Faceva fresco per essere la prima settimana di giugno. In quel lontano 1929 il posto più caldo di Parigi era Villa Fouchet, un pessimo esempio di Arte nuova, della quale si diceva che fossero decorati pure i sassi. Vi si trovava buona parte della compagnia di Lew Leslie, un centinaio di neri americani che si esibivano al Moulin Rouge nella rivista Black Birds. Gli artisti, non conoscendo i canoni dell’architettura, avevano accettato di alloggiarvi con immenso calore. E occuparono la villa in tutti i sensi, estromettendo i pochi inservienti e dedicandosi a tutte le incombenze; cucina compresa, perché quella locale fu considerata troppo insipida.
Quella mattina una delle ballerine non si svegliò. Nel panico seguito alla situazione, capitò che fu chiamato non solo il dottore ma anche la polizia. Nessuno alla Sûreté aveva voglia di ficcare il naso negli affari di neri americani che, secondo una credenza dell’epoca, pareva che puzzassero parecchio. L’unico ispettore disponibile fu Georges Soucleau, fresco di nomina.
Insieme a lui la giovane recluta Possoin, un giovane dal promettente fiuto investigativo. «Ispettore, il cadavere odora di aglio.»
«Perbacco! La vittima si è soffocata con l’anchoïade? Un caso di suicidio alquanto bizzarro.»
«Ma no, dev’essere qualcosa di tipico di questi neri.»
«Avete ragione. Una salsa americana assassina. Sequestriamo tutte le ciotole, non permetteremo la morte di altre persone! Il caso è chiuso.»
Si girò verso un gruppo di ragazze in lacrime, alcune delle quali stavano fumando del tabacco dolciastro. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma rinunciò. «Possoin, come si dice “aglio” in nero americano?»
«Non ne ho la più pallida idea, ispettore.»
Una donna con occhi grandi si avvicinò, camminando sinuosa. «Si dice “garlic”, signore.»
L’uomo si girò con un’espressione deliziata. «Perbacco! Proprio come in inglese. Che coincidenza singolare. Con chi ho il piacere di parlare?»
«Sono Margaret Norton.»
L’uomo baciò la mano che gli veniva offerta. «Ispettore Georges Soucleau, per servirla.»
«Mi sento responsabile per la morte della povera ragazza.»
Possoin si avvicinò. «Ispettore, abbiamo una confessione?»
Soucleau non staccò gli occhi dalla donna. «Ma no. La signorina intendeva dire che è molto dispiaciuta, non è vero?»
«Terribilmente dispiaciuta. Mi sento un po’ la sorella maggiore di tutte.»
«Quindi era parente della vittima? Prendete nota, Possoin.»
La recluta estrasse un taccuino e una matita.
«La signorina Marguerite Norton.»
La donna tossicchiò. «Margaret.»
«Sì. Avete corretto?»
Il ragazzo annuì.
«Sorella della vittima e totalmente estranea ai fatti. Sottolineate bene, mi raccomando. Ci accompagnerà alle dispense dove sequestreremo tutte le preparazioni a base di aglio.»
Soucleau e Possoin tornarono alla Sûreté con una grande quantità di salse suddivise in mezza dozzina di ciotole.
Il commissario Drufeys storse il naso. «Cos’è questa puzza?»
L’ispettore si mise sull’attenti. «Abbiamo sequestrato il corpo del reato, commissario.»
«Dell’anchoïade?»
Soucleau scoperchiò uno dei recipienti e intinse un dito. «No, commissario. Guardate: non ci sono le acciughe.»
Drufeys guardò disgustato l’indice che gli veniva sventolato davanti al naso. «Ma che schifo!»
«Avete ragione. È un vero affronto alla cucina francese.» Soucleau cercò qualcosa per pulirsi il dito, senza successo. Finì per usare uno dei documenti sulla scrivania.
«Fate sparire subito questa poltiglia puzzolente!»
«Ma non è possibile, commissario. La vittima ne ha ingurgitata una quantità esagerata.»
Un uomo era comparso sulla soglia e si avvicinò. «Se posso permettermi…»
Drufeys strizzò gli occhi nella sua direzione, mentre le tempie iniziarono a pulsare. «E voi chi siete?»
«Jacques Goilas, medico; ho constatato la morte della povera ragazza. Sono passato per dirvi che l’odore di aglio è tipico dell’avvelenamento da arsenico.»
L’ispettore Soucleau si agitò all’istante. «Mio dio, quindi i neri americani mettono l’arsenico nell’anchoïade al posto delle acciughe! È inaudito. Bisogna arrestare il cuoco.»
Il commissario Drufeys alzò la voce. «Non arresteremo nessuno perché non c’è nessuna vittima! La ragazza è morta nel sonno per aver fatto indigestione di anchoïade. Non metteremo il naso in affari che non ci riguardano, soprattutto se la questione non desta nemmeno l’interesse dell’ambasciatore americano. E adesso fuori dal mio ufficio.»
Il medico e l’ispettore rimasero a bocca aperta, ma fecero dietro front.
Il mattino successivo, Soucleau, Possoin e Goilas si ritrovarono di nuovo insieme a Villa Fouchet. Furono accompagnati sulla scena, dove trovarono diverse persone tra cui la signorina Norton, che stava fumando un tabacco dolciastro.
La donna spiegò, senza evidenti coinvolgimenti emotivi, cos’era successo. «L’addetta alle pulizie ha aperto lo sgabuzzino e ha trovato la ragazza rannicchiata a terra. Ha provato a svegliarla ma poi ha visto tutto il sangue e…»
Soucleau la stava fissando negli occhi. «Ah, resterei ad ascoltarvi per ore.»
Il medico tentò di attirare l’attenzione. «Ispettore, è morta.»
Soucleau non distolse lo sguardo. «Ma no, mi sembra viva e in gran bella forma.»
«Mi riferisco alla ragazza nello sgabuzzino.»
La signorina Norton si appoggiò alla parete. «Vi prego. Trovate il responsabile. Per me è come se mi avessero tolto un’altra sorella minore.»
«Non vi preoccupate. Troveremo questo assassino di sorelle e lo metteremo in gattabuia.»
La signorina Norton si girò e Soucleau ne ammirò le forme, sfocate artisticamente dalle volute di fumo.
«Ispettore, la vittima è stata accoltellata nel basso ventre.»
Soucleau si voltò di scatto. «Perbacco. Allora non è stata accoltellata nello sgabuzzino? Questo cambia tutto.»
Goilas si pulì le mani con uno straccio. «La morte non è stata istantanea, la ragazza avrebbe potuto urlare per il dolore; possibile che nessuno abbia sentito nulla?»
«Giustissimo. Possoin, prendete nota. Abbiamo a che fare con una compagnia di ballerini sordi.»
La recluta alzò gli occhi dal taccuino. «Ma allora come fanno a tenere il tempo, se non ci sentono?»
«Non lo so, ma lo scoprirò! Adesso però andiamo di sotto.»
«Per fare che cosa?»
«Perbacco, Possoin; usate la logica. Se la vittima è stata accoltellata nel basso ventre e poi è stata trasportata nello sgabuzzino, se andiamo di sotto troveremo le tracce del trasporto.»
La recluta spalancò la bocca per la meraviglia.
Nelle cantine della villa trovarono una lettiga insanguinata. «Visto? Ecco il trasporto; adesso dobbiamo trovare il trasportatore.»
«Ma per sostenere una lettiga ci vogliono due persone, ispettore.»
«Osservazione brillante, Possoin. Dunque aiutatemi a riportarla di sopra, che da solo non ce la posso fare.»
Si misero ai lati opposti e portarono la lettiga ai piani superiori, dove si trovava la maggior parte degli occupanti. Soucleau e Possoin fecero un tour dei corridoi.
«Qualcuno la riconosce?»
Uno dei ballerini era appoggiato allo stipite di una porta. «Cosa trasportate?»
«La vostra coscienza, signore. Con chi ho il piacere di parlare?»
«Edward Blakes.»
«Possoin, prendete nota.»
La lettiga sbatté a terra, nel momento in cui la recluta lasciò andare le stanghe per recuperare il taccuino. Soucleau lo fulminò con uno sguardo e Possoin fece spallucce.
«Signor Blakes, voi riconoscete questa lettiga?»
«Sì, era giù nelle cantine a fare la polvere.»
«Fate poco lo spiritoso. Cosa mi dite di queste macchie?»
«Sangue o muffa, probabilmente. Era già così quando siamo arrivati.»
«Questo è quello che sostenete voi.»
«Cosa intendete dire?»
«Vi spiego come sono andati i fatti. Questa notte avete accoltellato una ragazza nel basso ventre, l’avete adagiata su questa lettiga e poi l’avete trasportata nello sgabuzzino senza nessuna pietà.»
Il signor Blakes incrociò le braccia. «E avrei fatto tutto questo da solo?»
«Troveremo il vostro complice e lo faremo confessare.»
Tornando alla sede della Sûreté, Possoin provò a mettere ordine negli appunti. «Ispettore, la signorina Norton potrebbe aver aiutato il signor Blake a portare la lettiga?»
«Rileggete bene gli appunti. Cosa avete sottolineato?»
«Marguerite Norton.»
«Tutto qui?»
«Sì.»
«Aggiungete che la signorina è totalmente estranea ai fatti.»
Il commissario Drufeys aveva letto il verbale farneticante e chiamò a rapporto i due firmatari con le vene che pulsavano nelle tempie. «Due ballerine morte in due notti in una villa affollata all’inverosimile e tutto quello che siete riusciti a fare è stato sequestrare dell’anchoïade e una lettiga sporca?»
«Ma era senza acciughe, commissario.»
Drufeys sbatté il pugno sulla scrivania. «Io voglio i nomi! Chi avete interrogato?»
Possoin tirò fuori gli appunti. «La signorina Marguerite Norton e il signor Édouard Blakes.»
«Portateli in gabbia!»
«Commissario, la signorina Norton è al di sopra di ogni sospetto.»
«Sulla base di cosa?»
«Intuito investigativo. E poi era la sorella delle vittime.»
Drufeys si alzò in piedi. «Le vittime si chiamavano Lea e Philips, com’è possibile che fossero sorelle di Norton? Oggi pomeriggio tornate a Villa Fouchet e portate qui lei e il lettighiere.»
«Ma, commissario?»
«Questo è un ordine!»
Gli occupanti della villa avevano protestato vivacemente quando Soucleau e Possoin erano andati a eseguire il mandato. Erano tornati alla Sûreté con i due fermati e una collezione di sassi variopinti con i quali erano stati bersagliati, per fortuna senza conseguenze.
L’ispettore restò solo con la donna, separati dalle sbarre della cella. «Signorina Norton, sono desolato per questo equivoco increscioso. Vi assicuro che si tratta solo di una formalità e che tornerete al più presto a casa.»
«Casa mia è a Lyons.»
«Ah, abitate nella regione del Rodano?»
«No; Lyons in Georgia. Lì c’è la mia famiglia, ma ormai vivo a New York da qualche anno.»
«Perbacco. Dovrò correggere il mio atlante geografico.»
La donna tamburellava con le dita sulla panca. «Avete qualcosa da fumare?»
«Niente vizi in servizio, signorina.»
«Fumo da sola, se la cosa vi preoccupa.»
«Purtroppo non posso esservi d’aiuto.»
In quel momento, qualcosa entrò attraverso la finestra aperta, sbattendo sul pavimento e scivolando fino alla cella.
«Mio Dio, cosa succede?» Soucleau si affacciò, ma non riuscì a scorgere nessuno.
L’oggetto era un sasso legato a un biglietto. «Credo che sia per voi, ispettore.»
Soucleau raccolse il messaggio e lesse ad alta voce. «“Non ficcate il naso in affari che non vi riguardano.” Questa è una minaccia rivolta al sottoscritto. È intollerabile. Chi potrebbe averlo scritto? Qualcuno alla villa?»
Norton rigirò la pietra tra le mani. «Non credo. Questo sasso è grigio e anonimo come il cielo di Parigi.»
«Volete dire come il cielo di New York?»
«È uguale. Tutti i cieli grigi sono anonimi.»
«Avete ragione. Perdonatemi.»
L’ispettore notò che la donna stava fumando, eppure non ricordava di averle consegnato del tabacco.
Soucleau si fece ricevere con urgenza dal commissario Drufeys.
«Quello che è successo è inaudito. Ed è la prova definitiva che la signorina Norton è innocente.»
Le tempie di Drufeys iniziarono a pulsare. «Come fate a dirlo?»
«La signorina era nella stanza con me, non può aver lanciato il sasso né aver scritto il biglietto. Inoltre il sasso è grigio come il cielo di Berlino.»
«Mi spiegate che cosa c’entra?»
«Tutti i sassi di Villa Fouchet sono dipinti, commissario. Possiamo scarcerare la signorina Norton.»
«Non se ne parla nemmeno. Entrambi i sospettati restano in cella finché non ci daranno una spiegazione di ciò che sta succedendo. Adesso tornate a casa vostra e non fatevi più vedere fino a domani mattina. Voi e quell’altro pazzo delirante di Possoin. È un ordine!»
Alla mattina arrivò un’altra richiesta di aiuto da Villa Fouchet. Suo malgrado, il commissario dovette scarcerare Norton e Blakes, che tornarono alla villa insieme a Soucleau e Possoin.
La giovane recluta era curiosa. «Ispettore, come avete fatto a convincere Drufeys a rilasciare i sospettati?»
Soucleau si picchiettò la fronte. «Ho usato la logica. I due non possono essere responsabili di un nuovo delitto. Guardate il cielo?»
«È grigio.»
«Esatto. Proprio come il cielo di Mosca.»
Possoin annuì, con un’espressione perplessa.
Una volta arrivati a destinazione, videro un gruppo di persone agitate appena fuori dall’ingresso.
«Di cosa parlano?»
Norton si rattristò. «C’è un altro morto, purtroppo.»
Soucleau sollevò lo sguardo. «Solo una mente allenata all’investigazione può sciogliere i nodi di un caso così complicato. Riuniamo tutti nella sala principale.»
«Ma perché?»
«Dimostrerò il potere della logica.»
Al centro della sala principale c’era il corpo di un uomo; il dottor Goilas lo stava esaminando. «È morto e odora di aglio.»
«Perbacco. Ancora l’anchoïade? Dovremo arrestare il cuoco. Come minimo per non aver messo le acciughe nella salsa.»
Nel frattempo i presenti continuarono a parlare in inglese. Una ragazza, in lacrime, urlò puntando il dito verso un’altra. «Tu hai avvelenato mio fratello con l’arsenico.»
L’accusata non stette zitta. «Non è vero. È stata lei.»
La ragazza appena messa in mezzo si ribellò. «Cosa c’entro io?»
«Ho trovato l’arsenico tra le tue cose.»
«Ma come ti sei permessa? E comunque meritava di morire.» Indicò con disprezzo il corpo in mezzo alla stanza.
La ragazza in lacrime si disperò ancora di più. «Come hai potuto farlo? Era mio fratello!»
«Lui ha accoltellato mia sorella.»
«Non è vero. Mio fratello era buono. È stato lui a ucciderla.»
Il ragazzo coinvolto si schermì. «Oh, no.»
La ragazza in lacrime insistette. «Sì, invece. Ti sei voluto vendicare.»
Il ragazzo si portò una mano al volto. «Io… appena ho scoperto che aveva avvelenato la mia fidanzata non ci ho più visto. Ebbene sì; l’ho stordita con l’oppio e l’ho accoltellata. E allora? Voi cosa avreste fatto?»
L’altra ragazza si scagliò contro di lui. «Bastardo. Mia sorella era innocente.»
Il ragazzo sogghignò. «Tu e tua sorella tenevate nascosto l’arsenico tra le vostre cose.»
La ragazza sbuffò. «Cos’è, una moda nuova quella di mettere il naso nei nostri bagagli? E comunque l’arsenico ce l’aveva dato lei.»
L’ultima persona coinvolta indicò il ragazzo che aveva appena confessato. «Io sono innamorata di te. Lei era la mia rivale… non sapevo come altro fare per allontanarla da te.»
Scese il silenzio.
Soucleau si portò in mezzo alla stanza. «Posso parlare? Bene. Adesso, signore e signori, vi mostrerò come la logica investigativa mi permetterà di risolvere i tristi casi di omicidio avvenuti in questa villa.»
La signorina Norton si avvicinò tossicchiando. «Ispettore, le due ragazze e il ragazzo hanno appena confessato.»
«Davvero? Ne siete sicura?»
«Sicura sicura.»
Soucleau si guardò intorno. Incrociò lo sguardo con Possoin. «Devo prendere appunti, ispettore?»
«No. Arrestiamo i colpevoli. Il caso è chiuso. Però, per sicurezza, sequestriamo anche l’anchoïade.»
Dopo aver ammanettato le tre giovani persone e fatte accomodare nel cellulare, Soucleau vide Norton e Blakes parlottare con due individui di pelle bianca.
Si avvicinò senza farsi notare. «I signori vi stanno infastidendo?»
I due figuri scapparono a gambe levate.
L’ispettore gonfiò il petto. «Visto? È bastata la mia presenza.»
Blakes sbuffò. «Sono due venditori d’oppio e sono appena fuggiti con i nostri soldi senza darci la merce in cambio.»
«Perbacco. Vi hanno derubato. Vado subito a dargli la caccia.»
Norton trattenne Soucleau per il braccio. «Lasciate perdere, ispettore. Torneranno quando ve ne sarete andati e ci consegneranno ciò che è nostro. Se avete buona memoria, vi hanno già avvisato di non ficcare il naso nei loro affari. E noi siamo i loro affari.»
Soucleau guardò il cielo, grigio come quello di Bruxelles. «Ci vedremo ancora, signorina?»
Norton ammiccò. «Vi aspettiamo al Moulin Rouge. Può venirci a trovare dopo lo spettacolo. Mi assicuro che vi lasceranno passare.»
L’ispettore si mise sull’attenti. «Siete molto gentile. Ne approfitterò volentieri.»
Poi, dopo aver salutato, si chiese quanto potesse costare il biglietto per uno spettacolo al Moulin Rouge.