Amava Lisa teneramente, ed era una sua consuetudine, quando gli era possibile, servirle la colazione a letto, senza mai dimenticare di appoggiare un fiore sul vassoio.
Lei era una donna problematica, una donna con un passato.
I servizi l’avevano affidata a lui in quanto funzionario federale, ma soprattutto per le sue doti caratteriali e la sua riconosciuta predisposizione per i rapporti umani.
Lisa era vissuta a lungo in un istituto governativo, dove si insegnava a ragazzi con attitudini particolari a sviluppare, controllare e usare i propri poteri.
All’età di vent’anni, le sue capacità incominciarono ad affievolirsi, fino a scomparire quasi del tutto, ma ritenendola potenzialmente in grado di riacquistarle conducendo una vita normale, fu deciso di affidarla a un tutore.
Lui l’aveva seguita, incoraggiata e assecondata nei suoi desideri con attenzione e con affetto.
Ben presto, tale affetto si trasformò in amore che, ricambiato, li portò al matrimonio.
La loro vita trascorreva semplice e serena. Stavano bene insieme, erano felici.
Poi, stamattina…
La rabbia gli ribolliva dentro.
Un senso di impotenza lo sopraffece.
Era stanco.
Si sentiva stanco, e il suo sangue continuava a gocciolare dalla manica del cappotto.
Doveva riposarsi.
Doveva scappare.
Doveva nascondersi.
Doveva farsi curare.
Doveva fare in fretta.
Aveva freddo, la notte era vicina, ombre inquietanti incombevano attorno a lui.
Non sapeva quali capacità avesse avuto Lisa, non aveva mai voluto indagare, né tantomeno era a conoscenza che avesse ripreso il controllo dei suoi poteri.
Certo era schiva, non amava frequentare gente che conosceva da poco, ma era comprensibile dato la vita che aveva condotto da adolescente.
Era difficile guadagnare la sua fiducia.
Lui c’era riuscito.
Adesso, però, aveva freddo. Era già buio, sentiva il vento muovere le fronde col suo fischio sordo.
Chissà che animali vivono in questo posto, chissà se il mio sangue che continua a gocciolare li attirerà. Chissà…
Si alzò con fatica dall’orlo del precipizio e barcollando si allontanò.
Riuscì a raggiungere una balza rocciosa, sedette con le spalle appoggiate a essa, poi stremato perse i sensi.
Lei era una donna problematica, una donna con un passato.
I servizi l’avevano affidata a lui in quanto funzionario federale, ma soprattutto per le sue doti caratteriali e la sua riconosciuta predisposizione per i rapporti umani.
Lisa era vissuta a lungo in un istituto governativo, dove si insegnava a ragazzi con attitudini particolari a sviluppare, controllare e usare i propri poteri.
All’età di vent’anni, le sue capacità incominciarono ad affievolirsi, fino a scomparire quasi del tutto, ma ritenendola potenzialmente in grado di riacquistarle conducendo una vita normale, fu deciso di affidarla a un tutore.
Lui l’aveva seguita, incoraggiata e assecondata nei suoi desideri con attenzione e con affetto.
Ben presto, tale affetto si trasformò in amore che, ricambiato, li portò al matrimonio.
La loro vita trascorreva semplice e serena. Stavano bene insieme, erano felici.
Poi, stamattina…
La rabbia gli ribolliva dentro.
Un senso di impotenza lo sopraffece.
Era stanco.
Si sentiva stanco, e il suo sangue continuava a gocciolare dalla manica del cappotto.
Doveva riposarsi.
Doveva scappare.
Doveva nascondersi.
Doveva farsi curare.
Doveva fare in fretta.
Aveva freddo, la notte era vicina, ombre inquietanti incombevano attorno a lui.
Non sapeva quali capacità avesse avuto Lisa, non aveva mai voluto indagare, né tantomeno era a conoscenza che avesse ripreso il controllo dei suoi poteri.
Certo era schiva, non amava frequentare gente che conosceva da poco, ma era comprensibile dato la vita che aveva condotto da adolescente.
Era difficile guadagnare la sua fiducia.
Lui c’era riuscito.
Adesso, però, aveva freddo. Era già buio, sentiva il vento muovere le fronde col suo fischio sordo.
Chissà che animali vivono in questo posto, chissà se il mio sangue che continua a gocciolare li attirerà. Chissà…
Si alzò con fatica dall’orlo del precipizio e barcollando si allontanò.
Riuscì a raggiungere una balza rocciosa, sedette con le spalle appoggiate a essa, poi stremato perse i sensi.