Immaginate di trovarvi di fronte a un locale. In un boulevard periferico di Parigi. Non tutto in città è bello e raffinato. Anzi, il boulevard in cui sono invecchiato è un vero cesso.
Non stropicciatevi gli occhi per vedere meglio: il locale è realmente al buio.
No. Non è l’ennesima interruzione di corrente: gli altri locali sono accesi. No, non è al buio per un guasto, tantomeno per suo volere. È al buio perché la sua proprietaria, Madame Roux, vuole così.
Apprezzo lo sforzo che state facendo perché… State guardando me!
Sorpresa! Sono io quel ristorante.
Non starò qui a elencarvi tutti i miei pregi e i miei difetti, anche perché non li vedreste; vi basti sapere che sono vecchio. Non lo sono diventato all’improvviso, ero vecchio anche prima di questa follia. Ero così vecchio che anelavo una sola cosa.
Volevo morire.
No, i locali non vanno in pensione. O cambiano vita o muoiono.
Diventare un bel localino lezioso oppure un ruvido bar per soli uomini mi sarebbe piaciuto.
Ma cambiare è costoso, a meno che non ci si metta nelle mani dei soliti macellai del ritocco. Prezzi contenuti, ma con il rischio di diventare identico a tutti quei vecchi locali, ora tirati, che hanno avuto una nuova vita negli anni di benessere successivi alla grande guerra.
La mia padrona, nana e squattrinata, invece di darmi il colpo di grazia ha deciso di spegnere ogni luce e continuare a farmi trottare… Per pura vendetta personale.
È stato un successo inaspettato.
Sì, perché voi emerite teste di cazzo avete accettato l’idea entusiasti e per anni avete continuato a calpestare la mia vecchia schiena di legno con i vostri tacchetti del cazzo e annerito le mie pareti con il puzzo dei vostri sigari; tutto al buio.
Siete contenti? Beh! Io no.
Vi lancio una sfida, seguitemi e vedrete… O meglio, sentirete con le vostre orecchie le assurdità di una scelta del genere.
Prego, da questa parte. La mia sala è sempre stata piccola e maldisposta, ma in qualche modo è intima; per questo sono costretto a sentire tutte le futili effusioni delle coppiette e la puzza che emanano gli uomini che fanno affari al buio. Insomma, una noia mortale.
Procediamo oltre… Ah! La musica che ci accompagna così, indecorosamente, viene dal carissimo cimelio della famiglia Roux. Un vecchio grammofono che mi ha chiesto più volte di morire anche lui. Eppure eccolo lì in un angolo a suonare in agonia.
Venite…
No, Fermi! Di là si va per la cucina e… Non mi sembra il caso di farvi entrare. Sono già incasinati, e non perché anche loro siano al buio: cucinano di merda pure con la luce accesa.
Da questa parte… No, non quella… Quella! Ecco, lì c’è il corridoio che porta alla toilette. Eccoci appena arrivati che…
Bingo!
Lamenti. Un classico nei corridoi delle toilette. Infatti eccola.
È una donna sui qua… Merde! Ho promesso di mantenere il riserbo… Una zitella! Meglio?
Vorrei potervi lasciare qui da soli ma… Non riuscirete a vedere nulla, quindi sarò costretto a dirvi chi sta parlando. Tranquilli, non sarò invadente. L’ho già fatto. Non crederete davvero che, con tutte le persone che mi sono entrate dentro, sia ancora vergine.
A plus tard.
«L’ho incontrato per la prima volta una settimana fa. Rientravo nella mia stanza al piano terra, quando al portone d’ingresso ho visto la sua ombra stagliarsi sulla soglia. Gambe lunghe e affusolate, spalle larghe, un cappello in testa. Mi sono voltata, ma il riflesso mi ha impedito di vederlo in volto. Le scarpe sì, quelle sono riuscita a vederle bene. Erano di fattura eccellente. Un ottimo segno. Sono nubile, quindi sono sgattaiolata nella stanza senza avvicinarlo. Il giorno dopo ho chiesto informazioni alle “sultane” del palazzo. Deve sapere che le chiamano sultane perché comandano loro, lì. Mica i mariti: quelli zitti stanno. Loro invece spadroneggiano e sanno ogni cosa. Decidono loro chi deve venire e chi andare. Insomma, mi sono confidata. Hanno detto che era un bell’uomo, rispettabile, scapolo, ma soprattutto ricco sfondato. Ebbene, mi hanno mentito per burlarsi di me. Un vecchio calzolaio. Ecco il mio cavaliere dalle belle scarpe… Mi capisce?»
«Sì, ma io le avevo chiesto solo se questa era la fila per il bagno. Non si vede niente in questo posto di…»
«Di raro mistero.»
Detesto il maitre di sala. Melenso, schiva le persone come un’anguilla.
«No, no. Ma adesso io entro alla toilette, perché mi scappa, e poi vado via.»
La zitella ha iniziato a battere i tacchi sul pavimento… Immaginate che piacere per me.
«Secondo lei, là dentro ci sarà la luce?»
La seconda della fila, che profuma di macarons, non può vedere la zitella alzare le spalle, quindi nel buio quello che rimane è solo il silenzio. Un lungo silenzio imbarazzato.
«No. Non c’è luce neanche nella toilette. Io lo so. Salve, sono Nadine e sono l’ultima della fila. Fareste meglio a dire anche voi il vostro nome. Prevedo una lunga attesa.»
«Celine.»
La zitella.
«Oh! Che buffa coincidenza, io sono Sabine.»
L’altra.
«Buffa? Qui la serata è drammatica. Miserabile… Mi avevano detto che quell’uomo…»
«Era ricco sfondato» conclude Nadine fiera.
«E lei come lo sa?»
«L’ho visto.»
«Lo avrà sentito, più che visto. Suvvia, Mademoiselle Celine, è chiaro che l’avrà sentita. Era così… Agitata, che non mi meraviglierei se vi avessero ascoltato tutti in sala.»
«Non mi prenda in giro, Mademoiselle Sabine.»
«Madame Sabine.»
«Come, scusi? Ha una voce così fresca e delicata, non avrà più di vent’anni.»
«In realtà sono diciotto.»
«Io lo sapevo già.» Nadine, che profuma di incenso: «È una fresca sposina in boccio, mentre io sono tristemente vedova. Ho cinquantotto anni, e lei Celine?»
«Non ho intenzione di dire la mia età.»
Questa cosa inizia a piacermi.
«Coraggio! Siamo completamente al buio, può mentire se vuole, anche se io le menzogne le scovo sempre. Se alla sua età è ancora nubile non c’è nessuna vergogna. La cara Sabine è stata fortunata a trovare un bravo ragazzo.»
«In verità il mio Armand non è poi così giovane.»
«E quanti anni ha?» Chiede Celine, mentre cerca di trattenere i singhiozzi.
«Ne compirà sessantacinque a ottobre.»
«Putain!»
Vai così, Nadine, non trattenerti. È riuscita in un solo attimo a rendere il corridoio un posto ancor più spiacevole.
Sono impietrite. Chi per l’imbarazzo, chi per timore e chi per invidia.
«Anche mia moglie, Madame Perrin, è molto più giovane di me.»
Le tre urlano. Ve lo dicevo che sguscia, viscido com’è… Detestabile maitre.
«Scusi, ma lei da quanto tempo è lì?» dice stizzita Celine.
«Io sono sempre nei paraggi, ma chère. Perrin ha orecchie ovunque nel locale.»
«Dunque ci stava spiando» ci tiene a precisare Sabine.
«Ma no, mi accerto solo che non ci siano incidenti. Questa sera siamo già a sette cerotti e una dozzina di lividi e sono solo le 20.»
«Oh! questo lo sapevo già. Ma… Non potete accendere almeno una candela?» Chiede Nadine.
«Le regole della padrona lo vietano. Da quando è diventata cieca nel ’35, non ha più voluto sentire ragioni. Se non può vedere lei, nessuno vedrà più nulla nel suo locale. Che cara signora.»
«Carissima.» Dice sarcastica Celine.
«Io lo trovo romantico.» Esclama Sabine.
«Romantico un cavolo! Io ho scelto di venire qui proprio per evitare di guardare in viso quell’uomo. Pensavo che al buio magari mi avrebbe incantato con la sua voce. Il calzolaio è un buon mestiere e le scarpe servono sempre. Credevo che sulle sue proprietà le sultane non avessero mentito. E invece è un vecchio spiantato e pure noioso. So come mi state guardando. Anche se non si vede nulla, sento i vostri sguardi giudicanti. Me ne frego! Ho tutto il diritto di scegliere chi voglio. In questi tempi incerti, attanagliati dalla paura, voglio stare bene, e per stare bene intendo agiatamente. Sbaglio, Perrin?»
Per coprire il silenzio da disagio, dirò che Celine odora di bucato inamidato.
«Perrin, è lì?»
«Celine, è lei che ha parlato? Ero venuto a controllare che non vi fosse successo nulla e ho sentito per errore. Stava parlando di me?»
Silenzio. Singhiozzi. Sospiri.
«Ma no, Monsieur. Ero io che stavo parlando. Ho avuto una discussione con mio marito e mi stavo sfogando tra donne.» balbetta Sabine per cercare di salvare il salvabile.
«Sabine, ma…»
«Armand!»
«Putain! In quanti siamo in questo corridoio?» Chiede urlante Celine.
«In sei, signora.» Risponde Perrin.
«Quindi è sempre stato lì e non ha detto nulla. Conna…»
La porta della toilette si è aperta sul viso di Celine… Quando si dice “la legge del karma”.
Deve far male, ho sentito il colpo fin qui.
Ora inizia a strillare. Se ci fosse stato almeno un lumicino, questa cosa non sarebbe successa. Io ve lo avevo detto. Non vi sopporto quando fate così.
«Largo a Perrin. Abbiamo il primo naso sanguinante della serata.»
Celine, isterica, entra nella toilette tirandosi dietro le donne, mentre i due uomini restano nella completa oscurità.
«Speriamo non sia nulla di grave.» dice Armand per rompere il silenzio, diventato imbarazzante.
«Lo spero anche io.»
Sospira, il calzolaio. Lui emana un odore che non mi piace, come di ruggine e cuoio, poi fa una cosa che mi manda ai matti… Struscia i piedi. Cerco di non badarci perché è molto premuroso.
«Che dite, devo provare a bussare?»
«Ma no! Sono cose da donne. Se vuole, nell’attesa le offro qualcosa di forte al bancone. Su, andiamo.»
Armand afferra un braccio e lo spinge via.
«Mi scusi, ma cosa fa? Mi lasci. Sono il Maitre Perrin.»
«Scusi, ma lei da quanto tempo è lì?»
«Io sono sempre nei paraggi, Monsieur. Io ho orecchie ovunque nel locale.»
«Ci spia, dunque.»
Armand si sta irritando… Che sia giunto il momento del primo occhio nero della serata?
«Ma no! È solo che la cassetta medica con le garze è proprio qui.»
Perrin si è salvato ancora una volta, peccato. Scivola via e bussa alla porta da dove giungono guaiti strazianti. Nadine è uscita per rassicurare tutti.
«Non è nulla di grave. Ancora un attimo e saremo subito da voi.»
Se fossi in loro attenderei in silenzio…
«Sua moglie e sua figlia sono proprio degli angeli.»
Come non detto.
«Io non ho figli. Mia moglie è lì, ma…»
Oh! Stupidissimo calzolaio, non avrà pensato che… Oh no! Armand deve ingoiare un bel boccone amaro. Che sia questo il momento del primo occhio nero? Armand mi sembra uno dal temperamento focoso, odora di cenere e pino.
«La signora che è uscita poco fa non è mia moglie.»
Come non detto.
«Certo che non sono sua moglie. Io sono Nadine Duval. Veggente, paragnosta, parapsichiatra. Una veggente, non a parole. Vedo tutto. Sento tutto. Trovo le persone sotto terra. Prevedo le guerre, se crolla una casa, se ci sarà un terremoto. Tutto ovviamente no. I messaggi che mi arrivano io li dico ma… Non sbaglio mai. Avanti, fatemi una domanda.»
«Io sono Firmin Blan…»
«Non mi importa, veloce.»
«Viste le circostanze…»
«Avanti, dica, veloce»
«Vorrei sapere qualcosa sull’amore.»
«No! “Qualcosa” no… “Qualcosa” lo chiede alle maghette. Io non sono la maghetta di turno. Io sono Nadine Duval, punto e basta. Io non sono un’indovina… Indovina è la zingara che passa per la strada. Io non sto qui a dirvi che sono una veggente e poi sono una cacca. E vi inganno e vi racconto delle cose pazzesche e vi prendo per i fondelli. Nadine è onesta, corretta, e veritiera. L’unica! L’unica in Francia… Diciamo solo in Francia perché io non ne ho vista ancora nessuna che abbia questi poteri. Avanti, ci ha pensato bene? Mi faccia una domanda che abbia un senso.»
«Voglio sapere sulla salute di Celine.»
«Che vada dal medico. Ma roba da matti. Io non l’ho visitata. Ero lì nella toilette solo come conforto spirituale.»
Esigente, la veggente.
Forse non sono l’unico che trova assurda la cosa, Armand non riesce a smettere di ridere.
«E lei cosa ride? Io sono Nadine Duval. Sono una veggente, non sono mica il suo pagliaccio.»
«Mi scusi, ma non sembra molto credibile.»
«Ah no? Allora mi faccia lei una domanda.»
«Vista la situazione al confine tra Germania e Polonia, l’invasione da parte di Hitler è sempre più concreta. Fonti anonime dicono che sia questione di giorni…»
«Ma io lo sapevo già. Perché me lo ha detto? Ha rovinato tutto. Non doveva dirmi niente. Io sono una veggente, mica la maghetta di turno.»
«Mi scusi, cercavo solo di essere preciso.»
«Ma no, non si deve scusare, mon cher. Mi ha detto che l’invasione avverrà tra pochi giorni. Ma io lo sapevo già. L’attacco ci sarà tra tre giorni. Il 3 settembre 1939, ma sarà un assalto diretto, nessuna tattica di accerchiamento e le vittime non saranno molte. Purtroppo nessuno aiuterà i Polacchi. Ma anche l’Italia, alleata di Hitler, non interverrà nel conflitto. Tutto sarà breve.»
«Che Dio ci aiuti.»
«Perrin, siete ancora voi?»
«No, io sono appena arrivato. Cosa mi sono perso? È sceso il gelo in questo corridoio.»
«Che Dio ci aiuti.»
«Madame Roux? Cosa ci fate qui? Non vi siete ancora ritirata? Le occorre qualcosa? Si sente bene? Queste persone la disturbano?»
Merde! La padrona era qui. Non dovrebbe trovarsi in quell’angolo non facendo alcun rumore: mi sono spaventato anche io. Quando lei è nei paraggi, Perrin diventa ancora più detestabile, un vero lecchino. E infatti ha perso il controllo delle braccia e delle gambe per cercare di raggiungerla.
«Lei, Madame Roux, è una donna maestosa. Una figura incombente, difficile da celare. Nadine Duval aveva già percepito la sua presenza. Le porgo i miei omaggi, vuole farmi una domanda?»
«Stia zitta lei, dopo quello che ha detto dovrebbe correre a confessarsi… Mi faccia passare.»
«Ahi! Chi mi ha colpito al ginocchio?»
Grave errore, Nadine. Quando Madame Roux è arrabbiata, brandisce il bastone come fosse una spada e molti stinchi, polpacci e ginocchia vengono colpiti.
«Perrin, sarò breve. Perché si trova nel corridoio del bagno delle signore? E perché sono io quella seduta sul posto che dovrebbe occupare la sua dolce e cara Marie?»
«A questo posso rispondere io. La signora Marie purtroppo è indisposta perché…»
Attimi di tensione.
«…È incinta.»
Boom!
«Aspetta una bambina. Nascerà a luglio.»
Non serve essere veggenti per capire che il tonfo che avete sentito, fidatevi, ha fatto più male a me che ha lui; è Perrin che ha perso i sensi.
«Monsieur Firmin, mi spiace ma io non voglio sposarla.»
Sentite chi è tornata. Una rinvigorita… Si fa per dire, ha una voce nasale buffissima, Celine.
Il calzolaio prova a seguire la voce e allunga il braccio ma… Manca il bersaglio.
«Quello è il mio sedere. Cochon.»
«Ha per caso toccato mia moglie?»
Questo è il momento dell’occhio nero. Armand è furioso. Sta per sferrare l’attacco…
«Ahi!»
Ahi! Il mio povero pavimento… Cosa succede ancora?
Ah, ecco! Celine cercava di fuggire, ma è scivolata sul corpo di Perrin. Aspettate… Ha nuovamente battuto il naso. Se da questo lato è scoppiata una rissa tra anziani, da quell’altro Nadine Duval, in preda a una visione, non la smette di blaterare.
«Vedo delle onde sonore, la musica che si ferma e ogni cosa rotola.»
«La musica si è interrotta perché sono andata a finire contro il grammofono, è caduto.»
«Vedete? Io lo sapevo già. Lo avevo previsto. Non dovete ringraziarmi. Dovete dirmi, Nadine Duval, grazie che esisti.»
«Ma grazie di cosa? Cos’è, un’indovina?» Sabine sembra turbata.
«Indovina? A me? Io sono Nadine Duval. Tutto il mondo sa chi è Nadine Duval. L’unica veggente. L’unica paragnosta. Io sento i vostri mali. Sono unica. Capisce? Unica.»
«Allora se è unica, perché non ha previsto tutto questo? Lei è solo una ciarlatana.»
«Sì? Allora tu sei una grandissima stronza.»
C’est fou! Nadine si è lanciata con gli artigli su Sabine e le sta graffiando la faccia.
Aspettate, i due fronti si sono incontrati, È diventata una guerra a tutto campo. Anzi, a tutto corridoio.
Un’ammucchiata pazzesca! Peccato che Celine sia ancora priva di sensi… Chissà se le ricapiterà più di avere così tanti corpi sopra.
Sapete…
«Scusate, è questa la fila per la toilette delle signore?»
No, va be’, adoro!
Mi sbagliavo.
Cenare al buio è spassosissimo.
Nota: il personaggio di Nadine Duval è tratto dai video di YouTube di Nascia Prandi, famosa veggente televisiva.