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Messaggio Da Different Staff Mer Ott 09, 2024 11:52 am

La versione suicida di me continua ad accatastare cioccolata e mentine nel seminterrato delle mie tasche, una paranoia dell’ultimo minuto da quando il dottore mi ha messo in guardia sul diabete e sui miei problemi con il cuore.
Potrei andare avanti per giorni senza mangiare, diventare una caldaia a gasolio incustodita che nessuno si sogna di accendere, e non preoccuparmi.
Sto sognando luci, luci natalizie e neve, tanta neve, neve strana, difettosa, fiocchi grandi come palle da tennis. Comincio a sperare che qualcuno mi soffochi nel sonno per interrompere questo stupido sogno.
 Pioggia e vento forte, un disastro il tempo, questa sera. Scomparsa pure la luce.
 Prenderò appunti al buio solo per abbandonare ogni limitazione della mia fantasia. Ho paura pure a osservarlo dalla finestra il brutto tempo, ma non mi va di scartarne il ricordo.
La strada è deserta, una automobile celeste sfida tutti con la sua sonora solitudine meccanica.
La violenza dell’acqua e del vento la blocca. Scende una donna bella e temeraria, pioggia e vento sembrano comandare i suoi repentini sbandamenti.
Una specie di schema, di abbozzo di salvataggio affiora in me. E’ tutta la vita che spero di salvare qualcuno.
Non serve una squadra di scienziati per scendere un piano di scale, aprire il portone e aiutarla a salire in alto, prima che acqua e fango le arrivino alla gola.
Il portone non si apre, un metro di pioggia sembra averlo avvitato al pavimento.
Con il pugno coperto dalla la manica del maglione fracasso il vetro dello spioncino, sono magro ci passerò attraverso.
Non ci passo, per fortuna il portone si apre da solo.
 Do un calcio violento  a un’automobile. Come risvegliata si sposta, lasciandomi passare, trascinata dalla corrente di quel fiume apparso improvvisamente sulla strada si allontana.
La buona notizia è che l’abito rosa della donna da salvare ha la luminosità del neon,  e la distinguo facilmente, aggrappata alla cassetta della posta.
I miei piedi nudi acciaccano tutto quello che è doloroso per provare a raggiungerla.
A poter fare una spesa importante comprerei qualcosa che galleggi, non un idiota come me che neppure sa nuotare a cagnolino. La donna  sembra essersi inabissata, non c’è più.
Brandelli della mia tecnica natatoria rudimentale mi fanno avvicinare al cancello, miracolosamente aperto.
Una corda con il sedile dell’altalena attaccato mi sbatte in faccia improvvisamente. Senza imprecare per il dolore l’afferro. Un volto fangoso e sorridente smanaccia gesti dal piano rialzato.
- Ho trovato solo quella,  la corda dell’altalena, non potevo mettermi a scioglierla e te l’ho tirata sul naso, mannaggia.
- Sono abituato a ricevere altalene in faccia non si preoccupi, signora.
- Sono Sara e perdonami, questa è la mia casa,  vieni dentro prima che acqua e vento ti riportino lontano.
 L’ultimo posto di questo mondo che vediamo dovrebbe essere il più bello, almeno per lasciarci un buon ricordo,  invece il panorama si accende e si spegne come una lampadina difettosa e mi sfuggono i contorni.
-  Ecco i gommoni dei vigili del fuoco, vengono  per noi.
- Posso sembrare un coraggioso ragazzo adorante, lei è molto bella, somiglia a Bianca Balti, ma le giuro che sto morendo di paura.
- Ogni giorno me lo dicono in tanti, ma chi è questa Bianca Balti?
Spingo il cancello,  scivolo e galleggio sull’acqua come una camera d’aria di bicicletta.
- Ecco hai detto una bugia e il vento ti ha fatto cadere. Ma come farà Dio a infliggerti una punizione se parli a voce così’ bassa?
- Mi perdoni ho il fango perfino in gola e sono a due tacche sotto il livello dell’eccitazione, ma ancora ci vedo bene, lei è bellissima,  pure con il cattivo tempo..
 - Mammamia che brutto bozzo in testa ti ho fatto con quell’altalena, pensare che ci ho giocato per anni da bambina senza farmi mai male.
- Il bozzo passerà,  senza la sua botta in testa sarei affogato, e non lo dico per dare un’immagine romantica alla faccenda, lo dico perché sono negato nel nuoto.
- La mia automobile è diventata un sottomarino, neppure si vede più. Saliamo al primo piano, ci metteremo abiti asciutti in cucina.
Con occhi disorientati osservo la grande stanza, quello che colpisce è che non c’è nulla di alimentare in quel posto.
- A cosa pensi?
- Penso che sembra più una camera da letto, con un letto.
- Sì, hai ragione, la chiamo cucina perché prima lo era, anche se con il buio si vede poco è una camera da letto, la cucina è sottacqua, meglio rimandare l’incontro con lei.
- Ho paura di cadere e farmi male al buio.
- Fiu, mi è capitato un supereroe.
- Non prendermi in giro.
- Andremo a tastoni e se hai paura dammi la mano, conosco ogni centimetro di questa casa..
- Vive da sola qui?
- Sì, e tu dove abiti?
- Io vivo di fronte, con mia madre, a cinquanta metri da qui.
- Povero piccolo, ecco perché hai paura del buio.
- La smetta o me ne vado.
- Mi piace la faccia che fai, mi piace la faccia che hai. Quel maledetto fiumiciattolo è diventato il Danubio, dovrai accontentarti di me, non riusciremo ad allontanarci da qui prima di domani.
- Mi accontenterò. Rido.
- Ora puoi lasciarla la mano, siamo seduti, ti sollevo dal compito per te sgradevole di provarci con me.
Fuori continua la musica ossessiva del vento spezzata da vari richiami di gente nascosta dal buio.
-  Non vedo compiti sgradevoli.
- Appartieni a coloro a cui basta indossare una giacca per vederli rigidi come manichini, e dammi del tu.
- Mi sta grande la giacca, non è colpa mia.
Mi vergognavo della  mia solitudine, non della giacca. Non sapevo come coprirla, come nasconderla.
Non sapevo come raggiungere Sara, unica fonte di calore in quell’universo di brividi.
Avevo lasciato mia madre da sola per trasformarmi in un miserabile  buono a nulla.
Cominciavo a sentirmi in colpa, passata l’euforia iniziale.
Mia madre la trovo immobile sulla solita poltrona scolorita, dalla finestra osserva il buio, se si può osservare il buio. Sono due anni che non esce e non cammina.
- Dove sei stato?
- A salvare una ragazza in difficoltà.
- Bravo, e come si chiama?
- Si chiama Sara, mi ha dato il suo indirizzo di posta elettronica, è molto carina.
- Vi siete divertiti insieme?
Non le avrei detto più niente, ogni volta che le parlavo di una ragazza si fingeva interessata, poi faceva di tutto per farla allontanare.
- In un certo senso sì, ci siamo divertiti a non acciaccarci i piedi al buio.
- Solo quello?
- Solo quello, mamma, lei è molto seria e giudiziosa.
Mi viene in mente un’azione audace e riempio fino all’orlo un bicchiere di limoncello per farmi passare il rossore.
- Piano con quella robaccia alcolica. Dettami il suo indirizzo.
- Che vuoi fare?
- Qualcuno della famiglia deve sapere con chi comunichi tesoro, ma tranquillo non leggerò le tue cose.
Dovunque la portasse il suo disturbo lei non poteva muoversi da quella poltrona.
- D’accordo, scrivi, ma non mi chiamare più tesoro, non sono un bambino.
- Non ho fatto nulla di male.
- Sì, scusami.
Dovevo sopportare non solo i suoi consigli non richiesti, ma anche il modo immancabilmente affettuoso con cui me li dispensava.
Dopo due giorni i miei amici mi accompagnarono in ospedale, avevo forti dolori al petto.
Un infarto fulminante annullava le testimonianze di tutto quello che mi apparteneva, e proprio alla vigilia di Natale.
La reazione di mia madre fu catastrofica, nulla al mondo avrebbe potuto darle più dolore.
Cominciò a cercare nei cassetti tracce di me, fotografie e brevi appunti, poi si ricordò dell’indirizzo di quella ragazza. Spesso si sporgeva dalla finestra in cerca di lei. Ma oltre a folate di vento non le arrivava altro.
Pure le luci dei lampioni somigliavano a pallidi bagliori cimiteriali.
L’aria invernale sulla pelle le dava brividi e costruiva merletti di un’idea smisurata, pazzesca: le avrebbe scritto a nome mio, anche se non se la sentiva proprio di dirle che non c’ero più. L’avevo vista una volta sola, anche se una parte di me non ci credeva, ed era come se l’avessi vista sempre.
Senza il mio apparire quello diventava un passo importante, un calibro intellettuale nuovo e decisamente generoso. Chi l’avrebbe mai pensata una capacità simile in mia madre.
Quel sostituirsi a me somigliava a una mia resurrezione, dopo che quello stupido infarto mi aveva cancellato dal mondo.  La sua premura verso i fragili l’aveva spostata verso me, il figlio adorato morto.
Poteva sentirsi ignara e innocente come il sistema temporalesco che stentava a sparire se sarebbe riuscita a confidarsi con quella donna al posto mio. Non voleva scoprire niente, voleva solo tenermi in vita il più possibile.
La prima lettera ebbe la sua epifania.
Ciao Sara,  ho lo sguardo fisso sul cancello della tua casa e mi sembra proprio di vederti. Eravamo d’accordo che ci saremo rincontrati, ma questo maledetto virus mi terrà a letto per un bel po’. Ci sono state un sacco di mattine in cui non avevo voglia di alzarmi e ora subisco il castigo di stare a letto per forza, ora che mi butterei giù dalla finestra per raggiungerti prima possibile.
Ho deciso di dare una direzione diversa alla mia vita, ho perso troppe cose a starmene rintanato dentro casa e voglio recuperare tutto, anche le cose superficiali. Non fraintendere, tu non appartieni a quelle. Voglio trovare la strada per le tue labbra, quello sarà il migliore dei giorni quando la troverò, almeno per me.
 Che poi sei stata parecchio vicino a me e non ho azzardato a farlo per non rischiare un doloroso rifiuto. Sembro uno scaricatore di porto e ho il cuore in una custodia di velluto, come un adolescente, purtroppo.
Tu avrai pensato di me: ecco un uomo che vive in una grotta di ghiaccio tutto l’anno.
Ho detto a mia madre che sei una donna delicata e bella, ed è come se stessi con te da tanto tempo.
Lei si è messa a ridere, ma con rispetto, che se mi accorgo che non ti rispetta la mando a  quel paese e cambio casa, l’ho già fatto una volta.
Sono arrabbiato solo a ricordarlo e se proprio vuoi saperlo mi sto asciugando gli occhi sul cuscino. Ma solo per il nervoso, mica sono pazzo a mettermi a piangere per una cosa così stupida.
Mia madre mi ha dato tutta la sua approvazione. Mi ha imposto di accorciarmi i capelli e di far sparire i jeans,  dicendo che una splendida ragazza come te non può stare vicino a uno zulù come me.
Quando mi guarda fisso mi sento quaranta paia di occhi addosso. E non lo ha fatto mai prima.
 
Parole fin troppo sincere, ma non poteva durare a lungo e invitai Sara nella nostra casa.
Le mostrai medaglie e fotografie, pure i gagliardetti della scuola primaria e perfino il suo pallone di cuoio bucato.
E le dissi che pregavo tanto, e che non lo facevo per ottenere qualcosa, ma solo per umiltà verso Dio.
Sara non si sentiva truffata, tutt’altro.
Prendendo le mie mani, le sue unghie senza smalto opposte a un groviglio di rughe, si accarezza il viso e poi le teneva strette, invece di liberarle.
- Ho ripreso a fumare, tutti quelli a cui muore un figlio riprendono a fumare.
Sara mi osserva impietrita dallo stesso dolore.
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Messaggio Da Albemasia Mer Ott 09, 2024 11:36 pm

Il racconto si apre con una frase che mi ha colpito:” La versione suicida di me continua ad accatastare cioccolata e mentine nel seminterrato delle mie tasche, una paranoia dell’ultimo minuto da quando il dottore mi ha messo in guardia sul diabete e sui miei problemi con il cuore”. Sicuramente un modo accattivante per suscitare la curiosità nel lettore.
Poi la storia prosegue fino all’incontro con la bella Sara e i dialoghi fra i due secondo me si ingolfano un po’.
Più avanti il protagonista muore, ma ciononostante continua il racconto in prima persona dall’aldilà, finché la parola passa alla madre che inizialmente scrive a Sara spacciandosi per il figlio e infine svela l’inganno e torna a parlare, descrivendo la vicenda in terza persona.
Questo ciò che credo di avere compreso.
Però tutti questi passaggi mi sono stati chiari almeno alla seconda lettura, perché la scelta dell’autore di non utilizzare virgolette o carattere corsivo per distingue chi-dice-cosa-a-chi mi ha destabilizzato un po’.
 
Segnalerei questi passaggi:
-   una automobile celeste” e poco sotto “un’automobile” con l’apostrofo. Non è sbagliato però mi è sembrato strano.
-   (lui): Non prendermi in giro”.
     (Sara): “Andremo a tastoni e se hai paura dammi la mano, conosco ogni centimetro di questa casa..(con due punti finali)
    (lui): Vive da sola qui?” Dove il protagonista, nel rivolgersi a Silvia, passa dal lei al tu e poi al lei di nuovo.
-   Poteva sentirsi ignara e innocente come il sistema temporalesco che stentava a sparire se sarebbe riuscita a confidarsi con quella donna […]”. Qui mi sembra che ci sia un errore di consecutio.
-   Prendendo le mie mani, le sue unghie senza smalto opposte a un groviglio di rughe, si accarezza il viso e poi le teneva strette, invece di liberarle.”. Questo passaggio non mi è molto chiaro, oltretutto mi sembra che ci siano due tempi verbali discordanti (“si accarezza” e “teneva”)
 
In conclusione, secondo me un racconto con un buon potenziale, ma un po’ caotico per una mancanza di chiarezza nel testo e alcuni refusi.
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Messaggio Da FedericoChiesa Gio Ott 10, 2024 6:07 pm

Si inizia con qualche immagine che lascia il segno: "cioccolata e mentine nel seminterrato delle mie tasche", "automobile... con la sua sonora solitudine meccanica.": sicuramente sai trasmettere emozioni.
Poi tutto diventa confuso e a volte improbabile. Confuso perché dovrebbe passare la notte dalla signora, e all'improvviso lo si ritrova a casa dalla mamma. Improbabile perché una persona con dei problemi, come sembra abbia lui, non penso riuscirebbe a gestire in maniera sciolta e brillante una conversazione con una bella signora.
Poi scrive appunti da postumo, in attesa che subentri la mamma a terminare il racconto.
L'ho riletto pensando stesse solo sognano, ma neanche così mi tornava troppo.
Ti segnalo: "Non prendermi in giro." mentre lui le da del lei.
Alla fine non mi dispiace, ma non so perché.
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Messaggio Da caipiroska Ven Ott 11, 2024 12:22 am

Immagini poetiche e cariche di malinconica vitalità caratterizzano questo bel racconto che gira intorno al rocambolesco incontro tra i due protagonisti.
Molto efficace e ben gestita l'atmosfera che riesce a creare l'autore, anche se ho trovato molto particolari i dialoghi: frizzanti e dal botta e risposta mai banale, mi hanno lasciato però la strana sensazione di risposte che non corrispondono sul serio alle domande e cambi di discorso troppo repentini e fantasiosi.
Confesso che non avevo capito subito che il protagonista era morto, in quanto continua a raccontare la vicenda con lo stesso tono di quando era vivo...
Ho trovato bizzarra e alquanto imbarazzante (per tutti e tre i protagonisti) la scelta di far scrivere le mail alla madre: pur capendo le ragioni della donna la scelta mi sembra una soluzione un pò troppo surreale per accettarla così com'è; oppure, tutto il testo è intriso di realismo magico come il fatto che il defunto ancora racconti la storia e allora può avere un senso lo scambio di mail, ma a quel punto la scelta del genere doveva essere più ficcante.
Comunque questo autore è una grande penna che regala grandi emozioni e che riesce a indagare e descrivere l'animo umano, con le sue infinite sfumature di emozioni, usando sapientemente la tavolozza della fantasia tramite la quale i personaggi hanno una caratterizzazione forte e decisa che li fa vibrare di malinconica autenticità.
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Messaggio Da paluca66 Ven Ott 11, 2024 11:43 pm

Secondo racconto che leggo in questo step e secondo racconto infarcito di errori e refusi che rendono difficile la lettura.
In estrema sinstesi:
- Con il pugno coperto dalla la manica  
- Come risvegliata si sposta, lasciandomi passare, trascinata dalla corrente di quel fiume apparso improvvisamente sulla strada si allontana.  c'è qualcosa che non comprendo in questa farse pur avendola riletta non so quante volte; forse manca solo una virgola dopo "strada"?
- l’abito rosa della donna da salvare ha la luminosità del neon,  e la distinguo facilmente, aggrappata alla cassetta della posta.  fo anche qui la punteggiatura non mi aiuta almeno la virgola dopo "neon" andrebbe levata.
- se parli a voce così’ bassa?
- Non prendermi in giro.  prima e dopo le da del "lei", qui le da del "tu"
- Poteva sentirsi ignara e innocente come il sistema temporalesco che stentava a sparire se sarebbe riuscita a confidarsi con quella donna al posto mio.   fosse
- Prendendo le mie mani, le sue unghie senza smalto opposte a un groviglio di rughe, si accarezza il viso e poi le teneva strette, invece di liberarle.  accarezzava


Anche la formattazione con spazi doppi e rientri pecca di approssimazione.

Tutto questo è tanto più evidente se lo si paragona a una serie di immagini in cui emerge una scrittura elegante e ricercata; immagini che finiscono con l'essere, a miom parere, un po' il pregio e allo stesso tempo il limite di un racconto che definirei "onirico", senza una trama ben definita ma in gardo di suscitare comqunue delle emozioni nel lettore.
Così e così i paletti con il vento protagonista solo di striscio e con la madre che subentra solo con la mail dopo che il protagonista ha continuato a narrare in prima persona anche da morto.

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Messaggio Da M. Mark o'Knee Ven Ott 11, 2024 11:48 pm

Si può definire un testo "racconto di distrazione"? Qualunque sia la risposta, è ciò che ho pensato a fine lettura: una storia piena di frasi a effetto e strizzatine d'occhio - a partire dal titolo che gioca sull'assonanza appunti/appuntamento "al buio" - il cui scopo di fondo è distrarre l'attenzione del lettore dalle diverse incongruenze, che affiorano come montarozzi confusi di detriti al defluire dell'esondazione.
A parte alcuni refusi ed errori di formattazione (un'È con l'apostrofo anziché l'accento; alcuni incomprensibili rientri del testo rispetto al margine sinistro, il passaggio ingiustificato dal tu al lei e viceversa, alcuni salti di consecutio...), vorrei segnalare:
- il dialogo con la ragazza, che, per uno che snocciola frasi memorabili un rigo sì e l'altro pure, appare parecchio stonato;
- l'improvviso cambio di scena, nel quale il narratore passa inspiegabilmente dalla camera della ragazza a casa propria: ma non doveva passare la notte da lei? È cessata la tempesta e l'acqua e il vento non sono più un problema? Non ci è dato sapere...
- il fatto che continui lui stesso a raccontare ciò che accade, come niente fosse, anche se un infarto se l'è già portato via.
Incongruenze. E parecchia confusione. Per una storia che, con un trattamento diverso, potrebbe anche essere interessante.
M.

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Messaggio Da tommybe Sab Ott 12, 2024 8:40 am

L' idea che mi sono fatta è che l'autore abbia tentato di alleggerire il peso drammatico dei paletti con un dialogo spigliato e una trama frettolosa che sorvola alcuni passaggi.
Per gli errori non ci sono giustificazioni.
Mi sembra giusto cercare bruttezza dove la bellezza appare poco o quasi.
Lo rileggerò, sicuramente più di quanto ha fatto l' autore.
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Messaggio Da Susanna Dom Ott 13, 2024 5:13 pm

Parto dal titolo: ormai lo sapete, è per me un elemento importante. Bello, semplice e già comunica. Un racconto che come stile e modo di presentare le scene, i personaggi e "il momento" attraverso i dialoghi – davvero ben strutturati, immediati nel risultato che probabilmente la Penna vuole dare – e descrizioni molto particolari (cioccolato e mentine tanto per dire) potrebbe avere una firma nota, ma niente totoautori: le sorprese non finiscono mai. Un bel racconto, molto intimista, con pennellate descrittive che emozionano, tanto funzionano bene con solo poche parole. Molto commovente il tentativo della madre di tenere in vita il figlio attraverso le parole: ma lui è lui (e forse lo conosce meglio di quanto non gli abbia mai saputo dire) e lei è lei, il gioco per una persona onesta e sincera, soprattutto provata dal lutto, non può continuare: ha bisogno della verità, quale che sia. Bellissimo il “ tutti quelli a cui muore il figlio riprendono a fumare”: vale un racconto. Penso che “il narratore” dei paletti sia stato ben gestito.
Le mie note: Formattazione un pochino trascurata: alla fine quando tutto va bene, si vanno a cercare le piccolezze. Però ci sono refusi un po’ troppo refusi per una Penna così brava. Per es. un automobile senza apostrofo, dalla la manica e un così seguito dall’apostrofo e poche altre che magari ti hanno già segnalato. I miei complimenti.

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Messaggio Da Giammy Mer Ott 16, 2024 11:32 am

Quante cose si celano in un racconto e in “Appunti al buio” il non manifesto è ricco di input e di fotografie che raccontano la quotidianità nella sua semplicità e assurdità.
Il vento dei rapporti con i familiari e con il vicinato soffia forte e porta frutti inaspettati. Gli imprevisti e le tragedie invece di porre distanze avvicinano e uniscono.
È l’umanità descritta con lo stile originale dell’autore.
Non so se porterà punti per la classifica, però a me ha regalato il sorriso in questa giornata uggiosa, grazie a diverse frasi sorprendenti e a molte scene esilaranti.
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Messaggio Da Akimizu Ieri alle 10:55 am

Ciao autore, ti confesso che mi sono emozionato leggendo il tuo racconto. Ci ho trovato dentro tanto degli autori che amo, soprattutto i grandi americani del racconto breve, Ford per dirne uno, che riescono a rendere straordinaria anche la descrizione di un'uscita al supermercato. Qua c'è qualcosa di più, ma riflettiamoci, la trama, l'ossicino spolpato, si riduce a poco, c'è tutta la carne intorno che hai messo tu a rendere incredibile il tutto. Così, con fitte di malinconia e a dialoghi frizzanti in situazioni in cui non te li aspetteresti e con madri poetesse epistorali e luoghi che paiono magici ma sono solo strade e appartamenti comuni, mi hai regalato un quarto d'ora di vera letteratura. Ti ringrazio e a rileggerci!
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Messaggio Da Fante Scelto Oggi alle 10:04 am

La prima parte del racconto l'ho trovata ipnotica. Ci sono 3-4 frasi che da sole valgono tutto il resto perché, quando c'è il talento espressivo, certi legami di parole vengono fuori con una naturalezza disarmante.
Poi, da quando il protagonista ritorna a casa a trovare la madre, che è il passaggio più critico della vicenda perché ci si ritrova sbalzati di luogo senza che ci venga detto, la storia sembra più costretta e imbrigliata. Come se l'autore avesse sofferto a dover piegare la propria storia al paletto della morte, e tutto prende una piega più surreale di quanto non fosse all'inizio.
Questo non inficia la qualità della scrittura, che è sempre di alto livello e con un talento, forse l'ho già detto ma non importa, fuori dal comune.

Mi è piaciuta l'idea, finora unica, di far continuare la narrazione del protagonista anche dopo l'infarto stroncante.
La scelta dell'infarto come causa della morte mi è sembrata un po' amara, nel senso che, ipotizzo, la fine per una causa meteorologica sarebbe stata più pertinente e forse persino più accattivante. In fondo il protagonista sognava di salvare qualcuno, quale fine migliore che perdere la vita per realizzare questo sogno?
Ma forse è solo la mia visione romantica delle cose a parlare per me.

Già segnalati i refusi e la forma imperfetta, ma il buon carico emotivo delle tue parole li rende quasi invisibili.
Il vento, però, è davvero solo una presenza discreta.

La mia frase preferita è senza dubbio 

E’ tutta la vita che spero di salvare qualcuno.

Risuona come un inno.
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