Monsieur Etienne Dusoleil discendeva da una famiglia di famosi stampatori e ne seguiva fedelmente la tradizione. I libri Dusoleil erano conosciuti in tutto il mondo per l’eccezionale qualità della loro carta di una tonalità soffusa di avorio, per la perfezione dei caratteri impressi con un inchiostro nero velluto che li faceva risaltare senza affaticare la vista del fortunato lettore e per le meravigliose rilegature in soffice pelle che ancor più impreziosivano i numerati volumi destinati solo a pochi facoltosi collezionisti.
L’Atelier d’Imprimerie Dusoleil si trovava ormai da qualche generazione sempre nello stesso immobile di Rue de Rondeaux nel XX Arrondissement parigino a ridosso del conosciuto Cimitière Père Lachaise. La location forse non era delle migliori ma la casetta, dall’entrata sormontata da una grande architrave di forma triangolare quasi massonica, nella sua semplicità voleva essere ed era molto discreta. All’interno era stato costruito un forno in pietra vulcanica, la cui energia calorifica riscaldava, portandola fino a ebollizione, una grande vasca d’acqua nella quale la cellulosa in scaglie si macerava al fine di produrre una massa compatta che si sarebbe in seguito dovuta nuovamente sminuzzare e ridurre in polvere fine. Era a questo punto che gli ascendenti di Etienne, nella loro ricetta a lui poi tramandata, aggiungevano quell’ingrediente segreto che faceva assumere al foglio di carta quel colore delicato ed elegante dell’avorio, copiato, ma mai conseguito, dai pochi concorrenti del settore. Una semplice colla, sempre di ricetta casalinga, era aggiunta all’impasto per dare consistenza al risultato finale. Varie vaschette, profonde poco meno di mezzo braccio, ricevevano la mescola che veniva diluita percentualmente con acqua purissima, in ragione della grammatura del foglio che si voleva ottenere. La mescola sarebbe poi stata sollevata tramite un telaio particolare, dal quale si faceva sgocciolare l’acqua in eccesso, per andare a depositare, l’ancora umido foglio di futura carta, sopra un feltro, al quale avrebbe perfettamente aderito e che poi sarebbe stato appeso, come un normale panno, per un’ulteriore asciugatura. Seguiva quindi la composizione del libro e la sua stampa. Ma queste ultime fasi erano comuni a tutti gli stampatori e non erano quelle a contraddistinguere l’unicità del marchio Dusoleil. La scoperta della sua differenziazione fu causata da una banale indagine della DCPJ (Direction centrale de la police judiciaire).
Il commissario Helene Marchant era stata incaricata di verificare le attività di una piccola banda di giovani africani, molto conosciuti nel quartiere per i loro furti, spaccio e aggressioni. Come al solito i bulletti si erano rivelati molto più malleabili di quello che la loro fama di duri facesse credere e, portati uno a uno negli uffici di polizia, non solo avevano immediatamente ammesso quanto loro contestato, ma si erano anche lasciati andare a delle dichiarazioni spontanee su quella loro gang in fase di dissoluzione. Moltissimi loro compagni di razzia non si erano più fatti vedere e nel giro di vari anni il loro gruppo, una volta assai numeroso, era andato ad assottigliarsi a poco più di una dozzina. Erano praticamente spariti e nessuno sapeva dove fossero andati. Era senz’altro un’ottima cosa per la gente del quartiere ma, per pura curiosità femminile, il commissario volle indagare su quelle sparizioni e mise in azione un paio d’agenti. Sin dalle prime indagini le piste portarono i poliziotti a Rue de Rondeaux. I ragazzi entravano nell’Atelier e non ne uscivano più. Diventavano essenziali per la composizione di quegli splendidi libri.
Gli antenati di Etienne, sin dai primi anni dell’800, avevano scoperto di poter creare un’ottima cellulosa dalla bollitura di cartilagini, tendini e muscoli dei cadaveri di giovani negri appena sepolti, di cui si rifornivano senza problema alcuno, corrompendo dei guardiani del Père Lachaise. Dalle ossa erano riusciti a ricavare una finissima polvere che si tramutava in quel particolare colore avorio della loro carta. La pelle, opportunamente trattata, rilasciava quella pigmentazione nera con la quale fabbricavano il loro meraviglioso vellutato inchiostro e, una volta tornata bianca e soffice, costituiva il materiale perfetto per la rilegatura. Con l’arrivo della generazione di Etienne e l’avvento di nuovi guardiani del cimitero, queste operazioni erano state forzatamente sospese e l’unica possibilità per lui era stata di rifornirsi di materiale fresco sull’ampio mercato degli immigrati clandestini africani. Etienne li attirava con la scusa di un qualche lavoro ben pagato e, come entravano nel suo orribile mondo, immediatamente li uccideva, li scuoiava con abilità, poi separava con perizia chirurgica le ossa dalla carne e trattava i due componenti distintamente, secondo le precise istruzioni tramandategli dagli avi. Il seguito era normale produzione. Nella sua tipografia, rimasta ancora classica, avrebbe poi composto, con i singoli caratteri in piombo, le righe e le pagine. Quest’ultime, riunite per quattro legandole ai bordi con un semplice spago, sarebbero state depositate sul pianale di una piccola rotativa che, usando quell’inchiostro e quei fogli praticamente umani, avrebbe stampato gli ottavi fronte e retro che, una volta manualmente cuciti con meticolosa cura e raggruppati, avrebbero costituito gli agognati bellissimi libri delle edizioni Dusoleil. Edizioni che, d’ora in poi, con Etienne in prigione per tutta la sua vita, avrebbero senz’altro visto aumentare il loro valore in maniera... disumana.
L’Atelier d’Imprimerie Dusoleil si trovava ormai da qualche generazione sempre nello stesso immobile di Rue de Rondeaux nel XX Arrondissement parigino a ridosso del conosciuto Cimitière Père Lachaise. La location forse non era delle migliori ma la casetta, dall’entrata sormontata da una grande architrave di forma triangolare quasi massonica, nella sua semplicità voleva essere ed era molto discreta. All’interno era stato costruito un forno in pietra vulcanica, la cui energia calorifica riscaldava, portandola fino a ebollizione, una grande vasca d’acqua nella quale la cellulosa in scaglie si macerava al fine di produrre una massa compatta che si sarebbe in seguito dovuta nuovamente sminuzzare e ridurre in polvere fine. Era a questo punto che gli ascendenti di Etienne, nella loro ricetta a lui poi tramandata, aggiungevano quell’ingrediente segreto che faceva assumere al foglio di carta quel colore delicato ed elegante dell’avorio, copiato, ma mai conseguito, dai pochi concorrenti del settore. Una semplice colla, sempre di ricetta casalinga, era aggiunta all’impasto per dare consistenza al risultato finale. Varie vaschette, profonde poco meno di mezzo braccio, ricevevano la mescola che veniva diluita percentualmente con acqua purissima, in ragione della grammatura del foglio che si voleva ottenere. La mescola sarebbe poi stata sollevata tramite un telaio particolare, dal quale si faceva sgocciolare l’acqua in eccesso, per andare a depositare, l’ancora umido foglio di futura carta, sopra un feltro, al quale avrebbe perfettamente aderito e che poi sarebbe stato appeso, come un normale panno, per un’ulteriore asciugatura. Seguiva quindi la composizione del libro e la sua stampa. Ma queste ultime fasi erano comuni a tutti gli stampatori e non erano quelle a contraddistinguere l’unicità del marchio Dusoleil. La scoperta della sua differenziazione fu causata da una banale indagine della DCPJ (Direction centrale de la police judiciaire).
Il commissario Helene Marchant era stata incaricata di verificare le attività di una piccola banda di giovani africani, molto conosciuti nel quartiere per i loro furti, spaccio e aggressioni. Come al solito i bulletti si erano rivelati molto più malleabili di quello che la loro fama di duri facesse credere e, portati uno a uno negli uffici di polizia, non solo avevano immediatamente ammesso quanto loro contestato, ma si erano anche lasciati andare a delle dichiarazioni spontanee su quella loro gang in fase di dissoluzione. Moltissimi loro compagni di razzia non si erano più fatti vedere e nel giro di vari anni il loro gruppo, una volta assai numeroso, era andato ad assottigliarsi a poco più di una dozzina. Erano praticamente spariti e nessuno sapeva dove fossero andati. Era senz’altro un’ottima cosa per la gente del quartiere ma, per pura curiosità femminile, il commissario volle indagare su quelle sparizioni e mise in azione un paio d’agenti. Sin dalle prime indagini le piste portarono i poliziotti a Rue de Rondeaux. I ragazzi entravano nell’Atelier e non ne uscivano più. Diventavano essenziali per la composizione di quegli splendidi libri.
Gli antenati di Etienne, sin dai primi anni dell’800, avevano scoperto di poter creare un’ottima cellulosa dalla bollitura di cartilagini, tendini e muscoli dei cadaveri di giovani negri appena sepolti, di cui si rifornivano senza problema alcuno, corrompendo dei guardiani del Père Lachaise. Dalle ossa erano riusciti a ricavare una finissima polvere che si tramutava in quel particolare colore avorio della loro carta. La pelle, opportunamente trattata, rilasciava quella pigmentazione nera con la quale fabbricavano il loro meraviglioso vellutato inchiostro e, una volta tornata bianca e soffice, costituiva il materiale perfetto per la rilegatura. Con l’arrivo della generazione di Etienne e l’avvento di nuovi guardiani del cimitero, queste operazioni erano state forzatamente sospese e l’unica possibilità per lui era stata di rifornirsi di materiale fresco sull’ampio mercato degli immigrati clandestini africani. Etienne li attirava con la scusa di un qualche lavoro ben pagato e, come entravano nel suo orribile mondo, immediatamente li uccideva, li scuoiava con abilità, poi separava con perizia chirurgica le ossa dalla carne e trattava i due componenti distintamente, secondo le precise istruzioni tramandategli dagli avi. Il seguito era normale produzione. Nella sua tipografia, rimasta ancora classica, avrebbe poi composto, con i singoli caratteri in piombo, le righe e le pagine. Quest’ultime, riunite per quattro legandole ai bordi con un semplice spago, sarebbero state depositate sul pianale di una piccola rotativa che, usando quell’inchiostro e quei fogli praticamente umani, avrebbe stampato gli ottavi fronte e retro che, una volta manualmente cuciti con meticolosa cura e raggruppati, avrebbero costituito gli agognati bellissimi libri delle edizioni Dusoleil. Edizioni che, d’ora in poi, con Etienne in prigione per tutta la sua vita, avrebbero senz’altro visto aumentare il loro valore in maniera... disumana.