Tanto pe scherzà.
«Tenente O’ Melone me invii un aerostato a fort Abbasc, dovemo assolutamente da sapè se er massacro è terminato anche lì».
«All’ordini generale Mac Posillipo, a quanto pare er peggio sembra passato, mo me organizzo».
«Chissà per quale ragione semo ancora vivi tenente O’ Melone».
«Generale è arivato ora ‘n dispaccio dar ministero de a guera in cui intimano de non fa arcuna azione in quanto che essa nun è nobile».
«Ma dove amundsemo finiti? Ma ci hanno le traveggole? Qua stamo a fa a guera mica a pettina li sorci».
«Generale… c’è ‘n antro messaggio. Dichino che se semo wikipediato tutto dar diario de ‘n certo Mr. Web».
«Dopo tant’anni de disonorata cariera, caro O’Melone, che ce tocca da sentì, va beh, famo ‘na cosa, preparame na lettera de dimissioni che è mejo s’annamo a vende zucchero filato alla sagra de Aquila della Botte, armeno s’addorcimo ‘n pochetto fjetto bello».
E così finì la storia.
Tutto nella norma e giusto, il giudizio personale degli autori è sacro, l’ho sempre ribadito.
La colpa della schifezza è solo mia che sono l’autore del racconto.
Vi confido un’unica cosa, mi ha fatto molto male constatare che si fosse instaurata l’idea che avessi preso paro paro diari su la tragedia del dirigibile Italia.
Nessuna ricerca, nulla di nulla ho intrapreso, ben conoscevo la storia di Nobile e Amundsen.
Il mio intento non era di riportare in poche righe un evento così tragico nel suo accadere, impossibile da fare...
Ciò che volevo descrivere erano i flussi di coscienza tra il generale Nobile e Amundsen.
Tutto ruotava sull’egoismo personale di ritenersi capaci di qualsiasi cosa.
Personaggi molto diversi, Nobile più riflessivo, Amundsen più antipatico e spavaldo.
Entrambi figli del loro tempo.
La parola chiave del cento era “la vita non è un gioco”.
Ho immaginato una stanza al buio in cui le coscienze dei due rivelavano il loro pensiero, in questa stanza due sole immagini nitide nell’oscurità, una è quella degli uomini superstiti nella tenda sul pack che cercano la salvezza riparando la radio rotta, l’altra è quella di Amundsen che sale sul suo idrovolante.
Nobile voleva dimostrare, dopo il viaggio fatto insieme ad Amundsen sul dirigibile Norge, che poteva fare benissimo senza di lui. Amundsen, dall’alto della sua popolarità, voleva far vedere a Nobile che senza di lui sarebbe finito malissimo, era un gioco da ragazzi salvarlo.
Ecco il senso del racconto: “La vita non è un gioco”, per rimanere sulla parola chiave dello step, la storia del dirigibile Italia era solo il volano.
Mi dispiace che il flusso non sia stato compreso, colpa mia.
Qualche volta ho sfiorato eventi storici l’ho fatto sempre dando una mia personalissima interpretazione e facendo parlare i protagonisti con la mia voce e scrittura.
Odio prendere e scrivere cose che non vengano esclusivamente da me.
Questo il mio pensiero espresso, fermo restando che ribadisco la totale accettazione dei giudizi da parte mia senza voler fare difese che non avrebbero né senso né valore.
Ci tenevo solo a precisare alcuni punti a bocce ferme, grazie.