Una persona che parla poco ha molto a cui pensare.
«Monsignore, è sicuro di andare a piedi? Quanto si fermerà?»
«Non dovrei trattenermi a lungo, Charles. Un paio d’ore al massimo.»
«L’attenderò qui, ma sia prudente. È pericoloso girare nei docks.»
Monsignor Jones non indossa l’abito talare; oggi è solo il signor Cedric, una macchia scura che si perde nel frastuono dei cantieri, tra i rottami di un mondo che non c’è più e le fondamenta di un mondo che non c’è ancora. La povertà, quella, è sempre la stessa.
Cammina piano e si ferma ogni tanto per seguire il filo dei ricordi, lo sguardo perso nel vuoto a cercare un ragazzino che giocava cercando di entrare di nascosto nelle navi attraccate. Le gru, il ferro, le lamiere, i magazzini maleodoranti. I piccoli furti, gli scippi, la puzza di nafta, l’odore di birra e alcolici dei pub infestati da topi, marinai e puttane.
Una persona che parla molto ha molto da dimenticare.
Maggie Fisher chiama a raccolta le ragazze.
«Fanciulle, quest’anno avremo di che scaldarci per Natale!»
Maggie accende la vecchia radio e ruota il selettore sulle frequenze di Radio London.
«E state zitte un attimo!»
She was a day tripper
One way ticket, yeah
La musica si diffonde nell’aria e le giovani gridano, scodinzolano, alzano le mani e si strappano i capelli. Anche le gambe di Maggie, pesanti come quelle del mobiletto dove è appoggiata la Phye 1951 a 5 valvole, si muovono a ritmo.
«Bob Finley, ovunque tu sia, riposa in pace!»
Quella radio è stato il dono più prezioso che l’anziana Maggie abbia mai ricevuto. Il vecchio Bob aveva pagato a dovere tutti i propri vizietti prima di andarsene.
Maggie gira la manopola e la musica cessa di colpo. Adesso ha tutta l’attenzione che le serve.
«Gioie mie, i Beatles terranno un concerto all’Astoria Finsbury il prossimo 11 dicembre.»
Peggy, Sue, e Sheila reagiscono all’unisono:
«Maggie! Hai preso i biglietti!»
Tra stupore ed eccitazione ricominciano a cantare e ad agitarsi.
«Stasera servizio triplo!» Sheila si tocca la punta del naso con la lingua.
Maggie resta in silenzio: quando quelle galline fanno finta di non capire, si incupisce.
Peggy comprende al volo che è meglio zittirsi. Quell’arpia è capace di trattenere per intero gli incassi dei prossimi tre giorni se non smettono subito di fare casino.
«Dai Sheila, non fare la stronza.»
Ora, il silenzio pesa come un marinaio sbronzo.
«La città sarà piena di gente con gli ormoni impazziti, datevi da fare e può darsi che decida di servirvi un fetta di torta un po’ più grande.»
«Ma chi ci verrà in questo letamaio?» Sue è la pragmatica del gruppo.
«Fidatevi, quando la gente gira, le sterline girano. Ce ne saranno per tutti. E poi,» la vecchia Maggie si alza e la sedia sembra emettere un gridolino di piacere «questi sono per voi.» Fa tintinnare i penny nella tasca. «Compratevi delle calze decenti. E non ringraziatemi: lo considero un buon investimento.»
Cedric con una mano tiene premuto il cappello sulla testa per non farlo volare e con l’altra, sprofondata nell’ampia tasca del cappotto, stringe una vecchia fotografia.
L’immagine risale a molti anni prima, quando la grande guerra era solo una eco lontana.
Nella foto, una ragazza indossa un largo sorriso che mette in risalto denti bianchissimi in una bocca dipinta da un rossetto vivace e un allegro cappellino da marinaio; lo sguardo è rivolto al futuro, le mani accarezzano un’illusione d’amore.
Rimasta sola, Maggie riordina quel buco di stanza di una palazzina fatiscente. Il vecchio edificio, corrotto dall’umidità e dalla guerra, è la casa più famosa dei docks per l’allegria delle ragazze, la pulizia e la discrezione.
Maggie è una conversatrice formidabile, un’attitudine perfezionata negli anni e che tuttora le consente un certo successo con chiunque si rivolga a lei per acquistare qualche ora di surrogato d’amore.
La portineria si trova sul lato destro della scala di accesso ai cinque piani superiori. In ogni piano tre appartamenti abitati per lo più da famiglie di manovali assunti per lavorare nei cantieri per la riqualificazione di quella zona della città. Tutta povera gente che sa tenere la lingua a freno soprattutto perché può, di tanto in tanto, servirsi delle ragazze senza scucire uno scellino. L’appartamento delle sue protette è al primo piano.
Dalla propria postazione in portineria Maggie riesce a controllare con discrezione gli accessi di tutti. Una finestrella a vetri consente la visione del vano scala.
Nel piccolo locale una stufa a carbone irradia un piacevole tepore e un bollitore panciuto sbuffa vapore senza sosta. Un tavolino malconcio in legno sul quale fanno bella mostra di sé il registro degli ingressi, una scatola in legno con la corrispondenza da consegnare agli inquilini, una vecchia lampada in ottone e la radio completano l’arredo. Poggiati in un angolo, un secchio di metallo, una scopa e qualche straccio per le pulizie.
Dalla portineria si accede alla camera di Maggie, la toilette è raggiungibile dall’esterno.
Nella camera, un letto in ferro smaltato dal copriletto di un vistoso colore verde smeraldo, una vecchia poltrona sfondata in velluto color senape, un tavolino dotato di un cassetto con chiave e di uno specchio incrinato. Un armadio a due ante copre metà della parete. L’altra metà visibile mostra frammenti di intonaco corroso da bolle di umido.
La vita di Maggie è racchiusa in quelle quattro mura. Da quanto tempo non lo ricorda più neppure lei.
L’insegna dell’Old sailor non è tra le più invitanti, ma Cedric sente il bisogno di scaldarsi e bere qualcosa di forte. Entra e viene investito da una nuvola di fumo, alcol e risate becere. Al suo ingresso nel locale, il brusìo cessa per un istante. Cedric sente su di sé le lame affilate degli sguardi dei presenti e, per un attimo, è tentato di uscire di nuovo. Decide di ordinare una pinta di bitter ale. La beve quasi d’un fiato.
«Ancora una, signore?»
«No, no. Grazie. Per oggi basta così.» Si alza dallo sgabello e avverte un leggero giramento di testa. Non è più abituato a bere tanto e oltretutto a stomaco vuoto, ma quella sensazione di stordimento rafforza il proposito che lo anima da mesi. Un atto di coraggio che è arrivato il momento di compiere, un prezzo da pagare alla vita e al destino.
Prima di uscire lascia una banconota sul bancone che il barman si affretta a chiudere nel cassetto.
Le strade non sono più come le ricorda: i bombardamenti hanno distrutto buona parte degli edifici, ma i palazzi chiusi nel vicolo del vecchio quartiere sembrano essere ancora in piedi. Cedric sente il cuore pulsare nella gola mentre i piedi percorrono a memoria quel budello dimenticato dal sole. Alza gli occhi al cielo, un francobollo di piombo tra i tetti.
Il portone è ben chiuso, gli inquilini hanno le chiavi, le ragazze sono uscite per gli acquisti;
Maggie può rifugiarsi nei ricordi.
Capita di rado, ma l’allegria di quelle giovani donne le ha messo nostalgia. Sfila dalla tasca la chiave e apre il cassetto. All’interno una scatola di latta contenente gli incassi della settimana, una vecchia copia di “Cime tempestose”, un pacco di lettere tenute insieme da un nastro sbiadito e qualche rimasuglio degli strumenti del mestiere: un mozzicone di rossetto, una scatola di cipria stantia e una matita nera per gli occhi.
Prende il libro dalla parte della costola e lo scuote con piccoli colpi secchi. Dalle pagine rigonfie casca sul pavimento una fotografia.
L’immagine è quella di un ragazzo vestito da marinaio. Una maglietta a mezze maniche a righe orizzontali, il colletto slacciato, un cordino nautico al posto dei bottoni, un cappello bianco e un sorriso dolcissimo. Gli occhi socchiusi sono rivolti verso qualcuno al suo fianco.
Maggie si guarda allo specchio. La ragnatela d’argento rende il riflesso simile a un affresco del cinquecento. Il rossetto è quasi secco, ma tinge ancora bene. Le mani non sono più ferme come un tempo e fare la riga sulle palpebre non è affatto semplice.
Annusa la cipria. Un tempo le piaceva da morire quell’odore. Ora, quella polvere puzza ed è ridotta a un cumulo di frammenti; come il muro della camera, come i propri ricordi. Decide di usarla lo stesso, le farà meno male dello smog che respira da anni in quel quartiere. Scende una lacrima e lascia un solco profondo sul viso.
Cedric è davanti al portone. Il campanello non funziona e deve picchiare con vigore.
Maggie cerca di ripulirsi la faccia, ma il bussare insistente le impedisce di proseguire. Si alza e va ad aprire.
È difficile tenere la porta aperta con tutto quel vento e quell’uomo non ha certo l’aria di un farabutto, ma neppure quella di un cliente.
«Entri dentro, la prego venga con me in portineria.»
«Grazie, lei è davvero gentile.»
Il registro è aperto sulla pagina 28 novembre 1965.
«Dovrebbe darmi le generalità e dirmi da chi deve salire. Sa, sono le regole.»
Il bollitore fischia. Maggie deve aggiungere dell’acqua.
«Ecco fatto. Dunque, dicevamo. Chi sta cercando?»
Per risposta l’uomo appoggia sul tavolo una fotografia strappata a metà.
«Cerco questa donna. Mi hanno detto che abita qui. Si chiama Margaret Fisher, la conosce?»
Silenzio.
«Scusi, potrebbe togliersi il cappello?»
«Ma sì, certo! Che razza di maleducato, mi scusi.»
Quel ciuffo bianco come il ghiaccio non è evidente come una volta, ormai la neve si è posata anche sul resto dei capelli, ma lei lo conosce troppo bene per sbagliarsi. Ha il cuore in fiamme, deve prendere tempo.
«Gradisce una tazza di tè?»
«Grazie, ma non deve disturbarsi oltre.»
«Niente latte e molto zucchero, vero?»
Cedric trasalisce. Non riesce a distogliere lo sguardo. Possibile che...
Maggie prepara le tazze ed esce dalla stanza per rientrare poco dopo. In mano l’altra metà della foto.
«Maggie...»
«Cedric, dimmi che sei davvero tu o impazzirò oggi stesso.»
Si abbracciano come naufraghi scampati alla tempesta, le mani sanno dove andare, le bocche si aprono ai ricordi. Le lancette ruotano all’indietro e le emozioni appannano i vetri. Quella squallida portineria è un angolo di paradiso.
Siedono increduli.
«Ti ho pianto tanto, sai. Credevo fossi morto.»
«Maggie, no. Non sono morto.»
«Sei stato ferito e hai perso la memoria? Ne ho sentite tante di storie così.»
Cedric beve un sorso.
«No, Maggie. Non sono stato ferito.»
«E allora perché ti fai vivo soltanto adesso?»
Cedric sospira.
«È una storia lunga. Hai tempo?»
«Possono sfondare il portone.»
«Vedi Maggie, io non posso essere stato ferito perché non sono mai partito per la guerra.»
Maggie si sente mancare.
«Ma cosa stai dicendo? Abbiamo strappato la foto, ricordi? Io avevo te e tu avevi me e prima o poi ci saremmo ritrovati. Lo abbiamo giurato.»
«Maggie, io…»
Cedric si toglie il cappotto e le mostra il collarino bianco sotto il colletto della camicia.
«Ho preso i voti.»
Una risata sguaiata maschera lo stupore.
«Tu? Un prete… e cattolico perfino! Ma perché? Non mi hai mai parlato di chiesa, religione o castità.»
«Chiamala vigliaccheria. Un prete non fa la guerra e io avevo troppa paura. La vocazione ha i suoi privilegi.»
«Ecco perché le lettere tornavano indietro.»
«Sono venuto per chiederti perdono. Non potevo morire con questo segreto.»
Tante umiliazioni e una vita sprecata a causa di un vigliacco. Lui non può averle fatto questo.
«Si faccia perdonare dal suo Dio. Margaret non abita più qui. La dimentichi, padre. E adesso vada, questo non è posto adatto a lei.»
She was a day tripper
a one way ticket yeah
Le ragazze fanno girare la chiave nel portone. Cantano e sono felici.
«Maggie! Abbiamo comprato calze fantastiche! Beatlesmaniaci e maniaci del sesso, siamo qui!»
«E questo bell’uomo… è da molto che aspetta?»
Peggy si avvicina a Cedric apre il cappotto e si tocca il seno passando la lingua tra le labbra.
«No. Il signore sta uscendo. Si è perso. È facile da queste parti.»
Cedric cerca invano lo sguardo di Maggie, il suo unico vero amore. Ha ingannato gli uomini e perfino il suo Dio. Non può voltarsi indietro, ma può tornare a guardarsi allo specchio. Si sbottona il colletto e getta via il collarino.
Charles attenderà invano il suo ritorno. Eppure, aveva avvertito il monsignore: è pericoloso girare nei docks.