Ghiaccio bollente
Se a otto anni un bambino è abbastanza grande per stare a casa da solo e prendersi cura della sua sorellina di tre, se a otto anni un bambino può andare a scuola da solo e, tornando, fare la spesa, perché non dovrebbe poter organizzare una bella gita in funivia?
«Mi raccomando!» gli aveva detto la mamma, senza aggiungere altro. Se ne era uscita, come tutte le mattine, per cercare di portare a casa quei quattro soldi che le permettevano di pagare l’affitto e sfamare le due creature che le erano rimaste a carico. «Vado a comperare le sigarette», le aveva detto il padre dei pargoli due anni prima e, come nella più scontata delle tradizioni, non era più tornato.
«A che ora torni?», aveva chiesto Thiago.
«Subito dopo pranzo».
Sapeva che non era vero: al Franco Assado, la tavola calda dove serviva ai tavoli ci rimaneva sempre di più, per arrotondare con qualche straordinario il misero stipendio da cameriera.
«Che faccio tutto il giorno?»
Le vacanze di Natale erano un bel problema per Marina; scuola e asilo chiudevano un paio di settimane e lei i bambini non sapeva a chi lasciarli.
«Gioca con Esther, guardatevi qualche cartone, fate un giretto ai giardinetti… ma la funivia no! Per quella mi aspetti». Una sosta allo specchio prima di uscire, riordinando i capelli e lisciando le pieghe lise del vestito, poi, con quel “Mi raccomando!” lanciato tra lo speranzoso ed il minaccioso, aveva chiuso il discorso.
Thiago guardò la cabina della funivia. Rossa, con il tetto bianco, non proprio un modello di ultima generazione, ma lui ci moriva dietro. Ne aveva viste di moderne alla TV, con vetrate panoramiche, grandi da portare 50 persone per volta; ne aveva vista una rotonda, che girava mentre saliva per offrire ai passeggeri una vista a tutto tondo. Ma a lui piaceva anche quella lì, un po’ vecchiotta; vintage, avrebbe detto la mamma, come quando voleva giustificarsi per gli abiti ormai fuori moda che era costretta ad indossare.
Dopotutto, pensò il bambino, non c’erano molte funivie che, partendo dal verde dei prati, in qualche minuto ti portavano tra i ghiacci e le nevi.
La cabina era appena entrata nella stazione alla base; oscillando aveva colpito le protezioni, ma il conduttore, l’unico a bordo, era rimasto ancorato al pavimento, impettito nella sua divisa blu marine.
Le porte non si aprivano in automatico, bisognava farle scorrere a mano. Thiago sapeva che su quelle moderne bastava premere un pulsante, per lasciare libere decine di passeggeri di entrare e uscire, ma a lui quel rituale di aprire le porte prima dal lato dell’uscita per far scendere gli sciatori e poi, dalla parte opposta, per farli salire, piaceva.
Osservò con attenzione un signore, pronto a salire. Era buffo, con la giacca a vento, il cappello di lana e gli scarponi ai piedi. Teneva stretti un paio di sci, troppo alti per lui, come si usavano parecchi anni fa, vintage. Di sicuro aveva un gran caldo laggiù, con quella roba addosso, ma doveva resistere: ancora qualche minuto e si sarebbe trovato sottozero, nella stazione di arrivo.
C’era anche una ragazza, forse troppo giovane per essere sua moglie, con degli stivali di pelo che facevano sudare solo a guardarli. Il ragazzino che era con loro tirava per la corda un vecchio slittino in legno.
Insieme al conduttore, sempre immobile e impettito, l’allegra famigliola occupava quasi completamente la piccola cabina.
Thiago li guardò con invidia: con la canottiera senza maniche e con i braghini corti sarebbe morto di freddo lassù. Eppure sarebbe stato il suo sogno: rotolarsi nella neve a tremila metri di quota. Lui che la neve, a Belo Horizonte non l’aveva nemmeno mai vista.
«Mamma, mammina, vieni a vedere che bello ha fatto Thiago!»
Marina aveva appena girato la chiave nella toppa, che Esther le si era precipitata incontro e l’aveva trascinata verso la cucina.
Cosce di pollo mezzo scongelate, erano sparse sul pavimento, insieme a patatine pronte per essere fritte. Qualche busta di piselli e di fagiolini surgelati era buttata poco lontano. Un rivolo colava lungo la porta del frigorifero, alimentando un laghetto tra le piastrelle.
Su un asciugamano verde, poco lontano, era posizionata la stazione di partenza della funivia che Babbo Natale aveva portato qualche giorno prima. Completamente spalancata, la cella freezer ospitava, tra i ghiaccioli e la brina, la stazione di arrivo.
«Ma ti sei ammattito?» gridò precipitandosi verso il bambino.
Thiago le sorrise, poi con tranquillità, spostò la levetta del comando e la cabina iniziò a salire lungo le funi verso la vetta.
Ultima modifica di FedericoChiesa il Ven Set 02, 2022 5:17 pm - modificato 1 volta.