- Essere intera:
Il mare
Il mare era calmo e sconfinato, non ne vedeva il limite, lo sapeva indifferente alla storia, al tempo, all’uomo. Era lì a guardarlo, a pensare, stanco. Aveva letto da qualche parte che non bisogna guardare dentro l’abisso, perché poi lui comincia a guardare te. In momenti come quelli, se mai nella sua vita e nella sua carriera avesse mai vissuto un’esperienza simile, il Maresciallo Maggiore Aiutante De Martini Aldo ricordava il corpo appeso e senza vita di Roberta. Erano trascorsi anni, lui era ancora giovane e lei era bellissima, bellissima e malata, depressa. Una settimana prima l’aveva denunciata perché teneva nel negozio che gestiva alimenti destinati alla vendita in stato di cattiva conservazione. Sì, era bellissima, maledizione, e tante volte aveva fantasticato sul suo splendido corpo. Anche nel mentre che compì il suo dovere, quando le contestò il reato, la desiderò senza farsene accorgere. Era bellissima, ma non quando arrivò sul posto, appesa all’androne delle scale della sua abitazione, quando dovette fotografarla da ogni angolazione, con quel collo tirato, con i collant macchiati d’urina, sgraziata e tenuta sospesa con una corda da alpinismo che aveva comprato un’ora prima in ferramenta. Ne aveva visti di cadaveri, omicidi e suicidi, cervella sparse, corpi schiacciati. In quei frangenti era tutto impersonale, professionale, freddo, necessario. Con Roberta fu impossibile, percepì l’abisso che lo scrutava. Non se ne accorse nessuno, non conoscevano quella passione che De Martini covava verso quella donna. Non era mai stato così coinvolto nel suo mestiere. E’ stato in quella occasione che ha cominciato a sentire il bisogno di rivolgere lunghi momenti ad osservare i flutti marini e più in la l’orizzonte. Non era il mare indifferente e pacato che poteva sconvolgerlo, l’abisso era qualcosa di radicato nella mente, osservandolo sperava di essere a sua volta osservato da quella enorme massa d’acqua piuttosto che dai suoi sensi di colpa.
Stavolta era diverso, Suor Celestina non la conosceva. Aveva chiesto il trasferimento dalla Stazione Carabinieri al Reparto Operativo di Genova proprio per operare in contesti più ampi, dove fosse improbabile trovare altri cadaveri che avessero un volto conosciuto, o una denuncia penale a pesare su una persona depressa, un corpo desiderato. L’urgenza del mare era più forte che mai, non era la persona o il senso di colpa a coinvolgerlo malamente, era una situazione che sembrava non avere fine. Iniziò già nel contesto meno probabile, in un monastero, con il cadavere di una religiosa, con gli occhi cavati e nemmeno un rivolo di sangue sul suo corpo. Non ci furono dubbi sulla responsabile. Scoprì facilmente che Silvia Bacigalupo si trovava all’interno della Basilica dove stavano per essere ordinati dei sacerdoti. C’era anche il Vescovo. L’aveva detto ai Carabinieri della territoriale che non si trattava di una irruzione, che sarebbero dovuti entrati in abiti civili. Individuata la ricercata si sarebbero accostati a lei senza trambusto e l’avrebbero presa saldamente a braccetto, le avrebbero fatto capire che doveva seguirli. I suoi sensi erano all’erta, non temeva la suora assassina, piuttosto quel brivido che non ti abbandona mai mentre stai per fare un arresto. Sarebbe dovuto andare tutto senza intoppi, senza inutili rumori, senza scandali. Non aveva fatto i conti con il Brigadiere Cantamella “Top Gun” Luigi. E’ riuscito a sparare il colpo in aria dentro la basilica, il coglione, che dentro una Chiesa non è un colpo in aria, i calcinacci che seguono lo dimostrano. Un putiferio. Panchine rovesciate, gente urlante e fuggente, il Vescovo paludato a nascondersi riparato dall’ambone, Carabinieri immobili, insicuri, a guardare De Martini che doveva decidere qualcosa. E poi loro due: Silvia Bacigalupo e Padre Ezio Parodi. Lei, composta, tranquilla, indifferente a quanto accadeva intorno a lei, gli occhi quieti e fissi su un sacerdote appena ordinato. Della ricercata aveva ricostruito molto nel corso della veloce indagine. Nell’annotazione di polizia giudiziaria aveva rapportato il suo trascorso di tossicodipendenza, la sua improvvisa conversione e i cinque anni trascorsi dentro il convento di clausura offriva ben poco d’interessante dal punto di vista investigativo ma tracciavano efficacemente un percorso di vita. Di Padre Ezio invece non aveva mai sentito parlare, lo vide per la prima volta, non sarebbe stata l’ultima. Forse non avrebbe mai capito pienamente ogni dinamica di ciò che accadde in quella settimana maledetta dove avvennero troppe cose, troppe, e dentro la Basilica non era ancora l’epilogo.