Proprio come una spiaggia delle favole. Deserta e silenziosa se non fosse per le piccole onde che s’infrangono sul bagnasciuga. Ma non è rumore, è musica, che culla dolci pensieri e concilia il sonno. Sabbia fine, dal colore simile al gelato alla vaniglia, con venature rosa, come il variegato all’amarena. Il timido paguro, con la sua conchiglia in spalla, procede incerto. Le onde lo scaraventano lontano dall’acqua e lui, coraggioso, riprende il cammino verso il mare, cercando di essere più veloce della prossima onda che sta arrivando.
Un momento. A ben vedere la spiaggia proprio deserta non è. C’è un ombrellone fatto di foglie di palma. Di spalle, una figura esile e bassa sventola un grosso ventaglio. S’intravedono due piedi gonfi, con le unghie lunghe e qualche callo ingiallito. Il respiro di questo misterioso individuo sembra venire da una caverna, indossa un paio di bermuda in stile hawaiano e ha una lunga, e folta, barba bianca. Se ne sta spaparanzato sul lettino, ogni tanto si stiracchia e spesso si liscia la barba indurita dalla salsedine.
Seduto di fronte a lui, dalla parte opposta dell’individuo col ventaglio, siede un’altra figura esile e minuscola. Si toglie il cappello scoprendo la sua pelata imperlata di sudore.
“Nicola, posso farti vedere una cosa?” dice con la sua vocina porgendo qualcosa all’uomo disteso che, sbuffando, gli risponde: “Sì, sì! Non sarà una cosa lunga spero, perché tra poco ho la pedicure.”
“No, affatto,” risponde il nano, “ma ti anticipo che ti farà parecchio arrabbiare” dice ancora allungando il braccio per pigiare il tasto play sullo schermo di un tablet.
Il video comincia: si vede un grande parcheggio. Ci sono una mamma e il suo bambino, per mano. Escono dal parcheggio, imboccano un vialetto e si ritrovano nel piazzale di un grande centro commerciale.
Parlano di mare, di vacanze. Infatti, è il giorno prima di Ferragosto e fa un caldo infernale.
“Allora, tatino, sei contento che domani partiamo per il mare?” dice la mamma col sorrisone.
“Oh sì,” esclama il bimbo guardandola con occhi dolci per un istante, “non vedo l’ora di fare il bagno nel mare e di costruire giganteschi ca…” la voce s’interrompe.
La mamma è sorpresa. Il bimbo si è incantato di colpo non appena vede ciò che non s’aspettava. La donna, per capire, volge lo sguardo nella stessa direzione di quello del figlio.
“Guarda mamma!” urla il bambino indicando qualcosa. Proprio di fronte a loro, a pochi passi, sta prendendo forma un’alta struttura metallica. Di grande diametro, è a forma di tronco di cono, con la parte più larga rivolta verso il basso. Mamma e figlio erano probabilmente distratti, parlando di mare e di vacanze, poiché ora, si accorgono di quanto sia fastidioso il rumore e lo sferragliare degli operai al lavoro.
“Cosa stanno costruendo, mamma?” chiede il bambino, ammirato da tutto quel movimento di persone, materiali e gru.
“Non lo so, tatino,” risponde la madre più che dubbiosa, “andiamo al supermercato dai, che siamo un poco di fretta.”
“Sì, mamma, ma vorrei sapere che cos’è questa costruzione. È come il meccano, ma molto più grande!” insiste il piccolo.
La madre cerca di distrarlo, invano. Lo tira per il braccio. Niente.
Camminando a rilento, la donna vede un signore della vigilanza che guarda per aria in direzione dell’erigenda costruzione: “Buonasera, mi scusi, posso chiederle una cosa?”
“Ma certo, signora, come posso aiutarla?” risponde l’attempata guardia.
“Mio figlio vorrebbe sapere che cosa stanno costruendo.”
L’uomo la guarda ed esclama: “Ah!” S’inginocchia accanto al bambino e dice: “Questa specie di scheletro, che tu adesso vedi così, diventerà il più grande albero di…”
“Basta!” urla Nicola interrompendo il video con l’indice. “Mi sono stufato! Mi fanno uscire di senno!”
“Te l’avevo detto che ti avrebbe fatto arrabbiare, giacché sei particolarmente irascibile quando ci avviciniamo al Na…”
“Sentimi bene, elfo insolente!” lo interrompe Nicola, “io non sono irascibile, per niente! Ti declasso a elfo di stalla!”
“A tal proposito” prova a parlare l’elfo.
“Silenzio!”, urla Nicola con le gote rosse come peperoni, un po’ per la rabbia e un po’ per l’abbronzatura, “stavolta la misura è colma. Non se ne può più! Da anni ormai mi viene il sangue al cervello quando vedo la mia faccia accanto alle zucche di Halloween. Ho l’orticaria e mi prudono le mani se penso a quando usano la mia immagine, la mia faccia, per pubblicizzare il black monday del mese di novembre. E non solo quello!”
“Black friday, Nicola” precisa l’elfo.
“Esatto! Che differenza fa? Eppure, una differenza c’è, eccome. Perché non facciamo Natale tutto l’anno?” sbuffa Nicola.
“Sai cosa significherebbe se fosse Natale tutto l’anno, vero?” chiede l’elfo con sorriso beffardo, sapendo di cogliere nel segno.
“Non me ne parlare,” dice sconsolato Nicola, “un anno intero da trascorrere al gelo, nella neve, in mezzo al niente, per sei mesi al buio totale e per altri sei senza mai vedere il sole tramontare. Distese di alberi di Natale all’infinito. Guarda quanto sono belle le palme! Un incubo.”
“Era ciò che cercavo di dirti prima. Il Natale s’avvicina. È giunto il tempo di tornare, le renne ti aspettano, lo sai” dice l’elfo.
“Lo so,” ribatte Nicola, “loro sono l’unica ragione per cui ogni anno lascio questo paradiso terrestre per…tu non pensi che?”
“Ne abbiamo già parlato, Nicola” risponde l’elfo chiudendo gli occhi in segno di comprensione, “le renne non sono animali da tropici. Ne soffrirebbero qui. E poi...”
“E poi tutti i bambini sanno che Babbo Natale vive al polo Nord insieme agli elfi eccetera eccetera” continua con tono sarcastico Nicola.
“Ti pare poco?” chiede l’elfo sorpreso.
“No, però. Il mistero che dovrebbe permeare la tradizione del Natale, la bellezza dell’attesa, i regali che premiano i bimbi per la loro pazienza; ecco, mi sembra che tutto questo sia passato in secondo piano. O meglio, è come se questi aspetti fondamentali del Natale, tralasciando il fatto che la mia immagine è utilizzata spesso impropriamente, si siano commercializzati anche loro. Il Natale è bistrattato, ecco il termine giusto.”
“Il mondo è cambiato, Nicola,” annuisce l’elfo con voce pacata, “mi sorprende che tu faccia finta di non accorgertene. Devi fartene una ragione. E i bambini, purtroppo, o per fortuna, sono cambiati anche loro. Ricordi? Cent’anni fa non era così, ma non puoi dire che il mistero del Natale fosse meno potente o meno tradizionale di oggi.”
“Honolulu è sempre la stessa, non vedo nessun cambiamento” alza le spalle Nicola.
“Adesso sei tu a essere insolente!” ribatte l’elfo incrociando le braccia e muovendo la punta delle orecchie.
“Tu continua a sventolare!” urla Nicola indicando l’elfo col ventaglio, che tra l’altro non aveva mai smesso di farlo. “E tu, chi saresti?” chiede Nicola a un altro elfo che da tempo era in piedi a qualche metro di distanza dal lettino.
“Sono Cera, signore, l’elfo estetista” risponde mestamente.
“Aspetti da tanto?” chiede Nicola.
“Da un’ora, almeno.”
“Inizia pure, scusami, ma il discorso si è fatto complicato.”
“Dunque,” domanda il capo degli elfi, “che intenzioni hai?”
“Ci vuole una scossa. Ci vuole qualcosa di eclatante che rimetta tutti in carreggiata!” urlò Nicola battendo il pugno sul tavolino di legno e rovesciando parte del suo cocktail alla frutta.
“Hai intenzione di rivelare al mondo che Babbo Natale odia il freddo e trascorre buona parte dell’anno alle Hawaii?” dice il capo degli elfi ridendo.
“Peggio. Babbo Natale non esiste.”
“Come?” esclama sorpreso l’elfo. L’elfo col ventaglio smette subito di sventolare e l’elfo estetista smette subito di limare le unghie. Tutti fissano Nicola.
“Babbo Natale non esiste!”
“Ma sei impazzito?” esclama il capo degli elfi con le mani in testa, “ti rendi conto della portata distruttiva di questa tua affermazione?”
“Babbo Natale non esiste. E carbone per tutti. Quello vero però, non quello di zucchero della Befana!”
Il capo degli elfi, nonostante la sua disapprovazione, non poté non eseguire l’ordine impartito da Babbo Natale. Al polo nord, quell’anno, le renne aspettarono invano il loro padrone, che decise di restare in ritiro a Honolulu. La produzione di giocattoli cessò immediatamente. La Befana, nera di fuliggine, dovette fare il triplo lavoro per consegnare il carbone anche a chi non se lo meritava davvero. Il mondo fu avvisato tramite comunicato stampa. Recitava pressappoco così:
“Babbo Natale non esiste. La prossima notte di Natale sarà uguale a tutte le altre che verranno dopo. Le luci si spegneranno e con loro la felicità diffusa in tutto il mondo. Serve una svolta e questo è il momento.”
Le TV iniziarono a rimbalzare la notizia, i social impazzirono di like, i giornali del giorno dopo sprecarono fiumi d’inchiostro sull’argomento. Ci fu il caos, anche se la maggior parte delle persone prese il tutto come una gigantesca fake news.
Quando però venne il 25 dicembre, nessuno rise più, poiché la realtà si rivelò molto amara. In quel frangente, adulti e bambini, stavano sulla stessa barca. I bambini perché erano bambini e gli adulti perché bambini lo erano stati e certe cose non si dimenticano mai nella vita.
La tristezza invase il mondo, di colpo, senza lasciare tregua. E fu così che avvenne ciò che nessuno, nemmeno Nicola, si sarebbe aspettato.
Fu un grande lavaggio. Più che di cervelli, d’anime. Un lavaggio magico, antico e misterioso allo stesso tempo. Ne valse veramente la pena sconvolgere il mondo?
“Oh sì!” esclama il capo degli elfi, “devo dirti che hai avuto, come sempre, ragione.”
“Ho centinaia di anni, se permetti, conosco la vita un po’ meglio di te” risponde Nicola.
“Che c’entra, anch’io ho centinaia di anni” ribatte l’elfo.
“Ma io sono Babbo Natale!” dice Nicola battendo i pugni ma con un grande sorriso.
“A tal proposito. Il Natale si avvicina.”
“Fa sempre freddo là, vero?”
“Freddissimo, e le renne ti aspettano.”
“Non mi ci fare pensare a quel gelo! Hai altro da dirmi?”
“No, volevo ricordarti…” prova a dire l’elfo.
“Lo so!”, esclama Nicola, “la lezione di snorkeling!”
“Esatto!”
“Che stai li impalato, dammi una mano a infilarmi la pinne!”