Cammino con lo sguardo perso e i capelli umidi di tramonto, ho lo stesso intontimento di chi ha appena ricevuto un pallone medicinale in faccia. Pensieri, non tutti negativi, avanzano sui sassi tondi di un fiume in secca con il rischio di cadere, di perdere quell’equilibrio che io stesso gli ho dato.
I miei occhi incrociano spesso quelli dei passanti e leggono le stesse paure, solo qualcuno ostenta una ferrea serenità. Sono forte e spesso orgoglioso, ma le ultime notizie fanno vacillare pure me. Chiunque al mio posto avrebbe lo stesso terrore. Mi piacerebbe attraversare una porta del tempo per sapere in anticipo se le notizie di una fine imminente del nostro pianeta siano vere.
Che qualcuno ci aiuti, che qualcuno ci consigli, questa attesa sta diventando insopportabile, logorante.
Sono rimasto al mio posto con il corpo addestrato ad ogni evenienza, ma non a una cosa così grande e impossibile da decifrare.
Sono ore, giorni che cerco di capire.
Perché non abbiamo dato retta a tutti gli indizi, a tutti i segnali, a tutti gli allarmi?
Perché non scongiurare questo imbuto mortale nel quale ci siamo cacciati?
Tante volte abbiamo sfiorato il disastro sottovalutando il pericolo.
La goccia che farà traboccare il vaso è questa guerra infinita, questo odio infinito che non si accontenta di aver raso al suolo mezzo continente.
Il lato sadico e crudele di intere popolazioni si mischierà alla ferocia ambientale.
In buona sostanza il pianeta morirà per mano nostra.
Sembrava impossibile che tutto questo potesse accadere e invece accadrà: ci annienteremo a vicenda con i nostri eserciti, con i nostri aerei, con le nostre navi.
Tutti contro tutti con le armi nucleari. Lo stock totale di armi atomiche non si è mai arrestato, anzi si sono aggiunti droni sottomarini con la capacità di generare giganteschi tsunami radioattivi.
Non ho una bella parlantina, le mie vocali cominciano a essere difettose pure sul foglio, balbetto un po’, ma i lettori mi capiranno lo stesso. Il concetto opaco, ma comune, di passare a un altro regime di vita: ’ La morte’, nessuno si sognerà di non comprenderlo.
Anche se ho l’impressione che vogliano stare alla larga da me, quello che scrivo non è particolarmente invitante, lo capisco, la mia penna sembra voler accoppare chi mi sta davanti, ma non è così, nessuno si salverà, ma non per colpa mia. Potessi farlo vi porterei in salvo in braccio uno ad uno, come Forrest Gump. Lo ricordate quello splendido film?
Esiste la possibilità remota che tutto ricominci, ma non facciamoci troppe illusioni. Risorgerà tutto quello che ha voglia di riapparire, dalla minuscola fogliolina alla foresta tropicale, dalle dolci colline ai massicci montuosi, dai campi arati alle foreste. Non ho molta esperienza sui mondi che spariscono, nella mia vita sono stato tante cose, ‘scomparso’ mai.
Direte che mi sento un Dio solo perché ho la tastiera a disposizione e voi non potete replicare.
Direte che scrivo per comprendere me stesso, ma non mi importa di capirmi, credetemi.
Alla mia età cosa devo capire che già non so?
Ci sarà una data pure per il ritorno, ma ora decidiamo quella della sparizione, senza lasciare appunti nei cassetti, ce la ricorderemo a memoria. Quella del ritorno sarà una bella sorpresa.
Non so se esistono storie precedenti frutto dello scrittore e del lettore. Mi ricordo un certo Barth che nella sua ‘Opera Galleggiante’ spacca il foglio in due e fa scorrere il racconto in maniera diversa, ma sempre dentro gli argini della stessa pagina. La prima volta che l’ho letto mi sono sentito male dal ridere.
Voi potrete decidere se fare scorrere questo racconto in maniera diversa.
Nella mia libreria ne ho tanta di roba strana, ho pure quattro libri di gesso, e se qualcuno non ci crede li fotografo e ve li mando. Li ho messi lì per riempire un vuoto, al posto di una gondola veneziana di plastica.
Che mi venga un colpo, stavo per dimenticare la mia automobile. Non che sia una fuoriserie, ma devo ancora finirla di pagare. La proteggerò con una cerata militare. E’ senza una borchia, ma quando era nuova l’accarezzavo come un peluche, e lei se lo ricorda. Ci tengo, le cose e pure le persone non le puoi abbandonare solo perché sono vecchie, solo i miserabili lo fanno e se la cerata non ce la farà a proteggerla dalla fine del mondo, me ne comprerò una nuova, non elettrica, che se il mondo ricomincerà ci vorranno centinaia di anni per ottenere lo stesso inquinamento atmosferico. Un diesel, un vecchio diesel coreano, così farò doppio risparmio e avrò un doppio bidone. Possiamo ancora avere cura di questo mondo per non farlo somigliare a un fienile abbandonato già prima della catastrofe..
Al risveglio il mio cane si stira i muscoli delle zampette posteriori con convinzione.
Mi commuovo come un fesso a vederlo così vitale. Tutto quello che è vita mi commuove se appare all’improvviso, fosse pure un fiore.
Non ho finito, non sparite, aiutatemi a pensare al mondo nuovo, al mondo che rinascerà. Ma senza festeggiamenti e sbandieramenti vari. Le bandiere servono solo a farci angosciare.
Mondo unico con una bandiera unica. Cibo per tutti. Lavoro per tutti.
Sembrano le richieste di quando ero un giovane studente, a mezzo secolo di distanza mi fa lo stesso piacere ripeterle: Ce n’est qu’n debut, continuons le combat.
Voi, provate a non ridere per l’ingenuità di quel messaggio e a sentirvi addolorati, succede di tutto nel mondo e nessuno si sente addolorato come una volta, questa è il vero problema.
Dovevo morire da bambino, questa catastrofe me la sarei risparmiata.
Una mattina, mi sembra fosse domenica, scavalcai un muretto per rubare delle rose bianche che piacevano tanto a mia madre, in un cortile privato. Che poi le rose servono mica a giocare, ma su di me avevano un fascino particolare. Sbucò un cane da guardia all’improvviso, un cane lupo, se non ricordo male, e io mi tuffai istantaneamente da quel muretto, come avevo visto fare a Tarzan in un film, finendo sull’asfalto del marciapiede. Rimasi un bel po’ senza prendere coscienza, con le rose accanto. Un’auto di passaggio, ricordo solo un particolare, aveva gli sportelli coperti dal legno, mi portò a tutta velocità in ospedale. Mentre mia madre, avvisata dai vicini, in ospedale singhiozzava, io non riuscivo a parlare e non parlai per settimane.
Ma perché vi racconto questo? Per andare fuori tema?
Per capire quanto siamo stupidi, volevo dire fragili.
Scusate se sono poco lirico, poco poetico, ma lo faccio per essere più autentico possibile.
Ora in posizione fetale sul divano, per stare un po’ fuori dalla mia età mi ascolto ‘Autodistruttivo’ dei ‘La Sad’, tre ragazzi normali, e punk.