Non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo (Anaïs Nin)
Il rosso non va bene.
Non riesco a ottenere la giusta gradazione.
Il gatto non la smette di girarmi intorno alle gambe e di fare versi ai passerotti che zampettano indifferenti in giardino e io non riesco a concentrarmi, neanche un po’.
Non lo credevo possibile ma mi manca il silenzio del mio studio, qui ci sono troppe distrazioni e io mi faccio distrarre, ovviamente, maledetto cervello che ama vagare nei meandri della realtà che lo circonda, infilarsi negli anfratti e vedere come vanno le cose al di là di se stesso. Al di là di me stessa, anche, sempre.
E il rosso continua a non andare bene.
Lo provo di nuovo e ancora è troppo scuro, così scuro spegne ogni luce nella stanza, il copriletto diventa color merda, con questo rosso. E il copriletto non deve essere color merda, se avessi voluto un copriletto color merda in quella camera da letto probabilmente ci avrei cagato sopra, almeno ci sarebbero un senso e una realtà in quel colore.
No, non ci siamo proprio, la pazienza comincia a salutarmi con la mano; proviamo a diluirlo un po’, alleggeriamolo con una puntina ma ina di bianco, vediamo se riesco a ottenere la gradazione che mi piace, anzi non che mi piace, nulla mi piace di questo dipinto, nulla ma almeno devo metterci il colore giusto; mi serve per ricordare e non va bene se mi ricordo il colore sbagliato, che diavolo di ricordo sarebbe un ricordo a colori sbagliati?
Ci vuole la punta di rosso perfetto, come quel papavero che svolazza nell’aiuola laggiù. Quanto mi piacciono i papaveri.
Avrei dovuto dipingere solo papaveri nella mia vita, alti e belli con quella chioma così simile alla mia, ma i papaveri sono più ordinati. Anche se sono un po’ scomposti con quei petali sempre stropicciati la verità è che sono sempre più ordinati della mia testa.
Sulla mia testa ci esplodono mine e si costruiscono trincee.
Con i papaveri invece si ricoprono i terreni dopo le guerre.
Io sono la guerra e sulla mia tomba voglio solo papaveri rossi a svettare fieri urlando “finalmente l’abbiamo sconfitta, questa guerrigliera senza pennelli puliti, questa guerriera che gira il mondo con la sua tavolozza sporca.. È morta la guerra. Viva la guerra.”
Non penso comunque che i papaveri urlerebbero. Mi sanno di fiori discreti, loro. Di fiori che stanno defilati ai margini e che si fanno i cazzi loro senza disturbare nessuno. Non sono come me, proprio no. Per niente. Mi rivedo di più in quella canzone appena uscita, mi è quasi venuto il dubbio di averla scritta io ma a scrivere sono sempre stata negata.
Ma è un volo a planare, dentro il peggiore motel…
I peggiori motel hanno caratterizzato la mia vita, e la mia arte. Che poi sono la stessa cosa, se non avessi la mia arte non sarei viva e se non fossi viva non potrei avere la mia arte. “Il peggiore motel” il titolo di questa tela, l'ultima per la mia personale “Letti di passaggio”. Normale che scatti un amore a primo orecchio con la canzone. Anche se non sono una foglia d'argento, resta certo il fatto che non sono una signora.
Chissà che ne penserebbe mamam di tutto questo. Per fortuna è morta prima di qualsiasi esposizione, e si è persa abbastanza della mia vita per non soffrire e non morire di crepacuore. Oh, se sapesse cosa ho progettato per i prossimi anni. Mi viene da ridere al solo pensiero dell'espressione delusa e offesa e bigotta che le passerebbe sul viso arcigno, però quelle che scivolano sui miei piedi sporchi di colore non sono risate, sono lacrime. Il mio cuore mi tradisce e mi supera, mi fa piangere a mia insaputa.
Maledetta me e le mie emozioni e maledetta tu, madre di niente, che non hai mai fatto una carezza a questa testa matta. Mai un sorriso su quelle labbra strette.
Il caldo comincia a pestare forte, il rosso continua a non andare bene e io ho sete e voglia di distruggere tutto, tela giardino gazebo gatto e cavalletto, e poi la casa un pezzetto per volta fino a rimanere sola al mondo. Brucerò il giardino con dentro i pennelli e tutte le mie tele, brucerò la mia arte e mi lascerò morire, così arriverò da madre per sputarle in faccia un grumo di rancore e trementina.
Respirare piano. Quello che avrei voluto da madre non lo avrò mai più.
Madre sta già bruciando all'inferno e io sono qui, sana e viva, non felice ma chi lo è? Dicono di esserlo in tanti ma mentono, io lo so. Mentono prima a loro stessi e poi agli altri. Io di non essere felice lo so, so anche che mi capitano dei momenti felici e me li godo.
Ma il rosso lo butto e ricomincio. Le cose rotte le aggiusta solo dio, e dio non esiste ma io esisto sì e quindi il rosso lo ricomincio e basta. Deve crescermi dentro, questo colore. Deve crescere intorno al ricordo di quella camera e deve raccontare di me, di com'ero, di me.
Io non continuerò su questa terra. Non continuerò come gli altri, non lascerò eredità genetiche che possano girare il mondo sulle loro gambe e ricordarsi di me. Non ne ho bisogno, forse ne avevo bisogno un tempo, ieri, quando pensavo di dover essere amata per poter essere felice. Poi sono stata amata e infelice, non amata e felice e una serie di combinazioni che mi hanno portata alla conclusione che tutto il mondo può essere mio se smetto di dargli retta, tutto il mondo è mio, tutto il mondo si ricorda di me e se non si ricorda di me oggi un giorno, non molto lontano, sentirà il mio nome e vedrà le mie opere e allora no, non mi scorderà quel pezzo di mondo.
Di sicuro non mi amerà abbastanza ma a chi importa? Non a me. Non mi serve l'amore per essere felice. Sarò sempre più avanti proprio perché non guardo dove vado. Mi basta avere ancora le emozioni. E anche se va di moda smettere di emozionarsi, non provare mai stupore, io resto fuori luogo e come Coda di lupo mi innamoro di tutto. Provo stupore per questo giardino e per i suoi fiori, i miei fiori, che ho piantato con queste mani, le stesse mani sporche di colore con le quali convivo da sempre e che ancora, ovunque, mi sanno stupire. Mi riempiono di meraviglia. Sono mie e insieme hanno una loro vita, mani di incanto e di creato, ecco la mia eredità genetica; non hanno gambe, no, ma queste mani mi riportano alla mia essenza. Queste mani mi rendono immortale.
Il rosso ora è perfetto, grazie a queste mani, benedette adesso e maledette mille volte.
Oggi è andata bene, mani care, finiamo presto e andiamo da Giovanni a guardare la finale dei mondiali. Tanto i nostri non vincono mai.