Il nemico allo specchio
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Il nemico allo specchio
Se un uomo sogna perché ha un desiderio, non è possibile che rimanga inascoltato. Non si può non tendere l’orecchio alla sua preghiera. Se una creatura lascia entrare nella sua vita radici e rami che si allungano verso la sua finestra, e l’acqua che si trascina sotto i ponti, e l’aria tra i capelli, allora è possibile che qualcuno ascolti i suoi desideri e li avveri.
Io sono Terra, sono Madre, perché nutro senza fare distinzioni e senza preferenze. La necessità è l'unica legge che conosco, se così non fosse sarei scomparsa miliardi di anni fa.
Sono padrona dello spazio e del tempo. I miei occhi sono le foglie degli alberi, le mie mani sono fatte di vento con cui plasmo le cose. La cascata urla, la rugiada mi sussurra. Se mi attraversa un uragano, sono come una donna dopo una nottata insonne. Se mi scuote un terremoto, sembro il letto sfatto dove ha dormito. Cerco riposo voltando una faccia al Sole e la notte stende sopra di me il suo morbido telo.
La Luna mi rischiara e anche al buio vedo quello che succede. Ma è all’Astro Lucente che sono debitrice, perché con la sua luce mi feconda, senza di lui nulla sarebbe pensabile, la vita impossibile. Sono fatta di roccia e foreste, di fiumi e di mari, di deserto e di sete, ho un cuore pulsante come gli abitanti che vivono sopra di me.
Eppure, non sempre mi si dice tutto e non sempre riesco ad arrivare ovunque.
Lo rividi una mattina di fine inverno. Trascinava i piedi con passo stanco, sembrava più minuto e smunto di come lo ricordassi. Portava una barba incolta che gli ingrigiva il viso e vestiti troppo larghi per essere suoi. Non sembrava più né giovane né vecchio, solo le spalle erano curve.
Non avevo dimenticato la sua esistenza, difficilmente mi sfugge una nascita o una morte. E poi quell’uomo aveva avuto, da sempre, qualcosa di curioso che aveva destato la mia attenzione, come una forza gravitazionale più forte che negli altri, che lo attirava verso il centro del mio essere.
Era da poco uscito di prigione. Era entrato con l’accusa di omicidio. L’avevano trovato in una strada buia con un coltello in mano, davanti a un corpo senza vita, le mani insanguinate senza una ragione. Per dimostrare la sua innocenza erano stati necessari dieci anni, quando il fratello della vittima, prima di morire, aveva confessato. Era tornato libero, con qualche tatuaggio in più per coprire le nuove cicatrici.
Stava seduto all’ombra di un albero sopra una panchina, nei pressi di una stazione chiusa al passaggio dei treni. Ci andavano a giocare i bambini che abitavano qualche isolato più in là, con i loro carretti di cartone con quattro ruote sotto. Li spingevano a perdifiato sopra i binari verso una destinazione che non era mai la stessa. Li sentivo pronunciare nomi che neppure nell’angolo più remoto dei miei emisferi avevo mai sentito e la cosa mi divertiva molto. Lo chiamavano il Passeggero, con la malvagità che a volte anche i bambini riescono ad avere.
«Adesso che non stai più in prigione, dove vorresti andare? Te lo paghiamo noi il biglietto» e ridevano dandosi spintarelle. L’uomo non sembrava ascoltarli, immerso in chissà quali pensieri.
Era una persona semplice, che non riusciva a fare del male a nessuno e tanto meno a comprendere il valore del bene. Viveva di arte e di genio, era un pittore, per questo bastava a se stesso.
Un giorno venne con il cavalletto e i colori. Aveva tastato a lungo il suolo, spostandosi a piccoli passi fino a trovare un pezzetto senza buche o pendenze, dove collocarsi e cercare la giusta angolazione.
Mi sono sempre piaciuti gli artisti. Quelli che cercano di fissare la bellezza del creato che ospito per mostrare, a chi ancora non si rende conto, le meraviglie del pianeta in cui vivono.
Mi faccio bella per chi mi dipinge, sono specializzata, modestamente, nell’abbinare i colori. Indosso mantelli di neve, mi vesto di raggi allungati in un tramonto, divento scura per il cielo plumbeo sopra il mare in burrasca.
Amo i danzatori che seguono i passi del corteggiamento degli animali, i musicisti che imitano il linguaggio degli uccelli e gli scrittori che riempiono pagine per spiegare, con parole, l’inspiegabile.
Il mio uomo iniziava i suoi quadri colorando le ombre, macchie grigie o violacee, partiva da quelle per continuare dov’era la luce ma non sempre raffigurava la realtà.
Il buio predominava con il suo carico di mistero e cercava di allargarsi dove era il colore per diventare, senza ombreggiamenti, luminoso e nitido. Non avevo mai visto nessuno disegnare come lui, scavava nel torbido per arrivare al chiarore.
Per lui l’ombra era il sangue della luce, una ferita aperta da cui sgorgava la vita.
Quella volta si fermò più a lungo, i bambini avevano smesso di giocare e gli stavano intorno. Mi fece il ritratto più somigliante che qualcuno abbia mai realizzato. Mi ritrasse con il volto di tre donne, la prima di fronte e le altre due ai lati, di tre quarti. Un velo azzurro, picchiettato di pietre preziose e topazi ci copriva il capo, lasciando nude le mani intrecciate. Nello sguardo di quelle donne c’era tutta la mia storia, dalla comparsa, fino all’ultimo granello di polvere quando l’universo si sarebbe dissolto.
Ero bellissima e così mi presentò: «Ecco mia Madre» lo sentii dire ad alta voce, lui che non parlava mai. Lo fece come se fosse convinto che non solo i bambini lo stessero ascoltando.
Le sue parole mi toccarono talmente tanto, fino a commuovermi e, per alcuni giorni, venne giù una leggera pioggia a rigarmi il volto.
Stava sempre solitario e taciturno, ma poi incontrò l’unico essere possibile con cui realizzare la sua storia.
Era un piccolo uccello, un incrocio tra una cinciallegra, un usignolo di fiume e un cardellino, uno di quelli che compaiono una volta ogni trecento anni.
Aveva le piume gialle sul dorso e sulla gola, quelle della coda e delle ali erano grigio bluastre, le guance bianche e il capo striato di tutti i colori. I riflessi sembravano trasparenze di ambra e di giada, era la perfezione concentrata dentro il palmo di una mano, un corpicino da cui si sprigionava, tra gorgheggi e acuti, un canto melodioso.
Per sua sfortuna venne catturato e venduto di contrabbando a un collezionista dall’udito finissimo, un tipo robusto, sempre sudato e con qualche anello di troppo. Era stato imprigionato in una gabbia, con l’unico scopo di deliziare il suo padrone. Un giorno il nipote, venuto dalla città, incuriosito dal canto triste, chiese: «Nonno, perché lo tieni chiuso e non lo lasci volare?» Prima che il grassone rispondesse, aveva aperto la gabbia, e incoraggiato l’incredulo pennuto verso la libertà. A volte solo i bambini sono capaci di gesti gratuitamente eroici.
Fu inutile il goffo tentativo di riacciuffare l’uccello, una finestra aperta gli aveva regalato ciò che gli era dovuto. Il gesto aveva scatenato l’ira del nonno ma, alla fine, era il nipote preferito e aveva dovuto pazientare.
Ma riconquistata la libertà, l’animale sembrava avesse dimenticato che uso farne.
Era come impazzito, fuggiva veloce verso ogni direzione, impaurito sbatteva sulle vetrine dei negozi, sui vetri delle case, su qualsiasi superficie riflettesse la sua immagine.
Lo trovarono i bambini ai piedi della vetrata della stazione fantasma, ferito, con il becco sanguinante e un’ala rotta.
«È morto?»
«Ma no, respira ancora.»
«Che gli è successo?»
«Mio padre dice che alcuni uccelli fanno così, se si vedono riflessi. Pensano di essere attaccati da un rapace e per difendersi gli vanno contro. Sbattono la testa e muoiono».
«Poveretto.»
«Diamogli l’acqua.»
«E che gli fa, non lo vedi che è ferito?»
«Portiamolo dal Passeggero, prima che un gatto se lo mangi» giunsero tutti alla stessa conclusione, facendo sperare in bene per il futuro dell’umanità.
Quando glielo portarono e gli raccontarono la sua storia, l'uomo pensò a quante volte si era trovato nella stessa situazione. Di quando, guardandosi allo specchio, aveva visto un estraneo a cui era capitato un destino diverso dal suo, ma che aveva dovuto condividere. Era diventato, senza saperlo, la causa del suo stesso male, il rivale peggiore di se stesso. Combatteva con un nemico allo specchio, pensando che fosse fuori. Si proteggeva e invece rischiava di farsi un male peggiore.
L’uomo lo prese tra le mani chiuse a culla e l’uccello, con un fremito rassegnato, abbandonò tutta la sua stanchezza. Non so come abbiano fatto a riconoscersi, come abbiano sentito di aver vissuto un’uguale esperienza. È questa l’inspiegabile bellezza, la conferma che tutte le creature sono mosse dagli stessi sentimenti, dalle stesse emozioni.
Lo portò a casa sua e si prese cura di lui più che di se stesso.
Gli diede da mangiare dalle sue mani, lo lasciò dormire nel suo palmo, lo nutrì di insetti e di semi, gli guarì l’ala. L’animaletto lo seguiva ovunque andasse, con piccoli saltelli, come fanno i bambini d’estate sulla sabbia bollente, cercando riparo sotto gli ombrelloni. Riprese a cantare come non aveva mai fatto, con più voce e con sempre nuove melodie. E come spesso accade, la guarigione avvenne per entrambi.
Quando fu in grado di volare, e libero di andare o restare, l’uccello restò. Non per gratitudine ma per scelta di felicità.
Quando l’uomo, con il cavalletto e i colori, cercava un posto da dipingere, dal ramo più vicino gli faceva compagnia con le sue melodie sempre diverse, balsamo per tutte le ferite. Finché un giorno decise di dipingere tutta la bellezza di quell’essere così piccolo ma così potente. E per farlo, oltre alla meraviglia del suo piumaggio colorato, decise di disegnare anche il suo canto. Era quello il motivo per cui si erano incontrati, per realizzare l’impossibile desiderio a cui aspirava, la riproduzione del suono sulla tela.
Prese il pennello più sottile che avesse, dal diametro di un filo di capello, sottile quanto una ragnatela. Come se l’uccello sapesse, sembrava dettargli le note, senza fretta e con la pazienza con cui si insegna a un bambino a scrivere. A ogni pennellata, dal colore usciva una nota, un concerto a più mani che continuò finché ogni suono fu dipinto. Una melodia dolcissima, simile al canto degli angeli, si sprigionò dalla tela. Non so ancora spiegarmi come sia stato possibile, ma sono testimone che la cosa avvenne. Era riuscito a disegnare il canto dell’uccello, ogni nota era fissata nei colori che, come un pentagramma, erano visibilmente udibili.
Il mio uomo, o come lo chiamavano i bambini, il Passeggero, aveva capito davvero quello che tutti i miei abitanti dovrebbero ricordare, che sono passeggeri che attraversano, come meteore, lo spazio infinito, ma che il loro passaggio può lasciare una luce.
Il quadro esiste e fa parte della mia collezione privata. Il luogo e il tempo della sua creazione rimarranno segreti, perché certe cose sono troppo intime per essere condivise.
Io sono Terra, sono Madre, perché nutro senza fare distinzioni e senza preferenze. La necessità è l'unica legge che conosco, se così non fosse sarei scomparsa miliardi di anni fa.
Sono padrona dello spazio e del tempo. I miei occhi sono le foglie degli alberi, le mie mani sono fatte di vento con cui plasmo le cose. La cascata urla, la rugiada mi sussurra. Se mi attraversa un uragano, sono come una donna dopo una nottata insonne. Se mi scuote un terremoto, sembro il letto sfatto dove ha dormito. Cerco riposo voltando una faccia al Sole e la notte stende sopra di me il suo morbido telo.
La Luna mi rischiara e anche al buio vedo quello che succede. Ma è all’Astro Lucente che sono debitrice, perché con la sua luce mi feconda, senza di lui nulla sarebbe pensabile, la vita impossibile. Sono fatta di roccia e foreste, di fiumi e di mari, di deserto e di sete, ho un cuore pulsante come gli abitanti che vivono sopra di me.
Eppure, non sempre mi si dice tutto e non sempre riesco ad arrivare ovunque.
Lo rividi una mattina di fine inverno. Trascinava i piedi con passo stanco, sembrava più minuto e smunto di come lo ricordassi. Portava una barba incolta che gli ingrigiva il viso e vestiti troppo larghi per essere suoi. Non sembrava più né giovane né vecchio, solo le spalle erano curve.
Non avevo dimenticato la sua esistenza, difficilmente mi sfugge una nascita o una morte. E poi quell’uomo aveva avuto, da sempre, qualcosa di curioso che aveva destato la mia attenzione, come una forza gravitazionale più forte che negli altri, che lo attirava verso il centro del mio essere.
Era da poco uscito di prigione. Era entrato con l’accusa di omicidio. L’avevano trovato in una strada buia con un coltello in mano, davanti a un corpo senza vita, le mani insanguinate senza una ragione. Per dimostrare la sua innocenza erano stati necessari dieci anni, quando il fratello della vittima, prima di morire, aveva confessato. Era tornato libero, con qualche tatuaggio in più per coprire le nuove cicatrici.
Stava seduto all’ombra di un albero sopra una panchina, nei pressi di una stazione chiusa al passaggio dei treni. Ci andavano a giocare i bambini che abitavano qualche isolato più in là, con i loro carretti di cartone con quattro ruote sotto. Li spingevano a perdifiato sopra i binari verso una destinazione che non era mai la stessa. Li sentivo pronunciare nomi che neppure nell’angolo più remoto dei miei emisferi avevo mai sentito e la cosa mi divertiva molto. Lo chiamavano il Passeggero, con la malvagità che a volte anche i bambini riescono ad avere.
«Adesso che non stai più in prigione, dove vorresti andare? Te lo paghiamo noi il biglietto» e ridevano dandosi spintarelle. L’uomo non sembrava ascoltarli, immerso in chissà quali pensieri.
Era una persona semplice, che non riusciva a fare del male a nessuno e tanto meno a comprendere il valore del bene. Viveva di arte e di genio, era un pittore, per questo bastava a se stesso.
Un giorno venne con il cavalletto e i colori. Aveva tastato a lungo il suolo, spostandosi a piccoli passi fino a trovare un pezzetto senza buche o pendenze, dove collocarsi e cercare la giusta angolazione.
Mi sono sempre piaciuti gli artisti. Quelli che cercano di fissare la bellezza del creato che ospito per mostrare, a chi ancora non si rende conto, le meraviglie del pianeta in cui vivono.
Mi faccio bella per chi mi dipinge, sono specializzata, modestamente, nell’abbinare i colori. Indosso mantelli di neve, mi vesto di raggi allungati in un tramonto, divento scura per il cielo plumbeo sopra il mare in burrasca.
Amo i danzatori che seguono i passi del corteggiamento degli animali, i musicisti che imitano il linguaggio degli uccelli e gli scrittori che riempiono pagine per spiegare, con parole, l’inspiegabile.
Il mio uomo iniziava i suoi quadri colorando le ombre, macchie grigie o violacee, partiva da quelle per continuare dov’era la luce ma non sempre raffigurava la realtà.
Il buio predominava con il suo carico di mistero e cercava di allargarsi dove era il colore per diventare, senza ombreggiamenti, luminoso e nitido. Non avevo mai visto nessuno disegnare come lui, scavava nel torbido per arrivare al chiarore.
Per lui l’ombra era il sangue della luce, una ferita aperta da cui sgorgava la vita.
Quella volta si fermò più a lungo, i bambini avevano smesso di giocare e gli stavano intorno. Mi fece il ritratto più somigliante che qualcuno abbia mai realizzato. Mi ritrasse con il volto di tre donne, la prima di fronte e le altre due ai lati, di tre quarti. Un velo azzurro, picchiettato di pietre preziose e topazi ci copriva il capo, lasciando nude le mani intrecciate. Nello sguardo di quelle donne c’era tutta la mia storia, dalla comparsa, fino all’ultimo granello di polvere quando l’universo si sarebbe dissolto.
Ero bellissima e così mi presentò: «Ecco mia Madre» lo sentii dire ad alta voce, lui che non parlava mai. Lo fece come se fosse convinto che non solo i bambini lo stessero ascoltando.
Le sue parole mi toccarono talmente tanto, fino a commuovermi e, per alcuni giorni, venne giù una leggera pioggia a rigarmi il volto.
Stava sempre solitario e taciturno, ma poi incontrò l’unico essere possibile con cui realizzare la sua storia.
Era un piccolo uccello, un incrocio tra una cinciallegra, un usignolo di fiume e un cardellino, uno di quelli che compaiono una volta ogni trecento anni.
Aveva le piume gialle sul dorso e sulla gola, quelle della coda e delle ali erano grigio bluastre, le guance bianche e il capo striato di tutti i colori. I riflessi sembravano trasparenze di ambra e di giada, era la perfezione concentrata dentro il palmo di una mano, un corpicino da cui si sprigionava, tra gorgheggi e acuti, un canto melodioso.
Per sua sfortuna venne catturato e venduto di contrabbando a un collezionista dall’udito finissimo, un tipo robusto, sempre sudato e con qualche anello di troppo. Era stato imprigionato in una gabbia, con l’unico scopo di deliziare il suo padrone. Un giorno il nipote, venuto dalla città, incuriosito dal canto triste, chiese: «Nonno, perché lo tieni chiuso e non lo lasci volare?» Prima che il grassone rispondesse, aveva aperto la gabbia, e incoraggiato l’incredulo pennuto verso la libertà. A volte solo i bambini sono capaci di gesti gratuitamente eroici.
Fu inutile il goffo tentativo di riacciuffare l’uccello, una finestra aperta gli aveva regalato ciò che gli era dovuto. Il gesto aveva scatenato l’ira del nonno ma, alla fine, era il nipote preferito e aveva dovuto pazientare.
Ma riconquistata la libertà, l’animale sembrava avesse dimenticato che uso farne.
Era come impazzito, fuggiva veloce verso ogni direzione, impaurito sbatteva sulle vetrine dei negozi, sui vetri delle case, su qualsiasi superficie riflettesse la sua immagine.
Lo trovarono i bambini ai piedi della vetrata della stazione fantasma, ferito, con il becco sanguinante e un’ala rotta.
«È morto?»
«Ma no, respira ancora.»
«Che gli è successo?»
«Mio padre dice che alcuni uccelli fanno così, se si vedono riflessi. Pensano di essere attaccati da un rapace e per difendersi gli vanno contro. Sbattono la testa e muoiono».
«Poveretto.»
«Diamogli l’acqua.»
«E che gli fa, non lo vedi che è ferito?»
«Portiamolo dal Passeggero, prima che un gatto se lo mangi» giunsero tutti alla stessa conclusione, facendo sperare in bene per il futuro dell’umanità.
Quando glielo portarono e gli raccontarono la sua storia, l'uomo pensò a quante volte si era trovato nella stessa situazione. Di quando, guardandosi allo specchio, aveva visto un estraneo a cui era capitato un destino diverso dal suo, ma che aveva dovuto condividere. Era diventato, senza saperlo, la causa del suo stesso male, il rivale peggiore di se stesso. Combatteva con un nemico allo specchio, pensando che fosse fuori. Si proteggeva e invece rischiava di farsi un male peggiore.
L’uomo lo prese tra le mani chiuse a culla e l’uccello, con un fremito rassegnato, abbandonò tutta la sua stanchezza. Non so come abbiano fatto a riconoscersi, come abbiano sentito di aver vissuto un’uguale esperienza. È questa l’inspiegabile bellezza, la conferma che tutte le creature sono mosse dagli stessi sentimenti, dalle stesse emozioni.
Lo portò a casa sua e si prese cura di lui più che di se stesso.
Gli diede da mangiare dalle sue mani, lo lasciò dormire nel suo palmo, lo nutrì di insetti e di semi, gli guarì l’ala. L’animaletto lo seguiva ovunque andasse, con piccoli saltelli, come fanno i bambini d’estate sulla sabbia bollente, cercando riparo sotto gli ombrelloni. Riprese a cantare come non aveva mai fatto, con più voce e con sempre nuove melodie. E come spesso accade, la guarigione avvenne per entrambi.
Quando fu in grado di volare, e libero di andare o restare, l’uccello restò. Non per gratitudine ma per scelta di felicità.
Quando l’uomo, con il cavalletto e i colori, cercava un posto da dipingere, dal ramo più vicino gli faceva compagnia con le sue melodie sempre diverse, balsamo per tutte le ferite. Finché un giorno decise di dipingere tutta la bellezza di quell’essere così piccolo ma così potente. E per farlo, oltre alla meraviglia del suo piumaggio colorato, decise di disegnare anche il suo canto. Era quello il motivo per cui si erano incontrati, per realizzare l’impossibile desiderio a cui aspirava, la riproduzione del suono sulla tela.
Prese il pennello più sottile che avesse, dal diametro di un filo di capello, sottile quanto una ragnatela. Come se l’uccello sapesse, sembrava dettargli le note, senza fretta e con la pazienza con cui si insegna a un bambino a scrivere. A ogni pennellata, dal colore usciva una nota, un concerto a più mani che continuò finché ogni suono fu dipinto. Una melodia dolcissima, simile al canto degli angeli, si sprigionò dalla tela. Non so ancora spiegarmi come sia stato possibile, ma sono testimone che la cosa avvenne. Era riuscito a disegnare il canto dell’uccello, ogni nota era fissata nei colori che, come un pentagramma, erano visibilmente udibili.
Il mio uomo, o come lo chiamavano i bambini, il Passeggero, aveva capito davvero quello che tutti i miei abitanti dovrebbero ricordare, che sono passeggeri che attraversano, come meteore, lo spazio infinito, ma che il loro passaggio può lasciare una luce.
Il quadro esiste e fa parte della mia collezione privata. Il luogo e il tempo della sua creazione rimarranno segreti, perché certe cose sono troppo intime per essere condivise.
Different Staff- Admin
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Re: Il nemico allo specchio
Il racconto prende vita e cattura il lettore a partire da questa frase:
Lo rividi una mattina di fine inverno.
Un incipit che avrei trovato perfetto.
Tutta la parte precedente la taglierei senza riserve perché la trovo noiosa e infarcita di luoghi comuni. Mentre quel “Lo rividi una mattina di fine inverno” è accattivante, mi invita a proseguire la lettura, mi cattura.
Da quel punto in poi, la narrazione si colora di emozioni e spunti poetici, immagini che sanno toccare le giuste corde.
Trovo che tu abbia ben gestito il ruolo degli uccelli richiesto dal contest e lo hai fatto in modo personale e toccante.
Soprattuto c’è il racconto, c’è una storia e pure bella da leggere.
E non è la solita storia.
Mi è piaciuto leggerti anche se hai dovuto sacrificare “al contest” la prima parte del tuo lavoro e potevi farne a meno.
Lo rividi una mattina di fine inverno.
Un incipit che avrei trovato perfetto.
Tutta la parte precedente la taglierei senza riserve perché la trovo noiosa e infarcita di luoghi comuni. Mentre quel “Lo rividi una mattina di fine inverno” è accattivante, mi invita a proseguire la lettura, mi cattura.
Da quel punto in poi, la narrazione si colora di emozioni e spunti poetici, immagini che sanno toccare le giuste corde.
Trovo che tu abbia ben gestito il ruolo degli uccelli richiesto dal contest e lo hai fatto in modo personale e toccante.
Soprattuto c’è il racconto, c’è una storia e pure bella da leggere.
E non è la solita storia.
Mi è piaciuto leggerti anche se hai dovuto sacrificare “al contest” la prima parte del tuo lavoro e potevi farne a meno.
Petunia- Moderatore
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Re: Il nemico allo specchio
Un bel racconto, con un registro intimo, particolare per il narratore imposto dal contest. Anche qua, come in un altro racconto, il pianeta si affeziona al suo "passeggero" e questo rapporto così particolare mi è arrivato in pieno. Avrei sinceramente evitato il pippotto iniziale, perché un discorso così generale non prepara a dovere al ciò che leggeremo poi. Altra cosa, ma questo è gusto mio personale, delle volte il linguaggio usato mi è parso poco moderno, involuto, a pensare il narratore magari ci sta pure, ma io preferisco degli stili più freschi. Comunque davvero un bel racconto, complimenti e a rileggerci!
Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
In questo racconto c'è un bel ritmo, dolce e delicato che accompagna la lettura fino alla fine, mantenendo sempre il giusto tono e quella sfumatura di realismo magico che tanto mi affascina e mi piace leggere.
L'incipit forse è un pò forzato e piega il racconto ai canoni dello step, ma oltre questo ho trovato la storia convincente con uno spunto di riflessione appena sussurrato, ma che arriva forte e intenso. Il finale è ben gestito e propone una bella morale.
In generale ho trovato il focus sbilanciato perchè troppo incentrato sull'umano a discapito del volatile: difficilmente un lettore esterno attribuirebbe il tema principale del racconto agli uccelli.
Già Kandinsky si era proposto di fare ciò che tenta il Passeggero: dipingere la musica. Non so se entrambi abbiano raggiunto il loro scopo, sta di fatto che regalare emozioni è un traguardo che in pochi raggiungono ma che, nel nostro piccolo, dovrebbe essere una delle mete che ognuno (o almeno ogni artista, scrittori compresi...) dovrebbe impegnarsi a raggiungere nella vita.
L'incipit forse è un pò forzato e piega il racconto ai canoni dello step, ma oltre questo ho trovato la storia convincente con uno spunto di riflessione appena sussurrato, ma che arriva forte e intenso. Il finale è ben gestito e propone una bella morale.
In generale ho trovato il focus sbilanciato perchè troppo incentrato sull'umano a discapito del volatile: difficilmente un lettore esterno attribuirebbe il tema principale del racconto agli uccelli.
Già Kandinsky si era proposto di fare ciò che tenta il Passeggero: dipingere la musica. Non so se entrambi abbiano raggiunto il loro scopo, sta di fatto che regalare emozioni è un traguardo che in pochi raggiungono ma che, nel nostro piccolo, dovrebbe essere una delle mete che ognuno (o almeno ogni artista, scrittori compresi...) dovrebbe impegnarsi a raggiungere nella vita.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Uno degli elementi per me importanti in un racconto è il titolo: deve incuriosire, raccontare senza dire troppo e qui il titolo vale già un racconto.
Tra i racconti che ho letto fin’ora è forse quello che più mi ha convinto per come sono stati coniugati i paletti.
Ci sono descrizioni e similitudini, confronti sul come la Terra si sente misurandosi agli umani che da soli basterebbero per reggere una storia. Mi è piaciuto molto la parte iniziale, dove tutto è misurato nel descrivere la grandezza del nostro pianeta.
Anche la trama regge molto bene, il personaggio umano e il personaggio uccellino coinvolgono con le loro storie parallele dove momenti difficili, che non paiono avere un futuro, a un certo punto cominciano a colorarsi di tinte che sanno di buono e di serenità.
Il dipingere la musica è una vera chicca: mi sono trovata a pensare come sarebbe fantastico per una persona inesorabilmente sorda, avvolta dal silenzio ma con la possibilità di vivere i colori, poter da un dipinto "ascoltare".
Complimenti per il buon lavoro.
Tra i racconti che ho letto fin’ora è forse quello che più mi ha convinto per come sono stati coniugati i paletti.
Ci sono descrizioni e similitudini, confronti sul come la Terra si sente misurandosi agli umani che da soli basterebbero per reggere una storia. Mi è piaciuto molto la parte iniziale, dove tutto è misurato nel descrivere la grandezza del nostro pianeta.
Anche la trama regge molto bene, il personaggio umano e il personaggio uccellino coinvolgono con le loro storie parallele dove momenti difficili, che non paiono avere un futuro, a un certo punto cominciano a colorarsi di tinte che sanno di buono e di serenità.
Il dipingere la musica è una vera chicca: mi sono trovata a pensare come sarebbe fantastico per una persona inesorabilmente sorda, avvolta dal silenzio ma con la possibilità di vivere i colori, poter da un dipinto "ascoltare".
Complimenti per il buon lavoro.
______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Data di iscrizione : 03.02.21
Età : 67
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Re: Il nemico allo specchio
L'incipit non mi fa impazzire, c'è qualche immagine che non mi convince anche se si capisce bene il senso generale.
L'auto presentazione del narratore purtroppo è una concessione al paletto che però, in alcune immagini, trovo ben riuscita.
Poi c'è la storia, bella, piacevole da leggere e con alcune trovate che mi sono piaciute molto:
il nome dell'uomo ad esempio, "Il Passeggero", o il breve dialogo tra i ragazzi che trovano l'uccello ferito.
Ci sono piccole cose che potrebbero essere migliorate, che mi convincono meno:
Esempio:
"L’avevano trovato in una strada buia con un coltello in mano, davanti a un corpo senza vita, le mani insanguinate senza una ragione" In che senso "senza una ragione"? Va bene non soffermarsi troppo su questo ma forse poteve essere detto meglio.
Oppure
"Era un piccolo uccello, un incrocio tra una cinciallegra, un usignolo di fiume e un cardellino, uno di quelli che compaiono una volta ogni trecento anni." Non sono esperto di uccelli, e dopo questo step mi stanno ancora più antipatici (ovviamente scherzo), però non so se sia possibile un incrocio tra tre razze diverse, non so, non ce lo vedo. Sarebbe bastata una descrizione senza parlare di incroci.
Insomma, piccole cose che secondo me si possono aggiustare e che non rovinano quello che credo sia un bel racconto.
Per il momento è in lizza per la mia cinquina.
Grazie
L'auto presentazione del narratore purtroppo è una concessione al paletto che però, in alcune immagini, trovo ben riuscita.
Poi c'è la storia, bella, piacevole da leggere e con alcune trovate che mi sono piaciute molto:
il nome dell'uomo ad esempio, "Il Passeggero", o il breve dialogo tra i ragazzi che trovano l'uccello ferito.
Ci sono piccole cose che potrebbero essere migliorate, che mi convincono meno:
Esempio:
"L’avevano trovato in una strada buia con un coltello in mano, davanti a un corpo senza vita, le mani insanguinate senza una ragione" In che senso "senza una ragione"? Va bene non soffermarsi troppo su questo ma forse poteve essere detto meglio.
Oppure
"Era un piccolo uccello, un incrocio tra una cinciallegra, un usignolo di fiume e un cardellino, uno di quelli che compaiono una volta ogni trecento anni." Non sono esperto di uccelli, e dopo questo step mi stanno ancora più antipatici (ovviamente scherzo), però non so se sia possibile un incrocio tra tre razze diverse, non so, non ce lo vedo. Sarebbe bastata una descrizione senza parlare di incroci.
Insomma, piccole cose che secondo me si possono aggiustare e che non rovinano quello che credo sia un bel racconto.
Per il momento è in lizza per la mia cinquina.
Grazie
AurelianoLaLeggera- Younglings
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Re: Il nemico allo specchio
Il racconto è bello, e l'utilizzo di un parallelismo tra l'essere umano e gli uccelli mi è piaciuto moltissimo. L'unico grande, grandissimo difetto (è uno di quei casi in cui veramente mi dispiace) è che il narratore è pesantissimo. Questa narrazione l'ho trovata assai noiosa e con uno stile monolitico. L'inizio è così "pesante" che compromette l'intera lettura, perché quando arriva il bello della storia, perde moltissimo della sua spinta. In questo caso capisco che siano gusti personali e scelte stilistiche, ma mi sarebbe piaciuto trovarmi di fronte a qualcosa di più contemporaneo.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Complimenti, sei riuscito/a a tenere viva la presenza della Terra, narratrice ma anche protagonista, in tutto il racconto, rendendo, se vuoi, ancora più inutile la lunga introduzione, piuttosto scontata.
Questo è il difetto che ho trovato in molti racconti: introdurre la Terra come narratrice per poi raccontare una storia che avrebbe potuto essere narrata da chiunque. Tu no!
Il resto è sentimento, colorato di pennellate delicate, di immagini centrate, come i bambini che saltellano sulla sabbia scottante.
Questo è il difetto che ho trovato in molti racconti: introdurre la Terra come narratrice per poi raccontare una storia che avrebbe potuto essere narrata da chiunque. Tu no!
Il resto è sentimento, colorato di pennellate delicate, di immagini centrate, come i bambini che saltellano sulla sabbia scottante.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
L’incipit, come per altri racconti, sembra frutto dello step, ma in qualche modo la protagonista doveva presentarsi, hai ragione anche tu.
Secondo me, dovendo dare voce alla terra hai cercato un linguaggio fuori dal comune, dall’ordinario, come hanno scritto in altri commenti, arcaico. Questo forse ha appesantito l’intera narrazione.
Il racconto, per alcuni versi, è simile a L’uomo che odiava le gabbie. Curioso come la fantasia porti verso la stessa direzione. Bella forza, i paletti erano questi! Ok.
Secondo me, dovendo dare voce alla terra hai cercato un linguaggio fuori dal comune, dall’ordinario, come hanno scritto in altri commenti, arcaico. Questo forse ha appesantito l’intera narrazione.
Il racconto, per alcuni versi, è simile a L’uomo che odiava le gabbie. Curioso come la fantasia porti verso la stessa direzione. Bella forza, i paletti erano questi! Ok.
Resdei- Maestro Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Che dire, di questo racconto mi è piaciuto tutto: l’incipit, la storia, l’atmosfera, lo stile narrativo.
Mi ha conquistato fin dalle prime righe, anche se devo riconoscere anch’io che il tema “gli uccelli” non può considerarsi proprio centrale.
Ma ho trovato il brano talmente immersivo, che sono disposta a passarci sopra e a prenderlo in considerazione per la mia cinquina.
Complimenti.
Mi ha conquistato fin dalle prime righe, anche se devo riconoscere anch’io che il tema “gli uccelli” non può considerarsi proprio centrale.
Ma ho trovato il brano talmente immersivo, che sono disposta a passarci sopra e a prenderlo in considerazione per la mia cinquina.
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Albemasia- Padawan
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Re: Il nemico allo specchio
Tutto diventa credibile in questo racconto scritto bene, dipinto bene. E quando si riesce a dipingere pure la melodia, il canto, la bravura filtra pure attraverso gli abiti dell'autore e diventa palpabile come le sue belle idee.
Il Passeggero sembra una aggiunta inutile.
Il Passeggero cura e soffre come Gesù.
Impressione mia questa che me lo ha reso indimenticabile.
Come la riproduzione dei suoni sulla sua tela.
Impronte musicali incancellabili.
Il Passeggero sembra una aggiunta inutile.
Il Passeggero cura e soffre come Gesù.
Impressione mia questa che me lo ha reso indimenticabile.
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tommybe- Maestro Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
"il nemico allo specchio" è davvero un bel racconto.
A mio avviso la svolta avviene con la seguente frase:
Per lui l'ombra era il sangue della luce, una ferita aperta da cui sgorgava la vita.
Ci sono molti spunti carini e pennellate suadenti che ho apprezzato.
Buona la scrittura anche se in alcuni passaggi si eccede con il "che"...
Il mio uomo, o come lo chiamavano i bambini, il Passeggero, aveva capito davvero quello che tutti i miei abitanti dovrebbero ricordare, che sono passeggeri che attraversano, come meteore, lo spazio infinito, ma che il loro passaggio può lasciare una luce.
La chiusura finale non mi convince, ma è una virgola in un testo molto interessante.
Grazie autore per il tuo contributo.
A mio avviso la svolta avviene con la seguente frase:
Per lui l'ombra era il sangue della luce, una ferita aperta da cui sgorgava la vita.
Ci sono molti spunti carini e pennellate suadenti che ho apprezzato.
Buona la scrittura anche se in alcuni passaggi si eccede con il "che"...
Il mio uomo, o come lo chiamavano i bambini, il Passeggero, aveva capito davvero quello che tutti i miei abitanti dovrebbero ricordare, che sono passeggeri che attraversano, come meteore, lo spazio infinito, ma che il loro passaggio può lasciare una luce.
La chiusura finale non mi convince, ma è una virgola in un testo molto interessante.
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Giammy- Younglings
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Re: Il nemico allo specchio
altra bella storia carica d'amore e con sprazzi poetici.
lettura più che gradevole, tema cetrato e ben esposto.
mi è davvero piaciuto e ti faccio i complimenti, non riesco ad aggiungere altro.
lettura più che gradevole, tema cetrato e ben esposto.
mi è davvero piaciuto e ti faccio i complimenti, non riesco ad aggiungere altro.
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Re: Il nemico allo specchio
Posto che il racconto è scritto bene, mi scuso con l'Autore se ripeto quanto già detto da altri, ma effettivamente la prima parte appare quasi inadeguata dopo aver letto il racconto a partire da "Lo rividi in una mattina d'inverno". Intendo inadeguata al racconto e al suo sviluppo successivo, necessaria probabilmente per rientrare nel paletto del narratore. Con buona pace di tutti noi, che accettiamo le regole e ci divertiamo scrivendo, forse questo è il caso più lampante dove i paletti limitano il campo d'azione delle storie che ciascun Autore crea.
Mi sono piaciuti molto i personaggi: il Passeggero, nonostante la sua storia pregressa e il suo carattere schivo e taciturno, è proprio una persona che vorrei vedere e conoscere. Ho avuto la sensazione che i bambini prendessero in giro il Passeggero come fosse uno zimbello di quartiere, tuttavia mi sono dovuto ricredere quando è comparso l'uccello liberato. A tal proposito, nessun uccello dovrebbe stare in gabbia. Mai.
Infine, molto toccante e narrativamente ben costruito il finale. Il pittore che riesce a riprodurre i suoni del canto dell'uccello è davvero una bella trovata, con tutta la sua portata di emozioni. Non soltanto per la Terra.
Grazie e Buone Vacanze!
Mi sono piaciuti molto i personaggi: il Passeggero, nonostante la sua storia pregressa e il suo carattere schivo e taciturno, è proprio una persona che vorrei vedere e conoscere. Ho avuto la sensazione che i bambini prendessero in giro il Passeggero come fosse uno zimbello di quartiere, tuttavia mi sono dovuto ricredere quando è comparso l'uccello liberato. A tal proposito, nessun uccello dovrebbe stare in gabbia. Mai.
Infine, molto toccante e narrativamente ben costruito il finale. Il pittore che riesce a riprodurre i suoni del canto dell'uccello è davvero una bella trovata, con tutta la sua portata di emozioni. Non soltanto per la Terra.
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Molli Redigano- Maestro Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Il racconto è bellissimo e scritto molto bene ma a mio parere soffre di prolissità: tagliando molto qua e là (doprattutto la parte iniziale e slcune descrizioni a metà racvonto) non solo non si perderebbe nulla ma, anzi, si rafforzerebbe molto il messaggio che l'aut* ha voluto trasmettere. Come nella maggior parte dei racconti ho faticato a "sentire" la Terra, questa è la storia del "Passeggero" e dell'uccellino, a testimonianza dell'estrema difficoltà di questo step. Nel complesso, comunque, racconto promosso.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Il racconto mi ha colpito per la sua delicatezza e per il ritmo dolce e avvolgente che lo accompagna dall’inizio alla fine. C'è una sfumatura di realismo magico che rende la lettura ancora più piacevole e intrigante, e che riesce a far emergere una certa poesia intrinseca nella narrazione.
L’incipit, tuttavia, mi sembra un po’ forzato, quasi come una necessità di piegare la storia ai paletti imposti dal concorso. Avrei preferito un inizio più naturale e meno vincolato, che avrebbe potuto dare al racconto un respiro maggiore sin dalle prime righe.
La trama, nonostante ciò, è convincente e ben costruita, con un finale che lascia spazio a una riflessione intensa e ben gestita. Il focus, però, mi sembra un po’ sbilanciato: mentre il personaggio umano è ben delineato e coinvolgente, il tema degli uccelli risulta un po’ in secondo piano, quasi come un elemento accessorio.
Le immagini che descrivi, come il dipingere la musica, sono davvero affascinanti e offrono uno spunto di riflessione originale e toccante. È un’idea che riesce a catturare l’immaginazione e che arricchisce la narrazione con una dimensione artistica profonda e significativa.
In sintesi, è un racconto ben scritto e coinvolgente, che potrebbe beneficiare di alcune piccole revisioni per rendere l’incipit più fluido e per dare un po’ più di spazio al tema degli uccelli. Complimenti per il buon lavoro e per la capacità di creare un’atmosfera tanto suggestiva.
L’incipit, tuttavia, mi sembra un po’ forzato, quasi come una necessità di piegare la storia ai paletti imposti dal concorso. Avrei preferito un inizio più naturale e meno vincolato, che avrebbe potuto dare al racconto un respiro maggiore sin dalle prime righe.
La trama, nonostante ciò, è convincente e ben costruita, con un finale che lascia spazio a una riflessione intensa e ben gestita. Il focus, però, mi sembra un po’ sbilanciato: mentre il personaggio umano è ben delineato e coinvolgente, il tema degli uccelli risulta un po’ in secondo piano, quasi come un elemento accessorio.
Le immagini che descrivi, come il dipingere la musica, sono davvero affascinanti e offrono uno spunto di riflessione originale e toccante. È un’idea che riesce a catturare l’immaginazione e che arricchisce la narrazione con una dimensione artistica profonda e significativa.
In sintesi, è un racconto ben scritto e coinvolgente, che potrebbe beneficiare di alcune piccole revisioni per rendere l’incipit più fluido e per dare un po’ più di spazio al tema degli uccelli. Complimenti per il buon lavoro e per la capacità di creare un’atmosfera tanto suggestiva.
Gimbo- Padawan
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Re: Il nemico allo specchio
Mi è piaciuto questo racconto, per il personaggio, per la delicatezza, per le immagini che riesce a creare, anche per l'ambientazione particolare della stazione abbandonata.
Non mi piace soltanto la prima parte, davvero la trovo troppo pesante e sostanzialmente fuori contesto con la storia che poi ci viene narrata.
Io ho sentito proprio uno scollamento tra l'introduzione così ampollosa e la bellezza della storia.
Arrivo a dire che senza quella lunga introduzione "terrestre" il racconto sarebbe stato sostanzialmente perfetto. Così perde un pò di fascino e di slancio, anche di naturalezza mi viene da dire, però dico già che rientrerà tra le mie scelte in corso di votazione.
Non mi piace soltanto la prima parte, davvero la trovo troppo pesante e sostanzialmente fuori contesto con la storia che poi ci viene narrata.
Io ho sentito proprio uno scollamento tra l'introduzione così ampollosa e la bellezza della storia.
Arrivo a dire che senza quella lunga introduzione "terrestre" il racconto sarebbe stato sostanzialmente perfetto. Così perde un pò di fascino e di slancio, anche di naturalezza mi viene da dire, però dico già che rientrerà tra le mie scelte in corso di votazione.
Byron.RN- Maestro Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Parto dal pregio principale del racconto, che è la scrittura, bella e di alto livello. A parte qualche espressione troppo ricercata, si sente la mano esperta che c'è dietro.
In alcuni passaggi sento quell'effetto calamita che mi capita solo laddove c'è uno scritto veramente coinvolgente.
Non mi hanno convinto alcune cose, tuttavia.
La prima è il registro della voce narrante. In tanti passaggi, soprattutto nelle similitudini usate, sento che non è davvero la Terra a parlare; è solo una sensazione, forse anche pignola, ma i bambini che saltano in spiaggia, il letto sfatto di una donna insonne, sono cose che solo un occhio profondamente umano può cogliere davvero. Per un pianeta Terra vorrei sentire una voce più aliena, più lontana, più distaccata anche.
Questo era il mio personale gusto sullo step, beninteso.
La seconda è l'eccessiva, sempre per il mio gusto, poesia di certi concetti.
Uno straniero, perdipiù ex carcerato, che viene chiamato da dei bambini "il Passeggero." Non so, mi sembra lontanissimo dalla realtà.
Il canto di un uccellino che guarisce un uomo dalla sua depressione.
Sono licenze poetiche, ne sono cosciente, ma forse portano tutto su un livello più onirico che emozionale.
Infine ci sono alcune scelte che mi lasciano perplesso.
Il già citato incipit iniziale, che è proprio su un registro diverso dal resto della storia, e afferma cose che poi sembrano in opposizione a quanto viene dopo.
Le prime righe sono stranissime. Hanno una forza espressiva impressionante ma, assieme, hanno un tono quasi lugubre che non so quanto fosse voluto. A me hanno inquietato.
La scelta di creare un uccellino ibrido di tre specie, un qualcosa che nasce giustamente una volta ogni chissà quanto: sembra voler dire che, per essere speciali, bisogna esserlo dalla nascita. Forse un semplice passero uguale a mille altri sarebbe stato egualmente efficace, in fondo sono le azioni salvifiche dell'uomo a far nascere il rapporto purificatore per entrambi.
Il contrabbandiere definito "grassone": quanto stona con la poeticità del resto del racconto?
I bambini chiamano l'uomo "Il Passeggero" con quella malvagità che a volte anche i bambini riescono ad avere. Che c'è di malvagio nel chiamare un tizio "Il Passeggero"?
Il quadro esiste ed è nella collezione privata del pianeta Terra stesso: la mia immaginazione ha avuto un blackout su questo dettaglio.
Infine il tema. "Gli uccelli" non sono convinto siano stati trattati in maniera adeguata. C'è un uccello ed è un personaggio, non un tema. Ma questo vale solo per il mio personale metro di giudizio in sede di votazione.
E' un bellissimo racconto, perché lo è, ma ha così tante stranezze che mi lascia un po' insoddisfatto.
In alcuni passaggi sento quell'effetto calamita che mi capita solo laddove c'è uno scritto veramente coinvolgente.
Non mi hanno convinto alcune cose, tuttavia.
La prima è il registro della voce narrante. In tanti passaggi, soprattutto nelle similitudini usate, sento che non è davvero la Terra a parlare; è solo una sensazione, forse anche pignola, ma i bambini che saltano in spiaggia, il letto sfatto di una donna insonne, sono cose che solo un occhio profondamente umano può cogliere davvero. Per un pianeta Terra vorrei sentire una voce più aliena, più lontana, più distaccata anche.
Questo era il mio personale gusto sullo step, beninteso.
La seconda è l'eccessiva, sempre per il mio gusto, poesia di certi concetti.
Uno straniero, perdipiù ex carcerato, che viene chiamato da dei bambini "il Passeggero." Non so, mi sembra lontanissimo dalla realtà.
Il canto di un uccellino che guarisce un uomo dalla sua depressione.
Sono licenze poetiche, ne sono cosciente, ma forse portano tutto su un livello più onirico che emozionale.
Infine ci sono alcune scelte che mi lasciano perplesso.
Il già citato incipit iniziale, che è proprio su un registro diverso dal resto della storia, e afferma cose che poi sembrano in opposizione a quanto viene dopo.
Le prime righe sono stranissime. Hanno una forza espressiva impressionante ma, assieme, hanno un tono quasi lugubre che non so quanto fosse voluto. A me hanno inquietato.
La scelta di creare un uccellino ibrido di tre specie, un qualcosa che nasce giustamente una volta ogni chissà quanto: sembra voler dire che, per essere speciali, bisogna esserlo dalla nascita. Forse un semplice passero uguale a mille altri sarebbe stato egualmente efficace, in fondo sono le azioni salvifiche dell'uomo a far nascere il rapporto purificatore per entrambi.
Il contrabbandiere definito "grassone": quanto stona con la poeticità del resto del racconto?
I bambini chiamano l'uomo "Il Passeggero" con quella malvagità che a volte anche i bambini riescono ad avere. Che c'è di malvagio nel chiamare un tizio "Il Passeggero"?
Il quadro esiste ed è nella collezione privata del pianeta Terra stesso: la mia immaginazione ha avuto un blackout su questo dettaglio.
Infine il tema. "Gli uccelli" non sono convinto siano stati trattati in maniera adeguata. C'è un uccello ed è un personaggio, non un tema. Ma questo vale solo per il mio personale metro di giudizio in sede di votazione.
E' un bellissimo racconto, perché lo è, ma ha così tante stranezze che mi lascia un po' insoddisfatto.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Ciao, Penna.
Il punto debole del racconto non è narrativo ma credo sia il tema: il Passeggero non dipinge il canto degli uccelli ma il canto di un unico uccello. Un'altra cosa che ti faccio notare è che si parla della guarigione del Passeggero ma non è chiaro di quale malattia si tratti, anche se forse si può intuire. Anche il primo passaggio, per cui il Passeggero passa da essere un personaggio che frequenta la stazione e basta a un personaggio che dipinge la natura, non è spiegato. Inoltre, sempre in quella prima parte non è chiaro perché frequenti la stazione.
Ciononostante, con l'arrivo dell'uccellino la narrazione cambia e si fa più intima e coinvolgente, ogni passaggio risulta più chiaro e non si tratta di una semplice sequenza di eventi ma gli eventi sono chiaramente correlati. Seconda parte promossa a pieni voti, per quanto mi riguarda.
Grazie e alla prossima.
Il punto debole del racconto non è narrativo ma credo sia il tema: il Passeggero non dipinge il canto degli uccelli ma il canto di un unico uccello. Un'altra cosa che ti faccio notare è che si parla della guarigione del Passeggero ma non è chiaro di quale malattia si tratti, anche se forse si può intuire. Anche il primo passaggio, per cui il Passeggero passa da essere un personaggio che frequenta la stazione e basta a un personaggio che dipinge la natura, non è spiegato. Inoltre, sempre in quella prima parte non è chiaro perché frequenti la stazione.
Ciononostante, con l'arrivo dell'uccellino la narrazione cambia e si fa più intima e coinvolgente, ogni passaggio risulta più chiaro e non si tratta di una semplice sequenza di eventi ma gli eventi sono chiaramente correlati. Seconda parte promossa a pieni voti, per quanto mi riguarda.
Grazie e alla prossima.
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Re: Il nemico allo specchio
Una scrittura davvero di alto livello per un racconto che inizia con un incipit che io ho trovato stratosferico. Solo che poi il registro narrativo cambia e mi trovo davanti qualcosa di diverso dall'incipit, qualcosa di livello altrettanto alto ma "altrove".
La storia del Passeggero ha il suo fascino: il suo rapporto con la pittura, il legame che stabilisce con l'uccellino, tutti piccoli punti di ricamo che rendono la storia ricca.
Restano alcune cose che non mi convincono, e questo perché nonostante l'ottima scrittura non sempre il racconto risulta coerente con se stesso.
A rileggerti.
Ele
La storia del Passeggero ha il suo fascino: il suo rapporto con la pittura, il legame che stabilisce con l'uccellino, tutti piccoli punti di ricamo che rendono la storia ricca.
Restano alcune cose che non mi convincono, e questo perché nonostante l'ottima scrittura non sempre il racconto risulta coerente con se stesso.
A rileggerti.
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Re: Il nemico allo specchio
Ricordo questo racconto, che lessi due volte di fila quando arrivo, dato che mi sembrava poco ammissibile per entrambi i due fantomatici "paletti".
A rileggerlo oggi, sono ancora convinto che il tema degli uccelli sia molto flebile e che il narratore abbia dei seri problemi a considerarsi davvero la Terra
Tuttavia, non a tal punto da non ritenere ammissibile il racconto, soprattutto nel confronto con gli altri racconti dello step.
Non sono rimasto eccessivamente coinvolto da questo testo; francamente, ne ho letti di meglio organizzati. Secondo me, il problema risiede tutto in come hai deciso di confezionarlo: è come avere tutti gli ingredienti giusti, ma poi sbagliare le dosi. Quello che vien fuori può anche piacere a qualcuno, ma in questo caso non convince me, mi spiace.
A rileggerlo oggi, sono ancora convinto che il tema degli uccelli sia molto flebile e che il narratore abbia dei seri problemi a considerarsi davvero la Terra
Tuttavia, non a tal punto da non ritenere ammissibile il racconto, soprattutto nel confronto con gli altri racconti dello step.
Non sono rimasto eccessivamente coinvolto da questo testo; francamente, ne ho letti di meglio organizzati. Secondo me, il problema risiede tutto in come hai deciso di confezionarlo: è come avere tutti gli ingredienti giusti, ma poi sbagliare le dosi. Quello che vien fuori può anche piacere a qualcuno, ma in questo caso non convince me, mi spiace.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Il nemico allo specchio
Complimenti Res,
sempre molto brava.
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Byron.RN- Maestro Jedi
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Re: Il nemico allo specchio
Grazie, Achi! Forte! Io I"immaginavo un po' più basso e senza barba, ma va benissimo anche così. L'uccellino ai piedi è uguale! Ottimo!
Resdei- Maestro Jedi
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