Ensisheim, 9 Novembre 1492
Mia diletta Therese,
quando vi giungerà questa missiva spero vi trovi in salute. Ho tardato nello scrivervi perché, dal mio arrivo, sono successe molte cose. Il villaggio di Ensisheim è assai grazioso. Anche se di modesta grandezza, le case a graticcio e le strade lastricate gli donano fascino. La stanza in cui si svolgono le lezioni, seppur spaziosa, è mal arieggiata e il pavimento è sudicio. Il mio alloggio al piano superiore è anch’esso modesto ma più salubre. Non ci crederete, ma la scuola è dotata anche di una latrina. È piena di miasmi e fetore ma è già una buona cosa.
A prendersi cura di me c’è Léa, una ragazza minuta ma piena di energia. Non avete di che preoccuparvi: è una donna assai virtuosa e cattolica, si prende cura della casa e della scuola. Non ho ancora iniziato le lezioni perché il giorno seguente al mio arrivo è successo un fatto miracoloso. Tra l’undicesima e la dodicesima ora del giorno, un gran tuono seguito da un lungo frastuono è stato udito da tutti al villaggio. La gente ha creduto che le loro case stessero crollando. Usciti, ci siamo radunati nella piazza centrale, allorché un giovane, che doveva essere mio scolaro, è giunto trafelato urlando di aver visto una scia rossa nel cielo. Ci siamo recati allora nel luogo in cui era accaduto il fatto e abbiamo visto una grande pietra fumante in un’enorme buca.
Quando il consiglio è stato informato dell’accaduto, sul posto molti pezzi erano già stati staccati dai paesani, al punto che il Podestà ha poi vietato questa condotta. L’aria intorno alla pietra vibrava, e una strana sensazione aleggiava tra i presenti. I sapienti dicono di non saper neppure loro di che cosa si tratti, e che una tale pietra caduta dal cielo è qualcosa di soprannaturale. Si tratta sicuramente di un segno divino del quale prima non si era mai visto, letto o scritto niente che fosse neanche simile. Quando la pietra è stata trovata, era là dove Dio aveva voluto che si trovasse.
È dunque questo il motivo del mio ritardo. Mia amatissima, quando avrò finito il mio dovere in questo paesino tornerò da voi e, finalmente, potremmo coronare il nostro sogno. Léa ha staccato un pezzo anche per me: prometto di serbarlo per voi con la speranza di farvene presto dono.
Il vostro Briac.
Colmar, 9 Novembre 1492
Al Magnifico Messere.
Vi scrivo queste poche righe per informarvi che il nostro piano è in opera. Mi sono servito di un uomo assai fidato e discreto per la missione. Sono riuscito, con l’influenza dei denari, a collocarlo a Ensisheim presso la scuola dove “Le Beau” si nasconde. A tal proposito, vi ringrazio infinitamente per la vostra informazione. Se venisse confermata dal mio uomo, il piano procederà ed egli si sbarazzerà con discrezione del ragazzo, spianando in brevissimo tempo la strada per il raggiungimento della libertà di tutta l’Alsazia e ricacciando là dove merita il sudicio dominio dell’imperatore austriaco. Colmar e le altre città libere dell’Alsazia godono di infinite ricchezze, che io e pochi altri banchieri gestiamo con gran cura. Voglio ricordarvi che noi tutti metteremo le nostre ricchezze al servizio della Francia, ma senza sporcarci le mani ulteriormente. Perdonate la mia scarsità di parole, ma ritengo necessario il più totale riserbo.
Sempre vostro umile servitore
Horace Jabach.
Ensisheim, 17 Novembre 1492
Therese,
sono passati dieci giorni dal mio arrivo qui ma non ho ancora ricevuto una vostra lettera. La cosa mi rattrista molto, perché non vorrei mai vi sia capitato qualcosa. Devo però mettere in guardia voi e la vostra purissima anima, giacché temo che il male si sia fatto largo in questi luoghi.
Vi ho già parlato della pietra dal cielo che tutti qui ritengono un segno di Dio alla terra. Dovrebbe aver reso benedette queste terre, ma io ho il timore che non sia così. È venuta dal cielo, ma era circondata da fiamme infernali. Nei giorni seguenti alla caduta, terminata l’eccitazione generale, molti hanno sentito male al capo poiché l’aria era sempre piena di strane vibrazioni. Anche Léa è stata di cattivo umore per diversi giorni; poi sono iniziati i deliri. Dalla mia camera da letto la sentivo ghignare nel sonno nel suo giaciglio; quando poi ho provato a sollevarmi per andare ad aiutarla, una forza oscura me lo ha impedito. La camera dove alloggio è diventata di colpo gelida nonostante le finestre fossero serrate. Così, il mattino seguente, ho deciso di spostare il mio letto nella grande sala della scuola vicino al focolare.
Dovete sapere, mia amata, che ho scoperto che all’interno della scuola alloggia anche un giovane straniero. Filippo, così si chiama, si trova qui per studiare degli antichi testi. È più grande degli altri alunni e si è proposto di darmi una mano. È un giovane virgulto bello e assennato. Ci siamo attardati spesso a discorrere bevendo vino e mangiando uno strano frutto arancione amaro e aspro. Lui lo chiama melangolo. Vedrò di recarvi in dono questa prelibatezza. È un frutto assai prezioso ed è raro trovarlo da queste parti, quindi anche se il ragazzo si comporta come gli altri ho capito che è di nobili natali.
È durante una di quelle nostre riunioni serali che Léa ha iniziato a darci il tormento.
Una sera è entrata di corsa nella grande aula senza fare rumore di passi. Io credo che stesse volando, ma Filippo mi canzona sostenendo che sono pazzo. Dopo essersi seduta sul mio seggio, è rimasta immobile per molto tempo con lo sguardo fisso alla parete. Qualcosa di malevolo aleggiava intorno a lei.
All’improvviso, con vigore e fermezza, ci ha detto di sederci a terra. Annebbiati ancora dal vino, abbiamo obbedito credendo che volesse burlarsi di noi; ma, quando ci ha invitato a far rotolare il frutto dall’uno all’altro, i nostri visi si sono fatti più seri. Quando, per mio errore, il frutto ha cambiato di poco traiettoria colpendo il piede di Léa, lei lo ha raccolto con un gesto repentino, poi si è voltata verso di me trafiggendomi con il solo sguardo. Il dolore è stato così forte da togliermi il fiato, ma non ho avuto il tempo di riprendermi perché ha voluto che il gioco proseguisse.
Mi trema la mano al solo pensiero di quel macabro gioco, perché da quel momento siamo costretti a ripeterlo per ore ogni sera finché lei non si dice sazia. A quel punto esce trafelata dalla stanza lasciando noi esausti, doloranti e spaventati.
Sono giunto alla conclusione che il posto sia così insalubre che temo di essermi preso qualcosa. Durante le lezioni del mattino, però, l’atmosfera sembra cambiare e tutto ritrova la sua armonia. I giovani scolari fanno lezione e non ci sono mai litigi. Solo quando cala la notte il senso di oppressione si fa insopportabile.
Dopo quattro notti passate così, ho deciso di chiedere a Léa di gettare i pezzi di pietra che serbava con sé, ma lei mi ha risposto con una risata talmente profonda che sembrava giungesse dagli inferi della terra.
Gli allievi non si accorgono di nulla. Con loro la donna è amorevole e spensierata; di contro, con me è maliziosa e intrigante.
Mia cara Therese, ho timore a scrivere questa cosa e vi prego di segnarvi con acqua consacrata: penso che lei sia una strega e che la pietra abbia richiamato il demonio.
Pregate per le nostre anime io pregherò ancora di più.
Il Vostro amatissimo Briac.
Colmar, 21 Novembre 1492
Briac,
ho ricevuto la vostra ultima lettera questa mattina e da allora non ho smesso di ridere, tanto che mi sono dovuto immergere in una tinozza di acqua bollente per distendere le membra contratte dalle risa.
Voi scrivete lettere colme di angoscia ma, nonostante le risate, la stessa angoscia attanaglia me. Ho speso molti denari affinché voi possiate compiere al meglio il lavoro che vi ho affidato. Conosco le vostre doti e apprezzo moltissimo i vostri metodi insoliti, ma sono passati giorni e non ho ancora ricevuto la notizia che tanto aspetto.
Voi invece mi parlate della strega che vi perseguita obbligandovi a fare uno strano gioco con le melangole. Un frutto che conosco poco, ma di cui conosco il valore. Vi attardate con “Le Beau”, ma non ponete fine alla sua vita. Siete soggiogato da una sottana e io sono molto amareggiato.
Le streghe fanno paura solo a chi ci crede. Questo dovete ricordarlo, Briac.
Molto spesso si tratta solo di dicerie, ma a volte queste sono in grado di smuovere anche le montagne.
Un mio informatore mi riferisce che l’imperatore Massimiliano, affascinato dalla storia della pietra caduta dal cielo, abbia deciso di recarsi lì mentre si dirige a muovere guerra alla Francia passando a ferro e fuoco tutte le città libere dell’Alsazia, dunque anche Colmar. Questa insana follia deve essere fermata. Egli ritiene che la pietra sia un segno del divino. In questo la penso come Sua Eccellenza. Egli però ritiene sia un segno della sua vittoria sulla Francia, mentre io la vedo come la pietra che porrà fine alla sua vita. A tale scopo, vi invio altri denari affinché possiate dimenticare le streghe per concentrarvi nell’estirpare un male ancor più tremendo. Anzi due mali. Spero mi abbiate capito.
Con la speranza di ricevere ben più serie notizie.
Horace Jabach
Ensisheim, 10 Dicembre 1492
Santissima Therese,
capisco che avete timore di rispondere alle mie lettere, ma continuate a pregare per me.
Il male si è oramai infiltrato in ogni angolo di questa dimora. Lèa ride e prova piacere nel vedermi senza forze, e ora lo fa alla luce del sole, umiliandomi.
Dio ha lasciato il suo corpo e il demonio ha preso possesso di lei. La stregoneria deriva dalla lussuria, che in lei è insaziabile.
Devo raccontarvi quello che succede affinché voi possiate pregare per me, giacché io sono inerme.
Non mi ha più permesso di uscire dalla scuola, nemmeno quando il paese è stato in festa per la visita dell’imperatore venuto fin qui per ammirare la pietra. Egli è rimasto per molti giorni e ovunque si lodava Dio e ci si benediceva, ma in questa aula si consumava l’ignominia.
Léa mi ha tenuto chiuso perché dice che sto male. Non ho più contatto con nessuno dei miei alunni e Filippo sembra mantenersi a distanza dall’arrivo dell’imperatore. Mi lascia ogni giorno del cibo e qualcosa da bere fuori dall’uscio. Lo vedo osservare dalla finestra, ma non ha il coraggio di aiutarmi ulteriormente. Sono oramai in balia della strega.
A volte, lei gira la testa in un modo così demoniaco che io non ho le forze di reagire. Sudo, ma la stanza è gelida.
Un giorno non ha aperto neanche le finestre. Canticchiava una strana melodia, mentre con la mannaia faceva a pezzi un capretto. Quando il sangue ha lordato le sue vesti, lo ha raccolto con le mani e poi se lo è portato alla bocca ghignando di gioia.
Ho avuto la nausea e mi sono precipitato alla latrina. Il fetore di quel luogo era un balsamo per il mio naso. Ho deciso di trascorrere lì del tempo steso tra i liquami e la sporcizia, allorché la porta ha preso a sbattere sui cardini. Se avessi potuto, mi sarei immerso fino al collo negli escrementi.
Ho snocciolato tutti i grani del rosario che porto sempre con me, finché non è diventato incandescente. Allora l’ho lanciato contro la parete e in quel momento la porta ha ceduto e lei è entrata. Con innaturale forza mi ha sollevato e mi ha messo in piedi sulla latrina, mentre con il piede ha chiuso la porta e con i suoi occhi fiammeggianti ha illuminato l’intero spazio. Era lorda di sangue e io ero sporco di merda. Rideva e ciondolava la testa. Mi ha abbassato le braghe e ha preso quello che nessuna donna cristiana dovrebbe prendere tra le mani. Ho provato a divincolarmi, ma la sua presa era salda. Più provavo a fermarla, più si faceva forte. Si è sollevata da terra incastrandosi in una posa innaturale all’angolo della latrina. Continuava a muovere la sua mano sul mio membro. Con la mano sinistra, la mano del demonio, ha sollevato la sottana mostrandomi il suo sesso, ridendo. Ha poi iniziato a toccarsi con violenza, continuando a ridere. Si penetrava con le dita luride procurandosi piacere. Io ho pianto e speravo che tutto finisse e che Dio prendesse a sé la mia anima, ormai corrotta; ma il supplizio non è cessato.
Léa si librava da terra aggrappandosi al mio sesso, mentre con l’altra mano proseguiva a procurarsi piacere. Poi i suoi occhi hanno preso fuoco e io mi sono sentito dannato.
Therese, mia diletta, mia cara, mio amore, mia salvezza, vi scrivo quest’ultima lettera cercando di scorgere il foglio mentre la luce della candela si affievolisce. Sarà il vostro cuore puro a ricevere la mia confessione.
Vi ho mentito fin dal nostro primo incontro. Non sono mai stato un vero maestro. Le uniche cose in cui sono maestro nella vita sono la menzogna e l’omicidio. Ho ucciso molti uomini per denaro e la mia anima era già corrotta da tempo, ma credevo sinceramente che la mia vita futura con voi sarebbe stata la mia redenzione. Avrei smesso di commettere peccato verso Dio e mi sarei consacrato a una vita pia, ma poi quella dannata pietra caduta dal cielo è diventata la lapide sulla mia tomba colma di peccato.
Sono passati due giorni da quel fatto. Le strade sono piene di vita, ma la scuola rimane chiusa. Il male ha ottenuto quello che voleva e la mia anima è dannata per sempre. Mancano pochi giorni al Santo Natale: io li trascorrerò in penitenza qui. Ho dei dubbi sulla mia redenzione, perché il male è diventato così denso intorno da non riuscire a far entrare più la luce di Dio.
Nel posto in cui andrò non so se arriveranno le vostre preghiere, ma spero voi sappiate che il mio amore è stato sempre sincero.
Il vostro amato Briac.
Ensisheim, 12 Gennaio 1493
Messer Horace,
presa visione della situazione, vi invio questo dispaccio per informarla.
Le cose sono peggio di quanto avessimo previsto. Briac è morto e ha lasciato il segno in questa comunità di campagna. Lo accusano di aver brutalmente ucciso una pia donna, una tal Léa, colei che si occupava della scuola e che lo ha ospitato durante il soggiorno. Il corpo della fanciulla è stato trovato nella latrina della scuola. È stata deflorata e poi soffocata negli escrementi.
Ho chiesto di ispezionare la scuola ancora chiusa. Tra le cose di Briac ho rinvenuto le lettere che vi siete scambiati insieme ad altre invece ancora sigillate, indirizzate a una certa Therese. Le ho aperte e poi subito bruciate, dato che descriveva i suoi deliri e i suoi molti crimini. Nessuno ha voluto accompagnarmi in quella visita perché è proprio nell’aula che è stato trovato il suo corpo. Era nudo e steso sul pavimento nella stessa posizione di Cristo sulla croce; aveva persino una corona di spine sul capo. Si è soffocato con il suo stesso vomito.
Ho parlato con i paesani e tutti hanno confermato la presenza molesta dell’uomo sin dal suo arrivo. Già dai primi giorni era stato preso come un uomo dedito all’ubriachezza, ma con il passare delle settimane è diventato sempre più terrorizzato e si aggirava per le strade urlando al demonio.
Per questa ragione è stato richiuso nella scuola durante la visita dell’imperatore Massimiliano.
Ora la parte che dovrebbe spaventarvi di più. Come sapete, il ragazzo è stato visto spesso in compagnia di Briac. Tutto rientra nei soliti metodi che egli utilizzava per svolgere il suo lavoro: doveva diventare suo compagno per poi colpirlo, ma si dice che quando i due consumavano i pasti era sempre il giovane “Le Beau” a offrire il vino a Briac. Gli uomini di Ensisheim sostengono che il ragazzo non permettesse a nessuno di offrire altro vino all’infuori del suo, sostenendo che il buon maestro meritasse solo il meglio.
Ho così deciso di visionare anche l’alloggio di Filippo. Dicono sia andato via in fretta il giorno successivo al ritrovamento del cadavere della povera Léa, lasciando ogni cosa all’interno della sua stanza presso la scuola. Quello che vi ho trovato spiega tutto e vi mette in grave pericolo. Tra le assi e il materasso ho rinvenuto un sacchetto di quella che chiamo “erba della strega", un medicamento assai potente che, preso in dosi costanti, può portare ad avere allucinazioni.
Il principe e dunque l’imperatore hanno scoperto sin da subito quale fosse l’obiettivo di Briac e lo hanno fatto fuori.
Se fossi in voi brucerei ogni traccia del vostro complotto e mi darei alla fuga come farò io. Non scrivete più.
C.