Da parte a parte
Roberto aveva sempre avuto la forza di rialzarsi dalle cadute e camminare con le sue gambe, eppure possedeva l’anima più incerta dell’universo.
La sua infanzia s’era abbarbicata spesso in solitudini non ancora comprese da un’età in cui il raziocinio è surclassato dalle passioni per le materiali esperienze.
Una cagionevole salute lo accompagnava da sempre, amica inseparabile d’ogni sua esperienza.
Quali sogni solcano i mari tempestosi d’un bambino?
Quelli semplici, magari essere un campione di calcio, o possedere fisicamente una passione ludica o… una miriade di infinite stelle da cogliere.
Lui sognava di difendere una porta di calcio, e questo, data la sua minuta fisicità, era praticamente impossibile per i canoni della società.
Roberto guardava sempre con sana invidia quel portiere che, con una rimessa dal fondo, era capace di raggiungere la porta dell’omonimo difensore della squadra avversaria.
Andare da parte a parte del campo da gioco con un semplice calcio al pallone, ecco il suo universo immaginifico.
Nessuno mai si ferma alla stazione dei sogni e nemmeno volendo potrebbe farlo.
Il tempo scorre così in frasi retoriche... ma cavolo se scorre.
La scuola non aveva mai troppo amato Roberto e tanto meno egli aveva fatto qualcosa per farsi amare.
Amorfa presenza in un contesto né odiato e né amato.
Vivacchiare fino alla prossima fermata, e se, per caso, l’autobus non si ferma dove lo si aspetta non importa se ne aspetta un altro e un altro ancora e un altro ancora e… e arriva poi il momento in cui di mezzi a quattro ruote non né passano più e tu devi andare per il mondo usando le tue scarpe e non puoi permetterti di comprarti un paio d’ali da attaccarci su, se non hai gambe lunghe e agili.
Roberto non si faceva ragioni, non si dava obiettivi, il suo anelare futuri prossimi riguardava la mera constatazione di quello che era, la sua unica eccezione: due porte e un pallone che va da parte a parte.
Quante volte s’era immedesimato in quel pezzo di cuoio, volando tra le sue fantasie e, persino in quest’ambito, il mondo onirico lo aveva riportato alla realtà delle sue scarse doti fisiche.
“Chi sei tu per calciare così lontano? Non hai la forza per cucirti l’abito del campione e allora puoi solo guardare”.
Accidenti se un sogno lo avesse mai accontentato.
L’età ti bussa in testa quando non ce l’hai più…
Ma cosa?
L’età appunto e a Roberto dette colpi così forti che l’intelletto cercò rifugiò, per la prima volta, in realtà alienanti.
Prese il diploma scolastico di secondo grado per il rotto della cuffia… cuffia che, dopo aver indossato per cercare di fare una nuotata senza bagnarsi i capelli, gettò inesorabilmente in un pozzo dove la luna non andava mai a specchiarsi.
Cercò un lavoro da impiegato e fece la spola quotidiana dagli uffici del lavoro.
Avanti e indietro da uno sportello all’altro, proprio come il suo sogno d’andare parte a parte del campo.
In tal situazione era la vita che spingeva avanti e indietro nell’oblio di quegli uomini che esistono ma non esistono, anzi esistono solo quando ti ferma una pattuglia della polizia e ti chiede un documento d’identità e tu lo hai dimenticato a casa infilato in un panino col salame e il salame naturalmente sei tu.
Dieci, venti anni forse… bici consumate e copertoni rattoppati con il nastro adesivo andando alla ricerca, un quadretto esilarante, per taluni osservatori dell’anime altrui, o una drammatica foto appesa alla porta della tua stanza se a osservarti sei tu.
Ma arrivò un giorno, nel girotondo delle sue scarpe, un evento che s’aggrovigliò con un nodo indistricabile alle gambe tanto da farlo cadere, uno scatto istantaneo della vita che lo colse totalmente impreparato.
Un posto di custode presso una struttura sportiva fu il nodo o meglio il laccio che strinse.
E non gli dispiacque quel custodire giovani vite, lui che di primavere ne aveva ormai ben più di cinquanta.
L’osservare quei pulcini districarsi sull’erba con un pallone e le urla, e le altre grida dell’allenatore e quella donna che faceva parte dello staff sanitario.
Donna?
Chi era quella visione che lo aveva trapassato da parte a parte?
Come mai aveva potuto scalzare il sogno di volare oltrepassando una riga di mezzo campo?
Beh, la riga di mezzo in realtà, l’aveva superata da un po’.
Daniela era spontanea e allegra, forte e spensierata nei suoi ricci arruffati e nel viso ancora privo delle scalpellate di qualche Michelangelo maldestro.
Lei era libera nel suo essere libera, senza compromessi, senza senza... ma con una grande anima bambina.
Chi muove i nostri fili allora?
Mangiafuoco? O un dispettoso diavoletto con gli occhi infuocati oppure un angelo con occhi azzurri e capelli biondi?
Nessuno e tutti, forse.
I fili si mossero facendo scontrare teste, nel senso letterale della parola e dei fatti.
Una capocciata tremenda, mentre Daniela era intenta a raccogliere dei fogli caduti per terra e Roberto cercava in un cassetto il fischietto dell’allenatore distratto.
Un bel botto con tanto di perturbazioni vorticose nei neuroni della corteccia cerebrale e in quelle dell’anima.
Amore a prima vista, in quei sette secondi che non lasciano scampo.
Roberto, il piccino troppo piccino per fare il portiere, aveva lanciato il pallone oltre la metà campo, facendo sempre il portiere, ma non quello voluto, bensì il detentore delle chiavi della struttura sportiva che se perde le chiavi delle porte lui... oggi non si gioca.
Questa volta il tempo aveva fatto il tempo e le lancette di due orologi s’erano incontrate in un unico quadrante.
Furono mesi davvero esplosivi per quelle due anonime figure, entrambe ai margini degli altri.
Daniela, pur nel suo modo d’essere, non era mai riuscita a spiccare il volo e pare difficile comprenderlo e accettarlo vista la sua esuberanza…
Di Roberto sappiamo tutto.
Ci si innamora e... tutto cambia finché qualcosa poi non cambia di nuovo e la luce, che a te pare un sole inestinguibile, d’improvviso ti molla con una mazza di scopa in mano e una paletta per raccogliere la polvere.
Lei era in mezzo al campo, sì proprio sulla linea che divide il terreno di gioco, intenta a distribuire magliette nuove ai ragazzini, Roberto dava una pulita alle panchine e non sognava più di calciare oltre…
Poi un tonfo secco, un volare in terra di riccioli, un grido, un defibrillatore…
Lacrime e silenzio rotto da una sirena d’ambulanza.
Il volo di Daniela era finito così, in un limbo d’anime bambine mai nate alla vita, mai morte veramente.
I mesi che trascorsero dopo non furono semplici per Roberto, i pensieri cercavano e la ricerca voleva conosce perché che nessuno poteva spiegare.
La decisione di andare oltre quel campo fu inevitabile per quell’esile bambino.
Prese il suo borsone di lacrime e andò a fare il portiere di ragazzi nel centro dell’Africa, insieme a una missione di padri Comboniani…
Lì non esiste età, non esiste ragione o sogno, esiste solo il senso dell’uomo che dona all’altro uomo la sua metà di campo.
Un piccolo campetto, in mezzo al nulla, ragazzi scalzi con scarpe con le ali da osservare, anzi da farci il “portiere” fra due canne di bambù e chi vuoi che ti rimproveri più per il tuo fisico?
Vola Roberto, ora vola... da una parte all’altra del campo e con te vola Daniela nei sorrisi dei bimbi regalati al sole d’un mondo che il sole lo cerca semplicemente fra stelle impolverate.