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- I Giochi Paralimpici di Parigi sono ormai alle porte, perciò ecco il racconto (rieditato) che ho dedicato ai giochi di Tokio 2020 e che mi ha permesso di vincere la seconda folgore di DifferenTales (grazie a voi).
Il mio commento: https://www.differentales.org/t3051-la-colpa-e-di-pirandello#36969
Raccolgo solo il libro caduto che mi blocca la strada, altrimenti non passo più. È il mio. Accarezzo la foto sulla copertina: tutti i muscoli tesi nello sforzo, cazzo se ero bella! Avevo la fila di corteggiatori fuori dalla porta al villaggio olimpico: tu no, tu no, tu sì. Dio, che scopate!
Adesso non mi vuole più nessuno, chi se la piglia una ragazza paraplegica con la panza? Perfino Tessa mi schifa: “Ho l’allenamento, ho promesso a Luigi, ho le mie cose, ho Mercurio nel Leone.” Domani la mando affanculo.
Papà entra in casa facendo più rumore che può. Dovrei dirgli che ci sento benissimo, che le orecchie non le ho sulle gambe.
Mi saluta e poi prova a farmi secca. «Hai sentito che la scorsa settimana è morta la mamma di Vittorio?»
Credo di essere pisciata, meglio se vado a cambiarmi il pannolone.
«Non eravate compagni di classe alle elementari?»
«Quindici anni fa.» Il secchia-testa-d’uovo-sfigato; sì, era divertente farlo piangere.
«Un infarto, non aveva neanche sessant’anni.»
«Tanta gente muore.» Magari potevo morire anch’io nell’incidente, insieme agli altri. «Mi lasci passare?»
«Ti serve una mano?»
«No.» Forse un giorno provo a dirgli di sì, vediamo se ha il coraggio di cambiarmi per davvero.
«Sbrigati che tra poco c’è la finale dei cento metri femminili.»
“Sbrigati?” Certo, faccio in un attimo. Cosa vuoi che sia spogliarsi, pulirsi e rivestirsi su una sedia a rotelle? Per cosa, poi: guardare uno show penoso in cui otto esaltate fanno a gara a chi ha la protesi più performante.
Torno in soggiorno e vedo la controfigura di Greta Thunberg che non è neanche capace di stare sui blocchi di partenza. Cambio canale e papà protesta, ma preferisco una sana fiction dove tutti sono abili e palestrati. Dagli appartamenti vicini giungono le urla dei tifosi; chissà dove erano cinque anni fa, quando correvo la semifinale alle Olimpiadi, quelle vere? Gente a cui non è mai fregato niente dell’atletica e che oggi si eccita guardando delle gambe finte.
Su insistenza di papà rimetto su Raidue. Fa proprio schifo vedere la mia amata bandiera attorno a tre ragazze che fanno il verso alle Charlie’s Angels.
Suonano alla porta.
Recupero una mascherina. «Vado io.»
Stavolta mi sento morire per davvero; è Vittorio. Cazzo vuole? Ci salutiamo, lo faccio entrare. Papà mette su tutta la recita delle condoglianze, facendolo quasi piangere, e poi ci lascia soli.
«Scusalo, è un boomer.»
«No, cioè, grazie; va bene.»
«Un secolo che non ci vediamo.»
«Alla festa di Tessa.»
C’era anche lui? Non ricordo. «Sì, sì.»
Tira fuori un foglio dalla tasca. «Senti, ho trovato questa tra le cose di mamma. Era in mezzo ad altre lettere, tutte indirizzate ai miei amici. Non ho idea di quando le ha scritte, né perché. Questa è la tua.»
«Ah.»
La prendo in mano; la carta è bianca, sottile e si sente che ha qualche anno. Apro; è scritta in un corsivo molto arrotondato e regolare. Do una scorsa alle prime righe.
Cara Francesca.
Vorrei abbracciarti forte. Ho saputo dell’incidente e non ho parole per esprimere il mio dispiacere. Hai perso una grande mamma. Sono sicura che adesso ti guarda dal cielo per incoraggiarti a superare questa prova…
Ripiego il foglio a metà. «Ma tu l’hai letta?»
«Solo l’inizio, per capire a chi era destinata.» Certo, lui è sempre uguale a sé stesso, mai una sbavatura.
Arriva papà con tre Crodini. «Ecco gli aperitivi. Ti fermi a mangiare con noi? Preparo un’insalata di pasta veloce.»
«No, grazie; mi aspettano a casa. Come accettato.»
Ecco, meno male. Non l’avrei sopportato. Stiamo altri cinque minuti a parlare di cose insulse e infine Vittorio toglie il disturbo.
«Potresti ricambiare la visita, no?» dice papà, mentre disinfetta il tavolo.
«Io mangio la pasta con olio e parmigiano, non aprire il condiriso per me.»
Butto la lettera nel cestino della carta e mi igienizzo bene le mani. Qualche vicino mette il volume a palla durante la cerimonia di premiazione; papà gira su Raidue.
«Che palle!»
Cazzo, però: tre bandiere tricolori! Chissà quanto ha pagato il comitato italiano per ottenere l’effetto. Magari, se mi fanno una buona offerta, un pensierino per il 2024 ce lo faccio.
Però che triste sarebbe andare a Parigi e non scopare.