Il rapporto nonno-nipote, che è un po' il cuore della storia, più della foresta stessa, secondo me è anche il suo punto debole principale.
Il fatto è che la disabilità di Luna non è una disabilità vera. A che serve creare un personaggio con questo tipo di handicap se poi, per tutta la narrazione, l'handicap è come se non ci fosse?
Non solo al lettore arriva tutto quanto, dalle parole del nonno al fracasso della deforestazione, ma addirittura Luna bypassa il sordomutismo grazie alla dimensione magica nel quale riesce a parlare con il nonno stesso. Quel che voglio dire è che questo fa perdere molto valore alla sofferenza umana dettata dall'handicap, appiattendo tutti i personaggi e togliendo loro spessore.
Valeva la pena inserire questo provvidenziale elemento magico in una storia che, per il resto, non ha bisogno della magia per funzionare? Sa tanto di espediente letterario, peraltro non necessario, secondo me.
Al di là del rapporto nonno-nipote, che è tutto imperniato su questi dialoghi/monologhi al servizio del lettore, la trama è molto scontata e basata sui consueti punti fermi legati alla tematica ambientalista. Meno scontato il finale, dove il nonno sacrifica la foresta per ridare l'udito alla nipote ma, e qui mi ricollego all'elemento magico, era davvero così importante guarire un handicap che, per tutta la narrazione, non sembra creare chissà quale disagio?
Al lettore questa sofferenza proprio non arriva.
Non ho tra l'altro capito se il nonno sia sopravvissuto alla distruzione della foresta o in qualche modo sia scomparso con essa e quindi parli alla nipote, nel finale, per via magica.
La scrittura in sé non è male, ma ci sono tantissime ripetizioni. "Nonno", "Luna" e "foresta" compaiono troppe volte, spesso in maniera molto ravvicinata.
Il racconto nel complesso, per il mio gusto, non funziona come avrebbe potuto. Gli sarebbe servita un'impostazione radicalmente diversa, che gli avrebbe magari dato anche una verve in più.