C'era una volta, in un regno costiero, un re e una regina che non desideravano affatto un'erede. Avidi, erano convinti che un figlio avrebbe dissipato il loro tesoro, ma come si sa, il mondo non segue sempre i nostri desideri: la regina rimase incinta.
Le urla e le grida dei sovrani non servirono a nulla, poiché l'erede sarebbe comunque nato fu organizzata una festa in suo onore. Tuttavia, quando la regina partorì una bambina brutta, il re lo prese come pretesto per annullare la festa. La piccola principessa fu spedita su un'isola poco lontano dalla costa, affidata alle cure di una vecchia balia. Nel frattempo, i sovrani tornarono a contare i denari risparmiati.
La balia ignorava che sull'isola si fossero rifugiate tre sirene abissali, invitate anch'esse alla festa per la nascita dell'erede. Le sirene, provenienti dalle profondità dell'oceano, si erano messe in viaggio per portare doni e potere alla piccola principessa. Furiose per l'inaspettata cancellazione dell'evento, erano livide e bramavano di vendicarsi degli affronti subiti dai sovrani. Mentre pianificavano ogni dettaglio, scoprirono la balia con la piccola tra le braccia.Le tre sirene approfittarono dell'occasione e decisero di maledire l'infante come atto di vendetta. Si avvicinarono spaventando la balia, la quale, presa dal terrore, mostrò loro la bambina. Orripilate, le sirene scoppiarono a ridere davanti alla visione così brutta. Stavano per lasciare l'isola, convinte che la piccola fosse già stata sufficientemente punita dal destino, ma poi la più minacciosa e spietata tra loro, Turba, decise di infliggerle ulteriori sofferenze.
La prima ad avvicinarsi alla balia terrorizzata fu Sterilia, dalla coda nera e dai denti aguzzi. Toccò leggermente l'addome della piccola e disse: «Che tu cresca sana fuori ma arida dentro.»
Delfina emise un vagito spaventato e la balia indietreggiò, cadendo sulla sabbia. Da quella posizione, raggiunse l'altezza della più piccola delle sirene, Immota. Con la sua lunga coda viscida, si avvolse attorno al busto della balia e sibilò all'orecchio della piccola: «Che tu sia come la pietra che non cambia mai.»
Immediatamente, il corpo e il viso della bambina si coprirono di escrescenze, mentre la pelle diventava coriacea e grigia. In quel momento, la balia, completamente terrorizzata, depose delicatamente la piccola sulla sabbia e fuggì via.Era il momento di Turba, con il ventre gonfio e la pelle traslucida, si avvicinò alla bambina per scagliarle la sua maledizione finale. Stava per alzare il braccio quando l'acqua intorno all'isola cominciò a brillare e ribollire. Le tre sirene si voltarono in allerta, riconoscendo quei segni. La loro baldanza svanì rapidamente e, codarde, si allontanarono in fretta proprio mentre una giovane donna emergeva dalla spuma del mare, indossando un abito fatto di spuma e con i capelli lucenti come coralli.
La fata Benefica si avvicinò alla piccola, osservandola così raggrinzita e indifesa, e una lacrima le solcò la guancia. La prese tra le braccia, stringendola a sé, e le disse: «Io ti dono la guarigione, ma purtroppo non sarà istantanea. La mia magia richiede tempo, ma posso profetizzare che... Prima del tramonto del tuo sedicesimo compleanno, verrai ferita da una punta di calilla e tornerai sana come eri alla nascita, comprendendo che la vera bellezza risiede nella gentilezza e nell'accettazione di sé stessi.»
Dopo aver detto ciò, chiamò a sé i piccoli spiritelli della spuma e diede loro il compito di prendersi cura della bambina, quindi fece ritorno alle profondità del mare.
Nel frattempo, le tre sirene, che avevano osservato la scena, si avvicinarono nuovamente alla piccola approfittando dell'onda di risacca che aveva allontanato gli spiritelli della spuma.
Turba fu la più veloce e si piazzò di fronte alla bambina, pronunciando con voce cavernosa: «Non posso annullare la benedizione di quella stupida fata, ma farò in modo che una volta guarita tu debba vegliare in solitudine... per il resto della tua vita, finché un uomo non ti farà innamorare, lo bacerai e allora sarà la tua fine.»
Il cielo si oscurò mentre le tre sirene, soddisfatte e compiaciute delle loro malefatte, mossero le loro code e fecero ritorno alle profondità del mare. La piccola crebbe e si diede il nome di Delfina. Era sola, ma gli spiritelli la accudivano e le fornivano tutto ciò di cui aveva bisogno. Credeva di essere l'unica della sua specie e non provava emozioni.
Ogni volta che le onde diventavano alte e gorgoglianti, Delfina sapeva che era passato un nuovo anno e che gli spiritelli le avrebbero fatto un dono. Con fatica, si avvicinò alla riva, trascinando le sue gambe granitiche, e si mise ad aspettare, rivolta verso il mare. Fu solo quando il sole stava per tramontare che l'acqua tornò calma e vide qualcosa avvicinarsi alla riva.
Era una vecchia e malridotta barca, sembrava un relitto, ma a lei non interessava. La barca fu spinta sulla riva e Delfina si avvicinò a fatica. Non sapeva cosa fosse e pensava di lasciarla lì, come aveva fatto con tutti gli altri regali che aveva ricevuto dal mare. Ma le bastò sfiorare il fianco incrostato di conchiglie per vedere che dalla sua mano erano cadute le croste grige. Tutto era successo dopo aver toccato quella grande conchiglia affusolata e spinosa. Meravigliata di quanto le fosse facile, indietreggiò. Le sue gambe non erano più rigide. Si immerse nell’acqua e scosse la testa, osservò le croste cadere, rivelando una pelle chiara ma con lineamenti sgraziati.
Ciò che la sconvolse di più, però, fu la sensazione che provava dentro di sé: una sorta di calore che le arrossì le guance. Aveva paura, ma qualcosa dentro di lei, per la prima volta, le fece desiderare di lasciare l'isola e scoprire il mondo al di là del mare.
Prese la barca e partì.
Delfina non sapeva nulla né delle maledizioni né della benedizione che le erano state lanciate. Navigò per un giorno intero e quando raggiunse la terra ferma, in piena notte, si accorse di non provare sonno. Esplorò il porto, visitò la città e per un'intera giornata vagò per il paese, che sembrava deserto.
Quando vide i primi esseri umani, credette che fossero morti, ma in realtà erano solo addormentati. Per giorni pianse come mai aveva fatto prima nella sua vita. Era stanca, esausta, ma non riusciva a dormire. Stava per impazzire quando notò la presenza di una biblioteca. Gli spiritelli, non senza difficoltà, le avevano insegnato a leggere. Così decise di cercare risposte alle sue domande tra i libri.
Delfina vegliava, studiava e scopriva tutto ciò che si era persa nei primi anni della sua vita. Scoprì chi era veramente, ma era troppo tardi. Era l'unica in grado di progredire mentre tutti gli altri erano immersi in un sonno secolare.
Passarono così tanti anni, ma Delfina non invecchiò. Continuava a viaggiare attraverso il mare e ovunque andasse, aumentava il suo sapere e le sue capacità. Un giorno, mentre si dirigeva verso una grande città con una vasta e antica biblioteca, trovò in mare il corpo di un uomo alla deriva. Lo tirò a bordo della sua barca.
Quest'uomo, come gli altri esseri umani, era addormentato, ma sembrava essere un principe di straordinaria bellezza. Delfina lo osservò per un'intera mattina, riflettendo su cosa fare. Infine, prese una decisione.
Con calma, si avvicinò al viso dell'uomo, gli sfiorò le labbra con un dito, ma improvvisamente si voltò di scatto e impugnò la lancia da pesca che portava sempre con sé, colpendo Turba al ventre.
La sirena emise un grido straziante, si preparò a tuffarsi in acqua, ma Delfina fu più veloce. Senza esitare, tirò una corda e una rete si abbatté sul grosso corpo della sirena.
«Pensavi che fossi così ingenua? Credevi che in tutti questi anni mi sarei abbattuta a causa della tua maledizione?» Delfina rise. «Non fare quella faccia. So tutto di te e delle tue sorelle. Presto scoprirò anche dove si nascondono. Pensavi di maledirmi, facendomi rimanere sveglia mentre gli altri dormivano. Ma ti sbagliavi. Mi hai fatto un grande dono. Ciò che sono oggi lo devo agli anni di solitudine. Perché credi che abbia sempre viaggiato per mare? Stavo cercando voi o speravo che un giorno mi trovaste... specialmente tu. Nella tua sciocca presunzione, credevi che una come me, brutta e insignificante, non avrebbe resistito di fronte a un bel principe. Ma quella è una vecchia storia... ho solo fatto finta di abboccare.»
Delfina continuò a raccontare le scoperte che aveva fatto mentre Turba, ormai quasi esanime, perdeva le ultime gocce di sangue. Quando finalmente la sua maledizione si ruppe, il mare si agitò e l'uomo si risvegliò di colpo. Nessuno ricordò mai ciò che era accaduto, e la vita riprese il suo corso. Solo il principe conosceva la verità e ciò che scoprì lo fece innamorare perdutamente di Delfina, nonostante il suo aspetto.
Quando le confessò il suo amore, lei lo guardò con sufficienza e, senza voltarsi, tornò verso il mare. «Non ho tempo per queste cose, ho ancora un molto da scoprire.»