Yakutia, Siberia, 2029
Sono il capitano Sergej Lavinov dell’esercito russo, in missione esplorativa segreta per conto del governo in questo luogo davvero inospitale e forse maledetto.
Non so che giorno sia, non funziona più nulla da quando siamo qui, se non il registratore d’emergenza che mi sono portato. E non ne capisco il motivo.
Sto registrando per il fatto che la voce è l’unica cosa, oltre a pochi e sempre più rari movimenti delle braccia, che ancora riesco a controllare. Il resto del corpo non mi risponde, credo di essere finito in un inferno, per quanto non sia mai stato religioso.
Dopo la tragedia sfiorata quattro anni fa, risoltasi fortunatamente nel migliore dei modi, il governo mi ha messo a capo di questa spedizione per migliorare il proprio sistema di difesa, soprattutto per attacchi dal cielo.
Con me ci sono, o forse è meglio dire che c’erano, il geologo Vasily Metenko, l’ingegnere Maksim Voley, il sergente Anya Pavolova e i soldati Mirinov, Gudes e Darinov.
Siamo entrati in Uliuiu Cherkechekh a inizio luglio, il 2 se ricordo bene, e dopo giorni passati a risalire il corso del fiume Viliuy tra taiga e improvvise paludi, abbiamo dovuto abbandonare i mezzi e raggiungere a piedi una delle aree indicateci. Sono bastate poche ore, eravamo vicini.
Ci siamo subito resi conto che quella che veniva considerata poco più di una leggenda era realtà. Davanti a noi, al centro di un’area paludosa con acqua bassa, c’era una olgius, come la chiamano i nativi, ossia una delle cupole che stavamo cercando.
Abbiamo filmato e fotografato, come da prassi, registrando la posizione esatta, ma non siamo riusciti a inviare nulla in quanto, poco dopo, ogni attrezzo ha smesso di funzionare oppure aveva problemi. Non vi abbiamo dato gran peso, vista l’eccitazione che ci permeava, pensando di farlo in un momento successivo. Sbagliavamo.
Sondando l’acqua per evitare pericoli, ci siamo avvicinati a quell’oggetto misterioso a forma di calderone. Il primo a raggiungerlo è stato il soldato Gudes, seguito da Metenko, che ha subito controllato il materiale di cui è composto ma non lo ha riconosciuto.
Sembra rame ma è durissimo e non si può scalfire, come ci avevano detto. Neppure il coltello d’ordinanza ha lasciato un segno. Lui lo ha definito un metallo o una lega non conosciuti.
Mentre mi avvicinavo a mia volta ho notato che nell’acqua non c’era traccia di pesci o rane e simili e, ripensandoci, anche nelle vicinanze non abbiamo visto animali, mentre per tutto il viaggio li avevamo incrociati.
La Pavolova ha trovato un’apertura su un lato della cupola, dalla quale scendeva una scala a chiocciola per entrare. Si poteva comunque intravedere l’interno, sia pure parzialmente.
Sovreccitati, incuranti delle dicerie locali e delle raccomandazioni forniteci, uno per volta siamo entrati e scesi sul fondo, scoprendo una vasta area centrale a forma di cerchio e svariate stanze laterali, una decina. Nessun oggetto o mobile, niente che potesse darci un’idea per capire qualcosa in più del luogo. Solo qualche sasso e alcuni pezzi di legno, entrati probabilmente durante le bufere, che in questa zona non mancano.
Eppure l’apertura è ampia, ci sarebbero potuti entrare oggetti ben più grossi.
Girando in esplorazione mi sono imbattuto in una pietra particolare, vitrea e a forma di occhio. L’ho raccolta e messa in tasca.
Dopo aver mangiato un boccone ci siamo confrontati sulla scoperta, ma il geologo e tanto meno l’ingegnere hanno saputo dare qualche spiegazione. Pareva di essere in una casa abbandonata in maniera assoluta, portandosi via ogni cosa. Se mai c’era stato qualcosa.
Forse la stanchezza ha preso il sopravvento, o forse è stato altro, fatto sta che ci siamo addormentati tutti quanti senza neppure mettere uno dei soldati a guardia. Inconcepibile per dei militari, ma tant’è.
Non ho la minima idea di quanto tempo sia passato prima che mi risvegliassi, neppure gli orologi erano in grado di funzionare. Ricordo di avere sognato una voce che mi parlava e prima di sollevarmi da terra, dove avevo dormito, ho rivissuto l’episodio onirico che a breve descriverò.
Spero vivamente che qualcuno riesca a trovare e ascoltare questa registrazione, è essenziale per la difesa della patria e forse del pianeta.
Dopo essermi alzato con grande fatica, cosa mai accadutami, ho cercato di svegliare gli altri, chiamandoli e scuotendoli. Non si è mosso nessuno, erano tutti morti. I volti non avevano tracce di sofferenza, di sicuro se ne erano andati nel sonno.
Preso dal panico, ho provato a chiamare aiuto ma, com’era ovvio, nessuno ha risposto alle mie grida. Ho tentato di avviare il computer, il telefono satellitare, la radio d’emergenza… Niente.
Sentendomi stanchissimo e disperato, mi sono seduto a terra tentando di riordinare le idee. Ho tolto dalla tasca la pietra vitrea e l’ho osservata attentamente: sono ricomparse le voci del sogno e ho compreso alcune cose. Ho preso il registratore e, constatatone il funzionamento, ho avviato questa mia.
Nel sogno… ah…maledizione, sono tutto un dolore, quasi non muovo più le braccia e fatico anche a parlare. Spero di finire prima che arrivi la falce.
Nel sogno, dicevo, ho avuto informazioni sui costruttori di queste olgius e a cosa servono. Le hanno create migliaia di anni fa gli abitanti della Terra. Non erano extraterrestri, bensì una civiltà antecedente la nostra, scomparsa da tanto tempo.
Queste costruzioni, fatte di un metallo sconosciuto, erano armi di difesa. E lo sono ancora.
Servono per difendere il nostro pianeta da attacchi esterni ed erano presenti anche in altri luoghi, non solo in questo territorio. Funzionano da sempre in maniera automatica e si attivano ogni qualvolta ci sia una minaccia dal cielo.
Ci possono salvare da qualsiasi meteorite proveniente dallo spazio. Credo di aver capito che furono le olgius a disintegrare il meteorite di Tunguska prima che impattasse. Così come il bolide di Chulym e Vitim.
L’ultima loro operazione è avvenuta pochi anni orsono, quando hanno distrutto il meteorite di Chelyabinsk.
Mi è stato raccontato del salvataggio più antico, è inciso in questa pietra. L’autore era soddisfatto per aver tutelato e preservato l’area, ma non era sicuro che lo stesso fosse avvenuto ovunque. Considerando il tempo trascorso, la prima cosa cui ho pensato è stata Atlantide.
Ma forse sto delirando, sto andando in difficoltà anche a connettere.
Io… dannazione, sto male!
Tutti i miei uomini sono morti e io li sto per raggiungere. Mi è stato chiarito che la causa è la mancata protezione, avremmo dovuto indossare una tuta apposita, atta a garantire l’incolumità.
Non dalla radiazioni, non ce ne sono, ma da particolari onde che si creano all’interno della olgius. Non ho idea di cosa siano, ma sono letali.
Non sono morto subito perché avevo in tasca la pietra vitrea a forma di occhio: mi ha preservato, forse proprio per permettermi di lasciare questo messaggio. So che è grazie a lei che ho recepito le informazioni, e so anche che in realtà è un guardiano che incamera ogni fatto da tempo immemorabile. Lo lascio sul registratore, è essenziale prenderlo, capirete un’infinità di cose, avrete chiarimenti sul passato e sul futuro.
Mi auguro che il governo, non vedendoci tornare, mandi altre persone. E che siano sufficientemente protetti, perché non li posso avvisare, visto che ogni strumento è fuori servizio.
Queste macchine, queste olgius, sarebbero davvero un’arma di difesa ottimale per la Russia. E per il mondo intero.
Ora… temo di essere giunto al termine. La pietra sta divenendo più luminosa, è finito il mio tempo.
Davvero…ah… credetemi… io… mi sto spegnendo…