Quel mattino, quando si svegliarono, gli abitanti di Wonderland tutto avrebbero potuto immaginare tranne lo sconcertante spettacolo che si trovarono di fronte.
I colori, tutti i colori, erano scomparsi; non c’erano più.
Il mondo che si trovarono davanti è impossibile da descrivere; infatti non era un mondo in bianco e nero, magari con qualche sfumatura di grigio come potrebbe immaginare ciascuno di noi.
No, i colori erano scomparsi tutti, nessuno escluso, non c’erano nemmeno i bianchi, i neri e, men che meno, i grigi.
Un brivido di superstiziosa paura attraversò le schiene dei ragazzi che popolavano quel piccolo regno circondato da un’immensa foresta.
Wonderland era un regno di pace e di gioia, ma la sua caratteristica principale era il fatto di essere il regno dei colori, i più vivaci, i più luminosi, i più scintillanti che mente umana possa immaginare.
Figuratevi, perciò, lo sconcerto, quando quella mattina tutto sembrò essere stato improvvisamente cancellato da una enorme mano crudele.
I due consiglieri della regina Giada, dopo un rapido consulto, decisero che la situazione era sufficientemente grave da giustificare un’irruzione nella stanza della sovrana nonostante non fossero ancora le otto del mattino.
Bussarono e, al grugnito che percepirono arrivare dall’interno, aprirono anche se, per pudore, si fermarono sulla soglia.
La regina si sollevò appoggiandosi ai cuscini dietro di lei e, dopo essersi stiracchiata, provò ad aprire gli occhi mentre chiedeva cosa stesse succedendo.
Anche in quel momento, appena risvegliata, peraltro bruscamente, appariva bellissima; la folta chioma ramata scendeva scomposta sulle spalle e gli occhi verdi smeraldo risplendevano sul volto ancora mezzo addormentato.
I due consiglieri titubavano, nessuno sembrava decidersi a prendere la parola.
“Insomma, volete dirmi perché mi avete svegliata così bruscamente?” chiese spazientita.
Fu Baleno a prendere l’iniziativa dando una gomitata proprio in mezzo alle costole di Arco, suo fratello gemello.
“Ehi” fece quest’ultimo scostandosi bruscamente e finendo addosso alla libreria alla sua destra.
“Avanti Arco, dimmi perché siete qui a quest’ora del mattino.”
“Ecco mia Signora, vede… deve sapere… oh insomma, qualcuno ha rubato tutti i nostri colori.”
Giada scoppiò in una sonora risata, poi guardando meglio i suoi consiglieri, sul suo volto passò un’ombra di dubbio.
“Arco apri i tendoni, per favore” disse stavolta con voce incerta.
Arco non se lo fece ripetere e aprì gli eleganti tendoni di velluto che coprivano le finestre.
La regina si alzò dal letto e si avvicinò ai vetri per ammirare, come faceva tutte le mattine, il gigantesco albero di Natale che si trovava proprio al centro della Piazza Reale.
Era un albero splendido, ricoperto di palline dai colori più meravigliosi che mente umana possa immaginare; lunghi strass multicolori lo attraversavano in lungo e in largo racchiudendolo al loro interno per far brillare il suo verde intenso.
Ma tutto questo ora non c’era più, sull’albero e su tutti gli addobbi non c’era traccia alcuna di colore, e anche tutti i festoni che riempivano i palazzi che circondavano la piazza erano tristemente “scoloriti”.
Gaida si girò verso i due fidati collaboratori guardandoli con aria incredula; era pallida, quasi che anche dalla sua pelle fossero spariti tutti i colori, si torceva le mani e con voce tremante chiese: “Cosa è successo? Chi è stato?”
“Maestà” intervenne Baleno che fino a quel momento era stato zitto, un po’ in disparte “non lo sappiamo, non abbiamo la più pallida idea di cosa possa essere successo; ieri sera i colori erano tutti al loro posto come sempre e stamattina non ci sono più”.
“Non è possibile, non ha senso, i colori non possono sparire così”.
“Mia Signora, ci dica cosa possiamo fare, siamo a sua disposizione come sempre” disse Baleno.
Un lampo impercettibile attraversò gli occhi della sovrana che riprese in un attimo il controllo della situazione e con voce nuovamente ferma diede disposizioni precise.
“Andate in giro per il Regno, occhi e, soprattutto, orecchie ben aperti; chiedete, ascoltate, riflettete e non tornate fino a che non avrete risposte chiare e inequivocabili. Tra una settimana è Natale, vi concedo al massimo quattro giorni per ritrovare i colori e rimetterli tutti al loro posto.”
“Sissignora, Vostra Maestà” risposero i due malcapitati all’unisono e in un attimo si dileguarono.
Giada rimase qualche minuto a pensare, non aveva nemici e non riusciva nemmeno lontanamente a immaginare chi potesse averle tirato un così brutto scherzo; più pensava e più non riusciva a capacitarsi dell’accaduto.
Ma aveva anche una sconfinata fiducia nei confronti dei suoi due ragazzi e con il cuore sollevato al pensiero che aveva affidato loro le indagini provò a pensare a come organizzare quella giornata cominciata così storta: un attimo dopo chiamò la sua cameriera personale.
Ventiquattr’ore prima, di buon mattino, Cleo e Mel, due bellissime ragazze che, se non fosse stato per i capelli, avrebbero potuto essere scambiate per due gemelle, erano giunte nel Regno di Wonderland con i loro zaini e i loro sacchi a pelo sulle spalle.
Lisci e lunghi i capelli di Cleo, contrastavano con i folti ricci di Mel; entrambe le chiome, peraltro, erano di un intenso nero corvino.
E sicuramente il nero era il loro colore preferito considerato che entrambe vestivano interamente di quel colore e di quel colore erano anche i loro splendidi occhi.
“Sono proprio curiosa di conoscere questo posto; ce ne hanno parlato così bene e in effetti la prima impressione sembra confermarlo” stava dicendo in quel momento Cleo.
“Hai ragione” confermò Mel “si respira un’atmosfera positiva, allegra, c’è aria di grande serenità”.
“Guarda, sta arrivando una ragazza, chiediamo a lei qualche informazione” le disse Cleo indicando una ragazza dai lunghi capelli biondi che stava camminando nella direzione opposta a quella da cui venivano.
“Scusa, possiamo chiederti qualche informazione su questo Regno?” le chiese Mel avvicinandola.
“Buongiorno ragazze, vi trovate nel Regno di Wonderland; qui, come potete vedere, siamo tutti molto colorati” rispose la ragazza facendo un mezzo passo indietro.
“Oh sì lo abbiamo notato” ribatté Cleo. “Stavo giusto dicendo a Mel che si respira un’aria molto… positiva! Sì, ecco, positiva è la parola giusta.”
“Certo che si respira un’aria positiva! Voi non siete di questo Regno mi sembra di capire” disse con sempre maggior diffidenza la ragazza di Wonderland.
“No, stiamo camminando da parecchi giorni per arrivare in tempo per assistere al vostro famosissimo Natale; sapresti indicarci a chi rivolgerci per avere qualche informazione utile in merito?” chiese conciliante Mel.
“Mi dispiace, sono molto di fretta, non posso proprio aiutarvi” urlò quasi la ragazza e senza nemmeno più guardarle né, tantomeno, salutarle, accelerò il passo lasciandole sole in mezzo alla via.
“Ehi scusa, come ti chiami?” provò a fermarla Mel, ma quella si era già allontanata fingendo di non sentirla.
“Che tipa strana” mormorò poi, quasi parlando a sé stessa.
“Sembrava a disagio, forse aveva un appuntamento urgente e le abbiamo fatto perdere tempo” provò a giustificarla Cleo.
“Può darsi… però avrebbe potuto dircelo, non ci ha nemmeno salutate”
“Dai, proseguiamo, incontreremo qualcuno che saprà darci le informazioni che cerchiamo” concluse Cleo riprendendo il cammino.
Proseguirono per un po’ in silenzio fino a quando scorsero due ragazze che venivano loro incontro parlottando animatamente.
Quando furono prossime Mel si fece loro incontro salutandole “buongiorno, io sono Mel e questa è la mia amica Cleo; possiamo chiedervi un’informazione?”
“Dici a noi?” disse la più bassa delle due, fingendo stupore.
“Certo, siamo appena giunte qui nel vostro Regno e ci chiedevamo se…”
Cleo non fece nemmeno in tempo a terminare la frase, che l’altra ragazza, scostandosi i capelli rossi con un movimento vezzoso, la interruppe.
“Chiedete a qualcun altro, noi andiamo di fretta”.
“Ma come? Stavate parlando così tranquillamente… Noi vorremmo soltanto chiedervi se potete indirizzarci…”
“Ci spiace proprio ma siamo molto in ritardo, chiedete a qualcun altro, senz’altro saprà aiutarvi”.
E così dicendo si allontanarono riprendendo a parlare, stavolta a voce alta: “Ma le hai viste? Come erano vestite?” chiese una delle due; e l’altra ridacchiando “Sì, devono avere dimenticato i colori nell’armadio”.
Mel e Cleo si guardarono incredule, osservarono i loro vestiti senza capire, poi Cleo con voce incerta “Ma cosa c’entra come ci vestiamo? Mica siamo diverse da loro perché ci piace il nero.”
“Eh già” interloquì Mel “un po’ maleducate le due signorine”.
“Decisamente mooolto maleducate”
“E poi che fretta avevano? Oltre che il regno dei colori sembra essere il regno della fretta”.
“Dai, rimettiamoci in cammino, prima o poi incontreremo qualcuno che sappia darci un’informazione senza scappare” concluse Cleo riprendendo la strada.
Camminarono per quasi un’ora sentendosi sempre più a disagio per gli sguardi delle persone che incrociavano fino a che si decisero a chiedere ancora una volta qualche informazione; stavolta si rivolsero a due ragazzi che sembravano passeggiare serenamente.
Avvicinandosi Cleo si rivolse al ragazzo che in quel momento stava sorridendo “Ehi ragazzi possiamo chiedervi un’informazione?”
Il ragazzo parve sorpreso e, guardandola in quel certo modo che ormai le due amiche avevano imparato a riconoscere, disse bruscamente “Cosa volete da noi?”
“Siamo appena arrivate e ci chiedevamo se per caso…” cominciò Mel in aiuto all’amica.
“E si vede! Ma dove avete imparato a vestirvi?”
“Ma sapete che siete proprio strane?” intervenne l’amico e poi, rincarando la dose “non è che siete pericolose?”
“Ma no, siamo due ragazze come voi!” provò ancora Mel.
“Andiamo, dai” disse uno dei due rivolto all’amico “non mi piacciono proprio per niente queste due”.
“Hai ragione, e poi sono anche piuttosto brutte” aggiunse l’altro e, senza perdere altro tempo, se ne andarono lasciandole come due stupide in mezzo alla strada.
Incredula Cleo si rivolse all’amica “ma perché ci trattano tutti così?”
“Non ci danno nemmeno il tempo di parlare; ci giudicano senza conoscerci, sembra che conti solo il colore dei nostri vestiti” aggiunse Mel sempre più arrabbiata.
Poi, improvvisamente, alzando le braccia al cielo gridò: “Ma perché ci trattate così! Perché guardate solo a come siamo vestite e non provate a vedere dentro di noi! I nostri cuori sono molto più colorati dei vostri!”
“Non ci volete? D’accordo! Ce ne andiamo… ma porteremo con noi qualcosa di molto prezioso!” concluse con voce alta e minacciosa Cleo e subito dopo le due ragazze si allontanarono scomparendo alla vista degli abitanti di Wonderland.
La regina era seduta sul trono, lo sguardo perso nel vuoto, segno inequivocabile che la sua mente era al lavoro; ma più si sforzava di capire, di trovare un senso a quanto accaduto, più la situazione le sembrava assurda; eppure quello che lei e il suo popolo stavano vivendo non era affatto un sogno.
Fu in quello stato che la trovarono Arco e Baleno di ritorno dalla loro faticosa giornata in giro per il Regno in cerca di notizie che potessero accendere una seppur minima luce nel buio in cui brancolavano.
“Venite avanti” li invitò Giada facendo cenno con la mano. “Avete capito cosa sia successo?”
Arco prese la parola per primo: “Non possiamo esserne certi, maestà, ma crediamo di aver intuito cosa potrebbe essere accaduto”.
Baleno sembrò meno indeciso nell’affermare che “Ieri sono arrivate da fuori, nel nostro Regno, due ragazzine; crediamo che siano state loro a rubare i nostri colori”.
“Due ragazzine? E perché mai avrebbero dovuto rubarci i colori? Chi sarebbero queste due forestiere?”
“Non ne sappiamo molto, sappiamo solo che avevano due zaini molto grandi sulle spalle e che cercavano informazioni sul Regno; pare avessero fatto molta strada per assistere al nostro Natale”
“La cosa strana” aggiunse Baleno “è che pare fossero interamente vestite di nero”.
“E allora?” chiese Giada che ancora non riusciva a capire.
“Beh, vede Maestà, ci sarebbe qualcosa d’altro” cominciò timidamente Arco.
“Avanti, parlate… Non abbiate timore”.
“Dalle voci che abbiamo raccolto” proseguì Baleno “sembra che i nostri concittadini non le abbiano accolte con un clima, per così dire, propriamente natalizio”.
“Sarebbe a dire?”
“Sarebbe a dire che le hanno giudicate prima di dar loro il tempo di dire qualsiasi cosa”.
“Solo perché vestivano senza colori particolari, tutte di nero, le hanno trattate male, contravvenendo allo spirito ospitale che da sempre caratterizza il nostro regno”.
“Mi state dicendo che è come se per una volta i nostri abitanti si fossero dimenticati il colore che alberga nei loro cuori?”.
“Proprio così, Maestà!”
“E con ogni probabilità le due ragazzine si sono sentite offese, umiliate e hanno deciso di vendicarsi” concluse Baleno.
“Ho capito, bisogna trovare queste due straniere e scusarci con loro, sperando che sia sufficiente a riavere i nostri colori; avete idea di dove potrebbero essere?”
“Non possiamo esserne certi ma riteniamo che siano andate nella foresta fuori dalle mura del regno, vuole che le andiamo a cercare?”.
“No, non voi! Domani andrete ancora in giro per il regno e cercherete le due persone più pure e semplici; quando le avrete trovate me le porterete e spiegherò loro cosa dovranno fare”.
Arco e Baleno erano molto stanchi quando si apprestavano a rientrare al Palazzo con l’idea di dover affrontare la regina senza aver trovato nessuno che coincidesse con il tipo di persona che lei aveva chiesto.
Sconsolati e con le gambe che dolevano non fecero caso alle due ragazze con i capelli rossi che erano sedute su una panchina al limitare del parco che si apriva di fronte al Palazzo.
Fu per caso, perciò, che a Baleno parve di sentire una parolina magica: “colpa”.
Toccò appena il braccio di Arco facendogli cenno di fermarsi portando l’indice al naso per dirgli di non fare rumore; poi con un cenno del capo indicò la panchina.
“Insomma, io non credo proprio che sia colpa di quelle due ragazze” stava dicendo una delle due.
“Può anche darsi, certo che però hanno un po’ esagerato…” ribatté l’altra.
“Non direi… prova per un attimo a metterti nei loro panni e pensa a come avresti reagito tu”.
“Certo non deve essere stato semplice trovarsi di fronte un muro di ostilità”.
“Per di più appena giunte in un posto nuovo”.
“Mah… forse avrebbero potuto dare un tocco di colore alla loro mise”.
“Non credo proprio che sia questo il punto; si sono fermati tutti al primo impatto, quello esteriore e non hanno nemmeno provato a conoscerle meglio”.
“Tu che avresti fatto se le avessi incontrate?”
“Ah, non ho dubbi; sicuramente prima di esprimere qualsiasi giudizio nei loro confronti avrei sentito cosa avevano da dirmi”.
“In effetti… penso che anch’io quanto meno, non avrei espresso giudizi o, peggio, insulti gratuiti”.
Arco e Baleno si scambiarono uno sguardo e poi fecero un cenno per convenire che forse la loro lunga ricerca era giunta al termine; quelle due ragazze dai capelli rossi sembravano proprio fare al loro caso.
Senza perdere altro tempo si avvicinarono alla panchina e spiegarono brevemente alle due ragazze che la regina Giada aveva bisogno di loro.
Le ragazze si guardarono stupite e incerte sul da farsi, ma Arco e Baleno fecero loro capire che la cosa era piuttosto urgente e che avrebbero ricevuto ogni spiegazione dalla regina in persona.
Comprensibilmente intimidite da una simile proposta, si alzarono e seguirono i due consiglieri che meno di un quarto d’ora dopo si presentarono alla regina.
“E questo è tutto; abbiamo bisogno di voi e riteniamo che possiate riuscire in questa impresa” concluse Giada rivolta ad Alba e Aurora, le due ragazze che una manciata di minuti prima si erano presentate alla sovrana.
“Vostra Maestà, è una grande responsabilità quella che ci state dando; noi non siamo sicure di esserne all’altezza”.
“Mi rendo conto di chiedervi molto, ma come avete potuto constatare direttamente, la situazione è molto grave e, come non bastasse, tra sei giorni è Natale e non voglio nemmeno immaginare di regalare ai nostri bambini un simile spettacolo desolante”.
“Anche ammesso che riuscissimo a trovarle, come faremo a convincerle a restituirci i colori?” chiese Aurora.
“Penso che dovrete semplicemente essere voi stesse” affermò con sicurezza Giada.
“Vi abbiamo sentite prima, dovrete ripetere alle due ragazze quello che vi stavate dicendo” ribatté Arco.
“Possiamo provarci Aurora” disse Alba all’amica prendendola per mano.
“Credo di sì” annuì Aurora. “Proviamoci!”
“Non possiamo assicurarvi di riuscirci ma vi promettiamo di provarci Maestà” concluse Alba.
“Bene! Non posso che augurarvi il meglio e aspettare sperando che riusciate nell’impresa”.
“Ora andate a riposare” le congedò Baleno “temo che domani sarà una lunghissima giornata per voi”.
Fatte accompagnare Alba e Aurora, la Regina Giada guardò i suoi fidati ragazzi e fece un cenno di assenso con la testa.
“Penso che abbiate agito bene, ragazzi. So di potermi fidare sempre di voi, ho fiducia in quelle due ragazzine anche se sono la prima a rendermi conto che non sarà facile per loro”.
“Maestà, ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo, di mai accaduto; ma credo ancora nella forza dell’amore e sono fiducioso” chiuse Baleno.
“Con il suo permesso, ora vorremmo ritirarci, è stata una giornata molto faticosa” affermò Arco.
“Certamente ragazzi, andate a riposare. Domani ci attende un’altra giornata molto lunga. E… grazie!”
Alba e Aurora camminavano da ore nella foresta, seguendo un percorso che avevano concordato con Arco e Baleno prima di partire, ma delle due ragazze forestiere nemmeno l’ombra.
All’ora di pranzo avevano fatto una piccola pausa per rifocillarsi e riposare e poi di nuovo in cammino.
Non sapevano nemmeno più quante volte si erano ripetute quello che avrebbero dovuto dire quando si fossero trovate di fronte alle due ragazze e come, innanzitutto, non avrebbero dovuto in alcun modo spaventarle.
Un leggero scoramento si stava impadronendo dei loro cuori e delle loro menti quando sembrò loro di intravedere un movimento sulla destra proprio davanti a una grande caverna.
Si avvicinarono con circospezione quasi prese da un improvviso timore e tra le foglie intravidero le due ragazze che parlavano tra di loro sedute di fronte alla caverna.
“Avanti” sussurrò Alba all’amica, quasi a farsi coraggio e senza più indugiare sbucarono improvvisamente dal fogliame nella radura.
Cleo e Mel smisero di parlare e in un attimo furono in piedi a fronteggiare le due nuove venute.
Cleo decise che doveva attaccare per prima: “Chi siete? Che cosa siete venute a fare? Non vogliamo parlare con nessuno, tornatevene da dove siete venute” inondò le due malcapitate con un torrente di domande.
Senza nemmeno dar loro il tempo di rispondere Mel aggiunse: “Come avete fatto a trovarci? Chi vi ha detto che eravamo qui?”
Alba cercò di mantenere il controllo della situazione anche se dentro tremava di paura: “Veniamo in pace; vogliamo soltanto parlare con voi”.
“Care mie, sappiate che qui siamo a casa nostra e comandiamo noi” attaccò nuovamente Cleo; e a ruota Mel rincarando la dose: “venite da Wonderland, vero? Avete portato con voi un nuovo carico di insulti da rovesciarci addosso?”
“Sì, cioè no… insomma… oh cavolo! Possiamo parlarvi?” Aurora era in confusione ma decisa ad andare fino in fondo.
“Oh tranquille, ci avete già detto tutto molto chiaramente. Abbiamo capito che non ci volete nel vostro bel regno colorato; stiamo benissimo qui da sole”. Mel cominciava ad essere esasperata.
“Ma noi siamo qui a chiedervi scusa, sappiamo che gli altri abitanti del regno hanno sbagliato con voi” provò ancora Alba
“Ah sì! Troppo tardi, ci dispiace, facile adesso venire qui a elemosinare il nostro perdono per riavere i vostri colori” Cleo sembrò voler mettere fine alla discussione.
“Vi sbagliate! Noi siamo sinceramente dispiaciute per come siete state trattate e siamo venute fin qui a dirvelo” fece ancora Aurora che non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
“E perché dovremmo credervi? Come facciamo a sapere che non state mentendo e che non succederà di nuovo?”
“Succederà cosa?”
“Che ci ferirete, che ci tratterete male, che soffriremo” ora quello di Mel era quasi un grido di disperazione ma anche l’implorazione di un aiuto che tanto avrebbe desiderato.
“Dateci fiducia e non vi deluderemo; sappiamo quanto dovete avere sofferto e faremmo di tutto per rimediare” tentò il tutto per tutto Alba.
Cleo e Mel si guardarono per un attimo, poi si allontanarono e per qualche secondo parlottarono fitto fitto.
Poi tornando presso Alba e Aurora: “E va bene, vogliamo provare a darvi fiducia. Ma dovrete superare la prova del labirinto: se la supererete vi restituiremo i vostri colori ma se fallirete resteranno per sempre nostri e mai più nessuno dovrà venire a chiederceli”.
Fu la volta di Alba e Aurora di confrontarsi con uno sguardo di intesa e poi, senza nemmeno bisogno di parlare tra di loro, all’unisono affermarono: “Va bene, ci stiamo! Affare fatto”.
“Bene, preparatevi a entrare nel labirinto” concluse Cleo.
Alba e Aurora si trovarono di fronte al più classico dei labirinti, fatto di alte siepi che si intersecavano lasciando vedere solo piccoli spazi e infiniti bivi tra i quali scegliere la direzione corretta.
“Bene eccoci qui!” affermò Alba per farsi coraggio.
“Ti confesso che mi sento un po’ inquieta” ribattè Aurora.
“Beh, ti capisco, anch’io non mi sento del tutto a mio agio” rispose Alba con un mezzo sorriso.
“Il fatto è che se fallissimo, i nostri colori sarebbero perduti per sempre”.
“Basta parlare, dai! Avviamoci…” tagliò corto Alba prima che la paura la paralizzasse.
“Ok, io direi di andare a destra”.
“Ma davvero? Pensa che io stavo per proporti di andare a sinistra”.
“Oh bella! E come mai?”
“Non saprei, una sensazione…”
“E perché dovremmo seguire la tua sensazione?”
“Perché no? Perché, allora, dovremmo andare dalla “TUA” parte?”
“Non è la MIA parte… È UNA parte! Forse ti sei scordata che non l’ho fatto io questo labirinto”.
“No che non l’ho scordato. È per questo che non capisco perché dovremmo scegliere la parte che dici tu”.
Mel e Cleo, intanto, osservando quanto stava accadendo nel labirinto si guardarono sconsolate, certe che anche Alba e Aurora si sarebbero rivelate incapaci di quell’empatia che le altre abitanti del regno non avevano mostrato nei loro confronti.
“Allora io vado di qua e tu di là, d’accordo?” concluse Alba.
“Perfetto, così vediamo chi arriva prima” acconsentì Aurora con un pizzico di acredine.
Fecero qualche passo ciascuna nella direzione scelta, poi, improvvisamente, si fermarono, si voltarono e si guardarono negli occhi.
“Ma che stiamo combinando?” fece Aurora mentre correva incontro ad Alba finendo per abbracciarla stretta.
“Siamo due sciocche, solo unendo le nostre forze possiamo sperare di uscire da questo labirinto” le disse Alba quasi vicina alle lacrime.
“Sono d’accordo, solo la forza della nostra amicizia ci può portare fuori di qui. Dai, ricominciamo!”.
Non avevano ancora finito di parlare che il labirinto scomparve all’improvviso.
“Ma che cosa è successo?” disse Aurora incredula.
“Dove è finito il labirinto?” aggiunse Alba.
“Avete superato la prova” disse Cleo avvicinandosi alle due ragazze ancora esterrefatte.
“Avete dimostrato che il vostro cuore è davvero bello e ricco di sentimenti positivi”.
“Potete tornare a Wonderland, domani mattina al vostro risveglio troverete i colori nuovamente al loro posto” concluse Cleo e così dicendo scomparve con Mel all’interno della caverna.
Alba e Aurora provarono per un attimo a fermarle e a richiamarle, ma, resesi conto che non sarebbero più uscite, fecero ritorno a Wonderland.
La vigilia di Natale tutto era pronto per la grande festa in programma quella sera.
I colori erano tornati al loro posto e apparivano ancora più brillanti del solito agli occhi degli abitanti del regno.
Sembrava che tutto fosse finito bene, come nelle più classiche delle favole, ma c’era qualcosa che non permetteva a Giada di essere completamente felice e serena e di godersi a pieno quel Natale.
Era lì, ai confini dei suoi pensieri ma non riusciva a coglierlo ancora.
Tornò nelle sue stanze e provò a isolarsi da tutto e finalmente capì.
Si diede della stupida per non averci pensato prima, chiamò la sua cameriera affinché la preparasse il più in fretta possibile, avvertì Arco e Baleno che si sarebbe assentata per qualche ora, ordinando loro di occuparsi degli ultimi preparativi e si avviò nella foresta.
Aveva capito che senza Mel e Cleo, venute apposta da lontano per assistere al Natale del suo regno, la festa non sarebbe stata “vera” festa.
Per far tornare le due ragazze a Wonderland era necessario un ultimo importante passo: voleva chiedere loro perdono, a nome suo e degli abitanti del regno che tanto male si erano comportati; voleva invitarle personalmente alla festa di Natale di quella sera nel regno.
Voleva…
E mentre camminava verso quel perdono un magnifico sorriso illuminava i suoi occhi verde smeraldo.