Londra, Hotel Savoy
30 Gennaio 1965, ore 07.00
Antoine Deville percorre il corridoio spingendo il carrello del room service, con i vassoi delle colazioni per i clienti del secondo piano.
Fette biscottate, marmellata di pesche e latte tiepido per la 223 dove soggiornava un Padre Triennale Oratore. Due cornetti alla crema e un caffè americano per la 222, occupata dal direttore di una banca francese. Latte caldo e pane tostato per la 225 assegnata a una coppia di anziani. Uno yogurt bianco e una spremuta per la 226, dove soggiorna una giovane donna borghese dai ricci capelli rossi.
Il cameriere si ferma a parlare con Dorothy, una delle due donne delle pulizie al piano, castana e robusta. All'altro capo del corridoio, Francine, l'altra addetta e infermiera volontaria, giovane di bell'aspetto e con i capelli rossi, armeggia compulsiva con il passepartout alla stanza 223, considerata libera come da comunicazione del ricevimento.
Poco dopo, un urlo di terrore echeggia nel corridoio.
Ore 07.15
« Rimanete qui, nessuno entri o esca. »
« Agli ordini, ma cominciano ad arrivare gli ospiti della giornata... »
Cedric Sweetwater, prima di sorpassare i due agenti all'entrata si avvicina alla folla e sorride.
« Abbiate pazienza, faremo presto. »
Lo sguardo indugia a terra, sul piazzale, dove scorge una siringa vuota. Alza gli occhi verso l'hotel e scuote il capo. Raccoglie la siringa e procede verso l'entrata, consegnando l'oggetto a un'agente. Si dirige poi verso la portineria, dove lo attende il direttore del Savoy.
« Detective Sweetwater. »
« É un piacere, la sua fama la precede. » sorride tradendo la tensione.
« Temo che la fama non risolva i casi. Mi accompagna? »
« I clienti... »
« Nessun cliente - scuote il capo - nessuno entra, nessuno esce. »
Il direttore, un uomo sulla cinquantina robusto e baffuto, annuisce con poca convinzione e lo precede all'ascensore.
Giunti al piano, intuisce subito dove sia avvenuto il misfatto per cui è stato chiamato; fuori dalla camera 223 un nutrito gruppo di persone sosta nell'incredulità e terrore.
Il detective procede spedito lungo il corridoio, mani incrociate dietro la schiena, il cappotto nero lungo che svolazza appena nell'incedere, scoprendo a tratti la sua Enfield MKI nella fondina alla cintura. A metà corridoio, ispeziona il carrello del room service e i vassoi. Dorothy, vedendolo arrivare, ha come un sussulto che non passa inosservato.
« Sì signorina. Ma no, non sono uno di loro. » sospira il detective, ormai abituato a essere accostato alla più famosa band di coleotteri; capelli a caschetto, pantaloni sformati sui piedi, camicia bianca con colletto sbottonato e cravatta a nodo largo. Big John, lo chiamano così a Scotland Yard, per la somiglianza con Lennon, ma più grande di età.
Si fa largo tra i presenti ed entra nella stanza. Nessuna emozione traspare sul volto, nell’osservare la scena; un uomo sulla sessantina era disteso sul letto, con un crocifisso di una ventina di centimetri conficcato ad altezza cuore; si china di poco verso il morto, scorgendo nella mano sinistra un ciuffo di capelli rossi, il corpo ricoperto di sudore e un piccolo ma visibile foro a metà collo con una goccia di sangue coagulato. Lo sguardo vaga per la stanza, notando una veste di colore nero cui manca un bottone dei tre al colletto. É buttata su una sedia accanto alla piccola scrivania.
« Freddino qui dentro. » sentenzia ad alta voce senza guardare nessuno, socchiudendo la giacca.
Sul tavolino da notte nota un rosario arrotolato e poggiato su di una bibbia. L'uomo ha le braccia aperte e pare essere nudo, l'intimo coperto da lenzuola candide, uno strano odore nella stanza.
« Qualcuno lo ha coperto? » chiede, continuando a muoversi nella stanza e avvicinandosi alla finestra che dà su di un piccolo balcone; fuori piove ed è una giornata parecchio fredda.
« Sì, io signore. » Antoine si fa avanti e Cedric si volta, fulminandolo con lo sguardo.
« Signori e signore, vi prego di recarvi in portineria, aspettatemi li. Nessuno rientri nella sua stanza. Lei - indica il cameriere - mi serve qui, per il momento. »
Il direttore si occupa di accompagnare tutti i presenti verso il piano terra; la coppia di anziani si tiene sottobraccio, il direttore di banca sbuffa seguendo il gruppetto fissando l'orologio al polso. La giovane donna, dopo un rapido sguardo in direzione del detective e del cameriere, prosegue stretta nella sua vestaglia rossa, lasciando una scia di profumo molto pungente. Dorothy sostiene la collega in lacrime e tremante.
Cedric segue il gruppo con lo sguardo e solo dopo diversi istanti, porta la sua attenzione al giovane cameriere, fermo sulla porta della camera, mani conserte dietro la schiena.
« Quanti ospiti ci sono attualmente? »
« Siamo quasi al completo, i coniugi Cooper della 225 sono qui solo da ieri. » spiega brevemente, senza dilungarsi troppo sull'evento che riempie le pagine dei giornali, cosi come l'albergo, ormai da giorni.
« Ho notato che sul carrello - lo indica con un cenno - c'è la colazione per tutti. Mi chiedo allora perché il corpo lo abbia trovato la sua collega. »
« In realtà non lo so. Aveva ricevuto il via libera dalla portineria per le faccende in stanza, a quanto pare il prelato aveva lasciato comunicazione della sua partenza per questa mattina presto. »
« Chi gestisce queste cose in albergo? Avete un portiere notturno? »
« Non al momento, è in malattia. Gestisce tutto il direttore. »
« Avete servito la cena ieri sera? »
« Solo alla 222, sul tardi. I coniugi erano usciti a cena e il prelato era a digiuno. La signorina della 226 era... impegnata - arrossisce Antoine - passando davanti alla stanza ho sentito discutere, due voci femminili - chiarisce - ho bussato per chiedere se era tutto nella norma e mi è stato detto di sì. »
« Perché bussare? »
« La signorina fa il lavoro più antico del mondo, pensavo avesse problemi. »
« Quantifica quel sul tardi. »
« Le 22, circa. »
« Chi poteva essere a discutere con la signorina di facili costumi? » chiede senza mezzi termini.
« Non ne ho idea, poteva essere qualsiasi donna in albergo. »
« Un'ultima curiosità. Il prelato ha lasciato detto a voce che non sarebbe stato in camera questa mattina? »
« No lo ha lasciato detto alla donna delle pulizie, ieri mentre lasciava la stanza. »
« Francine? »
« No, signore. Alla governante, la signora Dorothy. Si occupa di aprire le camere. »
« Ma stamattina mi confermi che non è stata lei a farlo, corretto? »
« Esatto. Francine ha iniziato poco dopo di me, dicendo che questa mattina doveva fare in fretta poiché doveva prestare servizio in ospedale, è anche infermiera - scrolla le spalle - dorme qui in albergo, lei, e quando sono arrivato al piano, pensavo avesse già terminato. Ci vogliono circa venti minuti a riassetto ed era passata quasi un'ora. »
Assimila tutto, il detective, ogni singola parola.
« Bene. Raggiungi gli altri, ma prima sarebbe opportuno mi aprissi tutte le stanze occupate. » sorride e sparisce nella stanza.
I movimenti sono lenti e all'orecchio giungono, cadenzati, i rumori delle serrature aperte da Antoine.
Quando comprende di essere da solo in quel piano sospira, e riprende l'esterno della stanza, avvicinandosi alla 222, quella direttamente di fronte.
« Bene bene, vediamo. »
La camera è praticamente uguale, posta a specchio rispetto all'altra. Il letto è sfatto, ma in maniera maniacale. Il detective apre il cassetto del comodino.
« Deve essere ateo. » bofonchia tra sé, scorgendo la bibbia in dotazione alla stanza voltata al contrario. Chiuso il cassetto, l'attenzione si sposta sul piccolo scrittoio dove tra i vari appunti su incontri della giornata, spicca qualcosa.
Ore 22, urlano dalla stanza vicina, sarà quella puttana.
Ore 24, disturbano ancora, il prete prega ad alta voce, domani mattina lo gonfio.
Ore 2, finalmente dormono tutti.
Fare reclamo.
Legge senza toccare il biglietto e lasciando la stanza, scorge a terra nell'angolo della porta un bottone nero, simile a quelli che aveva visto sulla veste del prelato. Lo recupera, facendolo girare tra le dita con aria corrucciata.
Tornato in corridoio punta alla 225, la stanza appena successiva a quella del delitto ed è palese al primo sguardo da chi sia occupata. Molto ordinata, vestiti ambosessi datati e opulenti. E quell'odore di agrumi, nuovamente.
« La stanza dei Cooper. » sospira. Raggiunto il comodino di sinistra, trova un bicchiere con all'interno una dentiera, accanto alla bibbia. L'ispezione prosegue nel bagno dove nota, sulla mensola della specchiera, una siringa già vista e una fialetta vuota che riporta la dicitura insulina. Nel cestino lì accanto un'altra fiala vuota e sopra il mobiletto, una cassetta di legno.
« Venti scomparti, mancano otto dosi. » parla e ispeziona nello stesso tempo, lasciando che le informazioni prendano forma nella sua mente.
Si avvia all'uscita con passo svelto, ma all'ultimo decide di entrare nella 226. Gira tra le dita il bottone, percepisce nuovamente l'odore sentito nelle altre camere. Raggiunge il letto e sul tavolino da notte trova una scatola di profilattici, oltre a una discreta somma di sterline arrotolate.
China il capo di lato e si sofferma sul letto, sfatto da entrambi i lati pur essendo una doppia uso singolo.
Discutevano. O non voleva pagarla o non le è piaciuta la prestazione.
Collega i fatti in un ragionamento semplice. Raggiunge la porta finestra, scosta la tenda e la apre sul balconcino; sporgendosi vede i due agenti all'entrata.
« Non mi piace. » dice fra sé rientrando. Passa davanti al bagno e lo colpisce un profumo forte di agrumi; con estrema attenzione esamina l'interno e trova un flacone di profumo francese all’origine di quell'odore.
Cedric tira un lungo sospiro di sollievo, sembra sorridere mentre a passo svelto si dirige fuori dalla stanza e poi verso il piano inferiore.
Ore 07: 47
L'ispettore cammina davanti agli ospiti seduti in portineria, i passi alternati alla musica di sottofondo, muovendosi sul pavimento con il caratteristico motivo a scacchi.
« Ha trovato il colpevole? » domanda il direttore.
L’ispettore si volta e scruta gli ospiti, e indica le caselle scure.
« Questione di mosse. La prima, sono i ripetuti accenni a un litigio presso la camera della signorina - sorride verso la meretrice muovendosi sul nero davanti a lei - con un'altra donna. La regina. » spiega il movimento fatto, disegnandolo a mezz’aria con il dito puntato verso terra.
« Dalla vostra riserva di insulina, mancano diverse dosi. Troppe, considerandone l'utilizzo dal vostro arrivo - dice ai coniugi Cooper, fermandosi sulla piastrella nera in fronte - gli alfieri - mima come prima - E nella sua stanza? - si muove davanti al direttore di banca - ho potuto constatare quanto potesse essere infastidito dalle preghiere a tarda notte. Inoltre il bottone mancante era sulla porta della sua camera. Il re. »
Improvvisamente si rivolge a Francine, eseguendo la mossa del cavallo sul pavimento.
« Mi deve spiegare perché lo ha fatto, signorina. Lei era l'unica che poteva accedere a tutte le stanze, indisturbata. Ha litigato con la signorina, è entrata nella stanza dei coniugi e ha rubato l'insulina per uccidere il prelato, conoscendone gli effetti. Ha strappato il bottone lasciandolo accanto alla porta del direttore. Si è preoccupata di cambiare le lenzuola, troppo pulite infatti per la quantità di sangue che deve essere uscita dalla ferita. Infine ha gettato dalla finestra la siringa. Insomma, ha cercato di far ricadere la colpa un po' su tutti. »
Sull’orlo di una crisi isterica, Francine crolla.
« La puttana voleva vendere il suo corpo a quel viscido! Ma lei è mia, mia e basta! Non potevo permetterlo! »
« Mia cara, la gelosia ossessiva non porta mai a nulla di buono. »
Un cenno del detective a un’agente, che la raggiunge e la prende in consegna.
« Come ha fatto a capire che era lei? » chiede il direttore.
« Come diceva un mio collega, una volta eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità. - sorride - Check mate. »
Si avvia verso l’uscita, mani conserte dietro la schiena, in direzione del Waterloo Bridge.