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«Mi chiamo Sara.»
«Il mio nome è Yinuo.»
«Shhhh! Le guardie imperiali di Lin Zexu hanno occhi e orecchie dappertutto.»
Un flebile lamento lacera il silenzio.
Addossato alla parete al lato opposto dell’ingresso, sdraiato su un pagliericcio fetido, un vecchio si agita in preda a un tremito violento. Il volto è una maschera di cartapesta contorta in un ghigno sofferente. Yinuo si precipita al suo fianco, lo aiuta a sollevare il busto e lo fa appoggiare su un gomito.
«I... i diavoli rossi ti hanno dato qualcosa per me?» balbetta l’anziano.
«Non ho avuto fortuna oggi. Riproverò domani. Perdonami, padre mio.»
Yinuo avvicina al letto il tavolinetto dove è appoggiata una lampada ad alcol e l’accende. Con gesti esperti estrae da un piccolo recipiente una piccola quantità di una pasta marrone e l’avvicina alla fiammella per qualche secondo sorreggendola con dei bastoncini finché il composto prende fuoco e si gonfia.
Una pipa da oppio! Ecco cos’è questo odore... È simile a quella che ho acquistato in un mercatino a Istambul due anni fa. Livio non la finiva più di prendermi in giro.
“Se ti arresteranno, io dirò che non ti conosco!”.
Nessuna prigione, per fortuna. Adesso quell’oggetto è un curioso soprammobile accanto a un porta cioccolatini d’argento.
Yinuo avvicina il bocchino alle labbra del vecchio padre. Egli trattiene per un po’ “l’elisir di lunga vita” e poi lo espira lentamente dalle narici.
«Padre, fatti coraggio, vedrai ti sentirai subito meglio.» gli accarezza la fronte imperlata di sudore.
Non posso restare immobile a osservare.
«Ma cosa stai facendo Yinuo?»
«Lo so, sto rischiando molto, ma darei la vita per salvare mio padre dalla sofferenza.»
«No, Yinuo. Se gli vuoi bene devi smettere di fargli fumare questa roba.»
«Ti sbagli. Per i nobili il drago di fumo è solo un elisir contro la noia ma per i contadini come mio padre inseguire il drago è l’unico rimedio per spezzare la fatica.»
«L’oppio è una droga, se sai cosa vuol dire. È subdolo. Ti promette il piacere ma ti fa diventare suo schiavo. È molto più potente del tuo Imperatore Celeste, credimi.»
«È per la paura di perdere il potere che lo ha proibito? È per questo che stiamo versando tanto sangue?»
Un silenzioso fiume di sale le irriga il volto. È bella e coraggiosa Yinuo, fresca e pura come un alito di vento tra la neve. «C’è una guerra qui fuori e non so a chi devo credere. Mio padre non è più in grado di lavorare e io preferirei morire piuttosto che finire a soddisfare i desideri di qualche funzionario corrotto. Ma ormai non ho più nulla da vendere.»
È forte il desiderio di stringerla tra le braccia e rassicurarla. Vorrei tanto una figlia così.
Inspira.
Livio... Dove sei amore mio? Mi manchi da morire.
Espira.
«Sai Yinuo, anche il mio uomo sta rischiando la vita in una guerra.»
«È qui a Canton?»
«No. Si trova in Afghanistan.»
«Non conosco questo luogo.»
«È molto lontano.»
«Anche laggiù fanno la guerra a causa dell’oppio?»
«Non ci ho mai riflettuto prima... ma chissà, forse è proprio come dici tu.»
Il mugolare dolente del vecchio tiene incatenati i miei pensieri. Se il respiro dell’Universo mi ha portata qui deve esserci un motivo.
«Yinuo, forse posso aiutarvi. Hai mai sentito parlare dello yoga? È una specie di medicina che aiuta a ritrovare l’energia col potere del respiro.»
«Sara, guardati intorno. La guerra ha artigliato tutto quello che avevamo. Non avrei di che pagare.»
«Non ti costerà che un po’ di fiducia in me.»
«E guarirà le crisi di mio padre?»
«Per quello ci vorrà molto esercizio e tanta tenacia, ma di queste doti tu ne hai da vendere.Vero?»
Yinuo mi stupisce inginocchiandosi.
«È il Buddha che ti ha mandata da noi!»
«Se vorrai, ti insegnerò una posizione ogni giorno fino a quando mi sarà concesso di restare qui.»
Inspiro, espiro.
Il nostro abbraccio è più di una promessa. Siamo due combattenti e vinceremo la nostra guerra.
Sento scorrere l’energia, sono tesa come arco pronto a scoccare la freccia.
Il frastuono dei cannoni non è che un’eco lontana e non fa più paura.
Inspira, espira. Inspira, espira.
A volte si manifesta con un tremito leggero, altre con un formicolio appena percettibile sotto la pelle. È una crepa sottile nel tumulto dei pensieri da cui filtra una chiarore che illumina il mio buio. È in quell’attimo di eternità che il corpo perde i propri confini. Senza la zavorra del tempo, sospesa e leggera, mi sento fluttuare come un granello di polvere cosmica; una nota che vibra in armonia nel pentagramma dell’Universo. Ma non oggi.
Inspira, espira. Inspira, espira.
Tremendi boati si susseguono senza sosta mentre torri d’acqua e spruzzi si elevano dal mare e investono centinaia di uomini, donne e bambini.
Corpi mutilati dall’odio rotolano sulla riva, inerti come alberi delle navi spezzati dalla furia della battaglia.
Nella vasta distesa azzurra increspata da una pioggia insistente, una scia bianca e delicata come ali di farfalle è una ferita nel blu. Una miriade di fragili giunche sembrano strette dalla morsa di un gigante. Una possente nave sulla quale campeggia il vessillo della Compagnia delle Indie Orientali sbuffa vapore dalla ciminiera e sputa palle di cannone che devastano la debole flotta cinese.
L’orizzonte è illuminato a tratti da bagliori di fuoco. L’aria umida è una mistura irrespirabile di polvere da sparo, odore di sangue e decomposizione.
Inspira, espira. Inspira, espira.
Una ragazzina dai tratti asiatici, i capelli neri lucidissimi raccolti in uno stretto chignon abbigliata con un grezzo qipao si avvicina, allarmata e mi strattona.
«Signore, non qui. È troppo pericoloso!» dice invitandomi a entrare in una specie di baracca fatiscente.
Indosso pantaloni larghi da yoga e una canotta. Il mio scherzo di seno e i capelli corti alimentano l’equivoco: deve avermi scambiata per qualcun altro.
L’interno del piccolo edificio è buio. La giovane orientale ispeziona a tastoni le pareti per assicurarsi di essere sola con me prima di sollevare un lembo della tunica ed estrarre, da un sacchetto cucito all’altezza della vita, una tazzina di porcellana finemente decorata.
Un colpo potente e ravvicinato fa tremare le pareti e fischiare le orecchie.
Le labbra della ragazza sembrano muoversi al rallentatore.
«Dite al signor Bull che è tutto ciò che mi è rimasto» tende la mano per ricevere il proprio compenso.
«Mi dispiace, ma non sono la persona che credi. Io non ho niente da darti.»
La mia voce non ha nulla di maschile, nel suo sguardo obliquo leggo paura e disappunto.
«Se devi punirmi fallo in fretta, signora.»
«Punirti? Non sono qui per fari del male. Non so neppure perché mi trovo in mezzo a questo delirio.»
La ragazzina mi guarda con sospetto, ma appare rasserenata. Le porgo la mano.«Mi chiamo Sara.»
«Il mio nome è Yinuo.»
«Yinuo, non ti preoccupare. Io sono solo un sogno. Si può avere paura dei sogni?»
«Eppure la pioggia ha inzuppato i tuoi abiti. Può la pioggia bagnare un sogno?»
«No. Non può farlo. Ma tu devi credermi.»
Di nuovo, un rombo potente ci fa trasalire.
Il respiro si fa corto e affannato. Cerco di mantenere la calma e di recuperare il ritmo con la forza di un naufrago che si aggrappa alla boa nel mare in tempesta.
«Devo scappare subito da qui. Se non morirò per mano tua saranno le armi degli inglesi a uccidermi.» La ragazza sta per abbandonarmi all’inferno.
«Yinuo, per favore portami con te. Io non so dove andare.»
Mi osserva dubbiosa. Insisto.
«Dimmi cosa posso fare per te. Voglio uscire prima possibile da questo incubo.»
Yinuo mi fa cenno di seguirla.
La città si estende maestosa e solida come una grande quercia: il tronco radicato alla terra, il delta del fiume, una selva di rami che abbracciano il mare.
La pioggia battente rende scivolosa la strada lastricata in pietra. Sono scalza e a malapena riesco a tenermi in piedi. Yinuo mi precede ondeggiando come un pendolo sui piccoli piedi deformati.
È notte fonda quando raggiungiamo una catapecchia umida, ma distante dal centro della battaglia. All’interno un’aria densa mi fa lacrimare gli occhi e irritare la gola. Non riesco a smettere di tossire.
Yinuo mi tappa la bocca con la mano. «Shhhh! Le guardie imperiali di Lin Zexu hanno occhi e orecchie dappertutto.»
Un flebile lamento lacera il silenzio.
Addossato alla parete al lato opposto dell’ingresso, sdraiato su un pagliericcio fetido, un vecchio si agita in preda a un tremito violento. Il volto è una maschera di cartapesta contorta in un ghigno sofferente. Yinuo si precipita al suo fianco, lo aiuta a sollevare il busto e lo fa appoggiare su un gomito.
«I... i diavoli rossi ti hanno dato qualcosa per me?» balbetta l’anziano.
«Non ho avuto fortuna oggi. Riproverò domani. Perdonami, padre mio.»
Yinuo avvicina al letto il tavolinetto dove è appoggiata una lampada ad alcol e l’accende. Con gesti esperti estrae da un piccolo recipiente una piccola quantità di una pasta marrone e l’avvicina alla fiammella per qualche secondo sorreggendola con dei bastoncini finché il composto prende fuoco e si gonfia.
Una pipa da oppio! Ecco cos’è questo odore... È simile a quella che ho acquistato in un mercatino a Istambul due anni fa. Livio non la finiva più di prendermi in giro.
“Se ti arresteranno, io dirò che non ti conosco!”.
Nessuna prigione, per fortuna. Adesso quell’oggetto è un curioso soprammobile accanto a un porta cioccolatini d’argento.
Yinuo avvicina il bocchino alle labbra del vecchio padre. Egli trattiene per un po’ “l’elisir di lunga vita” e poi lo espira lentamente dalle narici.
«Padre, fatti coraggio, vedrai ti sentirai subito meglio.» gli accarezza la fronte imperlata di sudore.
Non posso restare immobile a osservare.
«Ma cosa stai facendo Yinuo?»
«Lo so, sto rischiando molto, ma darei la vita per salvare mio padre dalla sofferenza.»
«No, Yinuo. Se gli vuoi bene devi smettere di fargli fumare questa roba.»
«Ti sbagli. Per i nobili il drago di fumo è solo un elisir contro la noia ma per i contadini come mio padre inseguire il drago è l’unico rimedio per spezzare la fatica.»
«L’oppio è una droga, se sai cosa vuol dire. È subdolo. Ti promette il piacere ma ti fa diventare suo schiavo. È molto più potente del tuo Imperatore Celeste, credimi.»
«È per la paura di perdere il potere che lo ha proibito? È per questo che stiamo versando tanto sangue?»
Un silenzioso fiume di sale le irriga il volto. È bella e coraggiosa Yinuo, fresca e pura come un alito di vento tra la neve. «C’è una guerra qui fuori e non so a chi devo credere. Mio padre non è più in grado di lavorare e io preferirei morire piuttosto che finire a soddisfare i desideri di qualche funzionario corrotto. Ma ormai non ho più nulla da vendere.»
È forte il desiderio di stringerla tra le braccia e rassicurarla. Vorrei tanto una figlia così.
Inspira.
Livio... Dove sei amore mio? Mi manchi da morire.
Espira.
«Sai Yinuo, anche il mio uomo sta rischiando la vita in una guerra.»
«È qui a Canton?»
«No. Si trova in Afghanistan.»
«Non conosco questo luogo.»
«È molto lontano.»
«Anche laggiù fanno la guerra a causa dell’oppio?»
«Non ci ho mai riflettuto prima... ma chissà, forse è proprio come dici tu.»
Il mugolare dolente del vecchio tiene incatenati i miei pensieri. Se il respiro dell’Universo mi ha portata qui deve esserci un motivo.
«Yinuo, forse posso aiutarvi. Hai mai sentito parlare dello yoga? È una specie di medicina che aiuta a ritrovare l’energia col potere del respiro.»
«Sara, guardati intorno. La guerra ha artigliato tutto quello che avevamo. Non avrei di che pagare.»
«Non ti costerà che un po’ di fiducia in me.»
«E guarirà le crisi di mio padre?»
«Per quello ci vorrà molto esercizio e tanta tenacia, ma di queste doti tu ne hai da vendere.Vero?»
Yinuo mi stupisce inginocchiandosi.
«È il Buddha che ti ha mandata da noi!»
«Se vorrai, ti insegnerò una posizione ogni giorno fino a quando mi sarà concesso di restare qui.»
Inspiro, espiro.
Il nostro abbraccio è più di una promessa. Siamo due combattenti e vinceremo la nostra guerra.
Sento scorrere l’energia, sono tesa come arco pronto a scoccare la freccia.
Il frastuono dei cannoni non è che un’eco lontana e non fa più paura.