Me lo ricordo bene quando accadde.
Se lo ricordano tutti qui a Castello.
Fu durante la finale del torneo di calcetto del Bar Luna. Albertone, Alberto Tedeschi, stava per calciare la punizione. E fu in quel preciso istante che udimmo tutti l’urlo. Non l’urlo del Settembrini preso in pieno volto dalla fucilata di Albertone, un urlo più lontano. Ma forte e acuto. Ci volle poco per capire che veniva da una casa dall’altra parte della strada. E che a emettere quel grido straziante era stata la Teresa Manubri. Albertone riprese la palla, respinta dalla faccia del Settembrini e infilò la porta sguarnita. Ma nessuno convalidò il gol, nessuno esultò con lui. Ormai tutti erano affannati a raggiungere la casa della Teresa. E la trovarono svenuta, distesa nel giardino di casa e, particolare ancor più macabro, una gamba umana spuntava dalla roggia proprio accanto alla sua abitazione.
Subito il Moretti, il capo della polizia locale che era presente alla partita, chiamò i Carabinieri e il 118, presumibilmente per la signora Teresa perché per quanto riguarda il proprietario della gamba non credo ci fosse molto da fare.
“Dovremmo chiamare anche i pompieri”, mi permisi di suggerire.
“I pompieri? E perché?”
“Per ripescare la gamba”.
Al Moretti non parve poi una cattiva idea.
“Magari alla gamba c’è attaccato anche tutto il corpo”.
“Per me è un drogato”.
“Mi sembra più la gamba di una ragazza”.
“Calma, calma. Non facciamo chiasso.”
“Tanto non si sveglia mica”, esclamò il Giannetti, indicando la signora Teresa che giaceva ancora sull’erba aiutata da alcune vicine di casa, mentre il capo Moretti cercava di mantenere la calma non senza qualche difficoltà.
I Carabinieri arrivarono in pochi minuti. Pochi minuti che al capo Moretti sembrarono un’eternità visto il caos che si era creato attorno alla roggia. C’era ormai persino chi scommetteva sul sesso del proprietario della gamba e se, a essa, era attaccata o meno la parte restante del cadavere. Inoltre Albertone insisteva perché il suo gol fosse regolarmente convalidato, a lui non importava nulla di svenimenti o di morti che spuntavano dal canale.
“Chi ha scoperto il corpo?”.
Il maresciallo Attanasi sembrò abbastanza seccato dalla situazione che si era venuta a creare.
“La signora Teresa Manubri, fu Martino. La proprietaria dell’abitazione adiacente il corso d’acqua artificiale”.
Al capo Moretti capitava spesso di esprimersi, su questioni lavorative, come un burocrate del tempo che fu.
“E ora dove si trova la signora in questione?”
“Presso la sua abitazione, con il personale del pronto intervento”.
“Bene, appena si sarà ripresa gradirei parlarle. Ora, vediamo il cadavere”.
“Ecco, il presunto cadavere è quella protuberanza sporgente dal canale d’irrigazione”
“Presunto?”
“Sì, beh, credo vi siano pochi dubbi sull’effettivo decesso, ma non siamo a conoscenza della presenza o meno del cadavere intero”.
“Bene”.
“Mi sono permesso di chiamare i Vigili del Fuoco per il recupero della salma”.
“O di quello che ne rimane”.
“Esattamente”
“Bene”.
Il lavoro dei Vigili del Fuoco non fu semplice. L’impedimento principale venne dalle decine di curiosi che si erano ormai radunati attorno al canale e alla casa della Teresa Manubri. A causa della calca finirono in acqua prima il Chierichietti e poi il Carletto del Culumbàrì, che si esibì in un rosario che interessò tutti i santi del firmamento, veri o presunti che fossero.
Dopo aver ripescato gli involontari bagnanti, e transennato le sponde del canale per evitare nuove missioni di salvataggio, la squadra si adoperò per recuperare il corpo semisommerso.
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Episodio 2 [Claudio Bezzi]
Non ci fu nulla da fare. Per quanto il Maresciallo urlasse e il povero Moretti, al seguito, lo imitasse, la gente stava accalcata coi telefonini in mano per immortalare quel che il verricello dei pompieri avrebbe tirato su. L’attrezzo si reputò necessario per la vischiosità del fondo che tratteneva la gamba, e quel che di altro c’era, non avendo animo, i pompieri, di ravanare a mani nude intorno alla macabra evidenza. E quando il macchinario, tromp-tromp-tromp, issò lo sconveniente reperto, suscitando un disgustoso vuusc dal fondo limaccioso della roggia, si levò un coro di “Ooh!” assolutamente giustificato. Attaccato alla gamba c’era, sì, un corpo femminile nudo (la signora Gina si affrettò a coprire con una mano gli occhi del nipotino), ma fu subito evidente che c’era qualcosa di strano: il corpo si manteneva rigido in un plastico passo di danza, gli occhi aperti, la bocca dischiusa in un sorriso. E in quella medesima posa dondolò sotto il cavo del verricello, e così fu adagiata su una lettiga e ficcata in un’ambulanza che di corsa portò il corpo all’obitorio.
“Tassidermia”, disse col tono di chi la sapeva lunga il comandante Moretti al Bar Giusy e Lory in serata.
“E che sarebbe?” Chiese il Settembrini, il viso bluastro per la tumefazione seguita alla pallonata del giorno prima.
“Imbalsamazione. Il cadavere è stato imbalsamato.”
“Ma dai! Ma chi sarebbe?”
“Ah, questo per ora non si sa. Il magistrato ha organizzato una task force di investigatori ed esperti per venirne a capo.”
“Lo dicevo io…” Mugugnò Chierichietti che, essendo caduto nella roggia, vantava una veduta da prima fila; “mi pareva troppo strana quella cosa; quel cadavere!”
“Già, un cop de teatr niente male, come direbbe il nostro Stiletti.”
“Coup de théâtre…”
“Appunto, un magistrale cop de teatr: una donna imbalsamata, signori miei; cosa ne dice, professore?”
Al segnale, i presenti si girarono all’unisono verso il professor Stiletti, l’autorità locale in tema criminologico.
Il professor Stiletti insegnava tecnologia alla locale scuola media e aveva fama di grande sapiente in materia criminale; vuoi perché aveva autopubblicato ben tre romanzi gialli, vuoi perché era arrivato quinto all’International Crime Fest di Acqualagna. Chi, se non lui, poteva penetrare quel mistero?
“Vedete - iniziò il professore, - questo ritrovamento è chiaramente simbolico; probabilmente rituale, forse iniziatico. L’imbalsamazione della vittima pare essere una pratica feticista, o una deriva fondamentalista, oppure una forma crudele di ritorsione…”
“Insomma, qualunque cosa.” Sbottò Moretti.
“Esatto! E potrebbe riguardare una società segreta, una feroce associazione criminale, come certe in Sudamerica…”
“Sudamerica?”
“Oh, beh, anche in estremo Oriente, in alcune tribù africane…”
“Come dire: dappertutto…”
Intanto i membri della task force riferivano al magistrato il quasi nulla che si conosceva al momento. Naturalmente la riunione era riservata ma io avevo un cugino che lavorava all’ufficio passaporti della Questura, mi capite… Grosso modo le cose devono essere andare così: caro dottore non sappiamo un accidenti di questa faccenda; abbiamo dragato il canale per qualche chilometro a monte e a valle e non abbiamo trovato nulla, salvo una bicicletta arrugginita; il corpo è femminile ma al momento non ne conosciamo l’etnia perché è certamente molto vecchio ed è deteriorato; il patologo ci farà sapere prima possibile; presenta un tatuaggio sul braccio sinistro, stiamo cercando di renderlo più nitido e capirne il significato; non risultano donne scomparse in zona, con queste caratteristiche, negli ultimi dieci anni ma stiamo allargando la ricerca e ne abbiamo investito anche l’Interpol; la Manubri, all’uopo interrogata, non esclude che il corpo potesse essere lì già da tempo, perché in quella zona capita di rado e nell’ultimo mese ha piovuto molto e lei è uscita poco da casa; comunque certamente non c’era un mese fa, e quindi occorre anche chiedersi chi ha portato fin lì il corpo, e perché.
“Eh, amici miei, - pontificava il professore al bar - qui si brancola nel buio!”
“E cosa si può fare, in questi casi?” Chiese il Settembrini il cui viso andava sfumando sul violaceo.
“Ah, beh, la scienza investigativa è più avanti di quello che credono i comuni delinquenti, sapete? Per esempio il database delle impronte digitali dell’Interpol è sterminato. Poi c’è il DNA! La tassidermia, inoltre, è un processo complesso, mica tutti lo sanno fare. Queste sono piste promettenti.”
“Ma se fosse un suo romanzo, professore,” chiese Carletto del Culumbàri, “come procederebbe?”
“Ah, non avrei il minimo dubbio!”
“E dai, Professore, che con queste pause mi fai tornare su il Negroni.”
“Ragazzi, la cosa è delicata. Se opportunamente interrogato dal magistrato, o dagli investigatori, fornirò volentieri la mia consulenza ma, capite? A indagini in corso è meglio che taccia.”
Poi, rivolto a Pierino, il cameriere nonché fidanzato della Lory (in quest’ordine), fece: “Oh, Pierino! Che mi porti un Negroni anche a me? Abbonda nel gin questa volta, grazie!”
Ultima modifica di Claudio Bezzi il Sab Giu 01, 2024 1:22 pm - modificato 1 volta.