Un’altra saldatura. Quasi c’era. Ancora poco.
Un rumore improvviso gli fa alzare la testa dall’intreccio di cavi, condensatori e circuiti in cui è immerso. Un tuono? Non è possibile con questo caldo. Una moto forse, una di quelle grandi che fanno tanto rumore. Come quella di papà, la Fabbricavedove. “Vado a fare un giro con la mia Fabbricavedove,” ha detto questa mattina mentre usciva. Forse è lui che sta tornando. Deve fare in fretta. Vuole fargli una sorpresa. Finalmente gli dirà bravo, chissà, o gli darà anche un bacino, o una carezza. Chissà, magari…
Riabbassa gli occhi sul saldatore che tiene nella destra, un po’ grande per le sue dita, e sul filo di stagno nella sinistra. È concentratissimo. Il braccio gli fa male poco sopra il gomito, dove un livido viola e giallo spunta appena sotto la maglietta della Juve, quella che gli ha regalato papà per la promozione in quinta. Per fortuna è un dolore che non gli impedisce di lavorare con precisione.
Una folata d’aria, così calda da sembrare un fon, entra dalla finestra e muove il fumo della saldatura. Giacomo non sposta gli occhi dal chip. Una goccia di sudore gli scorre lungo il naso e cade sfrigolando sul circuito su cui sta lavorando.
La televisione, accesa come sempre, occupa metà della parete e riempie di voci e musiche il salottino del bilocale. Nessuno la guarda o l’ascolta mai, però non va spenta. La mamma quando è a casa è troppo stanca e ha da fare. Papà guarda solo il calcio. Giacomo la tiene accesa anche quando è da solo, come ora. Forse non ha mai sentito quella casa in silenzio, neanche di notte quando il rumore del traffico e dei vicini sostituisce quello della tele. Probabilmente è un silenzio che fa paura, pensa, e forse è per questo che papà la vuole sempre accesa. Ed è per questo che va in giro con una moto tanto rumorosa.
La saldatura è conclusa. L’odore di stagno fuso riempie l’aria bollente. Papà sarà orgogliosissimo del suo figlio undicenne, pensa. Controlla gli ultimi dettagli: il circuito è stato modificato a dovere, l’energia della pila convogliata nel condensatore. Il chip della sua vecchia Play, sacrificata per la causa, e la scheda dell’Ipod trovato in un cassetto sono collegati. Solleva la testa e guarda soddisfatto il suo lavoro. Cioè, non è proprio bello da vedere: un intrico di fili che sembra un gomitolo ingarbugliato. Decide lì per lì di chiamare l’invenzione “lo scorciatoiatore”, perché crea scorciatoie nello spazio-tempo. Fa un sorriso. È un nome che fa schifo, però è divertente. Già si immagina i complimenti e i bacini.
“A scuola non sei andato bene,” gli aveva detto suo papà alla fine dell’anno scolastico qualche settimana prima. “Per punizione starai a casa per tutto giugno e luglio, così imparerai la lezione, e capirai che devi studiare di più”. Che poi non è che andasse male a scuola, pensa, semplicemente in classe si distraeva perché le maestre spiegavano cose veramente poco interessanti. Ma va bene, così ha potuto finire la sua invenzione. E comunque il papà gli ha regalato la maglietta dalla Juve, anche se il calcio non gli interessa. La toglierebbe ora perché tiene troppo caldo, ma ha paura che lui poi si arrabbi.
La tele sintonizzata su Rete4 trasmette un vecchio film anni settanta. Bud Spencer sta liberando degli animali imprigionati e prende a pugni i bracconieri cattivi. “A me piace Bud Spencer, più dei supereroi Marvel,” aveva detto a un suo compagno di classe mentre parlavano di supereroi. “Le botte sono le stesse ma Bud sembra che meni con minor convinzione, come se fosse costretto, per dare una punizione e non per far male, mentre agli Avengers piace picchiare.” Il compagno lo aveva guardato deluso e non gli aveva più rivolto la parola per settimane. Lui c’era rimasto male ma non aveva cambiato idea.
Scuote la testa quando si rende conto che sta perdendo tempo a guardare il film. Deve sperimentare la sua invenzione, e in fretta.
Prende il telecomando del televisore nuovo, un modello fighissimo costato a suo papà tre mesi di Reddito, come continuava a dire, e imposta la funzione doppio video. Lo schermo si divide: sulla destra Bud Spencer continua a tirar cazzotti, mentre sulla sinistra si sintonizza su un documentario sull’Australia con un’enorme montagna rossastra in mezzo a una pianura brulla. La ripresa parte dal livello suolo per arrivare a mostrare tutta la formazione da un’altezza di qualche centinaio di metri; forse è fatta con un drone.
Gli occhi di Giacomo si spalancano. Questo è il momento! Prende con delicatezza quell’intricato ammasso di fili e circuiti che è lo scorciatoiatore e lo appoggia davanti alla televisione. Schiaccia un paio di pulsanti nascosti tra le resistenze, e gira una minuscola rotellina con gli occhi fissi sullo schermo diviso a metà. Per un attimo non succede nulla. Poi la tele fa uno sfarfallio e, di colpo, Bud Spencer sparisce dallo schermo destro. I gangster si guardano intorno spaesati e Terence Hill si blocca stupito a metà di un calcio in volo, così che due energumeni riescono per la prima volta a stenderlo. Poi tutti, buoni e cattivi, si fermano e muovono la testa attoniti di fronte alla scomparsa di Bud Spencer, non sapendo cosa fare. Nell’altro schermo intanto il drone si avvicina alla cima della montagna e inquadra un omone barbuto che si aggira con un’espressione stralunata.
Giacomo esulta saltando con le braccia in alto come i giocatori della nazionale quando hanno vinto l’Europeo. Ce l’ha fatta! Ha spostato un personaggio da una dimensione a un'altra attraverso una scorciatoia dello spazio tempo! La sua invenzione funziona! Non vede l’ora di mostrarla ai genitori.
In quel momento la porta di casa si apre. Il babbo entra. Appoggia il casco sul mobiletto insieme a chiavi e portafoglio.
- Ciao papà! - gli urla Giacomo avvicinandosi.
Il padre risponde con un verso che poteva anche essere un saluto. Si toglie la tuta da moto e riempie la stanza del suo odore paterno fatto di sudore e tabacco, misto forse a birra e a un nuovo sentore dolciastro, simile a uno dei profumi di sua mamma anche se un po’ diverso. L’uomo toglie gli stivali, apre il frigo e prende una lattina di birra. - Fa troppo caldo, – borbotta, mentre si sciacqua la faccia e le braccia nel lavello del cucinino.
- Papà, devo farti vedere una cosa! – riprende Giacomo. – È un’invenzione fantastica. Fa scorciatoie, come mi dici spesso tu!
Il padre si butta sul divano, prende il telecomando, beve metà lattina e sintonizza il televisore sulla partita di calcio. Bud Spencer che vaga spaesato su Uluru, e Terence Hill con i bracconieri perplessi sullo Zambesi scompaiono dagli schermi, sostituiti da un campo da calcio.
Giacomo avvicina il suo ammasso di fili e schede elettroniche.
- Guarda papà, - gli dice alzando lo scorciatoiatore e cercando di intercettare il suo sguardo. – Guarda cosa ho fatto. Tu mi consigli spesso di trovare la via più semplice. Che bisogna far le cose seguendo la strada più breve, con la minor fatica e il massimo risultato. Che è inutile sbattersi e lavorare quando ci sono soluzioni veloci. Così ho fatto! Ho trovato una scorciatoia dimensionale! Posso collegare due punti del multiverso spaziotemporale lungo una strada cortissima! Guarda!
Giacomo alza la sua invenzione e la mette tra la televisione e gli occhi del padre.
L’uomo sposta la testa e alza la voce: - Giacomo! Fammi guardare la partita, cazzo. Sono tornato a casa apposta!
Il ragazzino non demorde, ancora in preda all’entusiasmo: - Posso dividere lo schermo, così ti faccio vedere?
- Dividi, – risponde il padre con un sospiro. Si toglie le calze, e gli odori si accumulano in quel salottino rovente.
Giacomo riprende il telecomando del televisore e preme lo split screen. Da una parte i giocatori continuano a correre sul campo da calcio, mentre sulla sinistra c’è un documentario sulla Lituania. Il ragazzo prende lo scorciatoiatore e incomincia ad armeggiare tra rotelle e tastini nell’intrico di cavetti.
- Vedi papà, - spiega. – L’Italia e il video sulla Lituania sembrano lontani, ma in realtà ci sono un sacco di scorciatoie nelle pieghe del multiverso che li uniscono. La mia invenzione le trova e le sfrutta, con la minima fatica, come mi dici tu!
Con teatralità, Giacomo alza l’invenzione e preme un pulsante nascosto tra i circuiti.
Lo schermo fa uno sfarfallio. Nella parte sinistra della tele c’è una collina coperta da croci e statue di ogni dimensione. D’improvviso, tra quella selva di simboli cristiani, compare un uomo vestito di giallo flou, in pantaloncini corti e con un fischietto in mano; inizialmente si guarda intorno spaesato, poi incomincia a urlare. Giacomo ridacchia. – Starà pensando di essere finito in paradiso, - dice.
Dall’altra parte dello schermo le due squadre continuano a giocare finché un giocatore cade a terra. Si rotola tenendosi uno stinco e la palla finisce fuori. Gli altri incominciano a protestare, poi si bloccano. Anche quello a terra smette di tenersi la gamba e si rialza. Tutti si guardano intorno, mentre i commentatori si chiedono dove sia finito il direttore di gioco.
- Cazzo succede? – Chiede il papà di Giacomo sedendosi dritto sul divano.
- Sono stato io! – risponde il ragazzino con grande orgoglio.
- Non dire cazzate. Che fine ha fatto l’arbitro?
- L’ho spostato io con lo scorciatoiatore! Guarda, è qui. – Battendo il dito sulla parte sinistra dello schermo indica l’uomo in giallo che corre disperato tra i sentieri sovrastato da crocifissi.
- Rimetti tutto a posto, - ringhia il padre con una voce bassa e minacciosa, mostrando i denti. Si alza e prende Giacomo per un braccio, chiudendo le dita intorno al livido. Il ragazzino urla per il dolore. Perché lo deve afferrare sempre in quel punto? E perché deve sempre stringere così forte? Il ragazzo incomincia a piangere. – Ma non sei orgoglioso della mia invenzione? – chiede supplichevole.
L’uomo dice tra i denti: - Rimetti tutto a posto, ho detto! Voglio vedere la partita.
Il ragazzo con lo sguardo annebbiato dalle lacrime riprende il suo attrezzo elettronico e armeggia tra i bottoni. Di colpo, dopo un altro sfarfallio dello schermo, l’arbitro scompare da Kryžių Kalnas e ricompare in mezzo al campo; subito si accascia a terra e un’equipe medica entra a soccorrerlo.
Il padre fissa attonito lo schermo, poi si gira verso Giacomo. Il ragazzino, nonostante tutto, lo guarda speranzoso, accenna un sorriso e allarga le braccia. Forse è la volta buona. Chissà, magari…
Lui però non ricambia lo sguardo. Gli strappa dalle mani l’invenzione e la scaglia contro un muro.
- Vai di là e lasciami guardare la televisione in pace, e butta via quel coso. – La voce suona per Giacomo carica di una nota che non è neanche più disprezzo o odio, ma che sembra qualcosa vicino a un’amara indifferenza.
Il ragazzo raccoglie lo scorciatoiatore e si chiude nella camera dei genitori. Vorrebbe tanto abbracciare la mamma in quel momento, ma oggi lei fa turno doppio e arriverà tardi.
Le lacrime gli si seccano negli occhi lasciando una traccia di rabbia profonda. Si rende conto, con un senso di colpa che gli prendo lo stomaco, di desiderare che suo padre non fosse lì ora. Vorrebbe che andasse via portando con sé i suoi odori e le sue partite. Magari avrebbe bisogno di una punizione anche lui, pensa. Le punizioni servono per apprendere, gli dice spesso, per migliorare, per imparare la lezione. Magari così capirebbe di dover dare un bacino al figlio, un abbraccio, dirgli bravo qualche volta.
Forse una via semplice e poco faticosa c’è…
Raccoglie lo scorciatoiatore. Per fortuna non si è danneggiato troppo; deve però fare qualche modifica. Recupera una batteria dallo spazzolino elettrico, la collega con del nastro isolante a uno dei cavetti e mette in parallelo un trasformatore. Modifica un circuito e aggiunge un pulsante. Ecco così dovrebbe funzionare.
Entra piano nel salotto. Mentre i giocatori hanno ricominciato a correre dietro al pallone suo padre si è addormentato. Giacomo cerca di capire per un attimo se l’arbitro sia lo stesso che ha spedito in Lituania o se sia stato sostituito, poi alza le spalle e cambia canale per tornare al programma su Uluru. Dal divano, l’uomo fa un verso e apre gli occhi. Sullo schermo, il drone continua a inquadrare la montagna rossa dove Bud Spencer vaga in cerca di un sentiero o di un punto di riferimento.
Giacomo punta lo scorciatoiatore verso il padre, gira una rotella e preme il nuovo pulsante, quello che ora permette di spostare oggetti anche dalla realtà, non solo dal video.
Uno schicco nell’aria calda della stanza e uno sfarfallio nel televisore.
Suo papà non è più sul divano. Su Uluru, Bud Spencer non è più solo. Giacomo sorride.
Bud gli piace perché punisce i cattivi senza essere spietato, non come i supereroi Marvel. Suo papà imparerà la lezione. Così poi capirà che non deve stringergli troppo il braccio e far piangere mamma. Quando andrà a riprenderlo, dopo la punizione, avrà capito che deve dargli tanti bacini e tanti abbracci.
Giacomo guarda un’ultima volta suo papà e Bud, poi spegne la televisione e si toglie la maglietta dalla Juve. Tutto è così tranquillo ora. Rimane in ascolto un attimo. Con sollievo si accorge che dopo tutto il silenzio non fa poi così paura.