In realtà non ti sta entusiasmando così tanto. Il cielo è coperto e alcune giostre non sono in funzione. Quelle che funzionano non sono emozionanti, perfino le montagne russe sono prevedibili. Gli addetti alle attrazioni non ti fanno un sorriso neanche pagandoli, al bar non ti danno nemmeno il buongiorno. Ma la cosa che ti dà più fastidio sono le facce col sorriso ebete di chi, nonostante tutta questa noia, si sta divertendo lo stesso; e pensi: “Ma come si fa?”
Gigio dice: «Gente, che palle!» E conferma il tuo pensiero.
Perciò proponi: «Proviamo uno spettacolo?»
Bobo indica qualcosa sulla cartina, che riproduce come un fumetto il parco divertimenti: «Il più vicino è la Bottega degli Orrori.»
Lory, come al solito, è entusiasta; basta nominare la parola “horror” e il suo viso si illumina. Non importa se il nome non è per nulla originale.
Così vi dirigete verso una tensostruttura anonima, davanti alla quale c’è la solita fila. Alcuni ragazzi attorno a voi attaccano bottone, parlano delle solite cose musicali: death metal, gothic rock, emo core… secondo voi sono meglio questi o quelli? Alla fine il tempo passa velocemente e arriva il vostro turno.
«I gruppi devono farsi riconoscere.»
Voi quattro allungate tutti insieme il braccio destro. L’addetta è piuttosto svogliata e maldestra, vi allaccia alla bell’e meglio dei bracciali di colore giallo, diversa gente dietro di voi si lamenta per essere stata pizzicata. Anche Gigio e Lory imprecano contro l’hostess, massaggiandosi il polso.
I ragazzi davanti a voi gongolano: «Che figo, ‘sto bracciale è proprio viola!»
«Che culo!» Una voce dietro di voi: «A noi ce l’han dato marrone come la merda!» Risata.
«Adesso tenete la mano destra sulla spalla di chi vi sta davanti!» interrompe una voce. Siete tutti in fila: Gigio, Lory, tu e Bobo. Davanti a Gigio il gruppo viola, che fa da capofila, dietro a Bobo il gruppo marrone. E adesso si parte: avanti, march! Come tanti detenuti pronti per l’ora d’aria. Con la differenza che ognuno è vestito un po’ come gli pare.
Le luci si abbassano e parte la presentazione dell’avventura; non stai nemmeno ad ascoltarla perché in sottofondo c’è il pezzo goth che ti piace tanto, proprio quello del momento. L’atmosfera è nebbiosa per finta e umida per davvero. Attraversate le solite cose scontate: ragnatele, bare che si aprono, insetti giganteschi.
Si scorge la figura del tristo mietitore, sembra galleggiare nella stanza. Si avvicina piano, poi con un gesto rapidissimo abbassa la falce; un lampo si riflette sulla lama e ti abbaglia.
Quando riacquisti la vista, ti accorgi che tutti i ragazzi del gruppo viola sono stati tagliati a metà e state letteralmente camminando in mezzo ai loro corpi dilaniati. Lory urla. L’istinto sarebbe quello di scappare indietro, ma il tristo mietitore riappare in fondo alla stanza, ripetendo il sacrificio rituale con il gruppo in fondo alla fila.
Seconda staffetta: Susanna
Voi siete lì in mezzo e non potete, o non riuscite, a pensare a nulla. Ecco, il nulla è proprio dentro di voi: silenzio assoluto. Un silenzio assurdo, visto dove siete, in cui Lory riesce a farsi largo: ti sta urlando di prendere una gamba e infilarla sul binario che il tristo mietitore sta percorrendo lentamente, ma inesorabilmente, per provare a fermarlo. L’uscita non è poi molto lontana, certo con tutti quei cadaveri non sarà facile raggiungerla, ma in certi momenti mica si pensa tanto: si agisce, per istinto.
«Una gamba? No, io proprio no!»
Lory decide per tutti ma mentre si sta chinando per prendere una gamba, sentite una fitta al polso, proprio dove c’è il braccialetto. Decisamente una bella fitta, che pare farvi superare lo choc, o forse solo ad avere qualcos’altro cui pensare. Per esempio alla voce che vi invita a uscire da una porticina con l’insegna “Exit” che lampeggia oserei dire furiosamente.
Anche questa volta è Lory a prendere l’iniziativa e vi spinge senza troppi complimenti contro la porta: vi ritrovare sul retro di un furgone che, mentre cercate di mettervi seduti, parte, senza sgommare ma neanche tanto delicatamente.
Un’altra fitta dal braccialetto e puff… perdete i sensi.
Quando vi svegliate dirvi confusi è banale: vi trovate in una grande stanza che ricorda un negozio di mobili, dove tutto è coordinato, dai divani agli spessi tappeti moderni, dalle luci riposanti alle piante collocate con gusto. Appese alle pareti noti le locandine di tanti film famosi e, in alcune teche, coppe, targhe e altri oggetti che fanno pensare a dei premi, dei riconoscimenti. Bene in vista, sotto una campana di vetro, tre premi Oscar.
«Se chiedo cosa cavolo è successo, qualcuno mi risponde? Ma senza impegno.» Bobo ha una vocina flebile, tremolante.
Anzichè una risposta, sentono le porte di un ascensore aprirsi: ne escono due persone, un uomo, in smoking, molto elegante e una donna, infagottata in una sorta di divisa alla Mao Tze Tung.
Lory non aspetta che si presentino:
«Vorrei sapere dove cazzo siamo, e cosa è successo a Iseoland? Tutti quei ragazzi fatti a pezzi, il sangue... E dove siamo?»
Quei due si guardano, scoppiano a ridere e voi realizzate di non avere la benché minima traccia di sangue sugli abiti.
«Allora, carissimi sconosciuti, vi sono piaciuti i miei effetti speciali? Capisco dalle vostre espressioni che ho fatto un eccellente lavoro. Che dici, darling, vado bene così per la cerimonia degli Oscar?»
«Oh, ma certo! Sei super elegante! Però ora vai a riposare, altrimenti domani avrai delle brutte occhiaie. Ti ho già fatto portare in camera la tua tisana. Vai, caro, ai ragazzi ci penso io.»
Attende che lui sia uscito e si presenta: «Sono Kate Grant, quello è mio fratello Jerome e siete qui…»
«Ma lui è… non sarà mica…oh cazzo, scusi signora, ma davvero… quel Jerome Grant?»
«Proprio lui, il misterioso Jerome, il gigante degli effetti speciali.»
«Gli Oscar? Ma ci sono stati tre mesi fa.» Gigio sta facendo il giro delle locandine.
«Beh, in questo periodo è un po’, come dire, confuso. Diciamo che gli si è incriccato il cervello. Mi spiace per lo spavento di prima e per il resto. Ora vi spiego.»
«Incriccato? Significa che è un po’ fuso, fuori di testa?» Anche la tua voce è un pochino stridula.
«Semplificando, sì. Colpa del suo nuovo progetto, ci sta lavorando da due anni e oggi è stato il giorno delle prove generali: ansia a mille. Ha messo assieme una nuova versione di cinema ultra dinamico, qualche ologramma e una sorta di messaggi subliminali rilasciati da un microchip o roba del genere inserito in quei braccialetti speciali. I vostri sono gialli: test completo. Ehm… forse un po’ esagerato, ne convengo.»
«Esagerato? Cavoli, avremmo potuto morire di infarto!»
«Io stavo per vomitare la porchetta!»
«Quindi quei ragazzi sono ancora vivi?» chiedi speranzoso.
«Vivissimi, per loro solo qualche cosuccia, ma poca roba. Viola e marrone, colori orribili.»
«Cervello incriccato eh? E noi delle cavie! Beh, mio padre è avvocato e non penso che ve la caverete con delle scuse e un autografo. Siamo minorenni, non so se ne è consapevole. Ora lo chiamo.» Lory cerca il cellulare nel suo zainetto.
«E si è pure messo in testa di apparire in pubblico, dopo tutta la fatica per rimanere nell’ombra…» Kate sospira sconsolata, indifferente, poi si riprende.
«Ah, meglio che vi mettiate comodi, adesso. Avvocato dici? Tanto, chi vi crederà?»
Il braccialetto giallo si illumina debolmente e voi tornate nel mondo dei sogni.
Quando vi svegliate, siete seduti su una panchina a fianco della Bottega: intorno a voi alcuni ragazzi ridono sguaiatamente e ti mostrano un filmatino in cui vi si vede uscire gridando. Gigio piangeva e parlava di un panino con la porchetta. Bobo continuava a ripetere una parola: incriccato.
Qualcuno parla di chiamare il 112, ma poi lascia perdere. La fila alla Bottega si sta riformando.
Ultima modifica di Susanna il Mar Giu 04, 2024 10:07 pm - modificato 3 volte.