Eh sì, ne ho viste tante, ne ho di cose da raccontare. Cose belle, ma anche tante cose brutte.
Ho aiutato tanta gente, ma non sono stato benevolo con altri.
A volte, senza volerlo, ho rappresentato un pericolo.
Tanta gente raccoglieva legna per scaldarsi e castagne per saziarsi, ma questo accadeva molto tempo fa. D’inverno, con la neve, vedevo pochissima gente, ma cervi, daini e caprioli venivano a scavare alla ricerca di qualche residuo germoglio, seguiti da qualche lupo che aspettava pazientemente il momento opportuno per attaccarli. Il lupo non è crudele: uccide per sopravvivere.
Poi la neve si scioglieva, si formavano rigagnoli e la natura esplodeva in un turbinio di colori, gli alberi si coprivano di germogli e si rivestivano di foglie, gli uccelli tornavano ai loro nidi e il loro cinguettio diventava la colonna sonora della vita, gli scoiattoli risvegliatisi dal loro letargo saltavano gioiosi di ramo in ramo.
Con il bel tempo, arrivava tanta gente: sportivi che si allenavano, escursionisti amanti della natura, campeggiatori maturi, giovani esploratori.
Che gioia provavo nel vedere quei ragazzi in pantaloncini corti e fazzolettoni al collo piantare le loro tende, cantare le loro canzoni, stupirsi per un nido, un’erba, un fiore, come se tali cose li aspettassero e fossero tutte lì per loro. E al calare della sera, al fuoco del falò, raccontarsi con gioia le esperienze vissute durante la giornata.
Poi la notte, dentro le tende, ascoltavano con un po’ di apprensione l’ululare del vento fra le cime degli alberi.
A volte qualche incidente lo avevano avuto, ma mai niente di grave o irreparabile. Piccole ferite, scottature, delle slogature. La cosa più grave era stata una frattura alla gamba capitata a un ragazzo piuttosto vivace che, arrampicatosi su un albero, si era aggrappato a un ramo secco che, spezzandosi, lo aveva fatto cadere a terra. Era stato subito soccorso dai suoi compagni, poi i loro capi lo avevano portato al pronto soccorso più vicino. Lo vidi tornare il giorno dopo con la gamba ingessata. Non aveva voluto rinunciare al campo e alla compagnia dei suoi amici.
Anche i raccoglitori di funghi non erano male. Si muovevano con delicatezza, cercando di non turbare l’armonia esistente. In una mano un cesto dove riponevano il frutto delle loro ricerche, e nell’altro un bastone con il quale spostavano le foglie che lo nascondevano. Arrivavano al sorgere del sole, e andavano via quando il loro cesto era colmo. In genere erano preparati e sapevano bene cosa raccogliere e cosa no. A volte, qualche sprovveduto raccoglitore occasionale prendeva dei funghi non buoni da mangiare o addirittura velenosi. Sventatezze che spesso hanno portato a sviluppi drammatici.
I cacciatori non mi piacevano, ma non li vedevo molto spesso; probabilmente non potevano andare dappertutto e in ogni periodo. Comunque erano pericolosi.
Detestavo anche i giovani che venivano a bordo di numerose due ruote a scorrazzare per i sentieri, spaventando uccelli e animali e danneggiando fiori e manto erboso. Fortunatamente, dopo qualche controllo delle guardie forestali, non si erano più visti.
In certi periodi dell’anno, col tempo buono, si vedevano i gitanti che venivano a fare i pic-nic. Questi erano di due tipi: gli strafottenti incivili e gli amanti della natura. I primi, accendevano fuochi liberi senza nessuna attenzione, spezzavano rami agli alberi, sporcavano dappertutto e, dopo aver mangiato, lasciavano in giro cartacce, avanzi di cibo e ogni altro genere di immondizia sparsa per ogni dove; i secondi erano gente molto piacevole che non solo non sporcava o danneggiava, ma spesso indossava guanti di lattice e raccoglieva ciò che gli altri avevano lasciato in giro, riempiendo dei grossi sacchi che loro stessi provvedevano a smaltire.
Ho imparato a riconoscere la brava gente dal modo in cui si pone riguardo alla natura, al rispetto e alla gratitudine che mostravano per essa. Le persone cattive sono arroganti e hanno rispetto solo per loro stessi.
Mi ricordo di un episodio tristissimo che mi ha molto angustiato: il corpo di una persona crivellata di proiettili era stato trovato in un angolo nascosto. Gli uomini in divisa avevano a lungo perlustrato i dintorni e, alla fine, erano giunti alla conclusione che era stato ucciso altrove e poi gettato tra i rovi. D’altronde avrei ben saputo se fossero stati sparati dei colpi.
Ho capito che la mia esistenza sta volgendo al termine. Dicono che tanti ricordi ritornano in mente in quei momenti. D’altronde non si è eterni.
Non ho paura, accetto la mia fine. Forse vivrò nella memoria di chi mi ha amato e apprezzato. Quanto durerà questa agonia? Ore, giorni, settimane?
Ho visto quegli uomini cattivi portare delle taniche, versarne il contenuto tra i cespugli e poi dare fuoco. Perché l’hanno fatto?
Non può esserci una giustificazione.
Non sono come il cervo, il daino e il capriolo, che con le erbe e i germogli si nutrono. Non sono come il lupo. Loro danneggiano e uccidono senza alcun motivo.
Mi stanno uccidendo.
Ho aiutato tanta gente, ma non sono stato benevolo con altri.
A volte, senza volerlo, ho rappresentato un pericolo.
Tanta gente raccoglieva legna per scaldarsi e castagne per saziarsi, ma questo accadeva molto tempo fa. D’inverno, con la neve, vedevo pochissima gente, ma cervi, daini e caprioli venivano a scavare alla ricerca di qualche residuo germoglio, seguiti da qualche lupo che aspettava pazientemente il momento opportuno per attaccarli. Il lupo non è crudele: uccide per sopravvivere.
Poi la neve si scioglieva, si formavano rigagnoli e la natura esplodeva in un turbinio di colori, gli alberi si coprivano di germogli e si rivestivano di foglie, gli uccelli tornavano ai loro nidi e il loro cinguettio diventava la colonna sonora della vita, gli scoiattoli risvegliatisi dal loro letargo saltavano gioiosi di ramo in ramo.
Con il bel tempo, arrivava tanta gente: sportivi che si allenavano, escursionisti amanti della natura, campeggiatori maturi, giovani esploratori.
Che gioia provavo nel vedere quei ragazzi in pantaloncini corti e fazzolettoni al collo piantare le loro tende, cantare le loro canzoni, stupirsi per un nido, un’erba, un fiore, come se tali cose li aspettassero e fossero tutte lì per loro. E al calare della sera, al fuoco del falò, raccontarsi con gioia le esperienze vissute durante la giornata.
Poi la notte, dentro le tende, ascoltavano con un po’ di apprensione l’ululare del vento fra le cime degli alberi.
A volte qualche incidente lo avevano avuto, ma mai niente di grave o irreparabile. Piccole ferite, scottature, delle slogature. La cosa più grave era stata una frattura alla gamba capitata a un ragazzo piuttosto vivace che, arrampicatosi su un albero, si era aggrappato a un ramo secco che, spezzandosi, lo aveva fatto cadere a terra. Era stato subito soccorso dai suoi compagni, poi i loro capi lo avevano portato al pronto soccorso più vicino. Lo vidi tornare il giorno dopo con la gamba ingessata. Non aveva voluto rinunciare al campo e alla compagnia dei suoi amici.
Anche i raccoglitori di funghi non erano male. Si muovevano con delicatezza, cercando di non turbare l’armonia esistente. In una mano un cesto dove riponevano il frutto delle loro ricerche, e nell’altro un bastone con il quale spostavano le foglie che lo nascondevano. Arrivavano al sorgere del sole, e andavano via quando il loro cesto era colmo. In genere erano preparati e sapevano bene cosa raccogliere e cosa no. A volte, qualche sprovveduto raccoglitore occasionale prendeva dei funghi non buoni da mangiare o addirittura velenosi. Sventatezze che spesso hanno portato a sviluppi drammatici.
I cacciatori non mi piacevano, ma non li vedevo molto spesso; probabilmente non potevano andare dappertutto e in ogni periodo. Comunque erano pericolosi.
Detestavo anche i giovani che venivano a bordo di numerose due ruote a scorrazzare per i sentieri, spaventando uccelli e animali e danneggiando fiori e manto erboso. Fortunatamente, dopo qualche controllo delle guardie forestali, non si erano più visti.
In certi periodi dell’anno, col tempo buono, si vedevano i gitanti che venivano a fare i pic-nic. Questi erano di due tipi: gli strafottenti incivili e gli amanti della natura. I primi, accendevano fuochi liberi senza nessuna attenzione, spezzavano rami agli alberi, sporcavano dappertutto e, dopo aver mangiato, lasciavano in giro cartacce, avanzi di cibo e ogni altro genere di immondizia sparsa per ogni dove; i secondi erano gente molto piacevole che non solo non sporcava o danneggiava, ma spesso indossava guanti di lattice e raccoglieva ciò che gli altri avevano lasciato in giro, riempiendo dei grossi sacchi che loro stessi provvedevano a smaltire.
Ho imparato a riconoscere la brava gente dal modo in cui si pone riguardo alla natura, al rispetto e alla gratitudine che mostravano per essa. Le persone cattive sono arroganti e hanno rispetto solo per loro stessi.
Mi ricordo di un episodio tristissimo che mi ha molto angustiato: il corpo di una persona crivellata di proiettili era stato trovato in un angolo nascosto. Gli uomini in divisa avevano a lungo perlustrato i dintorni e, alla fine, erano giunti alla conclusione che era stato ucciso altrove e poi gettato tra i rovi. D’altronde avrei ben saputo se fossero stati sparati dei colpi.
Ho capito che la mia esistenza sta volgendo al termine. Dicono che tanti ricordi ritornano in mente in quei momenti. D’altronde non si è eterni.
Non ho paura, accetto la mia fine. Forse vivrò nella memoria di chi mi ha amato e apprezzato. Quanto durerà questa agonia? Ore, giorni, settimane?
Ho visto quegli uomini cattivi portare delle taniche, versarne il contenuto tra i cespugli e poi dare fuoco. Perché l’hanno fatto?
Non può esserci una giustificazione.
Non sono come il cervo, il daino e il capriolo, che con le erbe e i germogli si nutrono. Non sono come il lupo. Loro danneggiano e uccidono senza alcun motivo.
Mi stanno uccidendo.
Maledetti piromani.