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Messaggio Da Different Staff Dom Lug 03, 2022 10:39 am

Di cosa si nutrono i cattivi pensieri?

Io li ho cresciuti, innaffiandoli e concimandoli con attenzione come il basilico e la menta che ho sul balcone.

Roma aprile 1973

Cade una pioggia sottile che qualcuno definirebbe all’inglese quando esco dall’ufficio. Sento l’acqua scendere più copiosa mentre sono in pescheria. Diluvia come non mai, quando cammino veloce e senza ombrello verso casa. Giungo al portone bagnato come un pulcino, direbbe quello della pioggerellina all’inglese. La cassetta della posta richiede a gran voce di essere svuotata. Trovo l’ultimo numero dell’Espresso, una lettera dell’amministratore del condominio, una busta di posta aerea, l’estratto conto della banca.

Entrato in casa, accendo la radio: Alto Gradimento è cominciato da un po’. Comincio a cucinare. Fortunatamente le cozze sono già pulite. Le metto nella padella con l’olio e l’aglio; accendo e aspetto. Cucinare è pazienza, attenta e studiata pazienza, come la pesca che da anni non pratico più. E come quest’ultima è, per me, un’attività solitaria.

Appena una cozza si apre, la prendo con le pinze e la deposito in un piatto. Si aprono, come ultimo atto, se sono vive, quelle morte rimangono chiuse. Intanto lavo il prezzemolo, taglio il peperoncino, preparo altro aglio. Metto sul fuoco l’acqua per gli spaghetti e comincio a togliere le cozze dal guscio. Ne lascio qualcuna intera, nel piatto fanno sempre scena. Anche se sono sempre il pubblico di me stesso, l’occhio continua a volere la sua parte. Filtro l’acqua che è rimasta nel tegame delle cozze e la conservo.

L’acqua bolle, reclamando la pasta. C’è forse qualcosa che significhi più casa, dell’acqua che bolle in una pentola? Vale anche per me, che sono la famiglia di me stesso. Do soddisfazione all’acqua e metto altro olio e altro aglio nella padella. Quando mancano cinque minuti alla cottura della pasta, accendo il fuoco sotto la padella e appena l’olio è caldo, aggiungo le cozze sgusciate. L’ultimo minuto di cottura, gli spaghetti lo passano nella padella, bagnati nell’acqua delle cozze filtrata. Spengo, aggiungo prezzemolo e mescolo.

Stappo un bianco dei castelli giacchiato a dovere, porto tutto nel divano del salotto. Mi godo la fine di Alto Gradimento, mentre mangio comodamente acquartierato nella mia poltrona. Duecento grammi di pasta e tre bicchieri di vino propongono una pennichella. Non dovendo tornare in ufficio, mi lascio convincere.

Ne sono consapevole: sto bevendo troppo. Ma chi se ne frega, a casa bruciata metti fuoco, mi suggerisce l’amico di prima, l’esperto di frasi fatte. Alla radio stanno trasmettendo una canzone di Giorgio Gaber. Chiudo gli occhi.

Mi sveglio osservando, dalla finestra del salotto, il sole al tramonto baciare i tetti di Roma, accarezzare il profilo di questa città straordinaria, come un amante che sfiora il corpo nudo della sua donna, prima che lei torni a casa dal marito.

Dopo il caffè, e prima che il sole sparisca completamente dietro i palazzi, mi dedico alla posta. Metto da parte sia la missiva della banca che quella dell’amministratore, conservo l’Espresso e mi concentro sull’inatteso: la posta aerea.

Arriva dall’Australia. Apro la lettera e il passato mi travolge come l’onda di un mare in tempesta.

Isola della Grecia, settembre 1943

Io e il sottotenente Vasta abbiamo appena sentito la notizia alla radio: firmato l’armistizio. Ogni ostilità contro gli angloamericani deve cessare, mentre l’esercito italiano è chiamato a rispondere a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza. Classica sofistica ipocrisia italiana. Da chi altri possono arrivare gli attacchi, se non dai nostri ex alleati: i nazisti?

Tenente del Regio Esercito, comando un piccolo distaccamento di dieci soldati in una piccola isola greca dello Ionio. Poche settimane fa, una cinquantina di tedeschi con un paio di autoblindo è sbarcato nell’isola per darci manforte, hanno detto, in vista di possibili attacchi angloamericani.

Dopo essermi consultato con Vasta e il sergente Belloc, raduno gli uomini.

Soldati, dobbiamo prendere una decisione e la dobbiamo prendere presto e insieme. Possiamo resistere ai tedeschi, ma sarebbe una carneficina, siamo pochi e male armati. Possiamo deporre le armi e consegnarci a loro: ma sarebbe, almeno per me, disonorevole e comunque tutt’altro che sicuro: ci tratterebbero da traditori e nemici. Abbiamo imparato a conoscere i tedeschi in questi anni e non è detto che saremmo trattati con dignità.”

Mi guardano disorientati e preoccupati. Nell’ultimo anno, noi la guerra l’abbiamo ascoltata alla radio. La situazione nell’isola è tranquilla, i rapporti con i nativi buoni, il cibo abbondante, il clima splendido. Insomma, rispetto ai poveracci dell’ARMIR, siamo in villeggiatura. Per ironia della sorte, a noi l’armistizio ha portato la guerra, non la pace. Per questo, leggo paura nei loro occhi.

Oppure possiamo tentare di scappare e tornare a casa. Abbiamo due barche che sono sufficienti per tutti. Le coste italiane non sono così distanti. Non sappiamo bene quale sia la situazione lì, ma almeno saremo in patria. Neanche questa scelta, ovviamente, è priva di rischi. Ho appena parlato col capitano tedesco, prendendo tempo. Ho detto di essere in attesa di ordini da Roma, in assenza dei quali domani ci consegneremo. Questa notte, invece, ce ne andremo”

La prospettiva di una terza via sembra rincuorare gli animi. Si può salvare l’onore e la vita insieme. Qualche timido sorriso comincia a emergere sui loro visi.

Il mio non è un ordine. Chi decide di consegnarsi ai tedeschi è libero di farlo. Ma ovviamente lo potrà fare solo domani. Nel frattempo, rimarremo tutti confinati in caserma per ragioni di sicurezza. Questo, invece, è un ordine. Il sottotenente Vasta e il sergente Belloc lo faranno rispettare, se necessario, anche con la forza.”

Solo un soldato, un torinese, fascista convinto, fedele all’ortodossia, un certo Dalmazzo, decide di consegnarsi con fiducia ai tedeschi. Gli abbiamo augurato buona fortuna e l’abbiamo chiuso in cella. Lo libereranno domani i suoi camerati.

I soldati, tuttavia, ignorano una parte importante della storia: abbiamo un tesoro. Tre mesi fa, era arrivato un pacco dalla posta militare per il capitano di corvetta Alberto Baccini. Il capitano sarebbe dovuto arrivare alcuni giorni dopo, per un’ispezione. Morì prima di raggiungerci, su un moto silurante affondato da aerei inglesi. Quando la notizia fu confermata, decisi di concerto con Vasta, di aprire il pacco, per vedere cosa contenesse e se dovessimo mandare qualcosa ai familiari in Italia. Con nostro grande stupore, nel pacco trovammo un monte di soldi. Poco più di duecentomila dollari americani in biglietti da cento.
Da dove arrivassero questi soldi era un mistero, cosa ne volesse fare Baccini era invece scritto nella lettera di accompagnamento. Lui li voleva destinare ai partiti che in quegli anni si erano clandestinamente battuti contro il fascismo: PCI, PSI e Partito D’azione. I partiti erano fondamentali, scriveva nella lettera, per costruire un’altra Italia: repubblicana, democratica, moderna e giusta. Senza partiti forti, una nuova dittatura sarebbe stata più probabile, questo il pensiero di Baccini.

Con Vasta decidemmo che avremmo posto in essere le decisioni di Baccini, quando e come fosse stato possibile. Convenimmo che per ovvie ragioni e per la nostra stessa sicurezza era necessario tenere riservata la cosa.

Il piano di fuga funziona solo in parte. I tedeschi sono arroganti e crudeli ma non stupidi. Nella notte avevano circondato con discrezione la caserma. Un conflitto a fuoco per raggiungere le barche è ineludibile. Perdiamo due uomini. Il soldato de Francesco e il caporale Bartolini non raggiungono mai le barche. Fortunatamente i tedeschi non hanno natanti con cui poterci inseguire.

Sull’imbarcazione più piccola saliamo io, Vasta e Trimonte, un soldato di Avellino, gli altri quattro, guidati da Belloc, sono sulla seconda imbarcazione. Durante la navigazione non incontriamo tedeschi, solo tanto cattivo tempo che ci separa dall’altra imbarcazione di cui non sapremo più nulla. Arriviamo di notte su una spiaggia illuminata da una luna piena. Distrutti dalla stanchezza ci addormentiamo in una pineta poco lontana dalla spiaggia.

Al risveglio, non vedo Vasta. Il tascapane che avevamo usato per trasportare i soldi è scomparso con lui.

Roma aprile 1973

Caro Enrico,
ti scrivo da un posto magnifico: Ayers Rock che i nativi australiani chiamano Uluru, un massiccio roccioso dal colore rosso acceso situato nel centro dell’Australia. È un pugno rosso all’orizzonte, si vede da decine chilometri di distanza. Penso che se lo vedessi ti sembrerebbe la rappresentazione fisica del sol dell’avvenir, tanto caro a voi comunisti. È anche un luogo mistico per gli aborigeni, pieno, dicono, di forze sovrannaturali. L’ho visto per la prima volta una decina di anni fa e ho pensato che fosse il luogo giusto dove morire.
La malattia procede e non mi lascerà molto tempo, qualche mese al massimo. Voglio che mi colga qui. Sono vedovo e senza figli, meglio così nessuno soffrirà per la mia morte.
Le poche energie rimaste le ho spese per cercare il tuo indirizzo, le conoscenze all’ambasciata non mi mancano e non è stato difficile trovarti. Quello con te è un conto che vorrei chiudere.
Ti chiedo perdono. Vorrei dirti che fui vittima delle circostanze, che avevo - che so? - un padre gravemente malato bisognoso di cure, ma la verità è che ero spinto solo e soltanto dalla avidità. Avevo deciso di farlo nello stesso momento in cui aprimmo quel dannato pacco. Io semplicemente ero (sono?) fatto di un’altra pasta, diversa dalla tua.
Sei una delle persone migliori che abbia conosciuto. Spero tu abbia avuto finora la vita felice che ti meritavi allora.

La lettera continuava raccontando come fosse fuggito in Australia e come avesse costruito un piccolo impero economico.

Fammi sapere che non ti ho rovinato la vita, Enrico. Fammi sapere che mi hai perdonato.
Con affetto, Angelo Vasta

Si è fatta sera inoltrata e il salotto ora è immerso nell’oscurità: non riesco più a leggere la lettera. Non fa nulla, tanto oramai la conosco a memoria.

Certo che mi hai rovinato la vita, Angelo. Ti ho cercato senza successo per anni e ora capisco perché; eri lontano migliaia di chilometri. Io non avevo dubbi, quella somma doveva servire a far ripartire il Paese, a rendere l’Italia un posto migliore. Mi hai incollato addosso la targa del perdente che non sono più riuscito a togliermi. Ho fallito col denaro di Baccini, ho continuato a fallire nel corso degli anni. Non sono riuscito a finire Giurisprudenza dopo la guerra, faccio l’impiegatuccio di concetto al ministero degli Interni. Visto che giocavo bene al pallone prima della guerra, avrei fatto volentieri l’arbitro di calcio, invece sono riuscito ad arbitrare solo partite di ping-pong. Sono arbitro in seria A, ma di tennis da tavolo.

Quel che è peggio, il tuo tradimento mi ha fatto perdere la fiducia nel prossimo. Dalla persona aperta, fiduciosa, tollerante che ero, mi sono trasformato in un misantropo, sospettoso e diffidente, continuamente preoccupato che il culo si fotta la camicia. Non mi sono fidato più di nessuno. Sono solo. Solo come un cane, propone di chiosare il maestro del già detto.

Il mio matrimonio con una donna bella e intelligente che per puro miracolo mi aveva scelto è drammaticamente naufragato perché temevo sempre che mi tradisse col primo Vasta che avesse incontrato. Ho sempre la testa rivolta all’indietro per guardarmi le spalle, e ora, a cinquantacinque anni, non riesco a più a guardare davanti.

Politicamente le cose non vanno meglio. Nelle politiche dello scorso anno, l’MSI, il partito di ispirazione fascista, ha raddoppiato i voti. Il sussulto del ‘68 sembra essersi fermato. Come per la resistenza, tutte le volte che i deboli si organizzano per far sentire la loro voce, i forti reagiscono con veemenza.

Anche questo è, in parte, colpa tua. Tu sei la causa del mio risentimento col mondo. Vorrei volare di corsa in Australia solo per avere la gioia di vederti morire. Troppo facile chiedere perdono, dopo. Così sono bravi tutti.

Solo due generosi bicchieri di Porto tengono rabbia, ansia e disperazione a bada e mi servono da cena. Direi che sono ubriaco quando raggiungo il letto.

Muori solo Angelo, come vivo io.”

È l’ultimo pensiero prima di prendere sonno.

Sono su un treno e trascino una valigia pesante. Passo di vagone in vagone come se cercassi qualcuno o qualcosa. Ignoro, tuttavia, che cosa, o chi, stia cercando. Ma la ricerca diventa sempre più spasmodica e disperata. Continuo a guardarmi indietro come se qualcuno mi stesse inseguendo. Sempre più angosciato, arrivo in cima al treno. Oltre c’è solo la carrozza motrice. Il controllore, comparso non so quando e non so da dove, mi chiede il biglietto. Nel cercare il biglietto che penso di non possedere, faccio cadere la valigia che si apre. Il controllore sorride soddisfatto. Dalla valigia esce rotolando il mio cadavere.
Mi sveglio con negli occhi ancora il mio cadavere che rotola per terra. Stento a crederci, ma l’angoscia mi abbandona di colpo, come il corpo inanimato ha abbandonato la valigia. Torno a dormire e questa volta, dormo come un bambino, direbbe il campione dell’ovvio.

Mi sveglio sereno, come non mi succedeva da tempo. Mi sento pulito nonostante il mio naso consigli una doccia. Vedo le cose in modo molto diverso rispetto a ieri sera. Ho una voglia di vivere che non provavo da tempo.

Prima di andare al lavoro, passo dall’ufficio postale, servizio telegrammi

Angelo, tieni duro. Stop. Mia vita professionale e sentimentale bellissima. Stop. Sono arbitro di A. Stop. Perdonato da tempo nessun rancore. Stop. Segue lettera.
           Arturo

Non è solo misericordia verso un moribondo: ho capito all’improvviso che i miei problemi non si chiamano Angelo Vasta come io ho sempre creduto. Spero col tempo di arrivare a perdonare anche me stesso.

Quando esco dall’ufficio, vado in un’agenzia dei viaggi.

Vorrei sapere come faccio a raggiungere velocemente Ayers Rock”

I cattivi pensieri seccano, se nessuno l’innaffia.
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Messaggio Da Petunia Mar Lug 05, 2022 5:46 pm

Bel racconto che ho letto con piacere e di cui ho apprezzato l’atmosfera. Oltretutto, non ho capito come va a finire la storia e questo non mi dispiace più di tanto. Andrà in Australia per vendicarsi? Per gesto caritatevole nei confronti dell’ex commilitone morente? Boh. I cattivi pensieri seccano, se nessuno l’innaffia. La lettera ha innaffiato I cattivi pensieri? 
La scrittura è solida, le azioni ben mostrate. Forse un po’ eccessiva la prima parte, potresti, secondo me, asciugarla un po’ soprattuto nella descrizione della cucinata.
Mi sono piaciute sia l’idea che la rievocazione storica. Rimane un po’ in ombra e potresti dare più spazio alla ricerca del sottotenente Vasta. Considerato che la sua “scomparsa col bottino” gli ha rovinato la vita, avrei letto volentieri qualcosa in più anche sui rapporti che si erano creati tra i soldati. (Magari togliendo un po’ di battute alla parte iniziale).
Poi mi dici perché decide di andare in Australia?
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Messaggio Da Danilo Nucci Mar Lug 05, 2022 11:17 pm

Salotto un po’ marginale e arbitro inserito per “impegno contrattuale” nella vicenda. Sono i soli appunti che mi sento di fare. Per il resto ho trovato gradevolissimo il brano.

Ho apprezzato i ricordi degli anni ’70 che fanno parte (ahimè) della mia vita giovanile. Mi è piaciuto molto anche il racconto della fase finale della guerra che ha mi ha ricordato le atmosfere di “Mediterraneo” di Salvatores.
Ottima la ricetta degli spaghetti alle cozze (hai solo omesso il sale)
Mi è piaciuta infine la caratterizzazione psicologica del personaggio, voce narrante. È forse un po’ idealizzato, ma il suo messaggio finale ne fa uno di quei personaggi positivi di cui ci sarebbe sempre più bisogno.
È l’uomo onesto, corretto, anche con sé stesso, che ha vissuto una vita condizionata da quell’episodio, oppure si potrebbe dire che ha fatto di quell’episodio un alibi per giustificare le proprie debolezze e i propri fallimenti.
Ha l’opportunità di poter finalmente vendicarsi e dire la sua: “Muori solo Angelo, come vivo io.” E invece quel sogno, molto simbolico, lo spinge a riesaminare la propria vita, così che il telegramma, 
come dice lui stesso, non è un perdono in extremis di Angelo, ma segna invece l’inizio del proprio riscatto.
P.S. Non credo di aver compreso bene il senso del titolo.
     

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Messaggio Da ImaGiraffe Gio Lug 07, 2022 10:38 am

Questo racconto mi è piaciuto parecchio, ha qualcosa di affascinante e magnetico inoltre è scritto veramente bene. 
Quello che però mi sento di dire è che i paletti mi sono sembrati veramente marginali come se l'autore li avesse inseriti a forza nel racconto. 
La descrizione della ricetta delle cozze è bellissima ma perché è stata così descritta? È metaforica? Se così fosse non l'ho capita. nel caso in cui non lo fosse mi chiedo ancora perché è stata inserita?
Ripeto il racconto mi è piaciuto veramente tantissimo ma sono di fronte al caso di racconto che, per me, è andato fuori tema. 
Il racconto resta bello, profondo, introspettivo e piacevolissimo ma i dettagli dei paletti non posso essere trascurati del tutto. 
Ci penserò.
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Messaggio Da caipiroska Gio Lug 07, 2022 5:03 pm

Davvero un bel racconto!
Forte, intenso, profondo! E poi, che qui non è poco, corretto e scorrevole. Una piacevole lettura che aggiunge qualcosa sulla complicata struttura dell'essere umano e per me ogni spunto di riflessione a riguardo è oro.
Belle e raffinate le immagini nel testo: il soffermarsi in maniera così intensa sulla preparazione del piatto l'ho percepita come un elegante modo per sottolineare la sua solitudine, il doversi accontentare dei piccoli piaceri della vita perchè quelli grandi a lui sono preclusi.
L'episodio del 1943 mi è molto piaciuto: non mi piace la Storia, ma trovo illuminanti i piccoli aneddoti che la compongono e questo (al di là del fatto che sia vero o meno) è molto interessante.
Hai detto molte cose, profonde e intelligenti, nascoste dietro le parole di un racconto e questo lo apprezzo sempre.
L'unico appunto che posso farti è che ho trovato debole il paletto dell'arbitro, anche se nel telegramma che spedisce è un bel titolo da esibire.
La frase finale è perfetta: io credo che perdoni Vasta e riorganizzi tutta la sua vita partendo da quel viaggio, perchè alla fine il rancore è solo una zavorra che t'impedisce di volare.
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Messaggio Da caipiroska Gio Lug 07, 2022 5:06 pm

Mi sono dimenticata il titolo!
Forse Far finta di stare bene sarebbe stato più calzante di Far finta di essere sani, perchè il protagonista non nasconde una malattia, ma un modo di vivere.
Oppure non l'ho capito e nel caso mi scuso con l'autore.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Gio Lug 07, 2022 5:41 pm

Vado giù dritto. Per me sei un cuoco e devi essere anche bravo però quella ricetta inziale, per me che sono solo un mangione, mi ha distratto dal resto. Fino alla fine mi son chiesto perchè ce l'hai messa e la tua bellissima storia si è un po' sciapita. Scrivi veramente molto bene ed è facile seguirti. Bello il finale aperto così che ognuno di noi la pensi un po' come creda. Per me non l'ha veramente perdonato e va a farsi dare un po' di soldi. Ne ho ancora una decina da leggere e se nessuno ti scalza potresti far parte della mia cinquina.
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Messaggio Da giuseppe.bignozzi Gio Lug 07, 2022 7:18 pm

Bello, pienamente godibile e con una morale incontrovertibile: i cattivi pensieri, ovvero la visione negativa della nostra vita, non è causata da ciò che ci succede, per quanto negativo possa essere, ma da noi. Trovo strano che altri esprimano dubbi sul possibile finale.
Quello che per me è strano e praticamente impossibile è che si possa guarire in modo così repentino dal pessimismo depressivo. Credo che sia un lavoro lungo e impegnativo a che richiede anche l'aiuto di un terapeuta o quello di un nuovo, grande amore.
Complimenti all'autore.
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Messaggio Da digitoergosum Gio Lug 07, 2022 9:11 pm

Ciao Penna. Terzo nostro racconto che leggo. Al momento, il migliore che valuto. Spero, per me, per tutti noi, che gli altri venti possano gaudiosamente mettermi/ci in difficoltà. Parto subito dal titolo, che inevitabilmente fa riferimento al noto album e spettacolo teatrale del grande Gaber (che infatti citi). Non è così facile interpretare il tuo racconto, e il titolo aiuta molto, anche se non fornisce comunque (almeno a me) una “chiusa”.
Dico che ho una sensazione di deja-vu, di aver già letto questa Penna. Ci sono alcune “specifiche” già riscontrate in passato, che ho mentalmente registrato, e se ho registrato è perché mi erano piaciute. Il riferimento a programmi radiofonici del passato, una certa costruzione della forma racconto, l’inserimento di qualche forma epistolare, i salti temporali, tutto ciò mi racconta di averti già letto.  
Innanzitutto, la ricetta. Magari mi farai assaggiare come la prepari tu. Apprezzo la mancanza del sale, che già è copioso nell’acqua di rilascio delle cozze (o delle vongole, che preferisco). Mi manca, poi ti farò assaggiare la mia ricetta, lo “sfumo” col vino bianco e la risottatura della pasta (un minuto non è sufficiente, a mio parere, almeno tre minuti). Così come, visto che sei così attento a prelevare di volta in volta i molluschi perché non diventino gommosi, non metterei le cozze se non negli ultimi trenta secondi, giusto per amalgamarli e scaldarli appena con la pasta e con il prezzemolo freschissimo, senza “gommarli”.
Ci racconti di un uomo che “fa finta di essere sano”. Cucina, si fa fuori duecento grammi di (buona) pasta, ci beve su tre bicchieri di vino. Fa finta, lo sa bene, appena prende atto che forse eccede con l’alcool, che forse esagera con la porzione del “piatto unico”. Non è che se ne freghi, è latente un’insoddisfazione che poi verrà a galla, ma questa scena iniziale che ci descrivi è come l’esorcismo auto-curativo di “comprare una moto, telaio e manubrio cromato, con tanti pistoni, bottoni e accessori più strani” e far finta che tutto funzioni come deve. E poi arriva la lettera. E ci porti in tutt’altro mondo, epoca, e valori. La guerra, e nemmeno in un teatro particolarmente drammatico. Ma è guerra, e per lui, il protagonista, è credere alla missione, è l’ingegno di restare vivi e di beffare il nemico che sembra amico, è il nobilitare l’inqualificabile (la guerra) con la propria onestà, è anche il non accettare che chi li ha mandati a combattere debba per forza continuare a calpestare la democrazia. Quei soldi verranno rubati, probabilmente una goccia nel mare della politica, anche se erano veramente molti, ma per il protagonista saranno una nemesi psicologica. Gli condizioneranno le scelte di vita, la fiducia, un leit-motiv che l’accompagnerà nel suo proseguo. Lasci uno spazio aperto. Sono certo che tu abbia una risposta, che il finale (chissà come stai ridendo) per te abbia un significato pieno. E in questo ti ammiro, in questo provo a immedesimarmi quando scrivo e per me è tutto chiaro e incredibilmente oscuro per gli altri. Non so se perdoni il ladro, se vuoi raggiungerlo per spaccargli la faccia. Non so dove vuoi arrivare. So che ti voglio bene e che capisco che a volte ci si rifugia nel “far finta di essere sani”. Devo dirtelo: aver citato Gaber ti ha elevato.
Una nota di colore: Il tuo Galeazzo mi ha ricordato il Galeazzo Musolesi delle “sturmtruppen”  del grande Bonvi.
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Messaggio Da tommybe Ven Lug 08, 2022 6:51 pm

Dopo il commento di Digito non riesco nemmeno a tenere la penna in mano. Un autore così bravo, un commentatore così bravo, e non c'è più trippa per gatti. Accoppiati vincerebbero ogni competizione. 
Il racconto è un grande racconto anche con la sua escursione culinaria, che poi in piena estate ci sta.
Ormai mi sento come un passante che intorpidito dal camminare si ferma a osservare le vetrine e scopre che sono tutte belle le cose esposte. Anche in piena estate, quando di solito appaiono rimasugli, stoffe invendute, argomenti sopiti.
Difficile barcamenarsi tra tutte queste meraviglie.
Complimenti, autore.
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Messaggio Da digitoergosum Ven Lug 08, 2022 9:25 pm

tommybe ha scritto:Dopo il commento di Digito non riesco nemmeno a tenere la penna in mano. Un autore così bravo, un commentatore così bravo, e non c'è più trippa per gatti. Accoppiati vincerebbero ogni competizione. 
Il racconto è un grande racconto anche con la sua escursione culinaria, che poi in piena estate ci sta.
Ormai mi sento come un passante che intorpidito dal camminare si ferma a osservare le vetrine e scopre che sono tutte belle le cose esposte. Anche in piena estate, quando di solito appaiono rimasugli, stoffe invendute, argomenti sopiti.
Difficile barcamenarsi tra tutte queste meraviglie.
Complimenti, autore.

Caro Tommy. Credimi. Vorrei accoppiarmi letterariamente con l'autore, se occorresse a "entrare" nel desiderio del lettore. Da solo non posso emergere. E ti dirò che sto pensando, seriamente, di diventare osservatore esterno. 
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Messaggio Da M. Mark o'Knee Dom Lug 10, 2022 4:51 pm

Il pezzo di Gaber, dal quale il racconto prende il titolo, parla a un certo punto di un uomo che parte, perché "il suo salvataggio è un viaggio in luoghi lontani". Forse anche il protagonista, il "caro Enrico", cerca di salvarsi dalla sua amarezza, dalla sua solitudine, dal suo essere "pubblico" e "famiglia" di se stesso, partendo per l'Australia. Andando a incontrare il suo nemico di sempre: il sottotenente che, sottraendo i dollari del Baccini, lo ha ridotto così.
Ma ormai, grazie al sogno rivelatore, si sente un uomo nuovo, pronto all'empatia e al perdono verso il Vasta morente...
Un cambiamento radicale... e un po' troppo repentino.
Un cambiamento che, sospetto, sia solo una finta, dato che il telegramma che precede la sua partenza, in tre frasi, contiene due menzogne ("Mia vita professionale e sentimentale bellissima"; "Perdonato da tempo nessun rancore") e un'omissione ("Sono arbitro di A"). E la richiesta in agenzia di viaggi ("come faccio a raggiungere velocemente Ayers Rock") mi suona più come una vendetta finale: vederlo finalmente schiattare dopo tutto quello che, per colpa sua, ha dovuto passare.
Forse, esattamente l'opposto di quello che l'autore voleva trasmettere? Non so. L'ho interpretato così.
La scrittura è piuttosto buona, ma non mi ha entusiasmato.
Ho trovato un refuso ("bianco dei castelli giacchiato") e alcune imprecisioni.
La stessa "canzone di Giorgio Gaber" dubito possa essere quella del titolo, visto che l'album è stato registrato fra settembre e ottobre del 1973 mentre il racconto è datato "Roma aprile 1973" (e dopo Roma manca la virgola).
Un po' pesante anche il giochetto sui luoghi comuni: ce li metto, ma guarda che lo so che lo sono.
Sinceramente, non mi ha preso più di tanto.
M.

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Messaggio Da Byron.RN Dom Lug 10, 2022 6:41 pm

Una scrittura davvero buona per un racconto scritto bene ma con qualche ombra.
Allora, la storia nel complesso l'ho gradita, mi è piaciuto leggerla, ma ci sono tre appunti che mi sento di farti.
La questione della ricetta non mi pare molto funzionale. Di certo non è casuale, c'è un intento dietro, ma io mi sono chiesto perché uno mentre cucina dovrebbe immaginare una sorta di telecronaca culinaria. Ribadisco, il passaggio può essere anche affascinante in un certo senso, però a me sembra troppo forzato. Poi ci spiegherai il tuo intento.
La figura dell'arbitro è praticamente inesistente, solo un accenno. È un peccato, perché avresti potuto adottare un sacco di soluzioni. Per esempio, così su due piedi, arbitro di tennis nel fine settimana a un torneo aziendale, senza impelagarti in sport particolari. Sarebbero bastate poche righe, farcelo vedere all'opera e mostrarci anche sul campo le sue insicurezze.
In ultimo il sogno "rivelatore", mezzo attraverso il quale si attua la catarsi del tuo personaggio. Secondo me il passaggio non è gestito benissimo, tutto è troppo repentino, frettoloso, privo di quel processo graduale fatto di dubbi, analisi, ripensamenti che sono alla basa di ogni cambiamento radicale. Vero è che dover combattere con le battute a disposizione non è una battaglia per nulla facile.
Quindi, concludendo, un bel pezzo, scritto bene, ma con alcuni difettucci di cui tenere conto.
Ultima cosa, anche a me l'ambientazione sull'isola greca ha ricordato Mediterraneo. Gran film.
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Messaggio Da Mac Mar Lug 12, 2022 4:18 pm

Bellissime le due righe di incipit. (controlla le virgole però)
Ti confido una cosa, subito la prima parte (quella della ricetta  per capirci) mi sembrava di una lentezza disarmante, esagerata. Proseguendo con il racconto l'ho invece trovata calzante e utile per descrivere il protagonista. 
Una bella trama, davvero, un rimando al film "Mediterraneo" c'è ma non mi infastidisce. L'hai saputa condurre veramente bene, ti faccio tutti i miei complimenti.
Bella la scrittura, le descrizioni e lil linguaggio.
Mi é piaciuto un po' meno il titolo, magari ci darai una spiegazione a carte scoperte.
Unico appunto: le domande che hai messo tra parentesi nella lettera. Le avrei tolte è una lettera dove chiede la redenzione, le domande la rendono meno "seria".
bravissimo/a rileggerci
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Messaggio Da paluca66 Mar Lug 12, 2022 11:02 pm

Errori/refusi
Roma aprile 1973:  manca la virgola dopo Roma
Stappo un bianco dei castelli giacchiato a dovere,
ghiacciato
porto tutto nel divano del salotto
avrei preferito sul
si vede da decine di chilometri di distanza.
Sono vedovo e senza figli, meglio così nessuno soffrirà per la mia morte.
L'avrei scritta così: "Sono vedovo e senza figli. Meglio, così nessuno soffrirà per la mia morte
ma la verità è che ero spinto solo e soltanto dalla' avidità
Quando esco dall’ufficio, vado in un’agenzia dei viaggi.
Angelo vasta scrive la lettera a "Enrico" ma il telegramma alla fine viene firmato da "Arturo": come si chiama l'io narrante? C'è qualcosa che mi è sfuggito? O, pur avendola riletta più volte non l'ho capita?
Paletti
Salotto: ci sta, anche se non lo vedo come stanza fondamentale.
Personaggio: arbitro, più che marginale
Luogo: Uluru, anche in questo caso avrebbe potuto essere qualsiasi altro posto del mondo.
Data e genere: nulla da dire.
I paletti sono decisamente marginali e inseriti solo perché richiesti; la tua (bella) storia non ne aveva bisogno ma gli admin sono impietosi e li richiedono sempre tutti.
Perché sì: perché la storia e il messaggio che si porta dietro sono molto belli e, oserei dire, anche forti: quante volte è più semplice dare la colpa a qualcuno o qualcosa d'altro per i nostri fallimenti piuttosto che riconoscere in noi stessi la causa principale?
Perché no: per i, seppur marginali, tanti refusi segnalati che con un po' di attenzione e una rilettura si sarebbero potuti evitare; perché, ahimè, i paletti sono parte essenziale di questo contest; perché non ho capito la lunga parte iniziale in cucina 8sicuramente ha una valida motivazione ma, mea culpa, mi è rimasta nascosta); perché alla fine, purtroppo, non è riuscito a coinvolgermi ed emozionarmi ed è un peccato visto l'argomento importante che hai trattato.

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Messaggio Da gipoviani Ven Lug 15, 2022 7:54 am

Racconto vietato a chi come me è, o dovrebbe essere, perennemente a dieta. Io alla ricetta avrei aggiunto alla fine un po’ di scorza di limone grattugiata, ma i gusti sono gusti.
I racconti a volte hanno l’ambizione di condensare in poche righe una vita. Se riescono a farlo credibilmente sono racconti riusciti. Diventa più difficile farlo quando viene raccontata una metamorfosi, un cambiamento radicale.
L’autore/autrice utilizza la notte è il sogno per catalizzare un cambiamento che forse era già in essere sotto traccia.
Comunque un racconto interessante. Dei paletti non discuto mai, se il comitato editoriale ha ammesso un racconto, a me interessa solo quanto sia piacevole e stimolante da leggere.

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Messaggio Da Resdei Ven Lug 15, 2022 2:39 pm

Davvero un bel racconto, che secondo me ha il pregio di far visualizzare al lettore, con immagini limpide e chiare, situazioni e sensazioni diverse.

 

Iniziando dalla cottura degli spaghetti. (mi hai fatto venire una fame!) La descrizione così dettagliata non è casuale, è quando si dà importanza, anche senza volerlo, alle piccole cose della vita.

Ho gradito anche lo spaccato di storia italiana fino alla rinascita di Arturo (?), il suo riscatto, il perdono delle colpe di un altro da cui deriva il cambiamento di vita personale e la decisione di partire.

 

Se devo essere sincera il paletto che ho trovato appiccicato (parecchio) è stato l’arbitro, ma il racconto ha indiscutibile fascino.

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Messaggio Da Arunachala Dom Lug 17, 2022 9:40 pm

è un bel racconto, letto con piacere, ed è anche una bella storia.
certo, dopo poche righe mi sono ritrovato nel film di Salvatores: isola greca, drappello di uomini praticamente fuori dalla guerra...
comunque il prosieguo non mi è dispiaciuto, anche se non ho capito il motivo per cui il protagonista si sveglia leggero e senza alcun pensiero, perdonando l'ex sottufficiale.
il finale mi ha fatto poi pensare che forse non lo ha perdonato davvero, ma è una mia interpretazione.
buone le descrizioni, discreta la stesura.
rivedrei un attimo la punteggiatura pr qualche virgola ballerina.
niente male, comunque.

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Messaggio Da FedericoChiesa Lun Lug 18, 2022 6:35 pm

Beh, l’incipit è molto bello.
Mi discosto da alcuni commenti precedenti e do una mia interpretazione, più cattivella, che l’autor* potrà smentire. Enrico, riesaminando la sua vita, capisce non solo che i suoi problemi non si chiamano Angelo Vasta, ma che per dare una svolta alla sua vita deve fare buon viso a cattivo gioco: va in Australia per vedere se qualcosa in tasca arriva anche a lui.
Ottimo racconto, scritto bene, con due piccoli difetti, a mio vedere: i paletti debolucci e la ricetta, tirata troppo per le lunghe.
Comunque lo vedremo sicuramente in alto alla classifica.
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Messaggio Da Susanna Mar Lug 19, 2022 11:23 pm

Un racconto che ho letto con piacere, incuriosita da una prima parte che pareva davvero andare a braccetto col titolo: cucinare solo per sé stessi è un attentato alle buone intenzioni (e al foglio firmato “il tuo caro nutrizionista” calamitato sul frigorifero).
Mi permetto una disquisizione sulla prima parte: mi è piaciuto il ritmo lento, tranquillo di certe video ricette, dove non ci sono voci o musica di sottofondo, ma solo i rumori di un uovo sgusciato, dell’aglio che sfrigola, della pasta buttata nell’acqua. Rilassante: magari la ricetta non la proverò mai, ma… sono stata bene (senza ingrassare) Eh, siamo tutti strani.


Tornando al racconto, parto dai paletti: salotto, arbitro, Uluru sono inseriti con discrezione, senza eccessi ma di fatto sostituibili tutti con altri analoghi. Per il resto la scrittura è solida, equilibrata e lo stile dice cura e ricerca anche nei dettagli, mai esagerati o che interrompano il ritmo, fatti salve alcune note.
Quanto al genere, come in altri racconti dello step, può essere lo stralcio di un diario, costruito attorno a una storia che ci porta all’ultima grande guerra con la sicurezza di chi la materia la conosce bene e la sa raccontare, senza risultare enciclopedico, quasi fosse essa stessa un personaggio. Facile ritrovarsi nel film di Salvatores.
A lasciarmi un po’ perplessa è il fatto che il tradimento di Vasta, seppure di rilievo, possa influenzare tutta la vita del protagonista (che ha due nomi) senza che abbia trovato un appiglio per tirarsene fuori: lascia gli studi, lavoro insoddisfacente, matrimonio fallito mi pare un insieme di negatività esagerato, che non mi hanno avvicinato al protagonista emozionalmente, dandomi l’impressione di una figura debole e irresoluta. La guerra ha lasciato segni ben più drammatici su tante persone, che hanno trovato modo, non certo di dimenticare, ma di lavorare con determinazione per un futuro che dicesse anche riscatto. Forse è più credibile che da un giorno all’altro possa passare a uno stato d’animo più sereno: magari dovrà lavorarci ancora, passata l’onda emozionale del momento, ma è un inizio.
Sulla partenza per l’Australia… è tutto aperto, anche a pensar male!
In chiusura, una buona prova.
E ora le mie note
 
concimandoli con attenzione, come il basilico e la menta che ho sul balcone = ci vedo bene una virgola
C’è forse qualcosa che significhi più casa, dell’acqua che bolle in una pentola = qui la toglierei
Giacchiato = ghiacciato
tutto nel sul divano
ora capisco perché; eri lontano = questa frase l’avrei divisa o con un due punti, anziché punto e virgola, o addirittura andando a capo, per dare enfasi alla notizia.
donna bella e intelligente, che per puro miracolo mi aveva scelto, è drammaticamente = la frase è lunga, le darei respiro con le virgole

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Messaggio Da SuperGric Lun Lug 25, 2022 7:39 am

Bel racconto, con quella scrittura solida che ti fa immergere nella lettura senza farti pensare al concorso, ma solo al piacere di leggere. Questo è il mio metro di giudizio: se mentre leggo mi scordo che siamo all’ottavo step, allora il giudizio è positivo, e qui lo è.
Piaciuta tanto la prima parte, dove tra gli spaghetti alle vongole emerge la solitudine del protagonista. Sono meno convinto della parte in cui racconta la propria vita attuale (“Quel che è peggio, il tuo tradimento mi ha fatto perdere la fiducia nel prossimo. Dalla persona aperta, fiduciosa, tollerante che ero, mi sono trasformato in un misantropo, sospettoso e diffidente, continuamente preoccupato che il culo si fotta la camicia. Non mi sono fidato più di nessuno. Sono solo. Solo come un cane, propone di chiosare il maestro del già detto.”): qui invece tutto viene spiegato troppo, sarebbe stato, a mio avviso, più convincente se questa situazione esistenziale fosse emersa da un episodio e non così raccontata.
“La lettera continuava raccontando…” non so se quel continuava all’imperfetto sia giusto, ma a me un po’ stona in un racconto al presente.
Il cambiamento così repentino della visione della vita che il protagonista ha nel finale è forse un po’ troppo repentino, ma nell’insieme appunto, il racconto mi è piaciuto parecchio.
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Messaggio Da Fante Scelto Sab Lug 30, 2022 10:22 pm

Una scrittura molto cadenzata, con uno stile personale anche se un po' meccanico in certi passaggi: sono le cose che più mi sono saltate all'occhio in questo lavoro.
Anche la lunga descrizione culinaria all'inizio, sebbene abbia avuto su di me un effetto un po' respingente: le cozze le mangio proprio solo se mi ci obbligano con la forza, non sono un fan degli spaghetti e l'aglio è una di quelle cose che non voglio vedere né sentire entro 500 metri da me.
Lo so, tutto ciò non è molto glorioso, ma tant'è.

Il messaggio che c'è dietro la storia, per contro, mi ha lasciato un po' più freddino.
Vero, i nostri problemi (o buona parte di essi) spesso portano il nostro medesimo nome.
Il fatto è che aiutare gli altri è infinitamente più semplice che aiutare noi stessi, e riuscire a farlo nello spazio di una notte, complice un sogno, sembra davvero molto, troppo, easy.
Ho perso il conto delle volte che mi sono detto, a seguito di un fatto, un evento, anche una visione a volte (non mistica, dico, un pensiero subitaneo, un realizzare qualcosa di inaspettato), basta, adesso è tempo di cambiare.
Tutte le migliori intenzioni non vivono più di qualche ora.

Parlando del tuo racconto, mi è piaciuta la parte ambientata nel '43, sebbene il registro al presente le abbia fatto perdere un po' di mordente. Mediterraneo ne ho visto solo qualche scena, la similitudine mi è venuta più che altro per associazione di tema.
Sugli Italiani in Grecia ho amato molto "Il mandolino del capitano Corelli", per contro. Ma io sono più epic-sentimentale.

Il finale non sono sicuro di averlo interpretato correttamente.
Non ho compreso la necessità di mentire sui successi della sua vita, poteva ometterli senza problemi e lasciare solo la parte del perdono.
Poi la partenza improvvisa, con quell'ultima frase sui pensieri cattivi: si può leggere in due modi, e così la decisione di andare in Australia di gran fretta. Arrivare prima della morte per perdonare o per vendicarsi?
I pensieri cattivi seccano se non li si innaffia, ma bisogna anche vedere a chi sono indirizzati.

Infine, il dubbio Arturo/Enrico che non capisco se errore o voluto.

Insomma, un racconto dalla buona scrittura e dalla discreta profondità, che forse però non è riuscito a coinvolgermi quanto avrebbe potuto.
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Messaggio Da CharAznable Mar Ago 02, 2022 9:54 am

Piaciuto molto questo racconto. Soprattutto la parte relativa al 1943, piu' viva, anche se sapientemente intervallata con degli spaccati di vita presente (presente nel 1973) piu' lenti ma ben ritmati. La guerra dorata dei soldati italiani nelle isole greche si scontra con l'arrivo dell'(ex) alleato teutonico che rischia di trasformarsi in un vero inferno. La fuga è l'unica soluzione. Qui si scontra l'idealismo del protagonista con l'avida ambizione di Vasta, che antepone il sicuro benessere personale a un ipotetico bene del paese (questo uno dei pochi collegamenti con Mediterraneo, e lì l'idealista Lo Russo si scontra con i suoi sogni in una delle scene che piu' amo).
Lettura lenta ma piacevole.
Paletti a volte inseriti un po' a forza (arbitro su tutti).
Un buon lavoro.
Complimenti.
Grazie

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Messaggio Da Asbottino Mar Ago 02, 2022 3:20 pm

Considerando l'incipit c'è più cucina che salotto! A parte gli scherzi direi che i paletti, sfiorati appena con leggerezza, sono forse l'unico vero difetto di questo racconto. Il salotto è un luogo che accoglie ricordi e niente di più (tutto potrebbe succedere in cucina, appunto), l'arbitro è una professione che non definisce il protagonista (se non nel suo essere arbitro di uno sport minore, l'ennesimo dei fallimenti), Ayers Rock un luogo lontano, appena un'immagine su una cartolina (il nascondiglio della nemesi del protagonista).
Questo purtroppo lo penalizza un po', a mio parere, soprattutto il fatto di non essere fortemente radicato alla sua stanza di appartenenza. Forse avrei tagliato un po' la parte iniziale di preparazione del piatto e mi sarei spostato subito sul divano.
Eppure, nonostante questo, la storia ha tanto da dire, sembra uno di quegli intrecci che ti occupano i pensieri per tanto tempo, che provi a scrivere senza un obiettivo preciso e che alla fine, proprio nei paletti di un concorso, trovano gli ultimi tasselli per trasformarsi in qualcosa di concreto.
Il risultato è una storia ispirata, impegnata, con dei personaggi dannatamente solidi, delle idee forti che la sostengono. Qua e là ha forse bisogno di una asciugatina, di una rilettura a "freddo", ma resta una prova molto valida.
Sarò difficile non votarla per la qualità dell'esperienza letteraria che offre, ma potrebbero anche passarle davanti racconti che fanno del salotto un elemento più portante.
Questo non toglie nulla al suo valore. Complimenti.

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Messaggio Da Hellionor Ven Ago 05, 2022 5:21 pm

Un titolo accattivante per un protagonista che finge di essere sano con Vasta, forse perché Vasta sta morendo, forse perché quel sogno gli ha fatto comprendere quanto sia stato facile rifugiarsi dietro l'alibi di Vasta per arrendersi all'andamento della vita.
Il finale lo trovo aperto, forse autor non avevi queste intenzioni, ma ti assicuro che così regge bene il resto della storia.
I paletti sono un po' deboli, hai cercato di renderli funzionali nella storia ma non sono convincenti al cento per cento, ecco. 
Il racconto invece ha un ritmo ben condotto, descrizioni molto vivide che ti calano nella scena. un registro narrativo coerente. Una storia con la quale è facile entrare in sintonia.
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