Arturo,
prima che tu perda la testa per una bella studentessa di Lione e ti scordi della tua gemellina rimasta nella grigia Milano, eccoti la prima cartolina.
Solo per dirti bravo bro. Queste cartoline antiche di Milano sono tanta roba. Hai avuto un’idea strafiga: durante il tuo Erasmus, scambiarci le “cartoline del novecento”, come facevano i nostri nonni.
Questa, della stazione centrale con le carrozze, è bellissima. Riportale, mi raccomando.
A proposito, domani vado a casa di nonno Renato a sistemare un po’ di cose. Spero di non rattristarmi troppo.
Baci, baci, baci, Mara.
Lione, 10 marzo 21. Cartolina postale
Sorellina,
sono riuscito a trovare delle vecchie cartoline di Lione. Mi sa che mi hanno fregato, perché le ho pagate un botto.
Le cose qui vanno benino. Ragazze ancora niente, ma non dispero. Tu e la mamma mi mancate tanto, ma non glielo dire alla vecchia che poi mi sfotte. Papà viene la settimana prossima. Immagino che mi porti nel miglior ristorante di Lione pensando sempre di fare colpo. Spero che non porti la sua ultima fiamma, quella che va ancora alle medie.
Andiamo avanti che mi piace questo gioco, trovare la tua cartolina nella cassetta è stata un’emozione grande.
Tvb tanto tanto sorellina, Arturo.
Milano, 18 marzo 2021 Cartolina postale
Artù,
non puoi sapere che ho trovato fra le carte del nonno. Una lettera che ha scritto per il nostro diciottesimo senza mai inviarla. Chissà se non voleva proprio farlo o se non ne ha avuto il tempo. Scrive cose tenere e anche terribili.
Tu la sapevi la verità sulla vicenda della nonna? E secondo te la mamma la conosce?
Non so che pensare. Me la sono portata a casa per leggerla con attenzione. Domani ti faccio le foto e le mando con un msg. Fa niente che arriveranno prima della cartolina. Non riesco a tenere tutto per me e non ne voglio parlare ancora a mamma.
Che avesse ragione papà?
Un abbraccio. Non vedo l’ora di sentire una ragazza francese chiamarti Arturo con quella bella r arrotata tutta loro,
Mara.
Milano 19 marzo ore 10, msg di Mara
Ecco la prima parte della lettera del nonno. Porta la data del venti giugno del 2019. Il nonno ebbe l’infarto il 18, per questo non la l’ha mai mandata.
Carissimi Mara e Arturo,
oggi che diventate maggiorenni, ho pensato di farvi un regalo particolare e parlarvi di me e di vostra nonna. Siete grandi e penso che dobbiate conoscere la verità: sapete, come tutti, solo la versione ufficiale, quella che avrete letto su vecchi quotidiani o su Wikipedia.
In famiglia, lo sapete, vostra nonna non gode di buona fama. La famiglia di vostro padre la cancellerebbe volentieri dall’albero genealogico e, se potesse, farebbe lo stesso con me. Non è un’accusa, vostro papà è un gran lavoratore e un manager di successo e, quel che conta, vi vuole un monte di bene. Ma io e lui apparteniamo a generi diametralmente opposti e siamo, immagino, orgogliosi di esserlo. Impastati, chissà, con farine differenti.
Io e la nonna ci conoscemmo nel marzo del 1968. Io studiavo Economia alla Statale di Milano e facevo parte del Movimento Studentesco. Occupavamo e rioccupavamo l’Università: protestavamo per avere un’istruzione democratica e non elitaria. Per permettere anche ai figli degli operai di diventare dottori, senza che questo spaventasse la contessa. Giusto per parafrasare un verso della canzone che divenne uno degli inni del sessantotto. L’avete sentita tante volte, ovviamente, solo a casa mia.
Il 25 di marzo ci furono scontri durissimi fra studenti armati solo delle loro mani e di qualche asta porta bandiera e la polizia in assetto di guerra.
Era scoppiato la rivolta dei giovani, prima nei campus americani dove gli studenti protestavano contro la guerra del Vietnam, poi a Roma, Milano, Parigi. Fu il tappo che tenta di saltare da una bottiglia di spumante agitata. La crescita economica aveva dato un po’ di benessere generalizzato ma la ricchezza era concentrata ancora nelle mani di pochi e la società civile era ancora repressa da una cultura classista, clericale e maschilista. Pensate che in Italia non era possibile divorziare, ma era tollerato uccidere una moglie adultera, invocando il delitto d’onore.
Nella foga degli avvenimenti, il gruppo di Economia si disperse e io mi trovai da solo. Girato di corsa un angolo di via Pantano, vidi un ragazzo per terra. La testa gli sanguinava, un occhio era nero e gonfio. Parlava con difficoltà, l’avevano colpito anche in viso, le labbra erano gonfie. I manganelli del reparto celere non erano grissini. Lo conoscevo di vista, era uno studente medio dell’Istituto Agrario. Sarebbe diventato zio Artù, il mio più caro amico.
Mi spaventai sentendo dei passi alle mie spalle. Mi girai e la mia vita cambiò per sempre. Stava arrivando di corsa la nonna. Voi forse non ci crederete, ma io ricordo perfettamente come era vestita. Se fossi un pittore, dipingerei mille volte l’immagine che ho stampata indelebile nella mente. Una gonna di lana con un disegno beige scozzese che le arrivava poco sotto il ginocchio, una camicia bianca e un cardigan nero che probabilmente le si era aperto nella corsa. Aveva diciotto anni, come voi oggi.
I capelli erano neri e lisci e le arrivano fino alle spalle. Fra i capelli, un viso ovale e delicato e due occhi vivaci e curiosi. Emanava una luce colorata. Se qualcuno avesse scattato una foto in bianco e nero, sviluppandola, lei sarebbe comunque venuta a colori.
“Ciao, io sono Margherita”.
Eccoci qui. Per la prima volta, tutti insieme: io, Margherita e Arturo. Amici e compagni da quel momento inseparabili. Allora avremmo detto più compagni che amici. Compagni e amanti, io e lei lo saremmo diventati solo due mesi dopo, quando finalmente la baciai.
Per me, dire maggio del sessantotto significa anche celebrare la rivoluzione di quel bacio.
Lione, 19 marzo ore 10,10, msg di Arturo.
Io conoscevo già la storia di come il nonno avesse conosciuto zio Arturo. Da dove fosse venuto questo nome un po’ demodé era mio diritto saperlo.
Cmq è proprio una storia tenera. La nonna era morta da 40 anni, ma io ricordo che gli occhi del nonno ancora si illuminavano ancora quando parlava di lei. Cosa c’è di tanto scandaloso? Potessi conoscere io una ragazza che rimane a colori anche in una foto in bianco e nero.
Milano 19 marzo ore 10,15. msg di Mara.
Ora inizia la lezione. Ci si dopo. Ci sono notizie esplosive.
Milano 19 marzo ore 18. msg di Mara.
Lettera del nonno seconda parte.
Voi siete nativi digitale e avrete sicuramente fatto delle ricerche in rete. Nonna Margherita è stato un personaggio minore di quegli anni straordinari e terribili, ma qualcosa si trova.
Uccisa dalla polizia durante un tentativo di rapina. Questo avete trovato scritto su internet. Probabilmente organizzata per finanziare una organizzazione terroristica di estrema sinistra. Terrorista, quanto odiava quella parola la nonna. Rivoluzionari e guerriglieri, ecco come ci saremmo definiti allora. Ma abbiamo finito per seminare terrore e dolore, facendo tanto piacere a chi la rivoluzione, quella vera, non voleva che accadesse mai.
Oggi, fate diciotto anni. La vostra nascita ha realizzato una missione impossibile: trasformare un giorno di dolore, in un giorno di festa. La coincidenza - sarà poi solo una coincidenza? - che voi siate nati nello stesso giorno della sua morte mi ha sempre stranito, tanto da credere, appunto, che coincidenza non sia. Il venti giugno la primavera vince la sua rivoluzione contro l’inverno e, come un soldato leale, si fa da parte per lasciare il campo all’entusiasmo travolgente dell’estate.
Se vi raccontassi come andavano le cose negli anni Settanta, non ci credereste. Allora si viveva mangiando pane e politica. E poco importava se fosse mancato il pane. Noi tre vivevamo solo per cambiare il mondo. Io e la nonna anche l’un per l’altra, ma questo ci faceva quasi sentire in colpa. L’amore, a quei tempi, poteva apparire un pericoloso lusso borghese. Tutto era drammaticamente duale: il progresso e la reazione, la rivoluzione e la controrivoluzione, la borghesia e il proletariato. Dovevi decidere da che parte stare e con chi stare. Tutto sembrava totalizzante. Odio gli indifferenti, aveva detto qualcuno ben più grande di noi, alcuni decenni prima. E non si poteva rimanere indifferenti, quando la rivolta riempiva le piazze.
A pensarci adesso furono anche anni bellissimi. O, forse, eravamo solo giovani e innamorati, chissà. Io sicuramente innamoratissimo di vostra nonna e di un’idea.
Ai primi di maggio del settantaquattro, quando io ero un giovane laureato in Economia e Commercio e Margherita era al sesto anno di medicina, scoprimmo che era incinta. Non avevamo programmato la nascita di vostra mamma, ma fummo felici. Era il nuovo che avanza, in tutti i sensi. Per compiacere i nostri genitori ci sposammo; in comune, ma ci sposammo. E facemmo una festa bellissima, nel casale fuori Milano di Libero, il papà di Arturo, che era stata partigiano durante la resistenza. Solo noi giovani, solo noi compagni. Un matrimonio comunista, così lo chiamammo.
Non ridete, ragazzi. Vi ho detto, erano altri tempi.
Tempi che purtroppo diventavano sempre più duri: la polizia uccide due braccianti ad Avola, e poi Piazza Fontana, Reggio Calabria, Piazza della Loggia, vari studenti uccisi qui e lì. Quelli che volevano che nulla cambiasse si erano organizzati e si erano fatti più aggressivi. Ci sembrò che alla violenza, occorresse rispondere con altra violenza. Noi tre, insieme ad altri, saltammo il fosso e scegliemmo la lotta armata.
Lo so che cosa state pensando; il nonno che conoscete odia la violenza.
Come vi ho detto, erano altri tempi, e questa volta non c’è nulla da ridere.
Milano, 19 marzo ore 18,30, msg di Mara.
hai letto? Allora anche il nonno era terrorista. Come diceva papà.
Lione, 19 marzo ore 18,35, msg di Arturo.
Lascia stare papà. Per lui sono terroristi tutti coloro che voglio far pagare le tasse o garantire l’istruzione e la sanità uguali per tutti. E Gesù sarebbe stato un pericoloso comunista.
Cosa dice il nonno ancora?
Milano, 19 marzo ore 18,40, msg di Mara.
Lettera del nonno, terza parte.
Quel venti giugno sarebbe stata la nostra prima azione. Una rapina di autofinanziamento. Avevamo scelto una piccola filiale della Banca dell’Agricoltura in un paesino del Biellese, Pettinengo. Un piccolo comune, senza stazione dei carabinieri, dove le misure di sicurezza all’interno della filiale erano del tutto inesistenti. Sarebbe stata la prima azione del NPO, Nuovi Partigiani Organizzati. Fu la prima e l’ultima, perché il gruppo si dissolse subito dopo.
Doveva essere una cosa semplice: avevamo due pistole, una finta e una vera. Toglievamo un po’ di soldi a chi ne aveva tanti per finanziare la lotta per un mondo più giusto. Estraemmo a sorte i membri del gruppo operativo. Il caso scelse me e vostra nonna. Un altro ci avrebbe atteso in auto col motore acceso. Il suo nome è irrilevante, ma conoscerlo vi sorprenderebbe perché oggi è un opinionista, di destra. È sempre in tv e a vostro padre piace tanto.
Margherita volle prendere la pistola vera. Ci infilammo i passamontagna ed entrammo in banca.
“Mani in alto, questa è una rapina”. L’esordio fu un classico.
Le facce terrorizzate dei dipendenti ci tranquillizzarono, cominciarono a mettere i soldi nella borsa che avevamo passato loro.
Quando, all’improvviso, la porta del bagno si aprì e ne uscì un poliziotto più che cinquantenne. Non ci aveva sentito, ma per quanto sorpreso, capì subito cosa stesse succedendo ed estrasse la pistola. Non era un supereroe, ma un poliziotto che credeva nel suo mestiere e che ci tenne a fare il suo dovere. E, a pensarci ora, so che fece bene.
Puntò l’arma verso vostra nonna che gli era più vicina.
Lei avrebbe avuto tutto il tempo di sparare.
Gridò solamente: “Butta l’arma”.
La nonna non sparò, non volle sparare e fu sparata. Più o meno la storia di De André e della guerra di Piero, anche questa l’avete sentita tante volte a casa mia.
Il poliziotto spostò l’arma verso di me. Al contrario di vostra nonna, io non avrei potuto sparare neanche volendo. Altrimenti, confesso, l’avrei fatto, ero pieno di rabbia e dolore. Se l’avessi fatto, le vittime sarebbero state due. La nonna e il poliziotto che faceva il suo lavoro. Mi voltai e scappai.
“Fermo o sparo”, gridò.
Era un brav’uomo e non mi sparò alle spalle. Neanche mi inseguì. Lessi poi che tentò di rianimare la nonna, senza successo. Se lo incontrassi oggi, lo ringrazierei.
Conobbi il retroscena solo il giorno dopo dai giornali. Un poliziotto che abitava nei pressi della Banca aveva quel giorno avuto un bisogno impellente, tanto impellente da chiedere di usare il bagno della filiale. Risolto il suo problema e aperta la porta del bagno, aveva trovato due rapinatori con le pistole spianate ed aveva fatto quel che andava fatto. Una colica intestinale e un bagno d’emergenza decisero il destino della donna che amavo.
Lione, 19 marzo ore 18,40, msg di Arturo.
Hai visto? L’unica a farsi male e a rimanerci è stata la nonna. E probabilmente è successo perché non voleva fare del male a nessuno. Volevano fare la rivoluzione ma usavano pistole a salve. Volevano cambiare il mondo, ma il mondo ha stravolto le loro vite.
Dai, continua, sembra una fiction.
Milano, 19 marzo ore 18,45, msg di Mara
Allora, devi aspettare la prossima puntata. Ora devo uscire con Simone che se vede che messaggio con te, mi rompe che siamo simbiotici.
Ti mando tutta la lettera e domani la commentiamo. Datti da fare con le francesi, non fare il timido.
Ciao gemellino
Lione 20 marzo ore 9, msg di Arturo
Sis, sei sveglia?
Lione 20 marzo ore 9,05, msg di Arturo
Ok. Dormi ancora.
Io fra un po’ vado a lezione. Ho letto tutta la lettera. E io sto col nonno. E anche il nonno della mamma era un grande, mi è piaciuta la parte in cui si incazza con nonno Renato e gli fa un culo come una capanna.
Raccontai tutto a mio padre che si arrabbiò tantissimo. Da militante del PCI, aveva capito che chi usava le armi, era uno che faceva il gioco dei padroni. Lo vidi piangere, come non l’avevo visto mai.
Fra le lacrime, mi disse: “Coglione, sei un coglione. Hai rovinato Margherita, te stesso e anche Vittoria”.
Bene hanno fatto, il padre del nonno e Libero a organizzare le cose per non fare incolpare il nonno. Testimoniarono che quella mattina il nonno era da un’altra parte, a trasportare con lo zio Arturo della frutta per il negozio di Libero. Un amico di Libero, che era stato in montagna con lui, testimoniò a favore del nonno. Bravi.
Non mi ha stupito sapere che il nonno fosse stato brutalmente picchiato durante gli interrogatori. D’altra parte, anche oggi succedono cose di questo tipo, basta pensare a Cucchi. Figuriamoci allora. Sono stato contento che alla fine sia stato assolto. Di fatto non aveva fatto nulla di male, ed era stato strapunito dalla morte di nonna.
Qui mi sono commosso.
Spero che la notizia che quel giorno di giugno in banca con nonna ci fossi anche io, non vi abbia sconvolto.
Questa volta non me la caverò dicendo che erano altri tempi. Io, la nonna e Arturo abbiamo sbagliato. Lo so da tanto tempo, da quella sera del venti giugno del settantasette. Il fatto che la nonna non avesse sparato probabilmente dimostra che lei l’aveva capito anche prima di me.
Non si può costruire un mondo più giusto impastando sogni e ideali, per quanto nobili possano essere, con il sangue di vittime innocenti, come il poliziotto che quel giorno di giugno, per una colica intestinale, si trovò a uscire dal bagno di una banca, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Politicamente, mi considero uno sconfitto; l’unica Vittoria che ho frequentato è stata vostra mamma.
Non sono stato in galera che pochi, durissimi, mesi. Ma ho subìto l’ergastolo di perdere la nonna e di sentirmene responsabile. Nella vita ho finito per fare, ironia della sorte, il bancario. Ora finalmente in pensione. Ma quello che ho preferito fare è il nonno.
E per me l’ha fatto benissimo. Mi manca un botto. Ci si sente stasera sis.
Milano, 20 marzo ore 18,45. msg di Mara
A proposito di casi e coincidenze, Artù. Oggi il prof di sociologia ci ha parlato di un libro: La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi di un certo Revelli. E parlava di una bizzarra contraddizione, il mondo adesso è molto più diseguale e ingiusto rispetto agli anni Settanta e pure, c’è meno dissenso sociale. Come se adesso fossimo più disponibili ad accettare le ingiustizie e le diseguaglianze o semplicemente meno critici su come vanno le cose. Sarebbe stato carino parlarle col nonno.
Ti chiamo più tardi così ne parliamo noi.
Milano, 20 giugno 21, Cartolina postale
BUON COMPLEANNO BRO.
Questa è l’ultima cartolina vintage che mando. Fra venti giorni torni a casa. Voglio copiare il finale della lettera del nonno, come se ce l’avesse mandata lui.
Cari nipoti,
vi voglio un bene immenso. Ero sicuro che non avrei mai potuto amare qualcuno più di vostra mamma e vostra nonna; poi siete nati voi. Con questa lettera, vi chiedo perdono per l’effetto che le mie scelte di allora hanno avuto su di voi e sulla mamma.
Non abbiamo sbagliato a rivoltarci; spesso, la rivolta è un imperativo morale. Ci siamo rivoltati nel modo sbagliato.
Spero che voi, Greta, e gli altri giovani riusciate dove noi abbiamo fallito. Imparate dai nostri errori, non cercate di far cambiare strada alle nuvole, ma costruite un mondo che sia, almeno un po’, migliore di quello che vi abbiamo lasciato.
Con tutto l’amore del mondo, nonno Renato.
Lione, 27 giugno 21, Cartolina postale.
Ultima anche per me. Fra poco più di una settimana torno a casa. Appena possibile andiamo dallo zio Arturo e parliamo del nonno. Tutta la sera. Voglio chiedergli tante cose.
Glielo dice tu a mamma che Margot scende con me e sta un po’ a Milano con noi? Ti piacerà, vedrai.
TVTTB, Arturo