(bilancio della mia vita sentimentale ed affettiva che, pur forgiatami, non ha impoverito la parte sana di me)
Eri nel passato nebbioso, nei miei giorni smarriti
quando i pensieri acerbi fiorivano come un prato di marzo
e le levità sorvolavano il disincanto
con bizzarre staffette tra i cirri
Eri lì, mercante ambiguo di verità velate
Passi felpati sulla rugiada dei miei pensieri
quando credevo che gli orizzonti fossero tangibili
le certezze invulnerabili
Eri lì, guerriero ferito dai tuoi stessi dardi
radioso come la luce e cupo come il tormento
ad offrirmi una fermezza effimera
che sbiadiva nei tuoi incubi senza fine
Eri li, navigante di marosi irrequieti
vele troppo piccole le mie
si sfibravano nel vento teso delle tue ostinazioni
nella foschia di domani impalpabili
Eri li, acrobata di meridiani in cerca di nebulose
per sollevare la mia zavorra e asciugare lacrime di sale
ma quel lembo di terra per te era troppo piccolo
io volevo restare… e tu ripartire!
Eri lì, reduce di libertà mai espugnate
tra le sabbie mobili dei tuoi indugi
nel declivio costellato di incertezze
cadevo e riemergevo, ogni volta più fragile
Troppi calendari strappati, troppi giri di clessidra
sono qui oggi in equilibrio tra i flutti
ho trattenuto il bene, tutt’attorno,
seminandolo in quel prato di pensieri acerbi mai smarrito
Ho affrontato le maree dei rimpianti, proteggendomi tra le falesie
senza bussola né carte nautiche
solo le braccia aperte al mondo e al cielo…
quello delle cento stagioni volate via!
Eri nel passato nebbioso, nei miei giorni smarriti
quando i pensieri acerbi fiorivano come un prato di marzo
e le levità sorvolavano il disincanto
con bizzarre staffette tra i cirri
Eri lì, mercante ambiguo di verità velate
Passi felpati sulla rugiada dei miei pensieri
quando credevo che gli orizzonti fossero tangibili
le certezze invulnerabili
Eri lì, guerriero ferito dai tuoi stessi dardi
radioso come la luce e cupo come il tormento
ad offrirmi una fermezza effimera
che sbiadiva nei tuoi incubi senza fine
Eri li, navigante di marosi irrequieti
vele troppo piccole le mie
si sfibravano nel vento teso delle tue ostinazioni
nella foschia di domani impalpabili
Eri li, acrobata di meridiani in cerca di nebulose
per sollevare la mia zavorra e asciugare lacrime di sale
ma quel lembo di terra per te era troppo piccolo
io volevo restare… e tu ripartire!
Eri lì, reduce di libertà mai espugnate
tra le sabbie mobili dei tuoi indugi
nel declivio costellato di incertezze
cadevo e riemergevo, ogni volta più fragile
Troppi calendari strappati, troppi giri di clessidra
sono qui oggi in equilibrio tra i flutti
ho trattenuto il bene, tutt’attorno,
seminandolo in quel prato di pensieri acerbi mai smarrito
Ho affrontato le maree dei rimpianti, proteggendomi tra le falesie
senza bussola né carte nautiche
solo le braccia aperte al mondo e al cielo…
quello delle cento stagioni volate via!