“All’inizio il mondo era molle, informe, tutto uguale. Poi ci fu il Tjukurrpa e i Grandi Antenati della Creazione cominciarono a modellarlo, creando monti, fiumi e valli. Ancora oggi possiamo vedere I loro segni e sentirne la potenza.”
Il dodicenne Kyle, steso sul divano del salotto in compagnia di Beige, piccola meticcia a pelo raso, stava seguendo in tv uno dei suoi cartoon preferiti.
La madre era impegnata nella preparazione della cena e si dava da fare tra i fornelli della cucina e il barbecue in giardino. Aspettavano un ospite che non vedevano da tempo.
Allo squillo del campanello la reazione più rapida fu quella di Beige, che saltò dal divano abbaiando fermandosi poi davanti alla porta.
«Kyle, apri, di sicuro è lo zio.»
Di malincuore, il piccolo interruppe la visione e obbedì.
Sull’uscio apparve la figura di Mason Wood, fratello di suo padre, incorniciato dalla luce rossa del tramonto che ne scuriva un po’ il sorriso.
«Ciao, bello» riuscì a dire tra un’abbaiata e l’altra della cagnolina, «ti ricordi di me?»
«Zio Mason, sei tu?»
«In persona. Fammi entrare, qui fuori si crepa dal caldo. Ehi… e questa chi è, non la conosco» continuò riferendosi alla meticcia.
Giunse la voce di Courtney, madre del bimbo e vedova di suo fratello: «Vieni, Mason, arrivo subito.»
L’uomo entrò e Kyle richiuse la porta, rivolgendosi poi alla bestiola: «Basta, Beige, calmati. Vai sul divano» concluse inutilmente.
«Beige, zitta!»
Il richiamo di Courtney ebbe effetto e l’animale si limitò ad annusare il nuovo arrivato senza ulteriore chiasso.
«Ciao, Mason, stai bene?» esordì la donna arrivando nel salotto. Si bloccò per un istante: era molto simile al suo Nathan e rimase turbata. Si abbracciarono.
«Ciao, cara. Tutto a posto sì. Senti, metti questo in frigorifero prima che si sciolga» e le porse una borsa. «È una torta Pavlova.»
«Sìììì, a me piace tanto la meringa» esclamò Kyle, «Dai, ci penso io.»
«Non dovevi disturbarti, Mason. Vieni, dammi il trolley.»
«Basta che mi dici dove metterlo.» Annusò l’aria: «Ehi, che profumino. Non sarà per caso…»
Lei non rispose ma il sorriso fu eloquente.
«Dormirai nella camera di Kyle, lui verrà con me. Mentre termino la cottura vai a fargli compagnia, ci vorrà un quarto d’ora o poco più. Poi, a tavola, mi racconterai.»
Il piccolo si era già risistemato sul divano con Beige, riprendendo la visione del cartoon, ma quando lo vide avvicinarsi gli fece spazio: «Ci stai anche tu, zio. Se vuoi ci guardiamo la partita di rugby, stanno giocando adesso.»
«Non mi piace il rugby.»
Kyle rimase a bocca aperta: «Ma tu non sei un arbitro internazionale? La mamma mi ha detto così.»
Sorridendo, Mason rispose: «Certo, e ho fatto l’arbitro proprio perché come gioco non mi piace; più tardi ti spiego, ora che si guarda?»
La sera portò un po’ di frescura e cenarono in giardino, vicino al piccolo eucalipto. Beige passò tutto il tempo accanto a Mason, che se l’era accattivata passandole svariati bocconi.
Non si vedevano dal giorno del funerale di Nathan, avevano parecchio da raccontarsi. Courtney fece finta di nulla, ma era un po’ tesa per la presenza del cognato.
«Quindi hai girato il mondo, zio?»
«No, in realtà ho diretto incontri in tutta l’Oceania, Sudafrica e Argentina. Mai stato in Europa. Se penso che ho fatto l’arbitro perché odiavo il rugby e non riuscivo a giocarci… beh, devo dire che è stato meglio così.»
Riprese: «Kyle, nella tua camera c’è una busta sopra il trolley, vai a prenderla.»
Il ragazzino partì di corsa seguito da Beige.
«Un altro regalo, Mason? Stai esagerando.»
Lui sorrise socchiudendo gli occhi: «Ottima cena, Courtney, ti sarà costata un patrimonio la carne di coccodrillo.»
Lei arrossì scuotendo la testa: «Non tanto quanto credi.»
Kyle porse la busta allo zio che ne tolse un pacchetto: «Qui dentro c’è la maglia ufficiale della nazionale australiana che vinse la coppa del mondo nel ’99, falle onore.»
Il bimbo sgranò gli occhi dalla gioia e prese a saltellare.
«Kyle, te la godi dopo, ora finisci la cena.»
«Ma io ho finito, mamma, voglio il dolce.»
«Terminiamo anche noi, poi lo avrai.»
Dopo il dessert il piccolo e la cagnolina tornarono in salotto a guardarsi un po’ di tv prima di coricarsi. Rimasti soli, i due adulti cambiarono discorso.
«Courtney, da quando avete quella bestiola? È simpaticissima.»
«Lo suggerì lo psicologo, subito dopo l’improvvisa morte di Nathan. Disse che avere un animale da compagnia avrebbe alleviato il dolore di Kyle, e penso proprio che avesse ragione. Ma parlami di te, al telefono dicesti che saresti stato di passaggio qui a Wanguri, fermandoti un paio di giorni. Dove devi andare?»
Aspettò un poco prima di rispondere. «Vado ad Ayers Rock.»
La donna trasalì: «Uluru. Nathan ci era stato e ne parlava spesso dicendo che un giorno mi ci avrebbe portata, ma non ha fatto in tempo.»
«Uluru, sì. È stato proprio mio fratello ad accennarmene, anni fa, poi ho avuto la fortuna di conoscere alcuni Anangu che ci vivono e ho approfondito il discorso con loro. È difficile parlarne, bisogna entrare nel loro tipo di visione del mondo per comprendere cosa intendono.»
«Nat la chiamava “fiore di pietra del deserto”, ammirava molto gli aborigeni del luogo. Ma tu per che motivo ci vai?»
Mason sospirò e rimase a pensare come iniziare il discorso. Infine: «Voglio provare a percepire quell’energia che gli Anangu mi hanno descritto, dicono sia potente come nessun’altra. Certo, ognuno tira l’acqua al proprio mulino, ma sono rimasto affascinato dai loro racconti, mi hanno incuriosito parecchio.»
La guardò negli occhi: «Perché non vieni pure tu?»
Lo squadrò: «Sei matto? E Kyle? Beige? No, mi piacerebbe ma non posso.»
«Lavori ancora alla Primary School qui a Wanguri?»
«Sì, certo.»
«Mancano oltre due settimane alla riapertura delle scuole, staremo via pochi giorni e verranno anche loro due.»
«Ma non posso permettermi una spesa simile, bisogna prendere l’aereo.»
«Offro, io, tranquilla. La mia carriera di arbitro si è chiusa il mese scorso e in questi anni ho accumulato parecchi soldi. E tra sei mesi inizierò il lavoro per la federazione nazionale.»
Courtney esitò: «Non so, Mason, lasciamici pensare almeno stanotte.»
«D’accordo. Ora però vado a letto, sono stanco. A domani.»
«Sparecchierò domattina, lasciamo tutto qua. Io mi faccio una doccia, ne hai bisogno, Mason?»
«No, la faccio al mattino, grazie. Buona notte.»
Entrarono. L’uomo si recò in camera e chiuse la porta.
«Kyle, a letto, è tardi.»
Si alzò mugugnando, seguito da Beige, che rimase perplessa nel vederlo entrare in una stanza diversa dal solito. La meticcia guardò la porta dove entrava ogni sera per dormire, poi seguì Kyle e si accovacciò ai piedi del letto.
L’acqua scrosciante tolse stanchezza al corpo di Courtney, ma la mente era confusa. Vedere Mason le aveva riportato l’immagine di Nathan ed era stata presa da un desiderio che non ricordava.
Oh, Nat, se fossi qui…
Inconsciamente abbassò una mano fino al sesso e prese a toccarsi. Prima lentamente, poi con più convinzione, sino a lasciarsi andare al piacere. Quando si rese conto che aveva sostituito il volto del marito con quello di Mason si vergognò un poco, ma poi sorrise dentro di sé.
Al mattino successivo trovò il cognato nel salotto, intento a leggere una rivista.
«Sei mattiniero, Mason.»
«Ciao, Courtney. Sì, sempre stato. Ah, ho messo tutto in lavastoviglie, va bene?»
La donna sbirciò in giardino e vide il tavolo libero e scosse la testa ridendo: «Addirittura… ok, preparo la colazione e poi parliamo di Uluru.»
Due giorni dopo presero il volo per Alice Springs.
“Dopo Kadajingera puoi vedere Altierjinga e visitarlo, comprendere il sogno dell’acqua, del cielo, della giustizia, della forza. Anche un Cumbo vede Altierjinga, se il suo cuore è puro e se ha padri e madri giuste.”
Poco fuori da Alice Springs iniziava il nulla.
Il fuoristrada noleggiato nella cittadina avanzava sulla via che avrebbe portato a Uluru dopo cinque ore di viaggio. Sul sedile posteriore, Kyle e Beige dopo i primi minuti di stupore si lasciarono andare al rollio del mezzo e si accoccolarono.
Courtney, inquieta, osservava in silenzio la terra semidesertica ai lati del nastro d’asfalto. Dopo alcuni minuti in cui l’unico rumore percepito era quello del motore, la donna provò a instaurare un dialogo: «Ma è tutto così fino all’arrivo?»
«Sì, più o meno. D’altronde siamo nel deserto, non si può pretendere molto.»
«Hai detto di sapere dove pernottare ma non hai specificato.»
«Vero, scusami. In realtà avrei voluto fermarmi a Mutitjulu, un villaggio di nativi a dieci minuti da Uluru, ma mi hanno chiarito che i turisti possono entrarci solo di giorno, andandosene al tramonto.»
«E quindi? Mica avrai intenzione di dormire in qualche tenda, spero.»
«No, tranquilla» ribatté Mason ridendo, «ci fermeremo a Yulara, che dista una quindicina di chilometri. Andremo al villaggio oggi pomeriggio per contattare una guida del posto.»
Lei annuì ma l’uomo riprese: «Rilassati, Courtney, non c’è nulla di cui preoccuparsi.»
«Lo so, ma considera che è la prima volta che mi sposto da casa dalla morte di Nathan. Ed è anche la prima senza di lui, per me e Kyle.»
Il cognato le sorrise e allungò una mano per carezzarle la guancia, gesto gradito parecchio.
Avvistarono il monolite quando ancora mancavano una ventina di chilometri; si stagliava sullo sfondo dell’orizzonte, col suo colore rossiccio. Beige, non abituata a simili viaggi, continuava a sonnecchiare, come Kyle, che però si svegliò del tutto quando suo zio esclamò: «Eccolo!»
Rimasero a bocca aperta; era un semplice blocco di pietra, ma di una magnificenza davvero rara.
«Tra poco ci faremo un giro completo intorno, senza fermarci, torneremo con calma, di primo mattino.»
Man mano che si avvicinavano, tutti avvertirono come una forza magnetica che li attraeva, qualcosa che fece tornare ben sveglia anche la piccola meticcia.
«Ci siamo.» La voce di Mason interruppe il silenzio quasi mistico venutosi a creare. «Se osservate bene vi accorgerete che ci sono pozzi, fonti, caverne e anche disegni. Li vedremo meglio a piedi, ma intanto potete farvi un’idea.»
Concluso il giro di ricognizione si diressero verso Yulara, dove mangiarono un boccone e, successivamente, cercarono un resort per riposarsi. Non fu un problema, visto che si trattava di una cittadina turistica.
Trovato l’alloggio, dopo una doccia rinfrescante si rilassarono un paio d’ore, fino a che Mason ricordò loro che si doveva andare al villaggio per cercare una guida nativa.
Mezz’ora dopo fermarono il fuoristrada davanti all’Indipendent Store, unico negozio di Mutitjulu. Mentre Courtney e Kyle osservavano i prodotti, quasi tutti a loro sconosciuti, Mason si fece dire dal titolare dove recarsi e di chi chiedere.
Seguendo le indicazioni, in pochi minuti di cammino raggiunsero la casa di Wawirya che, dopo una rapida trattativa, accettò l’incarico.
«Domani, prima che sorga il sole, trovatevi alla Pozza di Wananpi, è appena fuori dal villaggio ed è indicata» disse loro l’anziano Anangu.
Il quartetto riprese quindi la strada di casa e dopo una cena vegetariana tutti quanti si recarono nelle rispettive camere. Courtney sognò Nathan che le sorrideva e volgeva lo sguardo verso Mason, seduto accanto a lei.
“Decine di Tjukuritja vagano ancora su queste terre, i loro spiriti non si fermano e controllano il mondo che hanno modellato. Essi sono acqua, pietra, albero e ogni cosa esista.”
Il cielo era già chiaro, anche se il sole ancora non si vedeva, quando giunsero in vista della pozza.
«I nativi dicono che questa pozza è la casa di Wananpi, il grande serpente dell’era del sogno, e che ancora ci vive ma solo loro possono accorgersene.»
Courtney si volse verso il cognato: «Conosci parecchie cose.»
«In realtà quasi nulla, come chiunque non del luogo. I miti e le leggende degli Anangu e di Uluru sono quasi tutti segreti. Ehi, ecco la nostra guida.»
«C’è qualcun altro con lui» esordì Kyle. Fermarono il mezzo davanti ai due e Mason scese.
«Chi è questa bimba?» chiese a Wawirya.
«Kirra, mia nipote. Viene con noi.»
«Salite. Ci stringiamo un po’, ma tanto la strada è breve.»
Beige si accomodò tra i piedi di Kyle e Kirra si mise accanto, sorridendo alla cagnolina che, di rimando, le leccò una gamba. Empatia istantanea.
Pochi minuti e Wawirya disse di fermarsi. «Cominciamo da qui. Oggi mezzo giro, domani altro mezzo. Tutto in un giorno no, troppo caldo.»
Recuperati gli zaini dal bagagliaio, si incamminarono. Davanti gli adulti, dietro i ragazzi e la meticcia scodinzolante, felice di fare due passi all’aria aperta.
Durante la camminata Wawirya descrisse i vari posti e parlò dell’era dei sogni, spiegando che tutte le sorgenti del luogo furono create nel Tjukurrpa, come pure quelle del parco che li circondava, e che i creatori, i Tjukuritja, erano ancora presenti sotto forma di spirito.
«Domani visiteremo alcune grotte e vi renderete conto che quanto affermo è reale. Oggi vediamo il corpo di Uluru, domani ne conoscerete l’essenza.»
I sussurri stupiti di Mason e Courtney furono parecchi lungo il percorso, e più di una volta lei si strinse al cognato, sorpreso ma non troppo da tale azione. Molto meno interessati e coinvolti erano i due ragazzi, che avevano ormai fatto amicizia, mentre Beige non tralasciò di lasciare traccia del proprio passaggio un po’ ovunque.
La colonna al rientro vide l’Anangu in testa, seguito dalle due coppie che si tenevano per mano. La fila era chiusa dalla meticcia.
Si lasciarono alla pozza, dandosi appuntamento per l’indomani. Stanchi ma soddisfatti per come si era svolta la mattinata, passarono il resto del giorno nel resort, scambiandosi opinioni, riposando e riflettendo. Fu una notte senza sogni per tutti.
Quando Mason fermò l’automezzo davanti a Wawirya e Kirra, pensava che i due sarebbero subito saliti, invece l’anziano nativo disse loro di scendere.
«Tra poco sarà l’alba, osserviamo i colori di Uluru.»
In silenzio, attesero il momento topico tenendo d’occhio il massiccio roccioso, fino a quel momento di colore scuro. Lentamente volse al rosso, poi al cremisi e all’arancione, lasciandoli a bocca aperta. L’unica a non godere di quello spettacolo meraviglioso era Beige, che vagava nei dintorni annusando ogni cosa.
«Partiamo.» Wawirya spezzò l’incanto, ma si affrettò a rimediare: «Vedremo altre cose belle.»
Sotto i primi raggi del sole, lasciarono il fuoristrada e si incamminarono dietro la guida. Kirra prese per mano Kyle quando vide Courtney fare lo stesso con Mason.
Visitarono alcune grotte dalle quali scaturivano piccoli rii d’acqua o che contenevano pozze perenni e ogni volta che il nativo li indicava loro pronunciava la parola “Tjukurrpa”.
«Ogni cosa è stata creata allora e ancora vive.»
In un paio di antri vennero accolti dal volo di pipistrelli, molto numerosi in quegli ambienti, in altri videro sorprendenti pitture rupestri. I due adulti scambiarono poche parole, presi com’erano dalle continue scoperte, mentre i ragazzi sussurravano in continuazione, a volte ridacchiando, spesso zittiti dallo sguardo di Wawirya.
Dopo un paio d’ore sostarono per bere e rifocillarsi. Anche Beige si diede da fare con gusto.
«La prossima grotta non è per tutti, il cane può entrare, i bambini no» disse la guida.
«Ma non possiamo certo lasciare Kyle qui da solo» ribatté Courtney.
«Non solo, con Kirra.»
«È una bambina anche lei» obiettò Mason.
«Lei qua è protetta.»
Alla fine si convinsero, lasciarono i minori ad attenderli in compagnia della cagnolina, e seguirono ancora una volta il nativo, che li condusse verso quella che pareva una frattura nella roccia rossa. Una volta vicini videro che lo spazio era sufficiente per entrare.
«Andate» disse loro Wawirya, «questa è una grotta della fecondità, dentro si allarga e c’è luce, così capirete il motivo per cui i bambini devo attendere fuori. Io aspetto qui.»
La coppia fu titubante per qualche secondo, poi Mason prese per mano la cognata e si diresse verso l’accesso.
Mentre gli adulti entravano nel cuore di Uluru, i ragazzi approfondirono la loro conoscenza scoprendo di essere coetanei. Kirra era orfana dei genitori, morti di malattia, e Kyle raccontò la sua situazione; si instaurò così una simpatia reciproca, completata da quella di Beige, la più naturale.
Mason e Courtney si ritrovarono in una grotta ampia con tanti disegni ovunque, molto espliciti.
«Ma sono…»
«Organi genitali, Courtney, maschili e femminili, di ogni dimensione. Per questo i bambini non possono entrare.»
«Che volgarità.»
«No, per niente. Ricorda che questa è una delle grotte della fertilità, uomini e donne venivano qui appositamente.»
«Sarà, ma a me fa un po’ ribrezzo.»
«Prova a chiudere gli occhi, non pensare a nulla e percepirai energia. Me lo avevano spiegato i nativi che ho conosciuto tempo fa. Proviamo.»
La prese per mano e chiuse gli occhi anche lui. Rimasero in silenzio alcuni minuti, poi la donna disse: «Hai ragione, è forte.»
«Ssssh…
Le diede un bacio sulle labbra, lei non si ritrasse.
«Courtney, mi sono innamorato di te quando ti ho conosciuta, tanto tempo fa, e ho invidiato mio fratello. Dopo la sua dipartita non mi sono quasi fatto vivo per quattro anni, non volevo dare l’impressione dell’avvoltoio, quello che consola la vedova. Ho lasciato che il dolore si sopisse, prima di riapparire da te. Vuoi provare con me a rivivere?»
La donna si abbandonò al pianto: «Sì, voglio provare. Mi ricordi tanto Nat e lui, in sogno, mi ha dato il consenso.»
Parole che sorpresero Mason ma non gli impedirono di darle un bacio vero.
Uscirono sorridenti, Wawirya capì e si rivolse loro: «Tjukurrpa, per voi.»
Il salotto di casa era da sempre uno dei luoghi prediletti di Kyle, ma ora gli stava stretto.
«Mamma, quando torniamo da Kirra?»
«Tra due giorni inizia la scuola, ma ti prometto che alla prima pausa ci andremo.»
«Oh sì, torneremo» intervenne Mason, «ne vale davvero la pena. E Kirra ti starà aspettando, vedrai.»
«Grazie zi… Mason, mi manca.»
La madre lo apostrofò: «Arriverà anche per te il tempo del sogno, ma non accelerare le tappe, capirai al momento buono cosa intendo.»
Il ragazzo si volse verso Beige che ricambiò con lo sguardo tipico di chi non comprende cosa stia accadendo. Lo stesso di Kyle.