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Messaggio Da Different Staff Ven Feb 18, 2022 3:46 pm

Buio.
Non assenza di luce ma presenza. Di tenebra.
Buio di palpebre chiuse e sigillate. Di occhi strappati.
Buio che soffoca, che entra nei polmoni come un fluido denso e maligno.
Buio e silenzio.
Silenzio abissale. Solo sporcato dal falso fischio di un acufene.
Le orecchie: ci sono ancora? Alza una mano per controllare. Pochi centimetri e il movimento incontra una resistenza.
Sopra, sotto. Dov’è? Il sopra?
Cerca di muoversi. Non può. Un ginocchio si blocca contro un muro di durezza. Si gira, ci prova. Non può.
Dolore al petto. Fortissimo, insopportabile. E prurito anche.
Non deve arrendersi al panico. Resistere. Capire dove si trova: ecco cosa deve fare. Pensare. Respirare.
Deve. Bloccare. Il. Panico.
C’è una specie di parete di legno grezzo a pochi centimetri dal suo corpo che impedisce il movimento. Di fianco e sotto. È in una scatola. Deve uscire. Uscire subito. Muoversi. Subito. Muoversi, respirare, grattarsi.
Spinge con la testa, con la fronte, con la nuca, con il naso, con le ginocchia, con i gomiti. Raschia con le unghie. Sanguina. Batte con le nocche fino a che sente qualcosa rompersi dentro. Niente. Le pareti e la tenebra circondano, avvolgono, sovrastano, stringono.
Il respiro. Manca il respiro.
E alla fine arriva.
Il panico.
È un urlo che offusca ogni pensiero, che spalanca la bocca e che fa muovere i muscoli in modo incontrollato provocando altro dolore.
Urla mentre sangue, liquidi e umori defluiscono dal suo corpo e si raccolgono sotto, sopra, intorno.
Urla e continua urlare. Non può fare altro.




Il sole si riflette sulla lama del coltello e per un attimo il lampo abbaglia la donna. Il movimento del polso si ferma poi riprende preciso. Una scheggia di legno schizza via e si perde sulla neve scintillante, più in basso. La donna allontana il lungo oggetto intagliato, lo mette in controluce verso il cielo azzurrissimo e lo rigira per valutare il risultato. Scuote piano la testa, riavvicina il coltello al legno e stacca un altro invisibile frammento. Respira soddisfatta ora. Il fiato si condensa in una nuvoletta che risplende nel sole e in un attimo scompare.
Il gatto acciambellato sulla coperta che lei ha in grembo alza la testa, rimane un istante in ascolto poi balza a terra e rientra in casa attraverso un varco nella porta.
Appena visibile sotto il colbacco di pelliccia, il labirinto di rughe intorno agli occhi azzurri della donna si contrae quando sulla neve compare un’ombra. Lo sguardo ceruleo si muove verso la nuova presenza e poi si riporta sul pezzo di legno di bosso.
La neve scricchiola mentre viene pestata. Due pesanti scarponi militari salgono le scale ed entrano nella veranda lasciando scie di acqua e fango. La camminata non è regolare, una gamba pare rigida e trascinata, l’altra leggermente storta. Una lunga canna di fucile balla da dietro la schiena.
La vecchia intaglia ancora una volta il legno e poi alza la testa a inquadrare il nuovo venuto fermo nella veranda, controsole, a poca distanza da lei.
L’uomo fa un passo in avanti. Lei lo fissa. Ora che si è spostato non è più un’ombra controluce. La divisa mimetica bianca e grigia è lacera, vecchie macchie di sangue induriscono il tessuto in più punti. Il fucile è incrostato di terra. Una profonda cicatrice attraversa il cranio dell’uomo dall’orecchio destro fino a quello sinistro, così profonda che anche l’osso pare intaccato, come se fosse stato solcato da un vomere. Il tessuto del collo è grinzoso e cicatrizzato, come per via di una profonda ustione risanata.
- Ho sete – dice il soldato con una voce graffiata, e l’odore che porta è di marcio. Il respiro è affaticato.
La donna lo guarda ancora per qualche istante poi si alza, appoggia coltello e legno sulla sedia, rientra in casa e dopo poco ritorna con una tazza fumante. Gliela porge, si risiede e con un gesto indica all’altro una panca. Riprende la sua opera di intaglio, la testa bassa verso il legno.
Chi sei? – Dice la donna piano. La mappa di rughe sul suo volto rimane impassibile e lo sguardo è impenetrabile come ghiaccio antico.
- Sto camminando - l’uomo si sfila il fucile e si siede atterrando sulla panca come un sacco di sabbia bagnata – da giorni. Da settimane. Sono stanco.
Il coltello si muove sul legno. Il gatto fa capolino dal pertugio della porta, si guarda intorno e poi rientra in fretta in casa. Con un fruscio e un tonfo attutito, da un pino lontano cade un mucchio di neve.
- Non fa freddo – dice lui, come a dover riempire quel silenzio fatto di sole e di riflessi – per essere gennaio.
La donna guarda la gelida luminosità del cielo e l’intensità fredda e illusoria del sole invernale. Alza le spalle.
- Sono un reduce – la voce dell’uomo sembra una lama sull’ardesia - dell’invasione russa. Sono fuggito dopo l’esplosione dei reattori nucleari.
- Nessuno – la voce di lei è un sussurro roco – si è salvato dall’esplosione di Rivne.
- Io sì.
- E il fronte – continua la donna lentamente, come se si dovesse riabituare a usare la voce dopo lungo tempo – è distante almeno duecento chilometri. E in mezzo ci sono tutte le foreste e le paludi del Prypiat-Stokhid.
- Sto camminando - il tono di voce del soldato è leggermente irritato ora – da settimane.
L’uomo respira rumorosamente.
- Sono stanco – riprende dopo un po’ – e ho fame.
La donna si rialza, entra in casa e ritorna con un tozzo di pane. L’uomo immerge la pagnotta nella tazza calda e mangia in enormi, avidi bocconi. Il movimento è sicuro nonostante la profondità delle cicatrici che si intrecciano sul dorso della sua mano.
- Mi ospiti – continua lui con la bocca piena - finché non mi sarà ripreso? Poi dovrò ricominciare la mia ricerca.
Non è una domanda e la donna non risponde. Alza la testa e guarda la cicatrice sulla testa dell’uomo.
- Lo so – il soldato si passa un dito nel solco tra le orecchie – fa una certa impressione.
- Già – risponde la donna.
- Ti faccio paura? – chiede il soldato. Più che una domanda sembra una minaccia.
- Da qui passano poche persone – non risponde lei - e chiunque arrivi è sempre benvenuto.
Entrambi guardano la neve sui pini e sul piccolo campo che si estende davanti al portico. Si vedono le tracce appena lasciate dai passi del soldato, come una cicatrice su quel manto immacolato.
- In genere la tengo coperta – dice l’uomo continuando a toccarsi il solco sulla testa. Si è fatto più ciarliero ora con qualcosa nello stomaco – con l’elmo o con un cappello, ma oggi sono stanco e tanto tu sei vecchia.
- È profonda – dice lei.
- Me la sono fatta – dice il soldato - nel corso di un assedio.
- Non sembra una ferita recente – lo asseconda lei – e l’assedio di Kiev è stato pochi mesi fa.
- No Kiev non c’entra. È stato prima – la vece del soldato si fa più aspra – durante l’assedio di Belgrado.
Silenzio.
- La Serbia – dice lei dopo un po’, con un dubbio nella voce - non è in guerra.
- Ora, nel 2023 no – lo sguardo di lui è offuscato per la rabbia, per pazzia o forse solo per la stanchezza - ma nel 1450 sì. È stata un’alabarda dei Giannizzeri di Maometto II a conciarmi così.
La donna non commenta. Un pesante insetto passa ronzando tra le colonne della veranda e va a perdersi nel bosco. Il gatto fa capolino dal pertugio e si avventura con qualche passo esitante sulle fredde assi di legno, spinto dalla curiosità.
- Ho ancora sete. – la lama della voce del soldato stride sulla lavagna.
La donna rientra in casa e ritorna con una bottiglietta senza etichetta mezza piena e con un bicchierino da vodka. Lui ignora il bicchiere e beve una lunga sorsata a canna.
- Sai – continua - cos’è un’alabarda?
La donna non risponde.
- Un’alabarda è una specie di ascia montata su un lungo bastone.
- So cos’è – la vecchia sussurra.
- Può spaccare un uomo in due.
Il gatto salta sul grembo della donna a godersi il sole. Il bosco allunga le sue ombre sul piccolo podere innevato fino a lambire la casa, che è poco più di una capanna con il tetto in paglia e la piccola veranda porticata.
- Così – dice la vecchia – ti sei ferito durante l’assedio di Belgrado.
- Già.
- Seicento anni fa.
- Circa.
- Perché – le rughe si contraggono intorno al ghiaccio dei suoi occhi - me lo racconti?
- Perché ogni tanto devo parlarne, sfogarmi, ricordarmi da dove vengo e cosa sto cercando.
- E vantarti?
- Forse. E poi perché tu sei una vecchia contadina. Nessuno ti crederà anche se dovessi dirlo in giro. E poi presto sarai travolta dalla guerra. O da qualcos’altro.
- Forse – risponde lei.
Un boato lontano fa alzare uno stormo di uccelli dal bosco.
- La guerra.
- Già.
Un gruppo di aerei lascia una serie di strisce bianche vicino all’orizzonte.
- Se mi porti un altro pezzo di pane – dice l’uomo - ti racconto. Si sta bene qui, ed è da troppo tempo che ne non parlo.
La donna entra in casa e ritorna con un’altra pagnotta che lui mangia in quattro bocconi.
- Raccontami e ti ospiterò a lungo – dice lei.
- Mi arruolarono a forza – il soldato beve una lunga sorsata per mandar giù le ultime briciole e un rivolo di vodka gli cola lungo una delle cicatrici sul collo - prelevandomi dal mio campo in un villaggio che ora non esiste più, a sud di Buda. Per anni ho fatto il mercenario in varie campagne e scorrerie. Nel 1456 andammo a Belgrado dove l’esercito di Maometto II stava assediando la città. Per qualche motivo decisero che ero adatto a fare la spia e mi mandarono a far finta di disertare tra le righe nemiche. La tentazione c’era: noi eravamo in pochi e loro avevano forze, navi e cannoni in soprannumero. Gli ottomani non si fidarono e mi tennero prigioniero mentre le nostre armate riuscivano inaspettatamente a sfondare e ad avere la meglio. Maometto II prima di ritirarsi ordinò ai giannizzeri di eliminare tutti i prigionieri e a me capitò un colpo di alabarda in testa.
Il soldato guarda la contadina in cerca di una reazione, ma gli occhi di lei rimangono impassibili nel loro nido di rughe.
- I nostri – continua il soldato finendo la bottiglietta in un’unica, lunga sorsata – mi raccolsero incosciente. Ripresi i sensi non so quanto tempo dopo mentre parlavano di me. Uno diceva: “Com’è possibile che questo non sia ancora freddo?” Un altro: “Ha la testa aperta in due.” Un terzo: “Muove gli occhi, è un mezzo miracolo.” Un altro ancora: “Giovanni da Capestrano lo ha curato con un suo unguento perché aveva finito la teriaca”.
L’uomo scruta ancora la contadina che si alza, entra in casa e ritorna con un’altra bottiglietta di vodka. Il soldato svita il tappo, beve un abbondante sorso del denso liquido cristallino e chiede: - Non mi credi?
La donna alza impercettibilmente una spalla.
- Guarda – dice lui e si apre la divisa. Il petto appare glabro e attraversato da parte a parte da un avvallamento dove potrebbero passarci tre dita. Le costole sono tutte spigoli e angoli, come sminuzzate e ricomposte senza criterio. Una serie di buchi di varia profondità e ampiezza costellano montagne e avvallamenti di carne cicatrizzata. Difficilmente si potrebbe riconoscere in quei grumi di carne e ossa l’anatomia di un corpo umano.
- Non ti mostro – continua – la schiena perché non ho voglia di spogliarmi. Mi credi?
La donna risponde con un ambiguo cenno della testa. Accarezza il gatto.
- Ti consiglio – la vodka nella bottiglietta diminuisce a ogni sorso e il tono di lui si fa più ruvido, alcolico e minaccioso - di credermi, e di aver paura.
- Ti credo.
- In poche settimane – continua lui - mi ripresi e la mia ferita si rimarginò. Giovanni da Capestrano, il santo, medico e condottiero che guidò parte dell’armata e che mi curò, mi nascondeva. Mi diceva: “Se ti scoprono, sentiremo entrambi l’odore del rogo.” Oppure: “Sei un miracolo o un demonio, ma voglio capire.” Oppure: “La teriaca non funziona ma il mio unguento sì. Era un esperimento, devo rifarlo.” La battaglia era vinta ma la pesta imperversava tra gli accampamenti. Un giorno anche il Capestrano fu colpito dalla malattia e in pochi giorni morì. Io non ho avuto neanche un raffreddore.
Sorsata di vodka. Carezza al gatto. Neve che cade da un pino. Ombre che si allungano. Freddo più intenso.
- Volevo - prosegue impastato il soldato - capire anche io. Volevo avere quell’unguento. Frugai tra i suoi averi e trovai un quadernetto di pergamena che rubai e fuggii. – Il racconto del soldato viene interrotto da un prepotente singhiozzo alcolico. - Non sapevo leggere, sapevo solo combattere. E combattei a lungo, ero un mercenario feroce e temerario. Ho ucciso più io della lebbra. E ogni volta che venivo colpito da qualsiasi tipo di arma soffrivo, rimanevo incosciente per qualche giorno magari, poi mi rigeneravo. Finalmente imparai a leggere e sulla pergamena scoprii gli ingredienti dell’unguento.
- Miele di tarassaco del Mar Morto, - sussurra la vecchia, come recitando un lamento funebre - veleno di vipera nera, salgemma di Petralia Soprana e zafferano raccolto tra i fiumi Nistro e Boristene.
- Tu… - l’uomo si alza, barcolla, ricade sulla panca. – Tu… come fai a sapere queste cose?
- Il campo di zafferano – continua lei – deve essere coltivato a crocus da almeno venti generazioni.
- Sei – l’uomo balbetta ora – una strega.
- Ti stavo aspettando, soldato – la donna accarezza il gatto. – Sono centinaia d’anni che ti aspetto.
- E io sono centinaia d’anni – il soldato muove sconsolato la testa - che sto cercando questo campo di zafferano. Ho girato tutto il bassopiano Sarmatico, ho esplorato ogni valle dei Carpazi, ogni metro delle sponde di ogni fiume.
- Ora sei arrivato – la conformazione delle rughe sul viso della donna è mutata ora, a formare una rete quasi regolare, una ragnatela dalle sorprendenti simmetrie. – Lo vedi questo terreno innevato? È il campo di zafferano che tanto cercavi. A ogni ottobre qui è una distesa di fiori viola. Lo coltivo io con tanta cura, da tanto tempo.
- Finalmente! – grida lui, con voce stridula. Ha le gote paonazza dall’alcol e la voce impastata – ho gli altri ingredienti con me. Vecchia, sarai una strega ma mi hai portato ricchezze infinite. Diventerò immensamente potente vendendo l’unguento dell’eterna guarigione.
- Su quella pergamena – la donna si alza. Il gatto salta sul pavimento e corre in casa - non c’era scritto tutto.
- C’erano – il soldato si fa serio – le proporzioni esatte di ogni componente.
- Lo zafferano – la donna si avvicina – anche nella giusta dose, da solo non è efficace.
- Cosa vuoi dire? – lui è allarmato.
- Voglio dire – è sempre più vicina - che c’è bisogno di te.
La mano destra della donna brandisce il legno acuminato e fa per colpire l’uomo in testa. Il soldato si scansa, lento per via dell’alcol e della stanchezza. La mano sinistra di lei impugna il coltello che penetra nella carne dell’uomo da sotto lo sterno. Gli occhi del soldato guardano sorpresi verso il basso. La donna spinge in alto la lama fino a incontrare il cuore.
Tanto - La bocca dell’uomo si contorce in un ghigno mentre fiotti di sangue fuoriescono tra i denti – non mi puoi uccidere.
- Non ti voglio uccidere – la donna spinge ancora in su la lama e la torce per devastare quanto più possibile. – Non ti posso uccidere. Per poter essere un ingrediente efficace, lo zafferano deve essere anche concimato dal sangue, dal corpo e dai liquidi di un non-morto. Quello prima ha esaurito la maggior parte della sua forza. Ora finalmente sei arrivato tu. Ti stavo aspettando.
L’uomo cade a terra trascinando con sé il coltello piantato nell’addome. La donna colpisce ancora la testa del soldato con legno, fino a cavargli gli occhi.
- Ora, finirai sottoterra – sussurra - per l’eternità e per l’eternità fertilizzerai il mio zafferano.


Buio.
Dolore.
Il panico lentamente defluisce ma è sostituito da qualcosa di ancor più terrificante.
La consapevolezza. La memoria.
Il soldato ricorda dov’è e perché è lì, in quella bara sottoterra. Non morirà. Non può morire.
Urla e continua urlare. Non può fare altro.
Nessuno lo sentirà.
Per sempre.
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Messaggio Da Petunia Sab Feb 19, 2022 2:10 pm

Ciao autor@. Immaginavo che in questo step avremmo letto delle storie bellissime. E la tua lo è, senza riserve. 
Il ritmo lento consente di visualizzare appieno le scene, di assaporarne i dettagli che trovo estremamente curati. Una bella scrittura capace di tenere incollato il lettore, di fargli vivere la scena.
Non ti sarò utile col mio commento, lo so. Ma cosa potrei dirti? 
Ah sì, una cosetta l’ho intravista. Un piccolo refuso.
finché non mi sarà ripreso?

Trovo tu abbia fatto un ottimo lavoro e i paletti calzano come un guanto; senza forzature il tutto risulta naturale e credibile.
Nella parte iniziale mi hai ricordato la scena in cui Beatrix Kiddo è sepolta viva (Kill Bill è uno dei miei film preferiti) il tuo personaggio per certi versi sembra Ra’s al Ghul. Non c’è un pozzo, ma un unguento dagli ingredienti giustamente orridi.
Nel complesso però la prova è originale e finisce di diritto nella lista bianca delle mie preferenze.
Complimenti.
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Messaggio Da Arunachala Sab Feb 19, 2022 6:33 pm

piaciuto.
ben narrato ed esposto, con buon descrizioni a vari livelli.
qualche refuso, ma nulla di particolare.
molto bella e gradita la fase finale, dove si scoprono le carte e si capisce chi sono i personaggi.
un horror niente male, insomma, che forse poteva anche essere meglio, con qualche aggiustatina o aggiunta.
comuqneu anche così è più che un buon lavoro.
paletti abbastanza rispettati, pur con qualche forzatura.

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Messaggio Da SisypheMalheureux Sab Feb 19, 2022 9:01 pm

Caro autore (o autrice)
Innanzitutto ti faccio notare alcune sviste: "la vece del soldato si fa più aspra" invece di "voce"; "ne non parlo" al posto di "non ne parlo" e "la pesta imperversava',che immagino fosse "la peste".
A parte queste minuzie, però, non posso che farti i complimenti per la fantasia e la complessità della trama.
Una vecchia misteriosa, un soltanto vecchio di almeno sei se coli, un santo guaritore, gli ottomani, i magiari...le guerre storiche e quelle di oggi, la peste.
Sai qual è, forse, l'unico difetto del tuo racconto? Che a un certo punto ho avuto l'impressione che tu mi avessi dato tantissimi elementi e informazioni, tantissima carne al fuoco e non riuscivo minimamente a capire dove volessi andare a parare. Infatti ho pensato "ma che è questo guazzabuglio?"
Poi nel finale tutto acquista un senso, tutto ha una sua ragione d'essere però devo ammettere che la mancanza di punti di riferimento dopo un po' mi ha infastidito ostacolando la lettura. Quanto a lungo si può giocare sull'effetto "spiazzamento" disorientando il lettore senza che questo si stufi? Eh...non è affatto facile capirlo ed è una cosa molto soggettiva.
Però, a parte questo, ho apprezzato moltissimo il tuo incipit, le frasi serrate, il ritmo incalzante che comunica alla perfezione la sensazione di soffocamento e di panico. Il finale poi, è veramente da brividi, come ci si aspetterebbe da un horror degno di questo nome.
Complimenti!
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Messaggio Da Byron.RN Sab Feb 19, 2022 10:11 pm

Il racconto è scritto bene, ho notato solo i tre refusi che ti ha segnalato Sisyphe e il ritmo è gestito bene per quello che volevi scrivere, coi tempi giusti, la storia però non mi convince del tutto.
È una storia oscura, con due personaggi particolari, quasi serafici se mi passi il termine, sullo stesso livello. Sono imperturbabili, sembrano fermare il tempo, sembrano giocare l'uno con l'altra a discapito dell'azione. È forse questa calma apparente(e sostanziale, se escludiamo il finale) che inficia a mio avviso il fascino del racconto. Per me avresti dovuto spingere più sull'acceleratore, essere meno ragionatore e regalare qualche brivido in più al lettore, non solo quello del finale.
Anche il finale poi, seppur suggestivo, mi lascia perplesso. Un non morto, un immortale che ha attraversato più di cinque secoli, destinato a urlare per l'eternità, senza scampo, sepolto vivo sotto uno strato di terra. Non so, nelle narrazioni che abbiamo conosciuto le streghe possono essere combattute anche dai comuni mortali, mentre un essere immortale è destinato a soccombere senza alcuna possibilità di salvezza. La questione mi stona, non mi convince molto.
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Messaggio Da M. Mark o'Knee Sab Feb 19, 2022 11:53 pm

Una storia bella e intensa, ricca di richiami storici che fanno da contraltare ad antiche leggende. Una scrittura altrettanto densa che, nonostante qualche piccolo refuso, conduce il lettore per mano verso un epilogo per niente scontato e chiarificatore della situazione presentata nell'incipit. Tutti i parametri del contest mi sembrano rispettati e inseriti in una trama horror avvincente.
Ma alcuni ingredienti non mi sembrano ben amalgamati, come forse direbbe il nostro Capistrano.
A livello formale trovo davvero controproducente il continuo ripetersi di incisi all'interno dei dialoghi fra i due personaggi. Incisi che forse vorrebbero dare movimento alla scena, ma che riescono solo ad appesantirla. Ecco alcuni esempi:
"- Mi arruolarono a forza – il soldato beve una lunga sorsata per mandar giù le ultime briciole e un rivolo di vodka gli cola lungo una delle cicatrici sul collo - prelevandomi dal mio campo..."
"- I nostri – continua il soldato finendo la bottiglietta in un’unica, lunga sorsata – mi raccolsero incosciente..."
"- Volevo - prosegue impastato il soldato - capire anche io..." e così via, quasi in ogni battuta del dialogo. Un semplice "- Volevo capire anche io - prosegue impastato il soldato" avrebbe dato ben altra agilità e scorrevolezza al testo, e lo stesso vale anche per le altre citazioni riportate.
Sul piano narativo invece non risulta pienamente convincente la parte finale, nella quale un soldato con cinquecento anni di esperienza sulle spalle soccombe senza lottare a un'altrettanto vecchia strega. E, altra inconguenza, lo imprigionerà sotto terra "per l'eternità" perché lo zafferano "deve essere anche concimato dal sangue, dal corpo e dai liquidi di un non-morto". Ma allora, "quello prima" (direi meglio "precedente"), se ha "esaurito la maggior parte della sua forza", non era un non-morto? E dunque lo zafferano, come ingrediente dell'unguento, non funzionava? Qualcosa non quadra.

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Messaggio Da caipiroska Dom Feb 20, 2022 4:55 pm

Ciao Autore,
molto interessante questo racconto e davvero ben scritto.
Trovò però che sia molto raccontato a discapito dell'atmosfera inquietante che dovrebbe suscitare.
Il soldato parla davvero troppo, e a chi racconta tutto ciò dato che la vecchia sa tutto? Lo racconta al lettore. Ma il lettore deve sapere davvero tutte queste informazioni per entrare nell'anima del racconto?
A mio parere no, dato che il genere più d'informazioni storiche (vere o meno) ha bisogno d'atmosfera, di brividi, d'inquietudine, e credo che i dialoghi lunghi e pieni d'informazioni tendano ad annacquare un pò queste sensazioni.
Il testo comunque è ben solido, la storia appassiona dall'inizio alla fine e tutto è ben strutturato e convincente.
Forse non avrei accennato a "l'altro", perchè in questo modo ti sei complicato un pò la vita: se "l'altro" era un non morto e adesso non c'è più, vuol dire che non sono eterni? Che possono essere eliminati? Senz'altro sì, soprattutto se si scontrano con una strega, ma qui si sfora in qualcos'altro (forse nel fantasy...) che nel racconto distrae.
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Messaggio Da giuseppe.bignozzi Dom Feb 20, 2022 5:02 pm

Tutto perfetto: equilibrato, scorrevole e orripilante. Nulla di troppo, né da aggiungere.
Ben pensata e ben sviluppata.
Complimenti all’autore.
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Messaggio Da Mac Dom Feb 20, 2022 5:11 pm

Riscrivo il messaggio andato perso chissà dove.
Mi piace tantissimo l’incipit. Scritto bene, ricco di sensazioni, ti catapulta nella giusta atmosfera.
Altrettanto ho gradito la descrizione dell’anziana, i gesti misurati, brav@.
Quello che mi è piaciuto meno è la parte centrale, i dialoghi non mantengono tutto il ritmo, il soldato parla troppo, nomi, date, riferimenti storici. Troppo e soprattutto non rilevante per la storia (o almeno non tutto).
La storia c’è ed è bella, l’horror pure, insomma hai rispettato i paletti, ma dovresti ripulire un po’, tralasciare particolari e mantenere il ritmo che così bene avevi tenuto all’inizio. Anche le descrizioni del corpo di lui mancano di qualcosa.
Tutto sommato lo reputo comunque un buon racconto, che con una bella revisione potrebbe diventare, molto, molto interessante.
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Messaggio Da paluca66 Dom Feb 20, 2022 8:15 pm

Tralascio la parte relativa ai refusi che Petunia e Sysiphe hanno già evidenziato.
la scrittura è molto buona, a mio parere, mi piacciono i brevi riferimenti a quanto succede introno ai due protagonisti, la neve che cade dagli alberi, i rumori della guerra, i movimenti del gatto, "riempiono" la storia.
La storia, appunto; a me è piaciuta tantissimo! Ho letto quanto ha scritto Sysiphe, ma quello che lei indica come un possibile difetto del racconto io lo vedo come un pregio (e difatti lei parla di soggettività...).
leggevo la lunga parte centrale e mi chiedevo cosa c'entrasse l'incipit, come sarebbe stato collegato con il resto e poi... quel finale.
Candidatissimo alla cinquina finale.
Riprendo il commento in quanto avevo dimenticato i paletti: ci sono e sono ben inseriti ma io avrei evitato quel riferimento così esplicito al 2023, potevi aggirare l'ostacolo in tanti modi.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Lun Feb 21, 2022 5:04 pm

Ai refusi segnalati ti aggiungo i miei: gote paonazza /gote paonazze, del soldato con legno/del soldato col legno. e questa frase: a far finta che io sostituirei con a fingere. Il racconto però è molto interessante anche se la parte horror non mi ha per niente spaventato. Il paletto spia è rispettato però con poca sostanza. Il resto è ottimo e se non ci saranno scossoni dai prossimi racconti da me un voto lo becchi.
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Messaggio Da Nellone Mer Feb 23, 2022 8:27 am

Un racconto davvero ben congeniato e ben riuscito, di impostazione gotica ma gestito alla perfezione e con quel tocco horror finale che permette di rispettare anche questo paletto (come gli altri del resto, a parte forse la veranda, un po’ accessoria). Mi è piaciuto il riannodarsi della scena “sotterranea” all’inizio e alla fine del racconto. Hai fatto bene a creare questi due stacchi, caratterizzati da uno stile vagamento poetico ed incisivo che non avrebbe retto per tutto il resto della narrazione. Non succede molto, è vero, ma quanto accade è raccontato molto bene, senza accavallamenti e confusione. Qualche descrizione spezza forse un po’ il ritmo, ma la cosa non mi ha particolarmente disturbato, aiutando anzi a dare i tempi giusti ad un dialogo che anche nella “realtà” stenterebbe parecchio a decollare. Davvero bello, nella sua brutalità!

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Messaggio Da Resdei Mer Feb 23, 2022 9:52 am

bel lavoro!
ben fatto, complimenti.
avrei osato di più con il titolo anche se, in modo semplice, rende ugualmente lo stato di angoscia.
perfetti l'incipit e l'excipit.
come dice caipi, avrei fatto parlare meno il soldato per creare maggiore atmosfera da horror, ma meglio così perché sono riuscita a leggerlo "tranquillamente" fino alla fine!
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Messaggio Da tommybe Mer Feb 23, 2022 10:51 am

Storia che colpisce, non basta la poesia di certe frasi a renderla meno truculenta.
Tempo fa ho visto un film: Sepolto. E ho passato una notte insonne. In ognuno di noi c'è quella paura di essere sepolti vivi.
Detto così sembra fare ridere, ma il tuo racconto è il manifesto di quel terrore.
Tu lo lasci vivere al lettore in modo impagabile e al povero soldato in modo immeritato.
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Messaggio Da ImaGiraffe Mer Feb 23, 2022 11:30 am

Questo racconto mi ha lasciato una profonda tristezza. È bello, emozionante e coinvolgente ma non come mi sarei aspettato da un horror. Sono rimasto per gran parte del testo in balia di questa malinconia che mi ha portato a provare empatia per il soldato. Quando arriva la parte horror alla fine mi disturba perché è come se il racconto cambiasse di genere. 
Trovo molto difficile spiegare cosa intendo ma in pratica anche se la seconda parte fa diventare il racconto horror, io non l'ho percepito così, mi è sembrato un genere diverso.
Se magari avessi dato più risalto alla parte finale alleggerendo la parte del racconto del soldato forse il mio giudizio sarebbe stato diverso.
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Messaggio Da Susanna Mer Feb 23, 2022 3:05 pm

Titolo: Semplice: dice tutto ma anche niente
Paletti: Veranda/contadina/campo di zafferano/paesi dell’est: c’è tutto adeguatamente.
Paletto temporale: parte da lontano per portarci nel secolo in corso, in un futuro da brivido.
Personaggi: molto ben delineati, attraverso immagini e dialoghi: nessuna esagerazione, solo quanto serve per vederli.
Il genere: non è un horror di quelli che mettono paura, questo no, se non fosse per il tocco di soprannaturale sarebbe un bel thriller: anche la paura è molto soggettiva.
Personalmente, a parte King, l’autore che è riuscito a farmi paura è stato Dean Koont, con “Le lacrime del drago”.
La storia: hai composto una bella storia, adatta al genere scelto, ma senza quelle esagerazioni che anche in un racconto di fantasia possono rovinare una trama intrigante e ben condotta.
La prima parte è di una durezza pazzesca: arriva subito l’immagine “sono chiusa in una bara, sottoterra.” Frasi secche, essenziali perché di più non serve per rendere l’idea del terrore, una sensazione così devastante che non c’è posto per pensieri molto lunghi. Una paura che in tanti ci portiamo appresso.
Poi il racconto diventa lento, quasi sonnolento: assume il ritmo di una favola raccontata a dovere davanti al camino, col giusto intercedere per catturare l’attenzione di chi ascolta e tenerla ben stretta. Qualcosa accadrà, ma porta pazienza.
Un passetto alla volta ci porti al finale, con l’aspettativa che sia il soldato il cattivo di turno, non un’innocua vecchia contadina, che chissà, bottiglia dopo bottiglia, lo rende innoffensivo.
Mi sono piaciute le immagini della voce dell’uomo che stride sulla lavagna: efficaci
Anche i dialoghi mi sono piaciuti: frasi secche ed essenziali, che ho immaginato pronunciate con un breve silenzio tra una e l’altra.
Molto efficaci anche le descrizioni di piccoli gesti con cui hai intervallato il dialogo: l’alzata di spalle, il gatto che entra ed esce... tutto tranquillo. In attesa.
Sorsata di vodka. Carezza al gatto. Neve che cade da un pino. Ombre che si allungano. Freddo più intenso.
Due estranei per parole tanto importanti, Poi arriva la storia di lui: deve uscire, quasi un fiume in piena, necessario per raccontare l’impalcatura della storia. Forse si poteva agire diversamente, facendo raccontare più dall’autore e inserendo qualche frase del soldato.
Il finale arriva bruscamente, oltre non era possibile andare, e neanche fare troppe cerimonie.
Quindi un racconto ben condotto, scrittura sicura, il ritmo in questo caso adatto alla storia.
Ho ancora molti racconti da leggere, ma tra gli horror al momento decisamente il migliore.
 
Le mie note.
Ci sono alcuni refusi, già segnalati che quindi non ti ripeto-
mi sarà sarò ripreso--
veranda porticata --- direi che basta veranda, com’è una veranda si sa
la conformazione delle rughe --- mi ha disturbato questa parola. Prova a vedere così:
Il viso della donna è cambiato, le rughe ora disegnano una rete quasi regolare, una ragnatela dalle sorprendenti simmetrie.
 
Ha le gote paonazza paonazze dall’alcol e la voce impastata
Quello di prima ha esaurito

______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Messaggio Da Asbottino Mer Feb 23, 2022 8:03 pm

Inizio da una parola. Lama. La usi cinque volte. Per il coltello e per la voce dell'uomo, come "una lama sull'ardesia". Ho riflettuto a lungo se fosse voluto. Probabilmente sì.
Veniamo a noi. Io la cornice la toglierei. Te lo dico sinceramente. Intanto ti è venuta troppo larga da una parte (l'inizio) e troppo corta dall'altra (la fine). E l'impressione che mi resta è che specie all'inizio ti sia servita per prendere la rincorsa. Per me prendere la rincorsa in un racconto significa iniziare da qualcosa che sai fare bene, in un cui ti senti confidente. Ti serve a prendere lo slancio, ad arrivare alla parte del racconto dove devi lavorare più duramente, tenere più cose sotto controllo. Raccontare una storia. Perché in quel inizio descrivi una situazione. Non stai ancora raccontando nulla. Sono 24 righe molto ben fatte, ma giudicando il corpo del racconto e la coda di 8 righe (un terzo, cornice corta) diventano secondo me superflue. Anche stilisticamente di discostano un po' dal corpo, dove cerchi di lavorare di più le frasi, di lasciarti meno andare a isolare le parole solo per ottenere un effetto che è più sonoro che narrativo.
Nella storia che racconti, che per altro mi è piaciuta molto, giochi al gatto con il topo e rispetto all'altro racconto horror che ho letto i personaggi restano ambigui fino quasi alla fine, pur risultando chiaro da metà che il soldato non è propriamente umano. La vecchia/strega invece è una sorpresa, una bella sorpresa. Anche se da "ti stavo aspettando soldato" sono 24 righe (un caso) che avrebbero potuto essere il doppio. Perché finisce un po' in fretta, o almeno questa è l'impressione che ho avuto. E allora forse avresti potuto prenderti lo spazio che hai dedicato alla cornice e metterlo lì.
Paletti. La veranda c'è e non c'è. Usi la parola 4 volte. Ed è vero, il racconto è ambientato lì, ma se fosse ambientato fuori all'aperto sarebbe la stessa cosa. Non lo considero propriamente un difetto, ma nonostante la parola ricorra la veranda c'è e non c'è, ma potrebbe anche essere dovuto al fatto che come stanza la veranda non è abbastanza stanza. In effetti come ho detto nell'altro racconto che ho commentato è anche un pezzo di esterno, una specie di confine. Gli altri paletti mi sembrano ottimamente usati.
Concludo dicendo che il racconto mi è piaciuto. Indubbiamente scritto molto bene, e molto ben pensato, strutturato. Peccato per la cornice, ma vedo che ad altri è piaciuta e forse sono l'unico ad averla considerata superflua. Avremo modo di parlarne alla fine, spero.

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Messaggio Da FedericoChiesa Ven Feb 25, 2022 4:26 pm

Ottimo inizio, claustrofobico e angosciante. Le frasi “sincopate” accentuano queste sensazioni. Complimenti.
Anche nel proseguo del racconto la scrittura rimane il pezzo forte di questo brano, moderna, diretta.
Qualche piccolo disturbo nei dialoghi, qualche parte troppo raccontata, ma sono poca cosa in confronto alla struttura globale della trama e di come l'hai sviluppata.
Complimenti di nuovo.
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Messaggio Da mirella Dom Feb 27, 2022 7:24 am

L’incipit, quasi un prologo, si dilunga sulle sensazioni (non si sa di chi, come e perché) un brano in contrasto con quel che segue, che invece descrive azioni: la vecchia che lavora il legno, il gatto, l’arrivo di un soldato al casolare.
Il genere è certamente horror ed esige l’elemento soprannaturale, ma la storia ̶ a parer mio ̶ dovrebbe essere raccontata in modo da non evidenziare l’assurdità della situazione.
Qui non succede. Ci sono ̶ è vero ̶ dettagli realistici nella scena iniziale, ma poi i dialoghi tra i due personaggi virano sul surreale, procurandomi un effetto straniamento che mi lascia fredda e la storia non mi coinvolge.
L’uomo che arriva al casolare della vecchia è un non morto, insomma un morto vivente che da seicento anni cerca un campo di zafferano e la ricetta per preparare un unguento miracoloso.
Finalmente arriva nel posto giusto; la vecchia possiede la ricetta, ma le manca un ingrediente. Questo il non morto non lo sa; lo scoprirà a sue spese.
L’uomo conosce il contenuto della ricetta ̶ ma come fa a saperlo? ̶ perché sa che contiene le dosi degli ingredienti.
Le risposta alla domanda arriva quando il non morto racconta alla vecchia dove ha trovato e rubato il quaderno con la ricetta magica di Giovanni da Capestrano. Il santo condottiero si è preso cura del soldato, rimasto quasi ucciso nel corso della battaglia contro i Turchi nel 1456.
Quello che non sa è che per ottenere l’unguento è necessario il sangue di un non morto. La vecchia se lo procura a colpi di coltello.
Non uccide il soldato, che non può morire, ma lo seppellisce nel campo reso fertile dal suo sangue per l’eternità.
La trama, seppure ben articolata, si dilunga troppo in alcune parti, per esempio la storia della guerra del 1456 sembra quasi un altro racconto. Snellirla gioverebbe ad armonizzare il tutto.
Sarebbe stato meglio ambientare tutta la vicenda all’epoca di Capestrano, ma capisco che in tal caso sarebbe venuto meno il requisito dell’ambientazione temporale richiesto dal contest.
Nel complesso, un discreto lavoro.

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Messaggio Da Danilo Nucci Mar Mar 01, 2022 4:52 pm

Scritto molto bene. L’ho letto tutto d’un fiato, senza pause o inciampi. Anche il ritmo è quello che ci si può aspettare dal genere, soprattutto nella parte iniziale, nella descrizione del sepolto vivo. Significativo anche il finale che riprende lo stesso stile e ritmo, con frasi brevi, lapidarie.
Nell’ottica della prova ho trovato la veranda un accessorio poco significativo.
L’identificazione temporale è lasciata alla sola frase: “- Ora, nel 2023 no” che sa troppo di puntualizzazione voluta per il lettore.
Fra i brani “horror” che ho letto fino a questo punto (a circa metà delle letture) mi è parso quello maggiormente centrato. Purtroppo non riesco a impaurirmi nella lettura di questi racconti, forse perché l’horror vero ce l’ho tutto in TV in questi giorni.
In ogni caso, sinceri complimenti per la tua scrittura.
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Messaggio Da Marcog Gio Mar 03, 2022 4:57 pm

Comincio dicendo che il racconto mi è piaciuto e molto. Inizio misterioso, horror e claustrofobico, che rimane sospeso fino all'inatteso finale. Belli i personaggi, soprattutto la strega. I paletti non sempre al centro del racconto a parte il campo di zafferano che esce fuori prepotente. Finale a sorpresa con qualche brivido horror. Il mio preferito finora, grazie!
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Messaggio Da Arianna 2016 Sab Mar 05, 2022 1:04 am

Fortissimo, questo! Mi è piaciuto davvero tanto.
Ti confesso che la scena iniziale mi aveva fatto temere di leggere un “già visto”: non so se è un caso, ma è proprio quella di un film (non ricordo il titolo) in cui un uomo si trova chiuso al buio in una cassa sepolta sotto terra. È stato rapito per un riscatto e… non racconto altro, nel caso tu il film non l’abbia visto. Comunque, nel film non c’è altro: l’uomo e le assi di legno della cassa (il film a costo minimo della storia del cinema, credo, ma ad altissima tensione).
Invece tu hai preso quella scena e ne hai fatto una storia diversa, originale e personale, che a me è piaciuta.
Molta parte del mio piacere nel leggerla deriva dalla scrittura, davvero ottima: ha qualcosa di professionale. Una storia può anche essere bella, ma se non è scritta bene e con stile, non riesco ad apprezzarla.
Certo, c’è un’abbondanza di dettagli che di solito non mi piace (e anche qui qualcosina toglierei), ma in questo caso mi sembrano nel complesso funzionali alla creazione dell’atmosfera. C’è qualche caduta di tono in alcune battute dei dialoghi, si perde un po’ l’atmosfera, ma niente di grave, ai fini della qualità complessiva del racconto. Comunque, dopo la chiusura dello step, proverei a rileggerlo e a cercare di armonizzarli allo stile suggestivo del resto.
Ti segnalo solo l’uso della maiuscola/minuscola dopo la chiusura del trattino del discorso diretto.
Mi è piaciuto il rovesciamento finale e l’uso che la vecchia fa del soldato: davvero angosciante.
Angosciante anche la terribile attualità dell’assedio di Kiev…
Molto bravo. Complimenti!
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Messaggio Da tommybe Lun Mar 07, 2022 6:02 pm

C'è poco da fare, i miei racconti preferiti sono densi di buio e di qualità. Il mio tono denota la fierezza di aver fatto le scelte giuste.
A me non piace fare stagnanti riassunti di quello che ho letto, e poi non saprei dare consigli utili, correzioni utili.
Meglio il mio entusiasmo. E basta.
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Messaggio Da Fante Scelto Dom Mar 13, 2022 11:47 pm

Il racconto è molto bello, forse non originalissimo perché di sepolti vivi c'è molta narrativa e cinematografia, ma qui è tutto realizzato in maniera adeguata.
Ci sono tutti i crismi dell'horror, incluso il crescere graduale della tensione. Ecco, forse la tensione rimane troppo blanda troppo a lungo, prima che si arrivi a capire cosa sta per succedere. Anche i dialoghi, le ripetizioni, gli inserti di narrato che spezzano le battute, in questo non aiutano.
Molto bella la parte "storica" ai tempi dell'assedio di Belgrado.

C'è, al solito, qualcosa che non mi torna dal punto di vista logico, ed è l'unguento.
Il nostro soldato cerca l'unguento per poterlo vendere e diventare ricco. Ma non mi sembra questo gran piano diffondere l'immortalità. Voglio dire, immaginati la scena di lui che vende la pomata al primo signore della guerra che trova.
Quello ghigna con occhi iniettati di sangue, si rigira il tubetto tra le mani e poi "Guardie, chiudete questo rottame umano nella più buia e profonda delle celle! Nessuno deve avere il dono dell'immortalità, solo io! SOLO IO! Buhahahahahaha!"

Cioè, l'immortalità è una roba mica da ridere.
Io la voglio, comunque, per cui se per caso avete du' gocce di quell'unguento le prendo. Sì, sì,  prometto di non farvi rinchiudere in alcuna cella buia e profonda.

Questo particolare (portante) della trama in effetti non mi ha convinto molto. Senza di esso non avrebbe senso il peregrinare del soldato alla ricerca degli ingredienti per realizzare la suddetta pomata. Magari poteva volerla ricreare per salvare qualcuno cui tiene. Boh?

Appoggio anche la perplessità già riportata da altri commentatori circa il fatto che il nonmorto precedente si sia "esaurito". Però siamo nel campo del soprannaturale, chissà, tutto può essere.

Ah, il colpo di alabarda in testa.
Vado un po' sul tecnico, mi rendo conto, ma l'alabarda è un'arma lunga a due mani, pensata per un uso specifico, quello di disarcionare i cavalieri, sfrondare i muri di picche, ecc. Cioè è un'arma che va usata in spazi aperti, in formazione, non ce la vedo come strumento per giustiziare i prigionieri nelle anguste stanze di una prigione o nelle fosse di detenzione.
Però vabbé, è un dettaglio.


Parlando della struttura del racconto, anche a me sembra che l'incipit dell'uomo nella bara sia superfluo. Anzi, controproducente. Cioè ti svela già che cosa succederà a un certo punto del racconto.
Per buona parte della storia continui a chiederti cosa c'entri il sepolto vivo dell'inizio con la vecchia e il soldato. In tempo zero sei lì a chiederti chi dei due finirà lì sotto, perché è chiaro che uno dei due finirà lì sotto. E' lui. E' lei. E' lui. E' lei.
Ecc.
Insomma, ti spoileri da solo il finale e non so se valga la pena.
Forse era meglio evitare?
Non sono convinto al 100% ma ti dico di sì.

Stilisticamente ci siamo. La scrittura è buona, in qualche passaggio anche molto buona, mi piace meno il tanto uso degli aggettivi, i già citati inserti nel parlato, e i dialoghi che in qualche punto vanno sull'artificioso per informare il lettore.
Qualche ripetizione di troppo.
E tanti fastidiosi refusi! Non si fa!

Il mio giudizio è comunque più che positivo.
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Messaggio Da Menico Mar Mar 15, 2022 12:48 pm

Sorvolo sui refusi in quanto già  abbondantemente segnalati. 
Interessante come hai raccordato l'inizio alla conclusione staccandoli dal corpo del racconto.
Trovo i dialoghi poco scorrevoli così frammentati, ma è una tua scelta stilistica.
In conclusione ho fatto fatica a raccapezzarmi nel filo dei discorsi e questo mi ha  impedito di  gustare  appieno  la storia potenzialmente apprezzabile.

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