«I topi stanno arrivando, Greta. Sbrigati». Non era così che Luca si era immaginato la prima uscita con Greta.
«Sì, mi allaccio le scarpe. Oh Cristo, Luca, non toccarmi il culo, almeno. Non è il momento».
«Ma io non ti sto toccando il culo».
Si voltarono, rischiando di sbattere le teste una contro l’altra. Il topo era aggrappato alle chiappe di Greta.
GRETA - ASBOTTINO
L’animale pendeva dalla tasca dei jeans, divincolandosi per cercare di risalirle lungo la schiena e usarla come trampolino per tuffarsi in uno dei buchi che si aprivano nella parete alla loro destra.
Alla fine per levarglielo di dosso fu costretto a toccarglielo comunque, il culo, ma, anche se di luce ce n’era poca nella vecchia tavola calda in cui si erano rifugiati, a Luca sembrò che l’unico a restarci davvero male fosse il topo.
Cadde a terra con un tonfo molliccio, puntò gli artigli sul pavimento di linoleum a scacchi e gli ringhiò contro prima di filarsela lungo la parete e scomparire alla ricerca di un'altra via d'uscita.
«Bel colpo», disse Greta e poi gli sfiorò piano il braccio, ignorando per un istante gli squittii che provenivano da dietro le porte della cucina. Stavano aumentando di intensità, tanto da far pensare che quello di cui si erano liberati fosse solo un soldato di un piccolo esercito.
Alla luce della luna, la sola che illuminasse la stanza dal soffitto che non c’era più, si soffermò una volta di più a osservarle il viso.
Non era bella. Non come certe ragazze che vedevi su quello che restava dei cartelloni pubblicitari agli angoli delle strade o sulle pagine delle riviste gonfie di umidità abbandonate sulle rastrelliere dei supermercati. Non quel tipo di bellezza.
Ma c’era qualcosa in lei, una specie di vibrazione nascosta sotto la superficie. Luca riusciva a percepirla. Quando si sistemava una ciocca di capelli o si strofinava il lobo dell’orecchio. Era sexy, Greta. Con quegli occhi vagamente strabici, le labbra carnose, il neo all’angolo della bocca e la cicatrice che le teneva l’occhio destro perennemente socchiuso.
No, non era affatto il momento per pensare a certe cose. Quella sera, in quella tavola calda con le pareti costellate di buchi e il soffitto sventrato, con un esercito di topi che spingeva dietro le porte della cucina. Ma lo sarebbe stato. Forse la sera dopo. O quella dopo ancora. Era solo questione di tempo.
Alla fine per levarglielo di dosso fu costretto a toccarglielo comunque, il culo, ma, anche se di luce ce n’era poca nella vecchia tavola calda in cui si erano rifugiati, a Luca sembrò che l’unico a restarci davvero male fosse il topo.
Cadde a terra con un tonfo molliccio, puntò gli artigli sul pavimento di linoleum a scacchi e gli ringhiò contro prima di filarsela lungo la parete e scomparire alla ricerca di un'altra via d'uscita.
«Bel colpo», disse Greta e poi gli sfiorò piano il braccio, ignorando per un istante gli squittii che provenivano da dietro le porte della cucina. Stavano aumentando di intensità, tanto da far pensare che quello di cui si erano liberati fosse solo un soldato di un piccolo esercito.
Alla luce della luna, la sola che illuminasse la stanza dal soffitto che non c’era più, si soffermò una volta di più a osservarle il viso.
Non era bella. Non come certe ragazze che vedevi su quello che restava dei cartelloni pubblicitari agli angoli delle strade o sulle pagine delle riviste gonfie di umidità abbandonate sulle rastrelliere dei supermercati. Non quel tipo di bellezza.
Ma c’era qualcosa in lei, una specie di vibrazione nascosta sotto la superficie. Luca riusciva a percepirla. Quando si sistemava una ciocca di capelli o si strofinava il lobo dell’orecchio. Era sexy, Greta. Con quegli occhi vagamente strabici, le labbra carnose, il neo all’angolo della bocca e la cicatrice che le teneva l’occhio destro perennemente socchiuso.
No, non era affatto il momento per pensare a certe cose. Quella sera, in quella tavola calda con le pareti costellate di buchi e il soffitto sventrato, con un esercito di topi che spingeva dietro le porte della cucina. Ma lo sarebbe stato. Forse la sera dopo. O quella dopo ancora. Era solo questione di tempo.
LUCA - STEFY
-Dai, andiamocene prima che sia troppo tardi.
Luca spinse la porta facendola cadere dai cardini, prese Greta per mano e uscirono dal locale. Le macerie rendevano la corsa difficile ma, alla fine, raggiunsero indenni il riparo provvisorio di un’auto ribaltata.
Del primo piano del palazzo della tavola calda rimaneva solo parte di una camera da letto sventrata.
Greta osservò quei ruderi con un certo imbarazzo: le stanze appartenevano alla sfera intima di chi le abitava e si chiese se quella persona avrebbe voluto che lei vedesse la tappezzeria consunta o la foto appesa alla parete.
Si chiese anche se quella persona fosse ancora viva.
Nel mondo in bianco e nero disegnato dalla luce spettrale della Luna, il profilo di Luca risaltava sulle ombre e, complice l’oscurità, Greta si soffermò a contemplarlo mordicchiandosi il labbro inferiore.
Quel ragazzo, a differenza sua, era una prima scelta del “Settore 3” e Greta non si capacitava del fatto che avesse invitato proprio lei per quella ricognizione diventata, rapidamente, qualcosa di molto diverso.
Sospirò ricordando la scossa che l’aveva percorsa quando si erano dati il primo bacio, ma poi crollò la testa: non era quello il momento per pensare a certe cose. Sperò di avere altre occasioni in futuro.
-Eccoli che arrivano... ma dove stanno andando?-
Un fiume di piccoli corpi pelosi si stava riversando fuori dalla tavola calda sparendo rapidamente alla vista.
Luca si guardò intorno e indicò lo scheletro di un palazzo alle loro spalle.
-Dal tetto avremo la visuale libera.- lei annuì e insieme lo raggiunsero correndo, riparati delle carcasse di auto che intasavano la strada.
Una volta nell’atrio affrontarono le scale facendo i gradini due alla volta e Luca, con quelle lunghe falcate, era quasi un piano avanti a lei.
Greta sentì la porta del tetto aprirsi sbattendo e quando, senza fiato, finalmente lo raggiunse, davanti ai loro occhi, per un attimo, si dispiegò una scena incredibile, poi una nuvola coprì la Luna.
L'INCANTATRICE - BYRON.RN
«L’hai vista anche tu?» chiese Luca.
«Credo di sì» sussurrò Greta.
Avvolti nell’oscurità si tenevano per mano, come se fosse stato sufficiente quello per infondersi coraggio.
Quando le nubi passarono oltre, la bambina era ancora là, seduta a gambe incrociate sul cofano di un Suv semidistrutto, la marea nera di roditori stretta attorno a lei. Stringeva fra le mani due bottigliette di vetro che faceva cozzare tra loro, producendo un tintinnio cadenzato che sembrava incantare i topi.
«Perché fa così?» domandò Greta. La sua voce era tremolante, insicura.
«Non ne ho la minima idea» rispose lui.
Cercò di mostrarsi risoluto, sicuro di sé, ma ciò che stava osservando lo inquietava. Dopo la fine del conflitto i sopravvissuti, perlopiù donne e giovani, si erano riorganizzati nel quartiere est della città, quello che su ogni mappa era stato contrassegnato con la dicitura Settore 3. Le perlustrazioni eseguite negli altri settori della città avevano dato sempre gli stessi esiti: macerie, rottami, cani rabbiosi, topi, talvolta dei lupi. Mai era stata accertata la presenza di altri esseri umani.
Chi era quella bambina? Cosa ci faceva da sola? Perché i topi erano così attratti da lei?
Il ritmo prodotto dal contatto delle bottigliette nel frattempo era aumentato d’intensità.
Luca osservò Greta: si stava tormentando il lobo sinistro in modo ossessivo.
«E ora che sta facendo?»
Luca tornò a guardare la bambina. Adesso era in piedi sul cofano e girava in tondo, producendosi in una sorta di danza tribale. Anche i topi a terra facevano lo stesso, formando cerchi, uno dentro l’altro, vorticando assieme in un delirio ipnotico.
«Non mi piace questa cosa» disse Luca. Si sentiva la bocca arida.
La bambina si bloccò all’istante, come se lo avesse sentito. I ratti si fermarono con lei.
Guardò in alto, sul tetto del palazzo, e li salutò con la manina.
Luca si voltò, prese Greta per mano e corsero alle scale. Mentre scendevano, uno squittio sinistro li accompagnò a ogni gradino.
COPIE CONFORMI - PALUCA66
Giunti in strada guardarono verso la bambina e nuovamente dovettero stropicciarsi gli occhi per essere sicuri di quello che gli occhi mostravano loro.
I bambini ora erano due, accanto a quella che avevano già visto c’era un maschietto; anche lui aveva in mano due bottigliette di vetro e anche lui le stava battendo ritmicamente.
I topi si erano divisi in due gruppi ognuno dei quali seguiva il ritmo del rispettivo bambino.
Quasi come un automa Greta cominciò a muovere verso di loro mentre Luca allungava inutilmente un braccio nel tentativo di fermarla.
Quando raggiunsero i due bambini lo stupore fu ancora maggiore: per un attimo credettero di trovarsi davanti a uno specchio. Di fronte a loro c’erano una piccola Greta e un piccolo Luca.
«Tutto questo non ha senso, io… non capisco» disse Luca; il suo era poco più di un sussurro, lo scoramento gli stava portando via le ultime energie.
«Chi siete voi?» chiese rivolto ai due bambini.
Per tutta risposta gli sorrisero senza smettere il loro battere ipnotico.
Luca guardò Greta e vide che sul suo volto era dipinto lo stesso identico sorriso.
In quel momento Luca si accorse che la piccola Greta differiva dalla sua copia adulta per la mancanza della cicatrice.
«Non ha la cicatrice sull’occhio» disse a Greta.
«Ancora non capisci?» gli disse lei e poi stringendolo a sé lo baciò con l’intensa passione dovuta al desiderio tenuto a freno da troppo tempo.
Persi in quel bacio non si accorsero che attorno a loro gli squittii erano improvvisamente cessati così come il battito ritmico delle bottigliette.
I bambini ora erano due, accanto a quella che avevano già visto c’era un maschietto; anche lui aveva in mano due bottigliette di vetro e anche lui le stava battendo ritmicamente.
I topi si erano divisi in due gruppi ognuno dei quali seguiva il ritmo del rispettivo bambino.
Quasi come un automa Greta cominciò a muovere verso di loro mentre Luca allungava inutilmente un braccio nel tentativo di fermarla.
Quando raggiunsero i due bambini lo stupore fu ancora maggiore: per un attimo credettero di trovarsi davanti a uno specchio. Di fronte a loro c’erano una piccola Greta e un piccolo Luca.
«Tutto questo non ha senso, io… non capisco» disse Luca; il suo era poco più di un sussurro, lo scoramento gli stava portando via le ultime energie.
«Chi siete voi?» chiese rivolto ai due bambini.
Per tutta risposta gli sorrisero senza smettere il loro battere ipnotico.
Luca guardò Greta e vide che sul suo volto era dipinto lo stesso identico sorriso.
In quel momento Luca si accorse che la piccola Greta differiva dalla sua copia adulta per la mancanza della cicatrice.
«Non ha la cicatrice sull’occhio» disse a Greta.
«Ancora non capisci?» gli disse lei e poi stringendolo a sé lo baciò con l’intensa passione dovuta al desiderio tenuto a freno da troppo tempo.
Persi in quel bacio non si accorsero che attorno a loro gli squittii erano improvvisamente cessati così come il battito ritmico delle bottigliette.
FIANCO A FIANCO - PETUNIA
«Bene,» una voce metallica risuonò nell’aria «avete superato la prova. Potete accedere al settore due.»
Il panorama cambiò all’istante: a giudicare dall’altezza del sole doveva essere estate. L’aria rovente bruciava nei polmoni.
Si sciolsero dall’abbraccio accasciandosi sul terreno arido. Greta portò la mano alla fronte per ripararsi dal riverbero.
«Oh, cazzo. Niente acqua, niente ombra, niente di niente…»
«Sesto settore la glaciazione, quinto settore le radiazioni cosmiche, quarto settore l’innalzamento degli oceani, terzo settore l’invasione dei ratti… era chiaro che prima o poi dovessimo affrontare anche la desertificazione.»
Greta si tolse la maglietta utilizzandola come turbante.
Luca cercò d’ignorare l’istinto che premeva contro la chiusura dei pantaloni. «E se per sopravvivere bastasse fare l’amore?»
Lei s’incamminò senza rispondere.
«Dai, torna indietro. Perché scappi? In fondo, quando ci siamo baciati siamo finiti nel settore successivo. Magari se ci diamo un po’ dentro arriviamo dritti alla fine del percorso.»
Greta si voltò di scatto. «Li hai visti quei bambini. Ci assomigliavano così tanto… io penso che siano venuti da un universo parallelo per aiutarci.»
Luca scrollò le spalle. «Come te la sei fatta quella?» indicò la cicatrice.
«Primo settore. L’unghiata di un orso bianco. Non so come ho fatto a rimetterci solo un occhio; mi è andata bene. Dopo non mi sono più fatta fregare.»
«Per questo ti ho voluta nel terzo settore. La mia compagna si era arresa e mi hanno parlato di te. Sono stato fortunato ad averti. Anche il tuo compagno si è defilato?»
«Dovresti chiedere all’orso…»
«Forse è meglio proseguire dobbiamo trovare il modo di riempire queste…»
Un raggio di luce rimbalzò sul vetro delle bottigliette facendole scintillare.
Greta e Luca si misero in cammino fianco a fianco.
Il panorama cambiò all’istante: a giudicare dall’altezza del sole doveva essere estate. L’aria rovente bruciava nei polmoni.
Si sciolsero dall’abbraccio accasciandosi sul terreno arido. Greta portò la mano alla fronte per ripararsi dal riverbero.
«Oh, cazzo. Niente acqua, niente ombra, niente di niente…»
«Sesto settore la glaciazione, quinto settore le radiazioni cosmiche, quarto settore l’innalzamento degli oceani, terzo settore l’invasione dei ratti… era chiaro che prima o poi dovessimo affrontare anche la desertificazione.»
Greta si tolse la maglietta utilizzandola come turbante.
Luca cercò d’ignorare l’istinto che premeva contro la chiusura dei pantaloni. «E se per sopravvivere bastasse fare l’amore?»
Lei s’incamminò senza rispondere.
«Dai, torna indietro. Perché scappi? In fondo, quando ci siamo baciati siamo finiti nel settore successivo. Magari se ci diamo un po’ dentro arriviamo dritti alla fine del percorso.»
Greta si voltò di scatto. «Li hai visti quei bambini. Ci assomigliavano così tanto… io penso che siano venuti da un universo parallelo per aiutarci.»
Luca scrollò le spalle. «Come te la sei fatta quella?» indicò la cicatrice.
«Primo settore. L’unghiata di un orso bianco. Non so come ho fatto a rimetterci solo un occhio; mi è andata bene. Dopo non mi sono più fatta fregare.»
«Per questo ti ho voluta nel terzo settore. La mia compagna si era arresa e mi hanno parlato di te. Sono stato fortunato ad averti. Anche il tuo compagno si è defilato?»
«Dovresti chiedere all’orso…»
«Forse è meglio proseguire dobbiamo trovare il modo di riempire queste…»
Un raggio di luce rimbalzò sul vetro delle bottigliette facendole scintillare.
Greta e Luca si misero in cammino fianco a fianco.
THIS IS THE END (?)
Dopo Nanook del Sesto e il Leviatano del Quarto, cosa li attendeva nel Due?
Scorpioni? Shai-Hulud?
I settori pari erano metaversi, ma le insidie ben concrete!
Greta e Luca si fissarono e si presero per mano, incedendo sotto il sole.
La sete era sempre più forte e più debole la speranza di un’oasi oltre la prossima duna.
Luca sbirciava Greta: le labbra piene, il neo, la cicatrice, le gocce di sudore in mezzo ai seni piccoli e appuntiti…
Gli era piaciuta da subito.
Ed era valsa la pena affrontare le prove verso il Settore Uno con lei al suo fianco.
In realtà, essendo lui un “prima scelta”, passare i metaversi del Sesto e del Quarto e scendere fra i topi del Terzo erano state poco più che ricognizioni, grazie anche all’intervento della piccola incantatrice.
Molto diversa sarebbe stata la corsa di Greta, misera “terza scelta”.
Se Luca non l’avesse presa con sé, l’aspettavano le radiazioni del Quinto, un settore reale come tutti i dispari.
Altro che cicatrice…
Pensieri simili gremivano la mente della ragazza, finché i suoi occhi non colsero uno sfarfallio lontano, un lampo scuro e veloce diretto verso di loro.
– Guarda là. Ci siamo!
E strinse Luca fra le braccia.
Anche Luca fremeva, non tanto per paura, quanto per il tocco dei seni nudi di lei: avrebbe affrontato un’orda di demoni, pur di rivivere quella sensazione.
Poi, un tintinnare ritmico ruppe il silenzio.
E un fiume di topi sciamò intorno a loro, spingendoli in una direzione precisa.
I ragazzi sorrisero e corsero in mezzo al flusso impetuoso che in breve li condusse fuori.
– Prova superata, tuonò la solita voce.
Gli occhi dei ragazzi si riempirono di lacrime, fra sensazioni di gioia e delusione: il Primo non era poi così diverso dal Terzo, se non per qualche alberello qua e là.
Ma non era poi così importante.
C’era stato il viaggio, l’avventura e soprattutto lo sbocciare di quel loro forte sentimento, suggellato ora da un lungo e profondo bacio.
Fra i sassi della strada, un topo, ritto sulle zampette posteriori, li osservava attento.