Di solito le fiabe iniziano con “c’era una volta” e non voglio essere da meno.
C’era una volta, da qualche parte dell’Universo, e forse c’è ancora, un pianeta molto simile alla nostra Terra, che si chiama Arret. Come la Terra ha un satellite, Anul e tutti e due girano attorno a Elos, una stella molto luminosa.
Quel pianeta era un po’diverso dalla Terra ma, proprio come da noi, c’erano uomini, donne e anche bambine e bambini. Anche lì si festeggiava il Natale, proprio come qui.
Vi chiederete: “Ma come fai a conoscere questa storia?” È semplice. Me l’ha raccontata uno che le cose le sa e non racconta bugie. Sto parlando di Babbo Natale. Sì, perché anche lì c’era Babbo Natale.
Sapete dove abita Babbo Natale? Abita in un paesino sperduto in Lapponia, vicino al Polo Nord, in uno dei posti più freddi al mondo. È lì che sta tutto l’anno a preparare i regali da portare ai bambini per Natale ed è proprio lì che lo incontrai.
«Ormai nemmeno in questo paesino lontano da tutto si può stare tranquilli», mi disse. «Arrivano continuamente orde di turisti e tutti vogliono vedermi, tutti si vogliono fare “selfie” con me. Quando se ne vanno lasciano rifiuti e cartacce dappertutto. Non c’è più pace e io ho tante cose da fare. Ho deciso che mi trasferirò in un posto più tranquillo e tornerò soltanto per portare i regali ai bambini».
«Dove andrai?», chiesi con grande curiosità.
«Andrò sulla Luna. Mi hai trovato ancora qui per puro caso. Ho già preparato la slitta, le renne e tutte le mie cose. Fra qualche giorno partirò. Lo faccio certamente per cercare la quiete ma anche per evitare quello che successe sul pianeta Arret tanto tempo fa. Dovetti darmi da fare un bel po’ lassù per rimettere tutto a posto. Anche qui credono di farmi le cose di nascosto ma io sono più furbo di loro e non voglio che accada la stessa cosa».
«Sulla Luna? E loro chi sono?». Non ci capivo niente.
«Ora ti racconto per filo e per segno». Mi fece sedere alla tavola di fronte al camino acceso e anche lui sedette di fronte a me. Avevo voglia anch’io di farmi un selfie con lui, ma dopo quello che aveva detto… “Però, che peccato. Chissà quando mi ricapita?” Nessuno crederà che ho incontrato Babbo Natale, pensai.
«Dunque, in questo lontano mondo, come sulla Terra, gli abitanti cercavano di vivere meglio possibile cercando di sfruttare tutte le ricchezze del pianeta, senza preoccuparsi di niente, senza alcun rispetto dell’ambiente in cui vivevano. Così si formarono enormi montagne di rifiuti di ogni tipo che nessuno era capace di distruggere e quando riuscivano a farlo l’aria diventava sempre più irrespirabile e puzzolente».
«È un po’ quello che succede da noi», dissi.
«Proprio così. I paesi più ricchi erano quelli che producevano più immondizia. I governanti di questi paesi pensarono allora di spedire in gran segreto i loro rifiuti ai paesi più poveri, ma questi si ribellarono e l’idea fu abbandonata.
Un bel giorno decisero di riunirsi in una assemblea segreta per trovare un’altra soluzione al problema e in quella occasione il capo della nazione più ricca disse: “Se vogliamo che questa storia abbia fine dovremmo cambiare completamente la nostra vita e le nostre abitudini in modo tale da diminuire tutta l’immondizia che produciamo e migliorare la qualità dell’aria che respiriamo. Tutto questo ci costerà molti sacrifici”. Tutti gli altri protestarono perché nessuno voleva rinunciare al proprio benessere e alla vita facile e comoda.
“Allora ci sarebbe un’altra strada”, disse.
“Quale?” chiesero in coro tutti gli altri partecipanti all’assemblea.
“Ascoltate bene. Ogni nazione dovrebbe costruire grandissime astronavi, riempirle di tutte le schifezze che abbiamo accumulato e portarle su Anul, il nostro satellite che gira intorno a noi. Come sapete, c’è una faccia di Anul che non si vede mai da qui. Potremmo scaricare tutto in quella parte, così che non possa essere visto da Arret, nemmeno con grandi telescopi. La cosa dovrà essere tenuta segreta e da ora in poi si vieteranno voli spaziali che passino da quella parte di Anul”. Tutti applaudirono questa idea. In fondo, pensavano: che ce ne facciamo di Anul? A che ci serve?»
Il viso di Babbo Natale si era fatto ancora più paonazzo, mentre raccontava questa storia. Dopo un momento di silenzio, riprese: «Ma ti rendi conto? Anul, quel piccolo corpo celeste che per secoli aveva fatto sognare, fantasticare gli abitanti di Arret, che aveva ispirato poeti e scrittori, che aveva fatto innamorare, che aveva segnato il passare del tempo, aveva influito sui mari e sul lavoro dei campi, Anul ridotto a un deposito di immondizia! Non potevo permetterlo!»
«E allora? Che cosa facesti?» chiesi, sempre più incuriosito.
«Devi sapere che questi signori avevano deciso di far arrivare il primo volo della prima astronave proprio il giorno di Natale, approfittando del fatto che tutti erano più distratti dai festeggiamenti. L’astronave, come indicava la grande scritta sulla sua pancia, si chiamava: “Elatanobbab” che nella lingua di Arret significa Babbo Natale”. Questa cosa mi fece ancora di più ribollire il sangue!»
Ascoltavo a bocca aperta le sue parole, senza avere la forza di interromperlo con domande stupide.
«Quella volta i miei regali per i bambini furono un po’ sbrigativi e non tutti ricevettero quello che avevano desiderato. Del resto i bambini devono sapere che se Babbo Natale non porta loro tutto quello che hanno richiesto, vuol dire che ha dovuto fare qualcosa di molto importante e urgente e che il regalo arriverà in un altro momento o in un altro modo.
Così presi la mia slitta e le mie renne e mi diressi velocemente verso Anul, arrivando prima dell’astronave, sorvolando la faccia nascosta del satellite. Mentre volavo nel cielo di Anul vidi arrivare l’astronave carica di tutta quella robaccia. Grazie ai miei poteri bloccai la sua discesa, feci invertire la rotta, indirizzandola di nuovo verso Arret. Riuscii a sentire il pilota che comunicava con la base e gridava: “Aiuto! Qui Elatanobbab. Non riesco a manovrare; l’astronave ha invertito la rotta. Sto tornando indietroooooo!”»
Babbo Natale prese una bottiglia dal tavolo e riempì un bicchierino che era davanti a me. Lo buttai giù in un sorso, senza nemmeno accorgermi, eppure bruciava come il fuoco, tanto era forte. Lui fece lo stesso e poi riprese il racconto.
«Feci dirigere l’astronave in direzione del palazzo del presidente di quello stato, proprio quello che aveva avuto quella cattiva idea. Davanti al palazzo c’era un giardino immenso e quando il veicolo spaziale fu sopra quel giardino feci aprire l’enorme sportello che si trovava sotto la pancia e feci scaricare tutto il contenuto proprio lì. Il povero pilota cercava inutilmente di premere bottoni, tirare leve, accendere e spegnere il quadro dei comandi, ma non riusciva più a comandare l’astronave.
Solo quando lo scarico fu ultimato, il poveretto riuscì a riprendere il controllo del mezzo e finalmente atterrò nelle vicinanze del palazzo. Fu subito circondato da poliziotti, giornalisti, operatori di tutte le televisioni nazionali. Tutti gli chiedevano che cosa fosse successo, perché avesse compiuto quel gesto. Lui era imbambolato, come se si fosse svegliato in quel momento dopo un lungo sonno. Le sole parole che disse, balbettando, furono: “Non sono stato io. È stato Babbo Natale”. Tutti scoppiarono in una grande risata e anch’io, da lontano, mi godeva la scena ridendo a crepapelle.
Poco dopo arrivò un’ambulanza con due infermieri che caricarono a bordo il povero pilota e lo portarono via!»
Babbo Natale non riusciva a trattenere il riso e piangeva a dirotto per il gran ridere. Anch’io ridevo con lui, un po’ stordito anche dalla bevanda che avevo buttato giù. Approfittai di quel suo momento di distrazione e feci rapidamente uno scatto fotografico con il mio telefonino. Almeno avrei avuto una prova di quell’incontro straordinario a cui pochi avrebbero creduto. Appena si fu calmato, riprese il suo tono serio.
«Dopo quel fatto, nessuno ebbe più il coraggio di portare a termine il piano che avevano immaginato e le tante nazioni di Arret iniziarono a cambiare le loro abitudini e studiare nuovi sistemi per continuare a vivere in un mondo più pulito».
«È veramente una bella storia, questa», dissi «ma perché parti? Che ci farai sulla Luna?»
«Ma non hai capito? Dunque, ti ricordi quando tanti anni fa i governanti di tutti i paesi dicevano che avrebbero ripulito il mondo? Che avrebbero risolto tutti i problemi. Sappiamo tutti come vanno le cose. Nessuno ha fatto niente.
L’immondizia si è accumulata e anziché usare sistemi puliti hanno trovato più semplice costruire decine e decine di centrali nucleari che hanno causato grandi disastri e creato tanti residui velenosi che nessuno sa più dove nascondere. Anche qui, come su Arret, i paesi più ricchi hanno cercato di riempire i paesi più poveri con la loro spazzatura, in altri casi l’hanno gettata in mare o sotterrata. Ora ho saputo che anche sulla Terra qualcuno ha avuto l’idea geniale di mandare l’immondizia nello spazio e niente è più vicino e più comodo della Luna che presto diventerà la vostra discarica preferita. Dopo aver avvelenato la Terra, ora tocca all’Universo».
«Allora andrai lassù e li aspetterai, come hai fatto su Arret!»
«Proprio così. Li aspetterò sul cratere Campbell che è uno dei più grandi nella faccia nascosta della Luna. Ho saputo che è lì che vogliono portare tutte quelle schifezze. È questo il dono più importante che voglio portare ai bambini per il prossimo Natale».
Finì così il nostro incontro. Affrontai il viaggio di ritorno ancora scosso per l’esperienza che avevo avuto e che mi aveva turbato ma mi aveva anche lasciato ottimismo e speranza per un futuro migliore.
Tutte le volte che ritornavo da un lungo viaggio invitavo parenti e amici a casa mia e in quella occasione consegnavo a ciascuno dei regalini che avevo comprato per loro e parlavo delle mie esperienze di viaggio. Questa volta avevo proprio tanto da raccontare.
Sapevo che sarebbe stato difficile far loro credere di aver incontrato davvero Babbo Natale. Allora decisi di raccontare prima tutta la storia e feci proprio così. Soltanto alla fine confessai che quella storia mi era stata raccontata proprio da Babbo Natale in persona.
Tutti si misero a ridere, dicendo che dovevo averlo sognato, che non poteva essere vero.
Ero sicuro di me. Per fortuna avevo la prova, quello scatto fotografico rubato.
Cercai la foto nella galleria del mio telefonino e la trovai. Quante volte l’avevo riguardata durante il viaggio di ritorno, quasi a cercare di convincermi che non era stato un sogno! La trovai e la mostrai trionfante agli amici. Quello che ne ricevetti fu una fragorosa risata. Non ne capivo la ragione. Guardai a mia volta la foto e rimasi di sasso: si vedeva il mio braccio appoggiato al tavolo, una bottiglia di liquore e un bicchiere. Il resto della foto era occupato dall’immagine di un caminetto con un bel fuoco scoppiettante! Nient’altro!
Così passai per un ubriacone che aveva immaginato tutto, dopo essersi scolato quella bottiglia di liquore che c’era nella foto. Ma non mi importava: sapevo che era tutto vero e… ora lo sapete anche voi.
C’era una volta, da qualche parte dell’Universo, e forse c’è ancora, un pianeta molto simile alla nostra Terra, che si chiama Arret. Come la Terra ha un satellite, Anul e tutti e due girano attorno a Elos, una stella molto luminosa.
Quel pianeta era un po’diverso dalla Terra ma, proprio come da noi, c’erano uomini, donne e anche bambine e bambini. Anche lì si festeggiava il Natale, proprio come qui.
Vi chiederete: “Ma come fai a conoscere questa storia?” È semplice. Me l’ha raccontata uno che le cose le sa e non racconta bugie. Sto parlando di Babbo Natale. Sì, perché anche lì c’era Babbo Natale.
Sapete dove abita Babbo Natale? Abita in un paesino sperduto in Lapponia, vicino al Polo Nord, in uno dei posti più freddi al mondo. È lì che sta tutto l’anno a preparare i regali da portare ai bambini per Natale ed è proprio lì che lo incontrai.
«Ormai nemmeno in questo paesino lontano da tutto si può stare tranquilli», mi disse. «Arrivano continuamente orde di turisti e tutti vogliono vedermi, tutti si vogliono fare “selfie” con me. Quando se ne vanno lasciano rifiuti e cartacce dappertutto. Non c’è più pace e io ho tante cose da fare. Ho deciso che mi trasferirò in un posto più tranquillo e tornerò soltanto per portare i regali ai bambini».
«Dove andrai?», chiesi con grande curiosità.
«Andrò sulla Luna. Mi hai trovato ancora qui per puro caso. Ho già preparato la slitta, le renne e tutte le mie cose. Fra qualche giorno partirò. Lo faccio certamente per cercare la quiete ma anche per evitare quello che successe sul pianeta Arret tanto tempo fa. Dovetti darmi da fare un bel po’ lassù per rimettere tutto a posto. Anche qui credono di farmi le cose di nascosto ma io sono più furbo di loro e non voglio che accada la stessa cosa».
«Sulla Luna? E loro chi sono?». Non ci capivo niente.
«Ora ti racconto per filo e per segno». Mi fece sedere alla tavola di fronte al camino acceso e anche lui sedette di fronte a me. Avevo voglia anch’io di farmi un selfie con lui, ma dopo quello che aveva detto… “Però, che peccato. Chissà quando mi ricapita?” Nessuno crederà che ho incontrato Babbo Natale, pensai.
«Dunque, in questo lontano mondo, come sulla Terra, gli abitanti cercavano di vivere meglio possibile cercando di sfruttare tutte le ricchezze del pianeta, senza preoccuparsi di niente, senza alcun rispetto dell’ambiente in cui vivevano. Così si formarono enormi montagne di rifiuti di ogni tipo che nessuno era capace di distruggere e quando riuscivano a farlo l’aria diventava sempre più irrespirabile e puzzolente».
«È un po’ quello che succede da noi», dissi.
«Proprio così. I paesi più ricchi erano quelli che producevano più immondizia. I governanti di questi paesi pensarono allora di spedire in gran segreto i loro rifiuti ai paesi più poveri, ma questi si ribellarono e l’idea fu abbandonata.
Un bel giorno decisero di riunirsi in una assemblea segreta per trovare un’altra soluzione al problema e in quella occasione il capo della nazione più ricca disse: “Se vogliamo che questa storia abbia fine dovremmo cambiare completamente la nostra vita e le nostre abitudini in modo tale da diminuire tutta l’immondizia che produciamo e migliorare la qualità dell’aria che respiriamo. Tutto questo ci costerà molti sacrifici”. Tutti gli altri protestarono perché nessuno voleva rinunciare al proprio benessere e alla vita facile e comoda.
“Allora ci sarebbe un’altra strada”, disse.
“Quale?” chiesero in coro tutti gli altri partecipanti all’assemblea.
“Ascoltate bene. Ogni nazione dovrebbe costruire grandissime astronavi, riempirle di tutte le schifezze che abbiamo accumulato e portarle su Anul, il nostro satellite che gira intorno a noi. Come sapete, c’è una faccia di Anul che non si vede mai da qui. Potremmo scaricare tutto in quella parte, così che non possa essere visto da Arret, nemmeno con grandi telescopi. La cosa dovrà essere tenuta segreta e da ora in poi si vieteranno voli spaziali che passino da quella parte di Anul”. Tutti applaudirono questa idea. In fondo, pensavano: che ce ne facciamo di Anul? A che ci serve?»
Il viso di Babbo Natale si era fatto ancora più paonazzo, mentre raccontava questa storia. Dopo un momento di silenzio, riprese: «Ma ti rendi conto? Anul, quel piccolo corpo celeste che per secoli aveva fatto sognare, fantasticare gli abitanti di Arret, che aveva ispirato poeti e scrittori, che aveva fatto innamorare, che aveva segnato il passare del tempo, aveva influito sui mari e sul lavoro dei campi, Anul ridotto a un deposito di immondizia! Non potevo permetterlo!»
«E allora? Che cosa facesti?» chiesi, sempre più incuriosito.
«Devi sapere che questi signori avevano deciso di far arrivare il primo volo della prima astronave proprio il giorno di Natale, approfittando del fatto che tutti erano più distratti dai festeggiamenti. L’astronave, come indicava la grande scritta sulla sua pancia, si chiamava: “Elatanobbab” che nella lingua di Arret significa Babbo Natale”. Questa cosa mi fece ancora di più ribollire il sangue!»
Ascoltavo a bocca aperta le sue parole, senza avere la forza di interromperlo con domande stupide.
«Quella volta i miei regali per i bambini furono un po’ sbrigativi e non tutti ricevettero quello che avevano desiderato. Del resto i bambini devono sapere che se Babbo Natale non porta loro tutto quello che hanno richiesto, vuol dire che ha dovuto fare qualcosa di molto importante e urgente e che il regalo arriverà in un altro momento o in un altro modo.
Così presi la mia slitta e le mie renne e mi diressi velocemente verso Anul, arrivando prima dell’astronave, sorvolando la faccia nascosta del satellite. Mentre volavo nel cielo di Anul vidi arrivare l’astronave carica di tutta quella robaccia. Grazie ai miei poteri bloccai la sua discesa, feci invertire la rotta, indirizzandola di nuovo verso Arret. Riuscii a sentire il pilota che comunicava con la base e gridava: “Aiuto! Qui Elatanobbab. Non riesco a manovrare; l’astronave ha invertito la rotta. Sto tornando indietroooooo!”»
Babbo Natale prese una bottiglia dal tavolo e riempì un bicchierino che era davanti a me. Lo buttai giù in un sorso, senza nemmeno accorgermi, eppure bruciava come il fuoco, tanto era forte. Lui fece lo stesso e poi riprese il racconto.
«Feci dirigere l’astronave in direzione del palazzo del presidente di quello stato, proprio quello che aveva avuto quella cattiva idea. Davanti al palazzo c’era un giardino immenso e quando il veicolo spaziale fu sopra quel giardino feci aprire l’enorme sportello che si trovava sotto la pancia e feci scaricare tutto il contenuto proprio lì. Il povero pilota cercava inutilmente di premere bottoni, tirare leve, accendere e spegnere il quadro dei comandi, ma non riusciva più a comandare l’astronave.
Solo quando lo scarico fu ultimato, il poveretto riuscì a riprendere il controllo del mezzo e finalmente atterrò nelle vicinanze del palazzo. Fu subito circondato da poliziotti, giornalisti, operatori di tutte le televisioni nazionali. Tutti gli chiedevano che cosa fosse successo, perché avesse compiuto quel gesto. Lui era imbambolato, come se si fosse svegliato in quel momento dopo un lungo sonno. Le sole parole che disse, balbettando, furono: “Non sono stato io. È stato Babbo Natale”. Tutti scoppiarono in una grande risata e anch’io, da lontano, mi godeva la scena ridendo a crepapelle.
Poco dopo arrivò un’ambulanza con due infermieri che caricarono a bordo il povero pilota e lo portarono via!»
Babbo Natale non riusciva a trattenere il riso e piangeva a dirotto per il gran ridere. Anch’io ridevo con lui, un po’ stordito anche dalla bevanda che avevo buttato giù. Approfittai di quel suo momento di distrazione e feci rapidamente uno scatto fotografico con il mio telefonino. Almeno avrei avuto una prova di quell’incontro straordinario a cui pochi avrebbero creduto. Appena si fu calmato, riprese il suo tono serio.
«Dopo quel fatto, nessuno ebbe più il coraggio di portare a termine il piano che avevano immaginato e le tante nazioni di Arret iniziarono a cambiare le loro abitudini e studiare nuovi sistemi per continuare a vivere in un mondo più pulito».
«È veramente una bella storia, questa», dissi «ma perché parti? Che ci farai sulla Luna?»
«Ma non hai capito? Dunque, ti ricordi quando tanti anni fa i governanti di tutti i paesi dicevano che avrebbero ripulito il mondo? Che avrebbero risolto tutti i problemi. Sappiamo tutti come vanno le cose. Nessuno ha fatto niente.
L’immondizia si è accumulata e anziché usare sistemi puliti hanno trovato più semplice costruire decine e decine di centrali nucleari che hanno causato grandi disastri e creato tanti residui velenosi che nessuno sa più dove nascondere. Anche qui, come su Arret, i paesi più ricchi hanno cercato di riempire i paesi più poveri con la loro spazzatura, in altri casi l’hanno gettata in mare o sotterrata. Ora ho saputo che anche sulla Terra qualcuno ha avuto l’idea geniale di mandare l’immondizia nello spazio e niente è più vicino e più comodo della Luna che presto diventerà la vostra discarica preferita. Dopo aver avvelenato la Terra, ora tocca all’Universo».
«Allora andrai lassù e li aspetterai, come hai fatto su Arret!»
«Proprio così. Li aspetterò sul cratere Campbell che è uno dei più grandi nella faccia nascosta della Luna. Ho saputo che è lì che vogliono portare tutte quelle schifezze. È questo il dono più importante che voglio portare ai bambini per il prossimo Natale».
Finì così il nostro incontro. Affrontai il viaggio di ritorno ancora scosso per l’esperienza che avevo avuto e che mi aveva turbato ma mi aveva anche lasciato ottimismo e speranza per un futuro migliore.
Tutte le volte che ritornavo da un lungo viaggio invitavo parenti e amici a casa mia e in quella occasione consegnavo a ciascuno dei regalini che avevo comprato per loro e parlavo delle mie esperienze di viaggio. Questa volta avevo proprio tanto da raccontare.
Sapevo che sarebbe stato difficile far loro credere di aver incontrato davvero Babbo Natale. Allora decisi di raccontare prima tutta la storia e feci proprio così. Soltanto alla fine confessai che quella storia mi era stata raccontata proprio da Babbo Natale in persona.
Tutti si misero a ridere, dicendo che dovevo averlo sognato, che non poteva essere vero.
Ero sicuro di me. Per fortuna avevo la prova, quello scatto fotografico rubato.
Cercai la foto nella galleria del mio telefonino e la trovai. Quante volte l’avevo riguardata durante il viaggio di ritorno, quasi a cercare di convincermi che non era stato un sogno! La trovai e la mostrai trionfante agli amici. Quello che ne ricevetti fu una fragorosa risata. Non ne capivo la ragione. Guardai a mia volta la foto e rimasi di sasso: si vedeva il mio braccio appoggiato al tavolo, una bottiglia di liquore e un bicchiere. Il resto della foto era occupato dall’immagine di un caminetto con un bel fuoco scoppiettante! Nient’altro!
Così passai per un ubriacone che aveva immaginato tutto, dopo essersi scolato quella bottiglia di liquore che c’era nella foto. Ma non mi importava: sapevo che era tutto vero e… ora lo sapete anche voi.