Nella penombra di uno stanzino ingombro di prodotti detergenti, scope e spazzoloni una giovane ballerina e un cameriere si scambiano dolci effusioni: qualche bacetto, un paio di carezze, nulla più.
Si guardano con quegli occhi speciali che solo due giovani innamorati riescono ad avere.
Improvvisamente la luce invade lo spazio, sulla porta la figura di Charles, l’addetto alle pulizie: li osserva inorridito.
La ragazza lo fissa con gli occhi spalancati e riesce a sussurrare soltanto “ti prego, Charles, non dirlo al capo…”.
* * * * *
Il nuovo anno era cominciato da poco più di sette ore quando un urlo improvviso fece sobbalzare, sulle rispettive sedie, gli unici due ospiti nella sala colazioni del lussuoso hotel affacciato sull’oceano.
I due anziani si alzarono simultaneamente e, nonostante l’età avanzata, con inaspettata agilità si precipitarono verso quel grido.
La fonte da cui proveniva era una giovane addetta alle pulizie che, immobile davanti alla porta spalancata della piccola dispensa, continuava ad emettere quel suono fastidioso a metà tra il verso di una cornacchia e la sirena di un’ambulanza.
Accanto a lei, sul suo trespolo, un grosso pappagallo verde le facevo eco ripetendo lo stesso suono in maniera perfetta.
I due ospiti quasi si scontrarono giungendo presso l’agitata signorina chiaramente in preda a una crisi isterica.
Si guardarono per un istante con malcelata sorpresa e poi, all’unisono, “ma lei è…?” esclamarono.
“Il famoso detective Ercole Perotti!” concluse la piccola signora dai capelli bianchi.
“La famosa scrittrice Agata Cristoforetti!” terminò l’uomo dalla corporatura robusta che poi, prendendo la ragazza per il polso con voce ferma e decisa, le intimò di smetterla immediatamente “altrimenti sarò costretto a schiaffeggiarla” concluse.
Trattenendo a stento le lacrime e incapace di dominare l’agitazione, la giovane allungò l’altro braccio ad indicare qualcosa all’interno dello stanzino.
A terra c’era il corpo senza vita dell’anziano maître dell’albergo con un grosso coltello da cucina conficcato in gola.
I due anziani, gettato uno sguardo e intuito il pericolo che stavano correndo, con estrema calma ordinarono alla ragazza di chiamare immediatamente la polizia e, dopo un rapido cenno d’intesa, con altrettanta calma si allontanarono.
Venti minuti dopo Agata ed Ercole erano seduti uno di fronte all’altro a un tavolo apparecchiato con un’abbondante colazione; il bar che li ospitava era fuori mano su una delle spiagge meno frequentate di Papeete.
“È incredibile! So praticamente tutto di lei ma non avrei mai immaginato che fosse nato il primo giorno del nuovo secolo come me” stava dicendo Agata.
“Per l’esattezza il secolo era cominciato da nove ore e dodici minuti, quando ho emesso il mio primo vagito” puntualizzò Ercole.
“Meno di un’ora prima di me” disse quasi tra sé la scrittrice per poi proseguire “e cosa la porta in questo angolo sperduto del mondo? Qualche nuova indagine?”
“Oh no, ho appeso la lente al chiodo ormai” ribatté il detective lasciandosi andare a una grossa risata.
“E allora?”
“Diciamo che ho portato la mia solitudine lontano dal mondo per festeggiare assieme ad essa i miei ottant’anni”
“Ma non mi dica! È esattamente lo stesso motivo per cui io sono qui oggi”
“Una scrittrice famosa come lei? Solitudine?
“Avevo ventinove anni quando ho concluso il mio primo romanzo e da allora è come se mi fossi sposata con la scrittura”
“Sposata?”
“Sa, la scrittura è molto gelosa, richiede tempo, attenzione, silenzio… tutte cose che ti portano ad isolarti dal resto del mondo”
“Ho sempre creduto che per scrivere fosse necessario conoscere il mondo”
“Certo, osservarlo, studiarlo, mi verrebbe quasi da dire viverlo; ad esempio, anche se io e lei ci vediamo per la prima volta, è come se la conoscessi da sempre”
“In che senso?”
“Ho studiato talmente a fondo i suoi casi e come li risolve, al fine di prendere spunto per i miei gialli, che per me lei non ha quasi segreti”
“Mmmhh, sicura? Sarò felice di invitarla a cena stasera per farle conoscere i miei lati più nascosti” fece il detective con una punta di malizia nella voce “d’altra parte abbiamo un paio di compleanni da festeggiare” concluse facendole l’occhiolino.
“Perché no?” e un ampio sorriso le illuminò il viso.
“Così potrebbe parlarmi del suo prossimo romanzo”.
“Ah no, anch’io ormai ho appeso la penna al chiodo” ribatté Agata e stavolta fu lei a fare l’occhiolino.
“Niente più indagini, allora?”
“Esatto! Niente più indagini! Proprio come lei…”
“A proposito, chissà com’è la situazione in albergo. Forse siamo stati un po’ egoisti ad allontanarci così”
“Crede ci sia bisogno di lei?”
“Di noi, vorrà dire! Anche se pensionati, credo che insieme potremmo dare una mano alle indagini”.
“Allora andiamo! Il dovere ci chiama anche oggi”.
Appena giunti in albergo si resero, però, conto che con ogni probabilità le indagini si stavano svolgendo da un’altra parte o, comunque, con la massima discrezione.
Gli ospiti sembravano all’oscuro di tutto e una persona che fosse appena giunta dall’aeroporto non avrebbe mai potuto immaginare che, nemmeno due ore prima, un cadavere si trovava a terra nella dispensa tra conserve e farine.
Constatato che, almeno per il momento, non c’era bisogno di loro si salutarono dandosi appuntamento a quella sera per la loro cena di compleanno.
Ercole stava sognando di baciare una donna della quale non riusciva a riconoscere il volto quando un forte bussare lo svegliò bruscamente.
“Un attimo” disse all’indirizzo della porta gettando un rapido sguardo alla sveglia sul comodino: le quattro del pomeriggio.
Alla porta c’era un ragazzo con la divisa dell’albergo che, alquanto imbarazzato, gli disse che la Signora Cristoforetti lo aspettava urgentemente al piano terra.
“Mi metto qualcosa di presentabile e la raggiungo subito” rispose al ragazzo congedandolo con una lauta mancia.
Agata lo aspettava ancora davanti alla dispensa della mattina, a terra una massa informe verde.
“Ho fatto più in fretta possibile” le disse Perotti salutandola.
“Scusi se ho disturbato il suo riposo ma volevo che vedesse questo” e intanto indicava la massa informe che ora, vista da vicino, altri non era che il grosso pappagallo verde privo di vita.
“E con questo fanno due” disse Ercole quasi tra sé chinandosi a esaminare i resti dell’animale; poi con un rapido gesto si mise qualcosa in tasca e si rialzò sospirando “credo proprio che sia arrivato il momento di fare due chiacchiere con la signorina di stamattina”.
“Crede che sappia qualcosa?”
“Purtroppo credo che sappia molte cose…”
Dieci minuti dopo si trovavano nella piccola stanza della signorina Catherine Pascal.
“Non capisco il motivo di questa visita”
“Signorina Pascal, noi pensiamo che lei sappia cosa possa essere accaduto al pappagallo dell’albergo.
“Cocorito? Perché, cosa gli è successo?”
“Andiamo signorina, non mi sembra proprio che stiamo partendo con il piede giusto”
“Veramente continuo a non capire cosa stia dicendo”
A quel punto Agata decise che era arrivato il momento di intervenire.
“Ma che bel braccialetto, cara! Devi assolutamente dirmi dove lo hai comprato, ne voglio uno identico.”
Catherine imbarazzata e lusingata allo stesso tempo, allungò il braccio per mostrare alla donna il braccialetto e in un lampo se lo trovò immobilizzato dalla forte mano di Perotti.
“Signorina, credo che queste due perline appartengano al suo braccialetto” disse mostrando nell’altra mano due palline colorate identiche a quelle del monile della ragazza.
“Ohh non mi ero accorta di averle perse, non so come ringraziarla” affermò addolcendo il tono della voce.
“Aspetti a ringraziarmi! Sa dove ho trovato una di queste perline?”
“Beh no, come potrei saperlo”
“Catherine, era accanto al pappagallo morto… Adesso, una buona volta, vuole dirci cosa è successo?”
“Non ce ne è bisogno, vi racconterò tutto io”.
A parlare, nel momento esatto in cui la giovane scoppiava in un pianto incontrollato, era stata una signora anziana apparsa improvvisamente dal balconcino della stanza.
Alta e slanciata sembrava molto più giovane dei suoi settantun anni; ma ciò che colpiva al primo sguardo erano soprattutto i lunghi capelli bianchi che scendevano ben oltre le scapole.
“E lei chi sarebbe?” domandò Agata appena ripresasi dalla sorpresa.
“Mi chiamo Pauline Deschamps e sono la nonna di Catherine”
“Si accomodi Madame Pauline e provi a spiegarci quanto è successo” le disse Ercole con un tono molto più dolce di quello abituale, indicando la poltroncina di vimini di fronte a lui.
“La ringrazio” sospirò Pauline come se improvvisamente si sentisse molto stanca.
“Sono stata io a uccidere Charles, il maître, questa mattina prima dell’alba”
Cercando di nascondere lo stupore Perotti affermò cautamente: “Madame, la sua è una affermazione molto grave. Spero si renda conto di quello che sta dicendo”
“Sono perfettamente consapevole delle conseguenze del mio gesto ma ormai non ha più molta importanza”.
Agata provò a intervenire: “Pauline se sta cercando di proteggere sua nipote, lo capisco, ma non è giusto”.
“Oh no, non avete proprio capito… è lei che ha cercato di proteggermi eliminando quello stupido pappagallo”.
“Il pappagallo?” chiese Ercole con rinnovato stupore
“Esattamente. Quella bestia continuava a ripetere il mio nome dopo averlo sentito pronunciare da Charles nel momento in cui mi ha riconosciuta”.
“Continuo a non capire” ribadì Perotti rassegnato.
“Forse Madame Deschamps dovrebbe raccontarci tutto dall’inizio” provò a suggerire Agata.
“Tutto ebbe inizio poco più di cinquant’anni fa in uno stanzino nel retro del Moulin Rouge” cominciò Pauline.
“Era la sera più importante della mia carriera, avrei ballato con la famosissima Mistinguett che si sarebbe esibita per l’ultima volta al Moulin Rouge”.
Pauline chiese alla nipote un bicchiere d’acqua e proseguì.
“C’era una regola importante per noi ballerine, non potevamo avere fidanzati o amanti, soprattutto tra i clienti e il personale del teatro, per evitare di essere scambiate per delle poco di buono”.
Un sospiro e poi “eppure io mi innamorai perdutamente di un cameriere del teatro… e quella sera per la prima volta lui venne nel mio camerino con uno splendido mazzo di rose rosse e io cedetti alla tentazione di un fugace bacio nello stanzino delle scope. Ma il destino non andrebbe mai sfidato! Charles entrò proprio in quel momento e, nonostante lo implorassi di non dire nulla, andò immediatamente dal boss a raccontare tutto”.
Pauline tacque, quasi a rivivere quei momenti, poi, incoraggiata da Agata proseguì.
“Al termine dello spettacolo nonostante il successo strepitoso il capo mi convocò nel suo studio e senza troppi giri di parole mi diede il benservito”.
“Ma perché uccidere Charles dopo tanto tempo?” chiese Perotti.
“Charles mi ha rovinato la vita! Senza un lavoro, alla vigilia dello scoppio della crisi economica mondiale, mi sono ritrovata a fare la fame; la voce si sparse in fretta e nessuno mi voleva come ballerina e io altro non sapevo fare. Mi ridussi perfino ad elemosinare in una Francia che correva senza rendersene conto verso la Guerra Mondiale”.
“Non ha più parlato con Charles di quanto successo?” domandò ancora Ercole.
“Lo persi di vista subito, il capo licenziò anche lui, non amava gli spioni… Lasciò Parigi e raggiunse un fratello a Rouen e io non ne seppi più nulla. Ma dentro di me covavo rabbia e voglia di vendetta”.
“E come lo ha ritrovato qui, dopo tanti anni?
“È stato un caso, un colpo di fortuna mi verrebbe da dire, se non fosse tristemente macabro. Mia nipote Catherine, grazie a un amico che le ha trovato un posto di lavoro in questo albergo, ha avuto la possibilità di venire in vacanza a Tahiti, un suo grande sogno; un paio di giorni dopo essere arrivata mi ha telefonato per raccontarmi tutta entusiasta del suo arrivo e della sua sistemazione lamentandosi solo del pessimo carattere del maître, un vecchiaccio di nome Charles Degas che loro ragazze avevano soprannominato Carlo Martello per come le trattava male”.
“Le è bastato sentire quel nome per tornare indietro nel tempo?” le chiese Agata stupita.
“Esattamente! È stato un lampo, in un attimo ho rivisto il suo ghigno mentre se ne andava sordo alle mie preghiere e ho deciso che dovevo partire, venire a Tahiti, parlargli”.
“Aveva già deciso di ucciderlo, vero?” obiettò Ercole
“No, glielo assicuro! Non so nemmeno io esattamente cosa volessi da lui, forse solo avere una parola che desse senso a tutto quello che ho vissuto.
Così stamattina all’alba, certa che nessuno ci avrebbe visti, considerato che molti si erano appena coricati dopo le feste di ieri notte, l’ho aspettato davanti alla dispensa e quando è arrivato e mi ha chiesto se avessi bisogno di qualcosa…”
“Non mi riconosci Charles?”
“Dovrei? Non mi sembra che ci conosciamo signora”
“Non ricordi proprio Charles? Il Moulin Rouge, lo stanzino delle scope…”
“Pauline? Sei proprio tu?”
“Sì, hai indovinato, sono proprio io!”
“Ma che sorpresa! Sono senza parole… Cosa ci fai qui?”
“Dovevo parlarti, Charles. Dopo tanti anni ho bisogno di capire perché lo hai fatto”.
“Pauline, stai scherzando… saranno passati più di quarant’anni almeno”.
“Cinquanta anni, sette mesi e dodici giorni per l’esattezza”.
“Pauline credo che tu abbia bevuto, forse dovresti andare a coricarti, è tardi”.
“No Charles, sono lucidissima, non ho bevuto, non avevo nulla da festeggiare; voglio solo che tu mi dica perché lo hai fatto, mi hai rovinato la vita”.
“Pauline non esagerare, la vita addirittura!”
“Charles, dimmi perché e ti lascerò in pace”.
“Perché ero innamorato di te, Pauline! Ma tu non mi guardavi, non mi consideravi… Eri solo una stupida puttanella!”
“È stato un attimo, non ci ho più visto, ho preso il coltello che era appoggiato sulla mensola e gliel’ho conficcato in gola; non se ne è nemmeno reso conto, è crollato a terra senza emettere alcun suono”.
“Madame Deschamps, purtroppo devo consegnarla alla gendarmerie, lo capisce vero?”
“Lo so, almeno questa lunga storia avrà fine, una buona volta; vi chiedo solo di tenere Catherine fuori da tutto questo, dirò che sono stata io a eliminare anche il pappagallo, non merita di passare quello che ho passato io per una colpa che non ha”.
Così dicendo si alzò e preso sotto braccio Perotti, quasi le forze non la reggessero più, si avviò incontro al suo destino.
Poche ore dopo, Agata ed Ercole stavano cenando allo stesso tavolo elegantemente apparecchiato per festeggiare i due compleanni.
“Ancora deve spiegarmi perché mi ha detto di chiedere a Catherine del suo braccialetto se ce ne fosse stato bisogno; e come ha fatto a capire che era stata la ragazza a uccidere il volatile” stava chiedendo Agata.
“Oh quello! Un vero colpo di fortuna mia cara. Stamattina quando ho preso per il polso la ragazza per farla smettere di urlare mi è rimasta in mano una perlina del suo braccialetto e me la sono messa in tasca ripromettendomi di restituirgliela alla prima occasione; ma poi me ne sono dimenticato”.
Agata lo stava guardando con aria interrogativa invitandolo a proseguire.
“Quando oggi pomeriggio mi ha chiamato e mi sono chinato a esaminare l’animale senza vita, ho notato accanto al corpo una perlina identica a quella che avevo in tasca e a quel punto mi sono ricordato e mi è nato il sospetto”
“Il sesto senso dell’investigatore” replicò Agata sorridendo mentre Ercole non poteva fare a meno di notare quanto fosse bella.
I suoi pensieri furono interrotti da due camerieri che arrivarono al tavolo con una grande torta in cima alle quali campeggiavano due candele a forma di otto e di zero a formare il numero ottanta.
I due anziani si guardarono imbarazzati poi accennando un timido sorriso lui le disse “forse dovremmo soffiare assieme Agata, non crede?”
“Credo che forse potremmo anche darci del tu, Ercole”.
“Sì lo credo anch’io” concluse Ercole mentre timidamente le prendeva una mano nella sua.
Di fronte a una torta di compleanno due anziane solitudini stavano facendo le prime prove per trasformarsi in qualcosa di diverso.