Pare che oggi mi son proprio svegliato col piede giusto, son diventato padre di uno splendido bambino e insieme a mia moglie abbiamo deciso di chiamarlo Santiago, proprio come lo stadio di Madrid dove sempre oggi, 11 luglio, l'Italia ha vinto 3-1 con la Germania, anche se sono stato costretto a guardare questa finale mondiale proprio dalle stanze biancastre dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Diventare padre significa cambiare, subire mutazioni una dopo l'altra.
Inizialmente non capisci nulla, senti le grida di tua moglie, senti la stretta delle mani mentre lei spinge, arrivi a sentire un po' del dolore che prova, anche se quello che provano i padri non è un vero e proprio dolore, è più una soddisfazione interiore.
Il tutto è interrotto da un intenso ma breve silenzio assordante, animato in seguito dal pianto di un bambino pieno di vita.
Ed è nato il mio primogenito, un pacioccone di tre chili e mezzo, con qualche ricciolino rossastro sparso tra quella testolina, abbiamo già molte somiglianze!
Continui comunque a non capirci nulla, ma senti un brivido dentro, credo che come me, si pensa che quella nuova vita fa parte di te, è una parte di te.
Ridi, piangi, guardo negli occhi mia moglie e non so più chi sono.
Adesso sento questo.
Sono entusiasta, ma allo stesso tempo mi sento incredibilmente in colpa e adesso in più sento questa pazzia che mi sta proprio portando giù.
In realtà non so dove porta la follia, ma so per certo che farà cadere la mia maschera prima o poi, lei è troppo sicura di sé, spiegazione senza logica di ciò che eri e ciò che sei.
Torno nella mia camera da letto a casa, domani mattina ritorno da mia moglie e dal mio bambino eppure mi sento questo nodo in gola, un pugno in pancia e mi distendo.
Continuo a pensare, a distruggermi.
Sono un peccatore, un peccatore carnale.
Non riesco a dormire perché penso sempre a quei maledetti giorni, all'infermiera e al mio fuoco.
Quel fuoco che sa di lussuria, che puzza di vizio, che lascia un senso di incompletezza.
Lei mi completava?
E mia moglie?
E adesso Santiago?
Cosa sto facendo per le mie insoddisfazioni carnali?
Pecco.
Seguo i miei vizi, non è amare?
L'amore va al di là dei vizi, al di là dei peccati, ma forse solo già l'amore stesso è un peccato.
E così pecco.
Il mio 1982 è così pieno di continue insoddisfazioni e felicità enormi, come la nascita di Santiago, per il padre che sono, per quello che sarò, e la vittoria dell'Italia al campionato mondiale, per il tifoso che sono sempre stato e spero davvero tanto di riuscire a tramandare questa grande passione al mio bambino.
Domani la rivedrò, l'infermiera che mi ha fatto impazzire, mi ha fatto perdere il senno, proprio in tutti i sensi, Valentina.
Avrà più o meno 30 anni, non gliel'ho chiesto mai, è tanto bella, ha i capelli lunghi, ricci e neri, mi fa proprio impazzire.
I suoi occhi mi fanno perdere le staffe e pecco.
Continuo a peccare anche perché già solo quando i nostri occhi s'incrociano, creano sfide audaci, piene di passioni, ma soprattutto indomabili tentazioni.
Sono pazzo, ma voglio continuare a peccare, voglio rischiare tutto, mettermi a nudo.
Voglio giocarmi persino il paradiso per una Valentina che alla fine nemmeno conosco, ma ciò che provo per lei va oltre le conoscenze, va oltre il sesso nei giardini dell'ospedale ogni volta che mia moglie aveva una visita da fare.
Non maledico la prima volta che mi ritrovai in quel giardino, un posto meraviglioso, capace di far spostare l'arte della natura in un misero foglio bianco sporco, maledico piuttosto l'arte.
Maledico la mia passione tramutata in mestiere.
E ho voglia di urlarlo che la maledico, arte meravigliosamente distruggente, un continuo sapore dolceamaro.
Arte era ed è anche Valentina con il suo corpo sinuoso, coi suoi movimenti dolcemente ritmici; mi faceva venire una voglia matta di dipingerla, disegnare le sue forme e darle vita con dei semplici pastelli.
Sono pazzo, ma non chiamiamo ciò che faccio errore, non chiamiamolo tradimento, è semplicemente un peccato.
E chi pecca poi non riesce a dormire, vivrà fino all'ultimo giorno con questa pena, una pena degna d'esser vissuta.
"Accidenti! Chi sarà mai alla porta?"
Quasi cado, è lei!
Il mio cuore sta uscendo dal petto per legarsi con quello suo.
La caccio via?
Io voglio questo?
Portarla nel letto condiviso con mia moglie per più di cinque anni?
Ma credo che fa tutto lei, mi sta trascinando in camera, il suo istinto ha pure trovato la stanza giusta.
E io non resisto più.
Pecco ancora, pecco più di prima.
Ci stiamo spogliando, sento nuovamente quel fuoco travolgermi.
Lei fa paura, lei è come il diavolo che mi apre le porte dell'Inferno e io vi entro.
Entro e non voglio uscire più, voglio stare con lei.
Lei è sempre bella, in tutte le posizioni o persino mentre ha il camice azzurrino e svolge il suo lavoro.
Che stupido che sono, mentre stiamo per raggiungere il culmine del piacere non riesco a non pensare, non riesco a non pensare a quanto lei sia importante per me, a quanto sia così indescrivibile, e riesco a perdere delle lacrime.
Piangere è come perdere un po' di sé, ma per lei potrei anche scomparire.
Si ferma, mi guarda e si sente in colpa.
Ci sentiamo entrambi in colpa, soprattutto per Santiago.
Sta andando via e io mi sento strappato, sta uscendo dalla porta con un bel po' di mia pelle addosso e non solo, ma il cuore è sicuro che lo sta portando tutto con sé.
Sarà una lunga notte, prendo del whisky e bevo.
Non riesco a dormire, spero almeno di poter continuare a guardare mia moglie negli occhi.
Non so più cosa sia l'amore, forse non ho mai amato veramente nessuno...
Riesco solo a peccare sempre, senza mai pentirmi.
Condannato per sempre al non esser mai perdonato.
Non riesco a dormire, è la coscienza secondo me.
Almeno è sicuro che ho una coscienza, ma il mio animo è più inarrestabile, tramato di passione e guazzabugli.
Domani mi alzerò presto, prima di andare in ospedale, devo passare in ufficio, inviare il mio ultimo lavoro per una campagna pubblicitaria, perciò dovrei addormentarmi.
Se avessi la possibilità di tenere un telecomando, spegnerei i miei pensieri, ma essi mi divorano e io stramaledettamente non riesco a dormire.