il nostro primo bacio fu sotto il vischio, ci portò così tanta fortuna fino a un pomeriggio:
“Luca, io non mi sento più pronta…”
“Che significa?”
“Vattene via per sempre!”
E io come uno sciocco la lasciai lì e cambiai persino paese per dimenticarla.
Non riuscii più a provare qualcosa di forte, ma quel bambino mi suscitava uno strano interesse, sentivo quasi un legame.
Due settimane prima del Natale lo invitai a entrare nel negozio, poi timidamente si sedette sulle mie ginocchia: “Come ti chiami?”
“Dante.”
“Che nome particolare e bello!”
Arrossì nuovamente e così gli chiesi cosa avrebbe voluto per quel Natale, ma non mi rispondeva.
“Ti piace la bici in vetrina?”
All’improvviso s’arrabbiò e scappò via.
Mi sentii una persona spregevole, dovevo capire che non aveva bisogno di una bici, ma molto probabilmente gli servivano dei vestiti più caldi e di una famiglia che si sarebbe presa cura di lui…
Aveva bisogno d’amore, proprio come ne avevo bisogno io.
Passarono giorni e Dante non si faceva più vedere, mi sentivo talmente dispiaciuto che non riuscivo più a far bene il mio lavoro.
Pensai così a Lorella, provai le stesse sensazioni, stavo tagliando fuori dalla mia vita un legame che sentivo stretto, non potevo scappare di nuovo.
Per la vigilia di Natale finii un po' prima di cena, rimasi coi vestiti del Babbo e girai per le vie del quartiere con la speranza di trovare Dante.
Da alcune finestre si potevano notare le lunghe e ricche tavolate natalizie, da altre si notava l’enorme albero decorato con addobbi e luci che rendevano tutti felici alla prima vista.
Passarono minuti, poi ore, fin quando mi sedetti sul marciapiede, alcuni che passavano con le loro auto pensavano che ero ubriaco, io invece ero solo deluso da me stesso.
Che senso aveva parlare con tutti quei bambini se poi non riuscivo a fare qualcosa di concreto?
Stavo congelando, ma non m’importava, avevo fallito.
Era ormai tardi, più o meno le undici passate, quando sentii delle voci:
“Mamma, mamma, nevica!”
Prima di girarmi verso di loro, alzai lo sguardo in alto e non avevo fatto caso che sopra di me si trovava il vischio.
Mi sentii improvvisamente un pugno allo stomaco, mi girai verso quel bambino con la madre:
“Lorella!”
“Luca!”
“Mamma conosci Babbo Natale?”
“Si, piccolo.”
Non era come 7 anni fa, la trovai molto più magra, sciupata.
“Come stai?”
“Sto bene, adesso tu fai il Babbo Natale della città?”
E iniziò a tossire talmente tanto che dovetti aiutarla a rientrare dentro.
La sua casa era la sua perfetta descrizione, umile e semplice, contrapposta da un pizzico di passione ritrovato nell’arredamento tutto rosso.
L’aiutai, così si rimise nel letto, non aveva più voglia di parlarmi.
Nel frattempo Dante mi accompagnò nel salone per mostrarmi il piccolo albero.
“L'ho fatto tutto io.”
“Che bello, però ancora non mi hai detto cosa vorresti per Natale.”
“Babbo Natale, io vorrei che la mia mamma guarisca…”
“Cos’ha la tua mamma?”
“Mi ha detto che un mostro l’ha morsa e adesso sta male, io nemmeno ci credevo ai mostri, perché sono grande.”
“Quanti anni hai? Ma comunque i mostri non esistono. “
“7, la mamma dice che sono il suo ometto di casa, ma se i mostri non esistono cos’ha la mamma?”
“Penso solo che la mamma guarirà presto, ci sono io adesso.”
Accesi la tv, misi un cartone natalizio e lo lasciai lì bello tranquillo.
“Lorella, come stai adesso?”
“Ho un tumore al seno in stato avanzato, sto bene.”
Rimasi, anzi no, proprio mi persi.
“E Dante?”
“Luca, io sapevo ci saremmo rivisti, un giorno ti avrei spiegato tutta la verità, sono stata un stupida, ho avuto paura”, la interruppi.
“Dante è mio figlio?”
“Si, ma non sapevo come dirtelo, eravamo piccoli, pensavo scappassi via e così hai fatto ugualmente.“
“Mi hai detto di andarmene via.”
“E tu l’hai fatto!”
“Io ti amavo, Lorella, e continuo ancora a farlo nonostante tutto, non ti ho mai dimenticata.
Ci siamo conosciuti nel periodo natalizio, ci siamo baciati per la prima volta sotto il vischio e dopo 7 anni ti ho ritrovata grazie a quella fortuna, non lo chiameresti destino tu?
“Anch’io non ho mai smesso di amarti, ma adesso è troppo tardi!”
“No, la magia del Natale ti salverà, saremo una famiglia, te lo prometto!”
In quel momento entrò nella stanza il piccolo Dante:
“Perché piangete?”
“Se io un giorno non dovessi esserci più, promettimi che resterai con Babbo Natale. “
“Mamma, perché devi andare via?”
Iniziò a piangere anche lui.
“La mamma non andrà via e domani festeggeremo tutti insieme il Natale.”
Nella stessa notte Lorella si sentì tanto male, riusciva malapena a respirare.
Ci precipitammo nella sua auto per portarla in ospedale, Dante era spaventato, io invece ero molto arrabbiato, dentro di me sentivo mille acrobazie diverse tutte farmi male profondamente.
Poche ore dopo si riprese, Dante dormiva, noi insieme parlammo col medico.
“Signora, mi dispiace davvero tanto, ha corso il rischio di non farcela per questa notte, però non è ancora fuori pericolo, le consiglio di godersi questo Natale, perché a malincuore devo dirle che non le resta molto” e mortificato andò via.
L’abbracciai forte e lì ci ritrovammo come quel pomeriggio quando le dissi in maniera sfacciata che avevo così tanta voglia di darle un bacio.
E lei non arrossì, mi strinse il volto con le sue piccole mani e ci baciammo.
Amavo quel modo di fare e in quel momento, sdraiata nel lettino di un ospedale, mi prese nuovamente il volto, stavolta con delle mani possenti, non grandi, ma forti, e mi baciò.
La cosa più buffa fu che arrossii io.
Sentivo le sue mani appartenere ormai a una donna, l’unica della mia vita.
I suoi occhi color cioccolato erano sempre gli stessi, eravamo tornati, anche se per poco, ma avevo promesso che saremmo stati insieme e avremmo festeggiato quel 25 dicembre.
La lasciai riposare un po', nel suo stesso letto appoggiai Dante che riposava come un angioletto e andai.
Era una bella mattina, le strade erano tutte ricoperte di neve e il sole stava lì come per dire: “Non importa quanto siano fredde queste giornate, io sarò sempre un punto fisso e presente”, così volevo essere per Dante quando la sua vita gli avrebbe messo addosso un peso così gelido da sopportare.
Andai nel primo supermercato vicino l’ospedale e comprai diverse cose da mangiare, senza dimenticare il classico Pandoro.
Entrai in una gioielleria e comprai due fedi e gli feci incidere “oltre tutto"; poi entrai nel negozio dei giocattoli e comprai la bici a Dante.
Ritornando li vidi insieme coccolarsi, appena entrai nella stanza Dante mi venne all’incontro abbracciandomi e mi emozionai.
Baciai Lorella e poi andai in bagno per rivestirmi da Babbo Natale.
“Mamma, di nuovo Babbo Natale!”
“Oh, oh, oh, questo è per te!”
Scartò tutta la carta e fu davvero felice per la bici.
“Buon Natale!”
Mi avvicinai a Lorella e gli diedi la scatolina :”Apri.”
“Luca, che significa?”
“Mi vuoi sposare?”
Lesse l’incisione :”Oltre tutto.”
“È un si?”
Si mise a ridere e ci baciammo.
Verso l’ora di pranzo iniziammo a mangiare, sembravamo una vera famiglia, forse perché infondo un po' lo eravamo sempre stati.
Il pomeriggio avevo notato il suo cambiamento, era molto stanca e si sforzava di mostrarsi forte e felice.
Aveva smesso di fare lunghe conversazioni e grandi movimenti.
Dante non ci faceva tanto caso, era molto entusiasta, tanto che convinse l’infermiera a fargli provare la bici lungo il corridoio del reparto.
“Luca, ascoltami…”
“Dimmi.”
“Quando ritornerai nella nostra casa, vai nella stanza di Dante, nel suo armadio c’è una scatola, prendila e fanne ciò che vuoi.”
“Lorella non parlarmi così” e iniziai a piangere.
Appoggiò con fatica la sua mano nella mia guancia e mi disse semplicemente: “Perdonami.”
All’alba Lorella divenne la stella più luminosa del Natale, quasi non ci credevo a quanto era così bella da immobile e ormai spenta.
Il destino ci aveva legati ugualmente, ci aveva donato Dante, ho sentito di amarlo dall’inizio e non credo smetterò mai.
Un mese dopo riuscii ad aprire la scatola.
Trovai le ecografie di Dante, il suo certificato di nascita, il test del DNA che era compatibile con me, i suoi referti medici, le sue pagelle, tutta la sua vita.
In più due lettere: una indirizzata a me, l’altra era per Dante.
“Caro Lu,
quando eravamo più piccoli ti chiamavo sempre così, tu invece sempre Lory, non so se mai ci incontreremo, in caso non saprai mai la nostra verità.
Quando decisi di lasciarti avevo appena 17 anni, eri tutta la mia vita, i miei sorrisi, i miei pianti, sognavo una vita con te e in questi anni ho vissuto con una parte di te, nostro figlio.
Ti ricordi quando giocando ti chiedevo sempre quale nome avresti voluto mettere al tuo bambino, tu rispondevi sempre che doveva essere un nome importante, indimenticabile, così lo chiamai Dante.
Ti lasciai perché ho avuto paura, sono stata una sciocca.
Non sapevo cosa fare con la creaturina che avevo in grembo, quando ti parlai pensavo che non saresti mai andato via, ma lo facesti.
Avevo bisogno di qualcuno che sarebbe rimasto, eri piccolo anche tu e non lo sapevi neanche.
In quei giorni tentai più volte il suicidio, non avrei mai sopportato l’idea di uccidere il mio bambino, ma se a morire lo ero pure io allora andava bene.
Delusi la mia famiglia per quel gesto, delusi me stessa e mio figlio.
Ti chiedo di perdonarmi, se puoi.
Io ancora non ci riesco e forse proprio per questo sono stata punita, il destino sta togliendo a Dante la sua mamma, ma spero davvero con tutto il cuore che ti conosca perché sei una persona meravigliosa.
Se deciderai di prendertene cura, quando sarà pronto ti prego di fargli leggere l’altra lettera che troverai nella scatola.
Non ho mai smesso di amarti, ricordalo…
Addio Luca.”
Continuo a fare il Babbo Natale, ma consapevole di concretizzare, quando mi è permesso, i desideri, i bisogni, più necessari, ma la cosa più soddisfacente è avere l’aiutante migliore al mondo, mio figlio.
Insieme, anni dopo, creammo un’associazione, dedicata in primis a Lorella e poi a tutte le donne vittime di tumori e ai loro bambini.
Cerchiamo di aiutare, fare la differenza, poiché il Natale non si festeggi solo nel mese di dicembre ma tutto l’anno.
Che Natale significhi sempre donare il proprio cuore per una nuova e meravigliosa vita!