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Direi che tu non possa essere altro che un pomodoro: bello rotondo, paffuto, con il tuo bravo picciolino verde. Rosso, direi rosso pomodoro, ben maturo, lo capisco da quanto sei sodo ed elastico.
Anche il profumo è buono: io sono cresciuta in campagna e quando andavo a cogliere i pomidori nell’orto, anche le loro foglie avevano questo profumo così… così verde, verde scuro, con i bei frutti rossi ‘grappolati’ ai rami. Quanto macchiano le foglie del pomodoro e quanto sono velenose!
Me lo hanno detto: personalmente non le ho trovate mai tanto appetitose da desiderare di tentare un assaggino.
Colore, profumo… ricordi.
Chissà se sei anche buono? Oggi vi assomigliate tutti, frutti e verdure. Pomodoro, fragola, ciliegia: tanti rossi e lo stesso sapore.
Un sapore non sapore. Una finta di cibo sano e genuino.
Adesso ti taglio: devo fare l’insalata, è un atto dovuto.
Devi morire.
Ancora non lo sapevi quando ti ho pesato, al supermercato, ma tu eri già un pomodoro morto.
Lo so, è una battuta trita e ritrita, come il basilico che tra un po' ti farà compagnia.
Apro il cassetto e prendo un lungo (normale) coltello a lama seghettata: hai la buccia resistente, caro il mio pomodoro. So già come andrà a finire.
Improvvisamente la lama penetrerà buccia e polpa, e qualche goccia di liquido schizzerà sulla tavoletta di legno e sulla maglietta bianca. E le macchie di pomodoro non vanno più via, mannaggia.
La polpa è già più chiara. Bricconcello, mi hai imbrogliato, non eri così maturo come volevi farmi credere, e dentro hai un sacco di semini verdini e giallini, immersi in un liquido un po’ vischioso. Che schifo! Ti devo schiacciare, caro pomodoro: quei semini non mi piacciono, danno acidità.
Adesso sei un po’ malmesso, meglio per te il colpo di grazia, come con i cavalli.
O ti taglio a fettine sottili sottili, quasi trasparenti, ma il coltello scivola sulla buccia resistente, oppure ti faccio a tocchetti irregolari.
Facciamo un po’ e un po’, così diamo più varietà di colore all’insalata riccia.
Mi dispiace caro pomodoro! Si chiama “vendetta trasversale”: io non ce l’avevo con te, ma con tutti quei tuoi cugini, nipoti, zii, cognati che anni fa ho raccolto nei campi.
Un lavoro estivo, gran bell’abbronzatura mi ero presa, a righe come le zebre! E la schiena!
Quando ero piegata non riuscivo più a raddrizzarmi e quando ero dritta… mi spezzo ma non mi piego.
Già, caro mio, perché i tuoi parenti erano subdoli e striscianti: con la scusa che il terreno caldo li aiutava a maturare, tutti sdraiati sulla terra soffice, tipo spiaggia di Rimini. E la terra è sempre in basso.
Il parentado era anche vigliacco, caro pomodoro: qualcuno che si nascondeva c’era sempre e quindi ci voleva sempre l’ultima della fila, a scoprire gli “evasi”.
Ma tanto, anche loro hanno fatto una gran brutta fine: rinchiusi dentro monolocali di alluminio, con una bella foto incorniciata.
Neanche i capelli potevano strapparsi, per la disperazione.
Tutti pelati.