«Giorgio, sei pronto? Dai, scendi, che sono arrivati.»
«Tesoro, luce dei miei occhi, accendo il computer, mando una mail e arrivo.»
Vedo Lidia chiudere il portatile davanti ai miei occhi. Come sempre mantengo il controllo in sua presenza; se solo sapesse cosa ho fatto al gatto dei vicini…
«Non c’è tempo, ci stanno aspettando. Terminerai il tuo lavoro al nostro ritorno. Non muore nessuno se lo lasci in sospeso.»
Veramente devo solo allegare un file e premere invio. Però evito di contraddire mia moglie, è una mia filosofia di vita che aiuta a mantenere il rapporto di coppia a a ottimi livelli. Infatti, cerco sempre di evitare le discussioni e i litigi.
«Certo Lidia, tanto torniamo presto, immagino.»
Dal tragitto in macchina alla permanenza al famoso ristorante “Eden”, stellato Michelin, è tutto un monologo del nuovo compagno di Samantha, Ferdinando, l’ennesimo di una lunga serie, il terzo coglione in due anni. L’uomo in questione è un tamarro ai massimi livelli ed è pure logorroico, se non parla dei suoi successi lavorativi, sportivi e sociali attacca con le barzellette. Ho lasciato scegliere a Lidia il menù, sono un tipo da pastasciutta, cotoletta alla milanese o pizza al prosciutto, ogni altra cosa mi fa storcere il naso. Nemmeno il vino è buono, mannaggia a Samantha e ai suoi giocattoli di carne che per fare colpo scelgono dei locali costosi in cui si mangia di merda. Mia moglie continua a sorridere e a tirarmi fastidiosi calcetti sullo stinco destro. No, non rido alle sue battute, fanculo a Ferdinando, mi sta sui coglioni e lo deve capire, così la smette di parlare e riesco a dare una svolta alla serata.
«I signori desiderano il dolce?»
«Per me no, grazie, sono a dieta.»
Lo sguardo di Lidia mi fa paura. Non ha tutti i torti, è la prima volta che salto il dessert.»
Comunque manca poco alla fine della serata, anche se sono l’unico a volere passare al caffè. Guardo il cellulare, sono già le undici e un quarto, è tardissimo, devo assolutamente passare all’azione.
«Scusate, ho bisogno assolutamente di tornare a casa, ho lasciato in sospeso una cosa importante. Ferdinando, dammi le chiavi della tua Mercedes, non posso aspettare oltre; però tranquillo, vado a casa e torno a prendervi.»
Il coglione mi guarda allibito e non favella. Per la prima volta non sento la sua voce stridula, si inizia a ragionare finalmente. Inizia a salirmi l’embolo.
«Ferdinando, ho detto che devi darmi le chiavi, cazzo!»
«Giorgio smettila di comportarti in modo poco elegante. Tra poco torniamo a casa tutti insieme, non vedo tutta questa necessità di partire da solo. Ora rilassati, ordiniamo il caffè e chiediamo il conto». Lidia non si smentisce mai, come sempre non ha capito un cazzo!
«Ha ragione tua moglie, Giorgio siediti e finiamo di mangiare.»
Le parole di Ferdinando accendono in me una reazione esplosiva. Fisso i due coglioni, sento crescere una forza distruttiva, non riesco più a controllarla. Afferro con le mani la tavola e la ribalto contro la coppia scassa palle. I due cadono a terra, hanno le gambe bloccate. Mi fiondo addosso al coglione.
«Dammi le chiavi della macchina.»
Una massa di saliva mi colpisce su una guancia. D’istinto afferro una forchetta e la pianto nel collo di Ferdinando. Il sangue inizia a uscire copioso, tutti i presenti gridano spaventati. Frugo nelle tasche del coglione e trovo le chiavi. Mi alzo soddisfatto.
«Scusa tesoro, poi ti spiego.»
Sento gli insulti di Samantha che cerca di limitare l’uscita del sangue dal collo.
Mi dirigo verso l’uscita, un cameriere blocca il passaggio. Afferro una sedia e la spacco in testa all’ostacolo umano vestito da pinguino. Corro, qualcuno mi insegue. Salgo sulla Mercedes, impreco, ha il cambio automatico. Due uomini si fermano davanti, mi intimano di scendere. Guardo l’ora, manca mezzora a mezzanotte. Muovo la leva, la metto sulla posizione “D”. Parto e investo i due eroi. Vedo i corpi volare uno a destra e l’altro a sinistra. Fanculo!
Guido come Hamilton la Mercedes è più veloce del mio Panda 4 x 4. Ecco un semaforo, è rosso, le macchine sono in fila. Oltrepasso la colonna e attraverso l’incrocio, noncurante di non avere la precedenza. Un boato! Il muso dell’auto del coglione entra nella portiera di una Y10. L’airbag fa il suo dovere e mi evita brutte conseguenze. Anche se sono frastornato scendo, vedo il guidatore dell’utilitaria immobile al suo posto di guida. Fanculo, doveva aspettare a passare!
Inizio a correre, sono un po’ claudicante, un ginocchio mi fa male, lo devo avere picchiato contro un profilo in plastica. Sento delle grida e molte imprecazioni. Mi fermo e mi volto, nessuno mi insegue, ne devo approfittare. Riprendo a correre anche se zoppico. Non mi accorgo che una Skoda Fabia sta uscendo in retro marcia. Vengo colpito sul fianco, perdo l’equilibrio e cado a terra. Una donna anziana scende dall’auto, si avvicina, vuole sincerarsi delle mie condizioni. Le sferro un pugno, non ho tempo da perdere, i minuti passano. Con grande fatica salgo nell’abitacolo, il motore è rimasto acceso. L’orologio della macchina è implacabile, sono le 23.50. Completo la retromarcia e parto sgommando. Passo sopra a qualcosa, credo il corpo della vecchia. Sento delle sirene, sono di sicuro per l’incidente all’incrocio.
Finalmente sono davanti a casa, una villetta di testa di un quartiere signorile. Sono le 23.53. La porta del box è socchiusa. Entro lentamente, intravedo una sagoma all’interno del mio meraviglioso pandino. Devo agire, mi rimane poco tempo. Afferro un martello e colpisco il ladro. Riesco a farlo scendere dalla vettura; è riverso sul pavimento e continuo a picchiarlo finché non cessa di muoversi. Dovrò poi pulire il pavimento, altrimenti chi la sente Lidia. Il bastardo ha il passamontagna, meglio così, almeno evito di vedere chi ha profanato il il mio pandino. Sento dei rumori. Afferro la motosega, credo sia una ottima arma in caso intrusione di estranei nella propria abitazione, in fondo tutti abbiamo il diritto di difenderci. Avanzo con circospezione. Mi fermo, sento qualcuno muoversi nel mio studio. Eccolo, lo vedo, è davanti a me, è molto alto, anche lui indossa il passamontagna e ha il mio portatile in mano. Il mio computer! Il mio file! Devo assolutamente mandare la mail, ma non so nemmeno che ore sono. Premo il tasto start, la lama si mette in movimento. Il secondo ladro tenta di scappare, lo colpisco alla spalla sinistra, il sangue schizza tutto intorno. Il portatile cade a terra. La lama penetra di nuovo la carne del bastardo, gambe, schiena, braccia. Sento delle sirene, qualche vicino ha chiamato la polizia per fare arrestare i ladri. Spengo la motosega e accendo il computer. C’è sangue ovunque, le pareti sono maculate,chissà se piacerà a Lidia. Recupero in bagno una salvietta e mi pulisco le mani. Sono le 23.58. Apro la posta elettronica, allego il file anche se non ho riletto il racconto, e scrivo l’indirizzo: dt.gare@gmail.com
Come oggetto scrivo: “Folgore” – “ Poi ti spiego” - Giorgio
Sono felice, ora dell’invio 23.59.
Grido di gioia, missione completata.
Una voce mi intima di alzare le mani. Tre agenti entrano nello studio, mi stringono le manette ai polsi.
Li seguo con uno strano sorriso sul volto. Passo davanti a uno specchio, sono una maschera di sangue. Ho bisogno di una doccia, non sono molto presentabile.
E arrivata anche Lidia, la vedo mentre mi fanno salire sulla volante.
«Ciao Lidia, sono riuscito a fare tutto entro la mezzanotte. Come vedi ho fatto bene a non aspettarvi.»
Mi fissa con gli occhi sbarrati, sembra una pazza.
«Vado insieme a questi signori per la deposizione. I ladri non hanno portato via nulla, grazie a me, devi essere contenta. Comunque tranquilla, poi ti spiego.»
L’auto parte, di sicuro la meta è la questura. Fisso il finestrino e penso al concorso. Non mi resta che aspettare, chissà se il mio racconto sarà gradito ai più, nonostante non ho avuto il tempo di rileggerlo. La prossima volta rinuncio alla cena, anche a costo di litigare con mia moglie.