L'ordine e la pulizia all'interno dell'ufficio rasentavano la perfezione. Il tavolo in legno di quercia ospitava un gruppo di fogli impilati alla perfezione, un portatile e alcune penne. Poi un armadio con le ante in vetro che conteneva decine di fascicoli e due poltrone davanti alla scrivania dietro la quale la vetrata offriva una vista mozzafiato del dedalo di cemento della città. Nessun vaso di fiori né di piante, nessun quadro e, soprattutto, nessuna decorazione natalizia.
Jacob Mulgrew sedeva con il busto in avanti e lo sguardo fisso sullo schermo del PC. I capelli corti e neri e pettinati di lato e il completo blu scuro gli davano un'aria seria e composta.
La sua segretaria, Michelle, irruppe nella stanza dopo un lieve picchiettio delle nocche sulla porta, e con lei la sua chioma bionda lucente che pareva la criniera di un leone.
«Signor Mulgrew? Posso entrare?»
«E' già entrata, Michelle.» Rispose freddamente lui, continuando a tenere gli occhi sullo schermo. La giovane, sui trentacinque anni e coetanea dell'uomo, si lisciò la gonna color porpora ed espresse il suo miglior sorriso.
«Domani è la vigilia e io stasera devo partire e raggiungere mia madre, in Ohio, e… Ecco, mi chiedevo se poteva ospitare per un giorno il mio Chunky. Sa, lui soffre di mal d'auto e…»
«Chi sarebbe questo Chunky?»
Per tutta risposta, Michelle fece apparire sulla soglia il povero Chunky afferrandolo dal guinzaglio e facendogli trascinare le zampe. Chunky era un Bulldog inglese color crema, con una zigzagante striscia bianca che separava il viso in due parti e dalla bellezza disarmante. Chunky piegò la testa di lato, imitata dalla donna. Mulgrew, tuttavia, per nulla impietosito da quel quadretto, soffocò una risatina amara e scosse la testa, tornando al PC.
«Farò finta di non aver udito una singola parola, Michelle. E ora torni al suo lavoro! Lei, e quella dannata bestiaccia!»
«Ma signor Mulgrew, gliene prego. Non saprei a chi altri chiedere. E poi, Chunky non può rimanere da solo in casa e…»
«Basta così, per l'amor di Dio! Esca!»
Michelle, mortificata, uscì dall'ufficio insieme al cucciolo e si richiuse la porta dietro, singhiozzando. Mulgrew alzò gli occhi al cielo e allargò le braccia.
Quando tornò a casa, quella sera, Jacob Mulgrew aprì la porta della sontuosa villa in stile vintage nella quale abitava e se la richiuse dietro con disprezzo, dopo aver deriso alcuni bambini che giocavano lanciandosi palle di neve, intimando loro che se non si fossero dedicati sin da subito a un qualsiasi lavoro, si sarebbero ritrovati disoccupati a quarant'anni.
Una donna snella e dai lineamenti asiatici, sui settant'anni e con un grembiule sudicio addosso, lo salutò caldamente, ricevendo in cambio solo un cenno dello sguardo. Mentre lu si accingeva a controllare la posta, la domestica provò ad assumere un tono inquisitorio.
«Non vorrà lavorare ancora, signore.»
«Da quando in qua decidi della mia vita, Charmaine?»
«Con tutto il rispetto, signore, ma dopo un'intera giornata a lavorare, penso proprio che…»
«Il tuo compito non è pensare, Charmaine. Il tuo compito è pulire.» Ringhiò lui, voltandosi e puntandole il dito contro. Lei tornò a spolverare la mensola sopra al camino, borbottando tra sé e se.
«E se proprio ci tieni tanto.» Continuò lui. «I clienti del mio studio legale sono più importanti di un'inutile festività! Dove la gente si regala doni pur sparlandosi alle spalle tutto l'anno, dove si consumano zuccheri e si prende peso come se non ci fosse un domani, e dove si spendono centinaia di dollari per lucine e addobbi, nonostante il conto in banca sia in rosso! Ecco perché odio il Natale.»
Detto ciò, Mulgrew raggiunse il suo studio e vi si chiuse dentro, sbattendo la porta con violenza.
La mattina dopo l'uomo entrò in ufficio, sfavillante di gioia e ansioso allo stesso tempo. Non vedendo i giornali sulla scrivania, come accadeva ogni singolo giorno, l'uomo alzò la cornetta e chiamò Michelle. Ma non ottenne nessuna risposta.
Qualche istante dopo, udì una presenza fuori dalla porta che si apprestava a bussare e gli intimò di fare il suo ingresso. Quello non se lo fece ripetere e spalancò la porta. Era un tizio calvo, anziano e con una palandrana impolverata.
«Salve, signor Mulgrew, mi presento, sono Desmond e sostituisco Michelle in questa giornata e in quella di domani.»
«Già, è vero, quasi me ne dimenticavo. Ha la vigilia e il giorno di Natale liberi, quella scansafatiche. Bè, non perdiamoci in ciance, Desmond. I giornali?»
«Eccoli, signore.»
Con passo incerto, l'anziano segretario glieli porse e Mulgrew li sparpagliò sulla scrivania.
«Non sto nella pelle! Voglio sapere se quel miliardario di Philadelphia…»
Ma Jacob Mulgrew si paralizzò all'istante, sbarrando occhi e bocca e scuotendo il capo con progressivo vigore.
«Ma che storia è mai questa?»
Il titolo in prima pagina fu come un pugno allo stomaco per lui. "Avvocato di Indianapolis, Indiana, si rifiuta di accudire il Bulldog della sua segretaria e questi sparisce durante la notte". Anche tutti gli altri quotidiani recavano un titolo simile, scritto a caratteri cubitali. E gli articoli all'interno erano anche peggiori: facevano il suo nome, giustificavano la signorina Michelle Serkis e gettavano totale ombra sulla sua figura, additandolo come un essere senza cuore che odiava il Natale e gli animali.
«Desmond, si può sapere che storia è mai questa?»
«Io ne so quanto lei, signore.»
Jacob si portò le mani alla testa, tirando all'indietro i capelli e cercando di gestire la rabbia mista a panico che stava montando. Seppur lui non considerasse il fatto gravoso, era certo che la sua carriera era compromessa. O almeno congelata fino a che le cose non si fossero risolte al meglio. Se questo fosse accaduto, naturalmente.
«Mi chiami la signorina Serkis!»
«Ho tentato io per primo, signore, ma è irraggiungibile.»
«Oh, per tutti i giudici dell'Ohio, devo pensarci io, dunque!»
Mulgrew compose il numero e alzò la cornetta. Ma non ottenne alcuna risposta. E i successivi dieci tentativi non diedero differente esito. L'uomo si portò i palmi delle mani sugli occhi e controllò il respiro ansante. Desmond si schiarì la gola e abbozzò un mezzo sorriso.
«Credo, signore, che…»
«Si trova ancora qui!? Torni al suo lavoro!»
«Mi permettevo solo di farle notare che tutto ancora non è perduto.»
«Ah, davvero? Vorrei avere il suo ottimismo, Desmond.»
Mulgrew afferrò i giornali, e in un impeto di collera, li scaraventò a terra. Poi si alzò e girovagò per la stanza. Infine si parò davanti al segretario, fissandolo negli occhi alcuni istanti.
«E va bene! Cosa pensa che debba fare?»
Desmond trattenne a fatica un ghigno di soddisfazione.
«Be', il cucciolo della signorina Serkis non può certo essersi allontanato di molto. Ragion per cui le consiglierei di cercare a lungo intorno all'abitazione dove la donna e Chunky vivono.»
Mulgrew cinse la vita mettendo le mani intorno ai fianchi e storcendo la bocca.
«Con tutti gli impegni che ho non può pensarci lei?»
«Io? E poi loro che cosa direbbero?»
«Loro? Loro chi?»
Quando l'ascensore spalancò le porte e lui uscì dal palazzo, la folla di giornalisti con microfoni e cameraman al seguito lo accerchiò come la polizia con dei rapinatori. I flash lo abbagliarono e fu inondato da una valanga di domande che vertevano su Chunky e il suo nefasto destino, di cui lui era artefice.
Svincolatosi abilmente, si diresse verso la sua Spyder e sfrecciò a tutta velocità, lontano da quella marmaglia ficcanaso.
Raggiunse l'elegante quartiere in stile vittoriano dove Michelle viveva, in una graziosa casetta immersa nel verde e dove gli addobbi e le luci da lui tanto odiate ricoprivano le villette a schiera dell'isolato.
Dopo aver girato intorno all'abitazione per diversi minuti, sbirciando all'interno dalle finestre e gridando il nome di Chunky a gran voce, Mulgrew ispezionò il parco alla fine del quartiere e i vialetti laterali fra le case.
Poi cominciò da quella più vicina alla dimora Serkis per chiedere notizie della bestiola che tanti problemi stava creandogli.
Temeva di aver perso ogni speranza, quando una signora molto anziana e con uno scialle color carne sulle spalle gli aprì.
«Desidera?»
«Ecco… Io sono Jacob Mulgrew. La signorina Serkis lavora per me e lei non si trova. E insieme a lei, il suo Bulldog inglese di nome Chunky. Mi chiedevo se l'avesse visto o sapesse indicarmi dove trovarlo. Si trascina sulle zampe ha una macchia bianca su…»
«Sì, sì, so chi è lei, signor Mulgrew. E sono disposto ad aiutarla, nonostante il suo comportamento.»
Di fronte allo sguardo disgustato della donna, avrebbe voluto salutare e andare via. Ma la sua carriera necessitava di quell'informazione.
«Sono tutt'orecchi, signora.»
«Prima che le dia una mano, desidero che lei aiuti me.»
«E come?»
La donna aprì le porta e mostrò un albero di natale ancora spoglio.
«Non sta dicendo sul serio, vero?»
«Oh, se lo ritiene uno scherzo, signor Mulgrew, dirò ai giornalisti che verranno a chiedermi di lei, quale animo poco natalizio…»
«Bene, bene, ho compreso. Lasci fare a me.»
Mulgrew entrò e si rimboccò le maniche del cappotto scuro, sbuffando e alzando gli occhi al cielo. Avvicinò la scatola colma di palline, lucine e ghirlande in miniatura e prese a decorare l'albero i cui rami tremolavano a ogni suo addobbo.
«Sia delicato, signor Mulgrew. Hanno un anima anche loro, non lo sapeva?»
Cercando di non adirarsi, Jacob terminò quel compito solo una mezz'ora dopo, asciugandosi il sudore e borbogliando come una pentola in ebollizione.
«E' la vigilia e aspettava me per agghindare l'albero!»
La donna tornò dalla cucina e gli offrì del tè, che l'uomo accettò di buon grado. Contemplò l'albero e gli sorrise.
«Ha fatto un ottimo lavoro. Ha meritato quell'informazione, signor Mulgrew.»
«Allora parli, perché ho poco tempo.»
«Qui di fronte vive la famiglia Shelby. Loro sapranno darle le giuste indicazioni.»
Mulgrew la guardò storto e indicò la casa davanti.
«Tutto questa fatica per dirmi questo? Ci sarei passato comunque, da loro!»
«Questo accade a chi non ha pazienza, signor Mulgrew. Ah, grazie per l'albero. E buon Natale!»
Mentre l'uomo si dirigeva alla villetta di fronte, l'anziana donna aprì la porta dello sgabuzzino e sorrise, trascinando fuori l'albero di Natale abbellito a inizio dicembre.
«Quest'anno avrò ben due alberi di Natale!»
Mulgrew bussò e i coniugi Shelby lo fecero entrare. Erano sulla quarantina, di bell'aspetto e vestivano due maglioni con motivi natalizi quali renne e pupazzi di neve.
«La signora che abita dall'altra parte della strada mi ha consigliato di chiedere a voi. Io sto cercando il Bulldog…»
«Sì, abbiamo letto i giornali, signor Mulgrew. Prima di pensare a questo, sarebbe così gentile da aiutare i nostri figli a preparare i biscotti di Natale? Io e mia moglie siamo molto impegnati.»
«Ma signor Shelby, è scomparso un cucciolo di Bulldog e…»
«Accetta oppure no?»
Sconsolato, Mulgrew li seguì in cucina, dove due pargoli di sei e cinque anni, che non finivano di parlare né di muoversi lo attendevano. Mulgrew fece ricorso a tutta la sua calma, pensando: "Bambini! Ci mancava solo questa!"
Passò la successiva ora a stendere l'impasto, a fare formine e infornare quelli che sarebbero diventati biscotti. Il tutto mentre i due bambini, Cindy e Sean, urlavano, gli strattonavano la giacca inzaccherata e intonavano temi natalizi.
Alla fine, con sua grande sorpresa, i biscotti avevano un bell'aspetto. Non erano perfetti, ma neppure carbonizzati. I coniugi Shelby ammirarono il lavoro e lo lodarono.
«Dei bei biscotti, signor Mulgrew. I bambini non le hanno dato fastidio, vero?»
«Oh, no. Affatto.» Sentenziò Jacob con un sorriso finto, mentre levava via la farina dai pantaloni.
«E ora, potete darmi quello che cercavo?»
«Certo. C'è un giocattolaio all'angolo con la panetteria, in fondo a questa strada. Lui ne sa più di noi.»
Sforzandosi di rimanere pacato, Jacob chiuse gli occhi e li riaprì alzando il sopracciglio sinistro.
«Signor Shelby, mi sta dicendo che ho preparato e infornato biscotti con quelle due pesti per…»
«Signor Mulgrew!» Lo rimproverò Lorraine Shelby.
«Be', buona giornata.»
«Buon Natale!» Dissero in coro tutti e quattro. Cindy tirò la manica del maglione della mamma e gli chiese:
«Mamma, perché quel signore ci ha dovuto preparare dei biscotti, se ne avevamo già?»
«Oh, tesoro, non ti preoccupare. Quelli che non mangiamo li regaleremo.»
Alla fine della strada, scivolosa a causa del ghiaccio, Mulgrew intravide la panetteria, con l'insegna ingiallita e del muschio innevato sopra e, sulla destra, il negozio di giocattoli.
Entrò, schivando con la testa le luci, e il suono del campanellino catturò l'attenzione dell'artigiano. Era basso, con una pancia enorme e una barba e dei capelli bianca lunghi. Il negozio era un caos nell'ordine. Peluche e cuscini erano ammassati agli angoli del locale. Ma nonostante questo non si avvertiva alcun disordine. Ai lati, invece scaffali in legno sui quali si trovavano trenini, pupazzi di legno, palle colorate, candele profumate, dolci confezionati, tazze, casette, giostre in miniatura e sfere di cristallo che riproducevano casette sulla neve.
«Salve, buonuomo, desidera qualcosa in particolare?» Esordì l'anziano dalla barba bianca folta.
«Sì, mi chiamo Jacob Mulgrew e…»
«Oh, so tutto io.»
«Bene. Immagino che vorrà chiedermi un favore anche lei…»
«Non proprio. O meglio, quello che ti chiedo, Jacob, è di credere.»
«Credere?»
«Sì. Il Natale, Santa Claus, la magia che questo momento dell'anno sprigiona. Tu odi il Natale, e io conosco il perché. Quando avevi sei anni eri raggiante di felicità perché avevi chiesto a Santa Claus un regalo speciale, la miniatura del tuo supereroe preferito, e sapevi che te lo avrebbe portato. Ma questo non avvenne, perché perdesti la lettera mentre tentavi di imbucarla nella cassetta delle poste, quella notte innevata dove il vento la spazzò via dalle tua manine. Da quel momento in avanti qualcosa è cambiato per sempre dentro di te. E hai smesso di amare il Natale.»
Mulgrew aggrottò la fronte socchiudendo gli occhi.
«Come fa a sapere queste cose?»
«Oh, conoscevo tuo padre. Eravamo colleghi allo studio legale. Poi ho abbandonato la carriera e ho aperto questo piccolo negozio. Ora, tornando a noi. Io aiuto te, ma tu devi fare una promessa a me: che tornerai a credere nella magia del Natale.»
«Senta, io… Ho una certa età, un lavoro che mi prende tempo e…»
«C'è sempre tempo per credere, Jacob. E si può rimediare a tutti gli errori.»
«E va bene. Se la renderà felice, tornerò a credere e tutto quello che vuole. Ma ora mi dica dove si trova…»
Il giocattolaio sparì nel retrobottega, dove creava i giocattoli, e tornò dopo alcuni momenti tenendo in braccio un Bulldog che masticava rumorosamente: Chunky.
«Oh, non ci speravo più.»
Aveva la macchia bianca e una targhetta con scritto sopra il suo nome al collo. Mulgrew tirò un sospiro di sollievo e prese in braccio il cucciolo, per nulla spaventato.
«Quanto le devo?»
«Prego?»
«Presumo vorrà una ricompensa.»
«Oh, Jacob, quando imparerai che il denaro non è tutto, a questo mondo? Quello che ti chiedo è solo di mantenere fede a quella promessa.»
«Sì, be', ci proverò. Ma non prometto niente, intesi?»
«Apprezzo lo sforzo.»
«A proposito, le hanno mai fatto notare che assomiglia a Babbo Natale?»
«In effetti sì. Se non altro, attira più clienti. Buon Natale, Jacob.»
«Buon… Natale. E grazie.»
Quando tornò davanti alla residenza di Michelle Serkis, notò con piacere che i giornalisti ne assediavano l'ingresso. E quando lo scorsero, gli andarono incontro riempiendolo di domande. Lui sfoderò un sorriso a trentadue denti e carezzò la testa di Chunky, immerso probabilmente nei suoi pensieri.
Michelle uscì di casa e andò incontro ai due e abbracciando Chunky con tutta la forza di cui disponeva. Poi sorrise a Jacob e lo invitò a entrare.
«Grazie per aver recuperato il povero Chunky.»
«Figurati. Anzi, perdonami per come ho trattato te e lui. Riconosco di essere un orso, a Natale.»
«Solo a Natale?»
«Lo ammetto, non risulto molto simpatico. Ma cambierò, promesso.»
«Oh, come ero preoccupata.» Disse Michelle, prendendo la testa di Chunky fra le mani e baciandolo. Mulgrew scoppiò a ridere e scosse il capo.
«Puoi anche terminarla, la commedia.»
«Prego?»
«Che Chunky non è spaventato, e tu neppure. Il primo sospetto mi è venuto quando ho visto una macchina parcheggiata dietro la casa degli Shelby. Non ricordavo a chi appartenesse, ma ora mi è venuto in mente. Alla direttrice del quotidiano di questa città, di cui tu sei grande amica. E che ha falsificato le prime pagine dei giornali, tendendomi questo scherzetto. Ho letto le prime pagine delle copie vere davanti alle case.»
«Oh…»
«Ma non è finita qui. Perché mentre la signora che abita davanti agli Shelby si è allontanata ho guardato nello sgabuzzino e ho trovato il vero albero di Natale. E a casa degli Shelby c'era odore di biscotti ancora prima che infornassi quelli preparati insieme ai bambini. E l'anziano giocattolaio. Tu sapevi molto bene della mia letterina. Quindi è bastato fare due più due.»
«Wow, davvero strabiliante.»
«E' il mio lavoro, in fondo.»
«Ascolta, Jacob…»
«Non dire nulla, Michelle. Anzi, devo ringraziarti. Hai dato un senso al mio Natale con questa sceneggiata-vendetta. E hai risvegliato l'animo buono che è in me.»
Si sorrisero a vicenda, mentre i loro sguardi si incrociavano. Lasciando presagire che poteva esserci qualcosa di più, tra loro.
Quella sera avevano organizzato una cena coi fiocchi. Una tavolata imbandita nel salotto spazioso della casa di Jacob. Luci e palline colorate decoravano finalmente la villa e un enorme albero di natale troneggiava vicino al camino, acceso e scoppiettante. La tovaglia di seta color fuoco rivestiva il tavolo in legno sul quale piatti e portate di ogni tipo, tacchino, verdure, patate, zuppa allo zenzero, tortine di frolla e torta alla zucca deliziavano i palati dei presenti, dove centrini ricamati e stoviglie infiocchettate rendevano gli animi ancora più gioiosi. Charmaine finì di portare le leccornie e si sedette vicino a Desmond, con il quale era già scattata la scintilla. Poi la famiglia Shelby, con Cindy e Sean che cantavano a squarciagola e la signora Penny, l'anziana che abitava di fronte a loro, rideva senza sosta. C'erano anche Joanne, la direttrice del giornale, e l'anziano giocattolaio, che poco prima di mezzanotte dovette lasciare quel quadretto festante per recarsi al negozio.
«Anche la notte di Natale?» Le chiese Michelle.
«Be', ordinaria amministrazione.»
Lei e Jacob, che teneva Chunky sul grembo si baciarono per un buon minuto, fino a che non furono interrotti da Cindy che chiedeva loro di ascoltarla mentre intonava l'inno nazionale.
L'anziano giocattolaio, dopo essere entrato nel negozio, sparì nel retrobottega. Aprì una porta e rivelo uno spazio angusto dove un telo verde ricopriva qualcosa. Prese un grosso respiro, indossò un vestito rosso e bianco e levò il telo, sotto al quale una slitta di legno e delle renne lo aspettavano.
Qualche istante dopo, Santa Claus uscì nella notte innevata, solcando i cieli bui della notte di Natale, per portare doni ai bambini di tutto il mondo. E l'agognato regalo a Jacob, che dopo tanti anni, era tornato a credere nel Natale.