Il profumo del crocus sativus
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Different Tales :: Off Topic :: Archivio :: Different Rooms - Tutti i racconti :: Step 6 - La veranda
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Il profumo del crocus sativus
Giugno 2005
Levo gli stivali di gomma e li sciacquo per bene sotto la canna dell'acqua, poi li metto ad asciugare accanto alla porta d'entrata, in modo da non lasciare impronte di fango sulla soglia.
Tolgo i jeans e la camicia, roba vecchia che uso solo per lavorare in giardino, e mi butto sotto la doccia.
L'acqua mi lava via la polvere di dosso e la fa scivolare giù per lo scarico.
Non ho per nulla il pollice verde, anzi. Come le faccio seccare io, le piante, nessuno. Pietro mi prende in giro per questo; lui che invece con queste cose ci sa fare e ha messo su una piccola azienda agricola.
Mio marito ha costruito tutta la sua piccola fortuna sui terreni fertili dell'Abruzzo e sul crocus sativus, da cui ricava uno degli zafferani più profumati d'Italia.
Io invece, qualsiasi cosa cerchi di coltivare, dopo poco muore. Non sono in grado di far nascere nulla, nemmeno una pianta.
«Amore, sei in casa?»
Lo sento rientrare con passo pesante.
Esco dal bagno ancora in accappatoio e Pietro mi sorride, le buste della spesa ancora in mano.
«Togliersi le scarpe, prima di entrare no, vero?» lo apostrofo. «Ma tanto cosa te ne frega a te? Mica lo lavi tu, il pavimento.»
Detesto la sua abitudine di portarsi dentro casa tutta la terra della campagna.
«E quella?» indico la confezione da sei bottiglie di una nota marca d'acqua, pubblicizzata come a basso contenuto di sodio. «Lo sai che non la voglio in tavola. Non sopporto il neonato stampato sull'etichetta.»
Pietro mi guarda, con quella sua espressione da cucciolo ferito. «Era rimasta solo questa, al negozio.»
Mio marito è così. Detesta i supermercati e si ostina a fare la spesa all'alimentari del paese. Anche se hanno quattro prodotti in croce e costano un occhio della testa.
«Non mi interessa. Adesso la carichi di nuovo in macchina e la riporti indietro.»
“L'astensione al referendum del 12 e 13 giugno non è una scelta di disimpegno, ma un modo per opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità". Lo ha ribadito il presidente della Cei, che ha sottolineato l'unità raggiunta dal mondo cattolico in merito al referendum sulla procreazione medicalmente assistita e ha definito "necessaria la più grande compattezza nell'aderire alle indicazioni del Comitato Scienza et Vita”.
«Anna, ancora così stai? Guarda che mia sorella e Giulio tra quindici minuti sono qui.»
Lancio un'occhiataccia a Pietro, poi alzo lo sguardo al cielo. Ho zero voglia di vestirmi, truccarmi e prepararmi per andare a cena. Preferirei di gran lunga stare qui sulla veranda, con un buon libro, a godermi il fresco della sera.
«Allora? Ti dài una mossa o no?»
Do un ultimo sguardo ai campi di crocus all'orizzonte, poi mi alzo lentamente dalla sedia a dondolo e spengo la radio.
Mi passo il pettine tra i capelli e li raccolgo in uno chignon, cosa che mi richiede sempre molto tempo e non riesce mai perfetta come vorrei. Ho sempre avuto dei capelli ingestibili.
Dalla veranda mi arriva la voce profonda e baritonale di Giulio, sovrastata da quella chiara e squillante di Elisabetta.
«Anna deve sempre farsi desiderare, lo sappiamo come siete fatte voi signore.» scherza mio marito.«Ci beviamo una birra, intanto?»
Sento mia cognata rispondere, imbarazzata, che ha caldo e che per lei andrà benissimo un bicchiere d'acqua frizzante.
Sorrido e scuoto la testa, mentre esco dal bagno e li raggiungo. Solo a Pietro può venire in mente di offrire alcolici a una donna all'ultimo mese di gravidanza.
«Insomma, quando la ginecologa mi ha proposto di fare la villocentesi, data l'età, ho risposto che andava bene, se era per la salute del bambino. Ma che non si azzardasse a dirci se è maschio o femmina. Vogliamo che sia una sorpresa. Vero Giulio?» Elisabetta si tocca il pancione, sorridente e fiera.
Fiera di cosa? Crede di essere migliore di me, soltanto perché a lei è bastato aprire le gambe un paio di volte per farsi ingravidare?
Taglio la mia margherita a spicchi regolari, cerco di farli tutti della stessa dimensione.
«Ma quindi il nome ancora non lo avete scelto?» chiede Pietro.
«Marino se sarà maschio, Nerea se sarà femmina.»
«Nerea. Come mai un nome così particolare?» intervengo infastidita.
«Abbiamo scelto il parto in acqua, e volevamo due nomi che mi ricordassero il mare. E voi due invece? Quand'è che mi farete diventare zia?»
Stringo il coltello da pizza che ho in mano. Vorrei tanto poterglielo infilare dritto nella giugulare.
«Come mai sono già tre volte che Pietro non viene agli incontri? È importante che ci sia anche lui.»
«Lo so dottoressa, è che ha sempre tanto da lavorare.»
La psicologa tace e mi lancia un'occhiata disappunto. Come se l'assenza di mio marito fosse colpa mia. Lei mica lo sa quanto ci ho messo per convincerlo a venire con me almeno un paio di volte. Ma a una certa, mica lo posso legare e trascinarmelo dietro.
Oltretutto, capisco che non voglia venire in questa ex scuola fatiscente riadattata a consultorio familiare, a parlare con questa cinquantenne obesa e petulante, sempre con un'espressione da pesce bollito sulla faccia.
Immagino che, nelle sue intenzioni, dovrebbe essere uno sguardo empatico e comprensivo, ma di fatto mi sembra che mi tratti come se avessi cinque anni, non trentacinque.
«Comunque gli dirò di venire, per le prossime volte.» mento.
In realtà mi sa proprio che le prossime volte, qua non ci verrò più nemmeno io.
La verità è che se avessi abbastanza soldi, andrei da un terapeuta privato.
Col cazzo che mi affiderei a sta grassona della ASL.
«A cosa sta pensando in questo momento, Anna?»
«A niente.»
"È sicura?
«Pensavo che questo qui non è il posto per me. Ecco a cosa pensavo.»
«Non è il posto per lei?»
«Sì. Tutto questo.» Abbraccio l'intera stanza con un gesto della mano.«Non va bene per me.»
«Quello.» indico un quadro raffigurante un neonato, appeso alla mia destra «fa schifo.»
«Quello lì, invece» faccio cenno con la testa a un manifesto sull'importanza dell'allattamento al seno, che svetta sopra la testa della dottoressa « è osceno, dovrebbe essere illegale stampare roba del genere.»
La terapeuta mi guarda con due occhi sgranati, ancora più da pesce lesso del solito.
«Il tuo latte è un dono per la vita» recito.
«Vengo qua, vi ho chiesto aiuto perché non posso avere figli... e mi tocca vedere sta roba ogni volta che la guardo in faccia. Le sembra normale?»
Non dice nulla, non sa cosa ribattere.
Indico il lettino ginecologico, con tanto di ecografo, dietro alle mie spalle.
«Le donne di solito si siedono lì e sanno come sta il loro bambino, guardano il monitor, sentono il battito ed escono tutte felici e contente. Io invece cosa ci vengo a fare qua, a stare male? Le sembra giusto?»
Silenzio. La cosa assurda è che sta grassona crede di essermi utile e di mostrare chissà quale capacità di ascolto comportandosi così.
Lei di sicuro non avrà dovuto fare nessuno sforzo per rimanere incinta e sfornare i due marmocchi,ormai adolescenti, di cui va tanto fiera. E pretende di capirmi. Stronza.
Mi alzo dalla sedia e imbocco la porta, anche se mancherebbe ancora quasi un quarto d'ora alla fine della seduta.
«Ci vediamo la prossima settimana, sempre alle quindici?»
«No.»
“Signore, proprio come Anna era senza figlio, Tu le dai un figlio dopo la sua preghiera a Te. Hai sentito la sua supplica. E oggi so che la mia preghiera non sarà vana per Te, ma sarà ascoltata ed esaudita. Signore, anche se ti sei ricordato di Rachele e lei ha concepito, ascolta le mie preghiere e me e la mia famiglia. Consentimi di concepire e partorire un bambino.”
Concludo la mia preghiera silenziosa con un semplice “amen”, mi alzo e faccio il segno della croce.
Mi avvicino alla statua della Santa Vergine e accendo un cero, pronta a fare l'ennesimo fioretto. Ho smesso di fumare, nella speranza che Nostro Signore esaudisse le mie preghiere. Ma niente. Fumavo un paio di sigarette al giorno, non mi è costato troppa fatica smettere. "Forse il nostro Salvatore richiede uno sforzo ulteriore, una rinuncia più grande" ho pensato.
Allora ho deciso di smettere di comprarmi abiti nuovi e scarpe per un anno. Non ho comprato nulla, nemmeno calzini o biancheria intima, se non per mio marito.
Non sono andata dal parrucchiere né dall'estetista. Quel poco necessario a depilarmi e spuntarmi i capelli lo facevo da sola, in casa. Non è servito nemmeno quello. Speravo che mi crescesse la pancia, sono cresciute solo le doppie punte.
Adesso, a dire il vero, non saprei più a che altro rinunciare.
Esco dalla chiesa che il sole sta ormai morendo. Attraverso la strada e mi dirigo alla fermata dell'autobus. In questo periodo dell'estate il paese è quasi deserto. Si svuoterà ancora di più a luglio e agosto, ma già adesso a quest'ora in giro non si vede nessuno.
Mi siedo sulla panchina della fermata e attendo, da sola, che passi la prossima corsa.
Un uomo alto, sulla quarantina, pantaloni color kaki e camicia bianca che ne mette in risalto il fisico asciutto e l'abbronzatura, mi affianca sedendosi accanto a me.
Cerco di non sembrare troppo sfacciata, ma non posso fare a meno di ammirarlo. Lui si accorge del mio sguardo e mi sorride con la strafottenza di chi sa di piacere, mostrandomi una fila di denti bianchi e splendenti.
È di certo un bell'uomo, ma non nel senso classico del termine. C'è in lui come un senso di disarmonia, qualcosa che mi attrae e allo stesso tempo mi disturba profondamente.
«Buona sera Anna» mi si rivolge all'improvviso con una voce vellutata, un po' arrochita dalla sigaretta che tiene tra le dita sottili.
«Ci conosciamo?» rispondo sulla difensiva.
«Tu no, ma io sì. Io ti conosco meglio di chiunque altro.»
«Che cosa vuole da me? Vada via.»
«Calmati. Non ti volevo spaventare.» Mi guarda fisso e inala una lunga boccata di fumo. Cerco di sostenere il suo sguardo per non farmi vedere spaventata, mentre l'odore del tabacco mi solletica il naso.
È solo allora che mi accorgo che i suoi occhi sono di due colori diversi, uno azzurro e l'altro verde. Mai visti due occhi così. Vorrei alzarmi dalla panchina, per mettere un po' di distanza tra noi ma, per qualche strano motivo, le gambe si rifiutano di rispondere ai miei comandi.
«Sono venuto solo a dirti che stai sbagliando.»
«Cosa?»
«Se vuoi un figlio, non è ai medici che lo devi chiedere. Tantomeno agli psicologi o agli assistenti sociali. Soprattutto, non lo devi chiedere a quello là.» mi dice, indicando la chiesa dell'altra parte della strada.«Ma devi domandarti cosa sei davvero disposta a fare, fin dove sei in grado di spingerti per averlo.»
«Senta, io non so chi sia lei né come faccia a sapere tutte queste cose su di me ma le assicuro che, se non mi lascia in pace, chiamo le forze dell'ordine.»
L'uomo sorride divertito,quasi la mia fosse una battuta.
«Ci vediamo presto, Anna.»
Si alza dalla panchina e si allontana,lasciando dietro di sé un buon profumo di crocus sativus.
Guardo la sveglia sul comodino. Le sei meno un quarto. Pietro russa, quieto, accanto a me. Io invece non sono riuscita a chiudere occhio tutta la notte, se non per brevi momenti.
Le pale sul soffitto girano pigre, non riescono a spazzare via il caldo né i miei brutti pensieri.
Decido di alzarmi, tanto ormai il sole sta per sorgere.
Apro l'armadio e infilo dei pantaloncini e una maglietta, i primi che trovo.
Esco in veranda e noto le mie scarpe da ginnastica, lasciate lì dalla sera prima.
Di colpo penso che fare una camminata di una mezz'ora, prima che mio marito si svegli, potrebbe aiutarmi a distendere i nervi e raddrizzare questa giornata cominciata già malissimo.
Mi avvio verso i campi nel primo chiarore del mattino. In questo periodo dell'anno i terreni sono a riposo e non c'è molto lavoro da fare.
Passeggio tra la terra spoglia, senza fiori.
Sotto il terreno mio marito e i suoi dipendenti stanno già piantando i nuovi bulbi che aspettano solo il momento giusto per crescere. Tra poco più bei quattro mesi qui sarà tutta una stupenda marea viola, ma adesso la vista di questa desolazione mi mette una gran malinconia.
«Hai perfettamente ragione.»
Sobbalzo, sentendo una voce alle mie spalle.
L'uomo che ho incontrato tre giorni fa, alla fermata dell'autobus, mi sorride comprensivo. Da dove spunta? Possibile che non lo abbia visto ne sentito arrivare.
«Un terreno che non dà frutto, a cosa serve?» mi dice con voce calma.
«Chi è lei? Perché mi sta seguendo da giorni?» chiedo turbata. Anche se la cosa che più m’inquieta, è che abbia indovinato con incredibile esattezza il filo dei miei pensieri.
«Mi chiamano in molti modi. Il mio nome è Legione perché noi siamo in tanti.» sussurra.«Ma tu puoi chiamarmi Leviatano, vista l'invidia cieca che ti mangia dentro, ogni giorno.»
Arretro, inorridita. «San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro le malvagità e le insidie del diavolo. Tu, principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime.» recito, baciando il piccolo crocefisso che porto al collo e facendomi il segno della croce.
Il demone scoppia in una risata.
«Andiamo, puoi fare di meglio. La tua fede non è abbastanza forte da allontanarmi, Anna. Troppe preghiere inascoltate, troppe speranze deluse. Ormai nel tuo Dio non ci credi neppure tu.»
Vorrei correre via, verso casa, più veloce che posso ma ancora una volta le mie gambe si rifiutano di collaborare.
«Guarda che so come ti senti, ti capisco benissimo.» Mi scruta con quei suoi incredibili occhi disarmonici, che non posso fare a meno di ammirare.
«Cosa vuole dire?»
«Voglio dire che so quanto grandi e profondi sono l'invidia e l'odio che porti alle altre donne. Gli altri non lo sanno, perché fai di tutto nasconderlo, ma io sì.»
«Non è vero.»
«Ah no? Dimmi cos'hai provato la settimana scorsa, in pizzeria, quando tua cognata parlava del bambino che sta per nascere. Cos'hai pensato quando stringevi il coltello in mano?»
Arrossisco di vergogna.
«Io non ti giudico. Anzi, hai perfettamente ragione. Cos'ha Elisabetta in più di te?»
«Non… non saprei.»
«Te lo dico io, niente. Non è più bella, né più intelligente o istruita di te. Eppure lei tra pochi giorni avrà il suo primo figlio. E tu invece no. Dopo tanto dolore e tanti tentativi, nulla.»
Cerco invano di trattenere le lacrime, che mi scivolano copiose sulle guance.
«Piangere non ti servirà a niente. Così non impietosisci nessuno.» commenta disgustato «Se davvero vuoi vedere realizzato il tuo desiderio, sai già quello che devi fare.»
«Cosa?»
Il Diavolo mi afferra il braccio destro. L'odore di crocus sativus che emana dalla sua persona mi riempie le narici e nella mia mente si fa strada un pensiero indicibile.
«Tu meriti di diventare madre molto più di quella puttana, Anna. Se vuoi un figlio, se è davvero questo che vuoi, allora devi andartelo a prendere.»
«Entra, accomodati.»
Elisabetta fa il suo ingresso, affaticata e col fiatone.
Siamo praticamente vicine di casa, ma attraversare i nostri terreni confinanti, con la pancia di nove mesi e questo caldo, per lei è già uno sforzo notevole.
«Grazie di esserti offerta di accompagnarmi dalla ginecologa. Di solito lo fa Giulio ma oggi è via per lavoro, proprio non poteva." mi dice appena mette piede in soggiorno.»
«Ma ci mancherebbe! Non era proprio il caso che tu prendessi i mezzi pubblici con quest'afa e nel tuo stato.»
«Ringrazia anche Pietro, per averci lasciato la macchina.»
«È tuo fratello, l’ha fatto con piacere. Poi oggi è tutto giorno nei campi, non ne aveva nemmeno bisogno.»
«Fortuna che è l'ultimo controllo, non ce la faccio più!»
«Dài… vieni a sederti dieci minuti di là in veranda che fa più fresco, così ti riposi un momento.»
La faccio sedere sulla sedia a dondolo, lei ci sprofonda esausta.
«Quanto manca al termine?»
«Dieci giorni. Ma secondo me ha fretta di nascere prima.»
«Dici?»
«Sì. È ormai da una settimana che non fa che darmi calci e fare le capriole.»
Le faccio un sorriso tirato.
«Ti va qualcosa da bere, un succo di frutta?»
Elisabetta ci pensa su. «Se ce l'hai all'arancia lo prendo volentieri, grazie.»
Mi dirigo in cucina, apro il cassetto delle posate e affetto un coltello. Uno di quelli grandi, da macellaio. Ne osservo la lama, che riluce come un diamante nel sole estivo.
Torno in veranda ed Elisabetta nemmeno sente i miei passi, presa com'è a guardare i
campi all'orizzonte.
Si gira troppo tardi, quando ormai le sono alle spalle.
Le pianto il coltello nel collo con un gesto rapido, recidendole la carotide. A malapena ha il tempo di rendersi conto di cosa le stia succedendo che i suoi occhi, ormai senza vita, rimangono fissi nei miei.
Ho come l’impressione che le mie mani non mi appartengano e stiano agendo da sole, contro la mia volontà, quando le strappo la camicetta di dosso e prendo un respiro profondo.
Pratico un'incisione orizzontale sull’addome, tra l’ombelico e l’inguine, con una precisione e una sicurezza che nemmeno io sapevo di avere.
Mormoro: «se è davvero un figlio quello che vuoi, allora devi andartelo a prendere.» mentre tutto intorno a me si spande un inebriante profumo di crocus sativus.
Levo gli stivali di gomma e li sciacquo per bene sotto la canna dell'acqua, poi li metto ad asciugare accanto alla porta d'entrata, in modo da non lasciare impronte di fango sulla soglia.
Tolgo i jeans e la camicia, roba vecchia che uso solo per lavorare in giardino, e mi butto sotto la doccia.
L'acqua mi lava via la polvere di dosso e la fa scivolare giù per lo scarico.
Non ho per nulla il pollice verde, anzi. Come le faccio seccare io, le piante, nessuno. Pietro mi prende in giro per questo; lui che invece con queste cose ci sa fare e ha messo su una piccola azienda agricola.
Mio marito ha costruito tutta la sua piccola fortuna sui terreni fertili dell'Abruzzo e sul crocus sativus, da cui ricava uno degli zafferani più profumati d'Italia.
Io invece, qualsiasi cosa cerchi di coltivare, dopo poco muore. Non sono in grado di far nascere nulla, nemmeno una pianta.
«Amore, sei in casa?»
Lo sento rientrare con passo pesante.
Esco dal bagno ancora in accappatoio e Pietro mi sorride, le buste della spesa ancora in mano.
«Togliersi le scarpe, prima di entrare no, vero?» lo apostrofo. «Ma tanto cosa te ne frega a te? Mica lo lavi tu, il pavimento.»
Detesto la sua abitudine di portarsi dentro casa tutta la terra della campagna.
«E quella?» indico la confezione da sei bottiglie di una nota marca d'acqua, pubblicizzata come a basso contenuto di sodio. «Lo sai che non la voglio in tavola. Non sopporto il neonato stampato sull'etichetta.»
Pietro mi guarda, con quella sua espressione da cucciolo ferito. «Era rimasta solo questa, al negozio.»
Mio marito è così. Detesta i supermercati e si ostina a fare la spesa all'alimentari del paese. Anche se hanno quattro prodotti in croce e costano un occhio della testa.
«Non mi interessa. Adesso la carichi di nuovo in macchina e la riporti indietro.»
“L'astensione al referendum del 12 e 13 giugno non è una scelta di disimpegno, ma un modo per opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità". Lo ha ribadito il presidente della Cei, che ha sottolineato l'unità raggiunta dal mondo cattolico in merito al referendum sulla procreazione medicalmente assistita e ha definito "necessaria la più grande compattezza nell'aderire alle indicazioni del Comitato Scienza et Vita”.
«Anna, ancora così stai? Guarda che mia sorella e Giulio tra quindici minuti sono qui.»
Lancio un'occhiataccia a Pietro, poi alzo lo sguardo al cielo. Ho zero voglia di vestirmi, truccarmi e prepararmi per andare a cena. Preferirei di gran lunga stare qui sulla veranda, con un buon libro, a godermi il fresco della sera.
«Allora? Ti dài una mossa o no?»
Do un ultimo sguardo ai campi di crocus all'orizzonte, poi mi alzo lentamente dalla sedia a dondolo e spengo la radio.
Mi passo il pettine tra i capelli e li raccolgo in uno chignon, cosa che mi richiede sempre molto tempo e non riesce mai perfetta come vorrei. Ho sempre avuto dei capelli ingestibili.
Dalla veranda mi arriva la voce profonda e baritonale di Giulio, sovrastata da quella chiara e squillante di Elisabetta.
«Anna deve sempre farsi desiderare, lo sappiamo come siete fatte voi signore.» scherza mio marito.«Ci beviamo una birra, intanto?»
Sento mia cognata rispondere, imbarazzata, che ha caldo e che per lei andrà benissimo un bicchiere d'acqua frizzante.
Sorrido e scuoto la testa, mentre esco dal bagno e li raggiungo. Solo a Pietro può venire in mente di offrire alcolici a una donna all'ultimo mese di gravidanza.
«Insomma, quando la ginecologa mi ha proposto di fare la villocentesi, data l'età, ho risposto che andava bene, se era per la salute del bambino. Ma che non si azzardasse a dirci se è maschio o femmina. Vogliamo che sia una sorpresa. Vero Giulio?» Elisabetta si tocca il pancione, sorridente e fiera.
Fiera di cosa? Crede di essere migliore di me, soltanto perché a lei è bastato aprire le gambe un paio di volte per farsi ingravidare?
Taglio la mia margherita a spicchi regolari, cerco di farli tutti della stessa dimensione.
«Ma quindi il nome ancora non lo avete scelto?» chiede Pietro.
«Marino se sarà maschio, Nerea se sarà femmina.»
«Nerea. Come mai un nome così particolare?» intervengo infastidita.
«Abbiamo scelto il parto in acqua, e volevamo due nomi che mi ricordassero il mare. E voi due invece? Quand'è che mi farete diventare zia?»
Stringo il coltello da pizza che ho in mano. Vorrei tanto poterglielo infilare dritto nella giugulare.
«Come mai sono già tre volte che Pietro non viene agli incontri? È importante che ci sia anche lui.»
«Lo so dottoressa, è che ha sempre tanto da lavorare.»
La psicologa tace e mi lancia un'occhiata disappunto. Come se l'assenza di mio marito fosse colpa mia. Lei mica lo sa quanto ci ho messo per convincerlo a venire con me almeno un paio di volte. Ma a una certa, mica lo posso legare e trascinarmelo dietro.
Oltretutto, capisco che non voglia venire in questa ex scuola fatiscente riadattata a consultorio familiare, a parlare con questa cinquantenne obesa e petulante, sempre con un'espressione da pesce bollito sulla faccia.
Immagino che, nelle sue intenzioni, dovrebbe essere uno sguardo empatico e comprensivo, ma di fatto mi sembra che mi tratti come se avessi cinque anni, non trentacinque.
«Comunque gli dirò di venire, per le prossime volte.» mento.
In realtà mi sa proprio che le prossime volte, qua non ci verrò più nemmeno io.
La verità è che se avessi abbastanza soldi, andrei da un terapeuta privato.
Col cazzo che mi affiderei a sta grassona della ASL.
«A cosa sta pensando in questo momento, Anna?»
«A niente.»
"È sicura?
«Pensavo che questo qui non è il posto per me. Ecco a cosa pensavo.»
«Non è il posto per lei?»
«Sì. Tutto questo.» Abbraccio l'intera stanza con un gesto della mano.«Non va bene per me.»
«Quello.» indico un quadro raffigurante un neonato, appeso alla mia destra «fa schifo.»
«Quello lì, invece» faccio cenno con la testa a un manifesto sull'importanza dell'allattamento al seno, che svetta sopra la testa della dottoressa « è osceno, dovrebbe essere illegale stampare roba del genere.»
La terapeuta mi guarda con due occhi sgranati, ancora più da pesce lesso del solito.
«Il tuo latte è un dono per la vita» recito.
«Vengo qua, vi ho chiesto aiuto perché non posso avere figli... e mi tocca vedere sta roba ogni volta che la guardo in faccia. Le sembra normale?»
Non dice nulla, non sa cosa ribattere.
Indico il lettino ginecologico, con tanto di ecografo, dietro alle mie spalle.
«Le donne di solito si siedono lì e sanno come sta il loro bambino, guardano il monitor, sentono il battito ed escono tutte felici e contente. Io invece cosa ci vengo a fare qua, a stare male? Le sembra giusto?»
Silenzio. La cosa assurda è che sta grassona crede di essermi utile e di mostrare chissà quale capacità di ascolto comportandosi così.
Lei di sicuro non avrà dovuto fare nessuno sforzo per rimanere incinta e sfornare i due marmocchi,ormai adolescenti, di cui va tanto fiera. E pretende di capirmi. Stronza.
Mi alzo dalla sedia e imbocco la porta, anche se mancherebbe ancora quasi un quarto d'ora alla fine della seduta.
«Ci vediamo la prossima settimana, sempre alle quindici?»
«No.»
“Signore, proprio come Anna era senza figlio, Tu le dai un figlio dopo la sua preghiera a Te. Hai sentito la sua supplica. E oggi so che la mia preghiera non sarà vana per Te, ma sarà ascoltata ed esaudita. Signore, anche se ti sei ricordato di Rachele e lei ha concepito, ascolta le mie preghiere e me e la mia famiglia. Consentimi di concepire e partorire un bambino.”
Concludo la mia preghiera silenziosa con un semplice “amen”, mi alzo e faccio il segno della croce.
Mi avvicino alla statua della Santa Vergine e accendo un cero, pronta a fare l'ennesimo fioretto. Ho smesso di fumare, nella speranza che Nostro Signore esaudisse le mie preghiere. Ma niente. Fumavo un paio di sigarette al giorno, non mi è costato troppa fatica smettere. "Forse il nostro Salvatore richiede uno sforzo ulteriore, una rinuncia più grande" ho pensato.
Allora ho deciso di smettere di comprarmi abiti nuovi e scarpe per un anno. Non ho comprato nulla, nemmeno calzini o biancheria intima, se non per mio marito.
Non sono andata dal parrucchiere né dall'estetista. Quel poco necessario a depilarmi e spuntarmi i capelli lo facevo da sola, in casa. Non è servito nemmeno quello. Speravo che mi crescesse la pancia, sono cresciute solo le doppie punte.
Adesso, a dire il vero, non saprei più a che altro rinunciare.
Esco dalla chiesa che il sole sta ormai morendo. Attraverso la strada e mi dirigo alla fermata dell'autobus. In questo periodo dell'estate il paese è quasi deserto. Si svuoterà ancora di più a luglio e agosto, ma già adesso a quest'ora in giro non si vede nessuno.
Mi siedo sulla panchina della fermata e attendo, da sola, che passi la prossima corsa.
Un uomo alto, sulla quarantina, pantaloni color kaki e camicia bianca che ne mette in risalto il fisico asciutto e l'abbronzatura, mi affianca sedendosi accanto a me.
Cerco di non sembrare troppo sfacciata, ma non posso fare a meno di ammirarlo. Lui si accorge del mio sguardo e mi sorride con la strafottenza di chi sa di piacere, mostrandomi una fila di denti bianchi e splendenti.
È di certo un bell'uomo, ma non nel senso classico del termine. C'è in lui come un senso di disarmonia, qualcosa che mi attrae e allo stesso tempo mi disturba profondamente.
«Buona sera Anna» mi si rivolge all'improvviso con una voce vellutata, un po' arrochita dalla sigaretta che tiene tra le dita sottili.
«Ci conosciamo?» rispondo sulla difensiva.
«Tu no, ma io sì. Io ti conosco meglio di chiunque altro.»
«Che cosa vuole da me? Vada via.»
«Calmati. Non ti volevo spaventare.» Mi guarda fisso e inala una lunga boccata di fumo. Cerco di sostenere il suo sguardo per non farmi vedere spaventata, mentre l'odore del tabacco mi solletica il naso.
È solo allora che mi accorgo che i suoi occhi sono di due colori diversi, uno azzurro e l'altro verde. Mai visti due occhi così. Vorrei alzarmi dalla panchina, per mettere un po' di distanza tra noi ma, per qualche strano motivo, le gambe si rifiutano di rispondere ai miei comandi.
«Sono venuto solo a dirti che stai sbagliando.»
«Cosa?»
«Se vuoi un figlio, non è ai medici che lo devi chiedere. Tantomeno agli psicologi o agli assistenti sociali. Soprattutto, non lo devi chiedere a quello là.» mi dice, indicando la chiesa dell'altra parte della strada.«Ma devi domandarti cosa sei davvero disposta a fare, fin dove sei in grado di spingerti per averlo.»
«Senta, io non so chi sia lei né come faccia a sapere tutte queste cose su di me ma le assicuro che, se non mi lascia in pace, chiamo le forze dell'ordine.»
L'uomo sorride divertito,quasi la mia fosse una battuta.
«Ci vediamo presto, Anna.»
Si alza dalla panchina e si allontana,lasciando dietro di sé un buon profumo di crocus sativus.
Guardo la sveglia sul comodino. Le sei meno un quarto. Pietro russa, quieto, accanto a me. Io invece non sono riuscita a chiudere occhio tutta la notte, se non per brevi momenti.
Le pale sul soffitto girano pigre, non riescono a spazzare via il caldo né i miei brutti pensieri.
Decido di alzarmi, tanto ormai il sole sta per sorgere.
Apro l'armadio e infilo dei pantaloncini e una maglietta, i primi che trovo.
Esco in veranda e noto le mie scarpe da ginnastica, lasciate lì dalla sera prima.
Di colpo penso che fare una camminata di una mezz'ora, prima che mio marito si svegli, potrebbe aiutarmi a distendere i nervi e raddrizzare questa giornata cominciata già malissimo.
Mi avvio verso i campi nel primo chiarore del mattino. In questo periodo dell'anno i terreni sono a riposo e non c'è molto lavoro da fare.
Passeggio tra la terra spoglia, senza fiori.
Sotto il terreno mio marito e i suoi dipendenti stanno già piantando i nuovi bulbi che aspettano solo il momento giusto per crescere. Tra poco più bei quattro mesi qui sarà tutta una stupenda marea viola, ma adesso la vista di questa desolazione mi mette una gran malinconia.
«Hai perfettamente ragione.»
Sobbalzo, sentendo una voce alle mie spalle.
L'uomo che ho incontrato tre giorni fa, alla fermata dell'autobus, mi sorride comprensivo. Da dove spunta? Possibile che non lo abbia visto ne sentito arrivare.
«Un terreno che non dà frutto, a cosa serve?» mi dice con voce calma.
«Chi è lei? Perché mi sta seguendo da giorni?» chiedo turbata. Anche se la cosa che più m’inquieta, è che abbia indovinato con incredibile esattezza il filo dei miei pensieri.
«Mi chiamano in molti modi. Il mio nome è Legione perché noi siamo in tanti.» sussurra.«Ma tu puoi chiamarmi Leviatano, vista l'invidia cieca che ti mangia dentro, ogni giorno.»
Arretro, inorridita. «San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro le malvagità e le insidie del diavolo. Tu, principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime.» recito, baciando il piccolo crocefisso che porto al collo e facendomi il segno della croce.
Il demone scoppia in una risata.
«Andiamo, puoi fare di meglio. La tua fede non è abbastanza forte da allontanarmi, Anna. Troppe preghiere inascoltate, troppe speranze deluse. Ormai nel tuo Dio non ci credi neppure tu.»
Vorrei correre via, verso casa, più veloce che posso ma ancora una volta le mie gambe si rifiutano di collaborare.
«Guarda che so come ti senti, ti capisco benissimo.» Mi scruta con quei suoi incredibili occhi disarmonici, che non posso fare a meno di ammirare.
«Cosa vuole dire?»
«Voglio dire che so quanto grandi e profondi sono l'invidia e l'odio che porti alle altre donne. Gli altri non lo sanno, perché fai di tutto nasconderlo, ma io sì.»
«Non è vero.»
«Ah no? Dimmi cos'hai provato la settimana scorsa, in pizzeria, quando tua cognata parlava del bambino che sta per nascere. Cos'hai pensato quando stringevi il coltello in mano?»
Arrossisco di vergogna.
«Io non ti giudico. Anzi, hai perfettamente ragione. Cos'ha Elisabetta in più di te?»
«Non… non saprei.»
«Te lo dico io, niente. Non è più bella, né più intelligente o istruita di te. Eppure lei tra pochi giorni avrà il suo primo figlio. E tu invece no. Dopo tanto dolore e tanti tentativi, nulla.»
Cerco invano di trattenere le lacrime, che mi scivolano copiose sulle guance.
«Piangere non ti servirà a niente. Così non impietosisci nessuno.» commenta disgustato «Se davvero vuoi vedere realizzato il tuo desiderio, sai già quello che devi fare.»
«Cosa?»
Il Diavolo mi afferra il braccio destro. L'odore di crocus sativus che emana dalla sua persona mi riempie le narici e nella mia mente si fa strada un pensiero indicibile.
«Tu meriti di diventare madre molto più di quella puttana, Anna. Se vuoi un figlio, se è davvero questo che vuoi, allora devi andartelo a prendere.»
«Entra, accomodati.»
Elisabetta fa il suo ingresso, affaticata e col fiatone.
Siamo praticamente vicine di casa, ma attraversare i nostri terreni confinanti, con la pancia di nove mesi e questo caldo, per lei è già uno sforzo notevole.
«Grazie di esserti offerta di accompagnarmi dalla ginecologa. Di solito lo fa Giulio ma oggi è via per lavoro, proprio non poteva." mi dice appena mette piede in soggiorno.»
«Ma ci mancherebbe! Non era proprio il caso che tu prendessi i mezzi pubblici con quest'afa e nel tuo stato.»
«Ringrazia anche Pietro, per averci lasciato la macchina.»
«È tuo fratello, l’ha fatto con piacere. Poi oggi è tutto giorno nei campi, non ne aveva nemmeno bisogno.»
«Fortuna che è l'ultimo controllo, non ce la faccio più!»
«Dài… vieni a sederti dieci minuti di là in veranda che fa più fresco, così ti riposi un momento.»
La faccio sedere sulla sedia a dondolo, lei ci sprofonda esausta.
«Quanto manca al termine?»
«Dieci giorni. Ma secondo me ha fretta di nascere prima.»
«Dici?»
«Sì. È ormai da una settimana che non fa che darmi calci e fare le capriole.»
Le faccio un sorriso tirato.
«Ti va qualcosa da bere, un succo di frutta?»
Elisabetta ci pensa su. «Se ce l'hai all'arancia lo prendo volentieri, grazie.»
Mi dirigo in cucina, apro il cassetto delle posate e affetto un coltello. Uno di quelli grandi, da macellaio. Ne osservo la lama, che riluce come un diamante nel sole estivo.
Torno in veranda ed Elisabetta nemmeno sente i miei passi, presa com'è a guardare i
campi all'orizzonte.
Si gira troppo tardi, quando ormai le sono alle spalle.
Le pianto il coltello nel collo con un gesto rapido, recidendole la carotide. A malapena ha il tempo di rendersi conto di cosa le stia succedendo che i suoi occhi, ormai senza vita, rimangono fissi nei miei.
Ho come l’impressione che le mie mani non mi appartengano e stiano agendo da sole, contro la mia volontà, quando le strappo la camicetta di dosso e prendo un respiro profondo.
Pratico un'incisione orizzontale sull’addome, tra l’ombelico e l’inguine, con una precisione e una sicurezza che nemmeno io sapevo di avere.
Mormoro: «se è davvero un figlio quello che vuoi, allora devi andartelo a prendere.» mentre tutto intorno a me si spande un inebriante profumo di crocus sativus.
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Re: Il profumo del crocus sativus
Caspita autor@ che effetto wow il finale! Molto molto horror.
Allora, sinceramente, all’inizio della lettura mi sono annoiata. Un’atmosfera rarefatta, ampi spazi tra un periodo e l’altro, una quantità fastidiosa di puntini di sospensione. Pensavo di non riuscire ad andare oltre. Poi, il racconto ha cominciato a prendere corpo, il tuo personaggio a colorarsi dal linguaggio ai gesti e l’introduzione del male ha fatto ingranare la marcia alla storia e mi ha tenuta col fiato sospeso fino all’ orrendo epilogo.
Una buona interpretazione dei paletti, un racconto che procede a singhiozzo nella prima parte, ma immagino sia una costruzione voluta per poter dare l’ultima stoccata.
Una storia che non mi ha lasciata indifferente.
Ti segnalo questo “orrendo refuso” che mi ha fatto fare una risata proprio nel momento clou
affetto un coltello.
Allora, sinceramente, all’inizio della lettura mi sono annoiata. Un’atmosfera rarefatta, ampi spazi tra un periodo e l’altro, una quantità fastidiosa di puntini di sospensione. Pensavo di non riuscire ad andare oltre. Poi, il racconto ha cominciato a prendere corpo, il tuo personaggio a colorarsi dal linguaggio ai gesti e l’introduzione del male ha fatto ingranare la marcia alla storia e mi ha tenuta col fiato sospeso fino all’ orrendo epilogo.
Una buona interpretazione dei paletti, un racconto che procede a singhiozzo nella prima parte, ma immagino sia una costruzione voluta per poter dare l’ultima stoccata.
Una storia che non mi ha lasciata indifferente.
Ti segnalo questo “orrendo refuso” che mi ha fatto fare una risata proprio nel momento clou
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Re: Il profumo del crocus sativus
Mah, c’è forse tutto, ma io non sono riuscito a trovarci poi molto.
Il campo di zafferano è a riposo e quindi solo nominale; c’è una specie di diavolo, ma non c’è veramente horror: solo dolore, invidia e vaga disperazione.
Il finale cruento e assurdo non fa atmosfera horror, non si provano paura o angoscia, è solo orribile.
Un tentativo, scritto anche bene, ma per me, senza molto senso né coerenza coi paletti.
Penso che l’autore, che sembra anche bravo, ci abbia provato, forse per senso del dovere, ma senza convinzione.
Il campo di zafferano è a riposo e quindi solo nominale; c’è una specie di diavolo, ma non c’è veramente horror: solo dolore, invidia e vaga disperazione.
Il finale cruento e assurdo non fa atmosfera horror, non si provano paura o angoscia, è solo orribile.
Un tentativo, scritto anche bene, ma per me, senza molto senso né coerenza coi paletti.
Penso che l’autore, che sembra anche bravo, ci abbia provato, forse per senso del dovere, ma senza convinzione.
giuseppe.bignozzi- Younglings
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Re: Il profumo del crocus sativus
vi sono svariati errori e refusi, spazi mancanti, maiuscole mancanti, errori di battitura e altro.
niente di veramente grave, però una rilettura avrebbe di certo aiutato.
venendo alla storia, se non fosse stato per la parte finale potrei tranquillamente scrivere che non mi prende per niente. le ultime righe salvano il racconto.
in compenso la figura della protagonista si delinea poco a poco ma con un'escalation ottimale.
i paletti ci sono, anche se sono un po' di passaggio.
una revisione generale lo può far diventare prezioso.
niente di veramente grave, però una rilettura avrebbe di certo aiutato.
venendo alla storia, se non fosse stato per la parte finale potrei tranquillamente scrivere che non mi prende per niente. le ultime righe salvano il racconto.
in compenso la figura della protagonista si delinea poco a poco ma con un'escalation ottimale.
i paletti ci sono, anche se sono un po' di passaggio.
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Re: Il profumo del crocus sativus
A pranzo in famiglia si ritrovano una coppia in dolce attesa e una senza figli.
La scrittura mi sembra poco curata: c’è una frase incompleta e troppe descrizioni. Finale aperto e poco credibile. Concordo con chi ha scritto che “Il finale cruento e assurdo non fa atmosfera horror, non si provano paura o angoscia, è solo orribile.”
Il doppio corsivo mi sembra inutile perché non aggiunge molto alla storia. Specie il seguente posto tra la scena al supermercato e quella che si svolge a casa di Anna in attesa degli ospiti.
“L'astensione al referendum del 12 e 13 giugno non è una scelta di disimpegno, ma un modo per opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità". Lo ha ribadito il presidente della Cei… “
Si capisce dopo che sta ascoltando la radio, ma era meglio dirlo prima
E anche questo: “Signore, proprio come Anna era senza figlio, Tu le dai un figlio dopo la sua preghiera a Te. Hai sentito la sua supplica. E oggi so che la mia preghiera non sarà vana per Te… “
Anche qui era meglio dire prima che era andata in chiesa a pregare.
La scrittura mi sembra poco curata: c’è una frase incompleta e troppe descrizioni. Finale aperto e poco credibile. Concordo con chi ha scritto che “Il finale cruento e assurdo non fa atmosfera horror, non si provano paura o angoscia, è solo orribile.”
Il doppio corsivo mi sembra inutile perché non aggiunge molto alla storia. Specie il seguente posto tra la scena al supermercato e quella che si svolge a casa di Anna in attesa degli ospiti.
“L'astensione al referendum del 12 e 13 giugno non è una scelta di disimpegno, ma un modo per opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità". Lo ha ribadito il presidente della Cei… “
Si capisce dopo che sta ascoltando la radio, ma era meglio dirlo prima
E anche questo: “Signore, proprio come Anna era senza figlio, Tu le dai un figlio dopo la sua preghiera a Te. Hai sentito la sua supplica. E oggi so che la mia preghiera non sarà vana per Te… “
Anche qui era meglio dire prima che era andata in chiesa a pregare.
mirella- Padawan
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Re: Il profumo del crocus sativus
Troppi errori e refusi mi hanno impedito di far scorrere il tuo racconto. Perchè non l'hai riletto? Occhiata disappunto/occhiata di disappunto, Ma su una certa/Che vuol dire?,marmocchi,ormai/ marmocchi, ormai, e me e la mia famiglia/a me e la mia famiglia, allontana,lasciando /allontana, lasciando, ha poco più bei/ha poco più di, fai di tutto nascondere/fai di tutto per nascondere, tutto giorno/tutto il giorno, e affetto/e afferro. Difficile per me leggere bene. io inciampo e mi perdo. Mi è sembrata una buona trama ma come ti ho detto, troppi errori.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Car* aut*, come dico spesso, questo è anche un contest di scrittura e quando le sviste, i refusi, diventano troppi, il giudizio ne rimane influenzato al di là della bellezza o meno della trama e della centratura dei paletti.
Antonio ha già fatto una sintesi dei tanti refusi, so che a questo step ci sono state molte consegne dell'ultimo momento e, probabilmente, tu sei un* di quest* che non ha avuto nemmeno il tempo della prima rilettura.
Tutto questo pippone per invitarti a riprendere in mano il racconto e dargli una bella sistemata perché secondo me merita.
Il compito del maligno è proprio quello di approfittare delle debolezze umane per infilarsi nelle pieghe di rabbia, disperazione, invidia e agire di conseguenza.
La tua Anna è un bel personaggio, ben costruito, la porti per mano all'inevitabile (ma non per questo prevedibile) finale in un crescendo di tensione ben gestito.
Bene i paletti con il recupero finale della veranda che diventa il centro dell'avvenimento che da senso a tutto il racconto.
A meno che non ti sia servito per inquadrare temporalmente la vicenda, avrei fatto a meno del corsivo "radiofonico".
Un'ultima curiosità: Anna ed Elisabetta, due nomi biblici non casuali... o sbaglio?
Antonio ha già fatto una sintesi dei tanti refusi, so che a questo step ci sono state molte consegne dell'ultimo momento e, probabilmente, tu sei un* di quest* che non ha avuto nemmeno il tempo della prima rilettura.
Tutto questo pippone per invitarti a riprendere in mano il racconto e dargli una bella sistemata perché secondo me merita.
Il compito del maligno è proprio quello di approfittare delle debolezze umane per infilarsi nelle pieghe di rabbia, disperazione, invidia e agire di conseguenza.
La tua Anna è un bel personaggio, ben costruito, la porti per mano all'inevitabile (ma non per questo prevedibile) finale in un crescendo di tensione ben gestito.
Bene i paletti con il recupero finale della veranda che diventa il centro dell'avvenimento che da senso a tutto il racconto.
A meno che non ti sia servito per inquadrare temporalmente la vicenda, avrei fatto a meno del corsivo "radiofonico".
Un'ultima curiosità: Anna ed Elisabetta, due nomi biblici non casuali... o sbaglio?
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Una lettura che inciampa parecchie volte in errori e refusi ("affetto un coltello" mi sembra il massimo) e la trama si presenta troppo dilatata prima di arrivare alla scena clou, che comunque appare più splatter che horror.
Anche le parti in corsivo non fanno altro che rallentare il flusso narrativo: c'è bisogno di fermarsi almeno un attimo per capire cosa siano. Mancano delle indicazioni. Magari sarebbe stato sufficiente qualcosa tipo "Rilassata in veranda, ascoltavo la radio (Radio Maria?)" e, più avanti, "In ginocchio, nella penombra della chiesa...".
In altre occasioni invece abbondano particolari non proprio necessari, come per esempio "Concludo la mia preghiera silenziosa con un semplice “amen”, mi alzo e faccio il segno della croce". Non sono un esperto, ma di solito con cosa si conclude una preghiera? Perché "semplice"?
L'apparizione diabolica non risulta molto credibile (per quanto possa esserlo un'apparizione diabolica, che, fra l'altro, profuma di zafferano) e stenta a dare una connotazione horror al racconto.
E il finale aperto (più aperto di così...) non dà nessun appiglio al lettore per poter immaginare un futuro della donna e del bambino.
Infine mi sembra che, parlando di paletti, sia lo zafferano che il contadino siano ficcati lì un po' a forza, senza una vera e propria rilevanza nella storia. E pure la veranda...
Anche le parti in corsivo non fanno altro che rallentare il flusso narrativo: c'è bisogno di fermarsi almeno un attimo per capire cosa siano. Mancano delle indicazioni. Magari sarebbe stato sufficiente qualcosa tipo "Rilassata in veranda, ascoltavo la radio (Radio Maria?)" e, più avanti, "In ginocchio, nella penombra della chiesa...".
In altre occasioni invece abbondano particolari non proprio necessari, come per esempio "Concludo la mia preghiera silenziosa con un semplice “amen”, mi alzo e faccio il segno della croce". Non sono un esperto, ma di solito con cosa si conclude una preghiera? Perché "semplice"?
L'apparizione diabolica non risulta molto credibile (per quanto possa esserlo un'apparizione diabolica, che, fra l'altro, profuma di zafferano) e stenta a dare una connotazione horror al racconto.
E il finale aperto (più aperto di così...) non dà nessun appiglio al lettore per poter immaginare un futuro della donna e del bambino.
Infine mi sembra che, parlando di paletti, sia lo zafferano che il contadino siano ficcati lì un po' a forza, senza una vera e propria rilevanza nella storia. E pure la veranda...
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M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Ciao Autore,
il racconto racchiude in sè una buona idea, ma non credo che sia stata portata a termine nel modo migliore. Nell'omicidio finale esplode tutta la follia di Anna e crei una scena forte e orribile, ma il fatto mi lascia un pò tiepida sulla piega horror che questo dovrebbe dare al tuo racconto.
Anna è un personaggio molto interessante e ben costruito, ma la tensione che serpeggia in lei non si sente abbastanza per inquietare il lettore, tutto troppo nascosto dietro una rabbia che sembra sovrastare ogni cosa e annacquato in una prosa che si dirama in troppe direzioni distraendo l'attenzione e la concentrazione del lettore. Ti porto come esempio il corsivo della radio: ti serve per l'ambientazione temporale, per riallacciarti a quel 2005 solitario a inizio racconto, ma non serve ad altro. La religiosità di Anna viene comunque fuori, anche se non è così soffocante come forse sarebbe stato più interessante leggere.
Il testo prende un pò di brio con l'arrivo del Leviatano. Inserire un personaggio del genere ti permetteva di scrivere qualsiasi cosa, invece ti sei limitato a introdurre un bell'uomo, vagamente inquietante che incoraggia la protagonista a compiere l'omicidio.
Il racconto comunque mi è piaciuto, perchè si sente l'intento di colpire temi forti e la mano ferma di chi non ha paura a calare una mannaia.
Forse è la struttura del testo che non mi convince del tutto perchè l'ho percepita poco studiata, dove alcuni passaggi risultano troppo descrittivi, mentre le scene più importanti non sono approfondite abbastanza.
P.S.: nelle ultime settimane i bambini si sentono pochissimo perchè sono grossi e non possono fare più molti movimenti.
il racconto racchiude in sè una buona idea, ma non credo che sia stata portata a termine nel modo migliore. Nell'omicidio finale esplode tutta la follia di Anna e crei una scena forte e orribile, ma il fatto mi lascia un pò tiepida sulla piega horror che questo dovrebbe dare al tuo racconto.
Anna è un personaggio molto interessante e ben costruito, ma la tensione che serpeggia in lei non si sente abbastanza per inquietare il lettore, tutto troppo nascosto dietro una rabbia che sembra sovrastare ogni cosa e annacquato in una prosa che si dirama in troppe direzioni distraendo l'attenzione e la concentrazione del lettore. Ti porto come esempio il corsivo della radio: ti serve per l'ambientazione temporale, per riallacciarti a quel 2005 solitario a inizio racconto, ma non serve ad altro. La religiosità di Anna viene comunque fuori, anche se non è così soffocante come forse sarebbe stato più interessante leggere.
Il testo prende un pò di brio con l'arrivo del Leviatano. Inserire un personaggio del genere ti permetteva di scrivere qualsiasi cosa, invece ti sei limitato a introdurre un bell'uomo, vagamente inquietante che incoraggia la protagonista a compiere l'omicidio.
Il racconto comunque mi è piaciuto, perchè si sente l'intento di colpire temi forti e la mano ferma di chi non ha paura a calare una mannaia.
Forse è la struttura del testo che non mi convince del tutto perchè l'ho percepita poco studiata, dove alcuni passaggi risultano troppo descrittivi, mentre le scene più importanti non sono approfondite abbastanza.
P.S.: nelle ultime settimane i bambini si sentono pochissimo perchè sono grossi e non possono fare più molti movimenti.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
car@ autor@ volevo innanzitutto dirti che il personaggio di Anna, a mio modesto parere, è uno di quelli che mi è piaciuto di più in questa tornata di racconti.
Bello il suo pensiero, hai toccato un tema che affligge molte donne.
Ci sono numerosi refusi, tutti già segnalati, che disturbano un po' la lettura.
C'è anche una contraddizione, forse voluta, non lo so : prima metti in evidenza l'annuncio dell Cei (e Anna prova fastidio) poi esce che lei è molto religiosa (io non saprei citare tutti i versi citati da lei.
Per il resto è un buon racconto, peccato che la parte horror sia molto latente (dovevi dare più forza al Leviatano ).
Bello il suo pensiero, hai toccato un tema che affligge molte donne.
Ci sono numerosi refusi, tutti già segnalati, che disturbano un po' la lettura.
C'è anche una contraddizione, forse voluta, non lo so : prima metti in evidenza l'annuncio dell Cei (e Anna prova fastidio) poi esce che lei è molto religiosa (io non saprei citare tutti i versi citati da lei.
Per il resto è un buon racconto, peccato che la parte horror sia molto latente (dovevi dare più forza al Leviatano ).
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Re: Il profumo del crocus sativus
I due occhi di colore diverso del demonio mi hanno ricordato l'amatissimo David Bowie,
onnipresente nella mia gioventù musicale. E forse un aspetto un po' demoniaco l'aveva pure lui.
La storia si legge che è una bellezza, e conta più dei paletti e altre cose, la piacevolezza della lettura.
Poi il racconto diventa veramente horror solo nella scena finale. Prima c'erano stati i tormenti di una donna. E quelli li ascolto sempre con piacere.
Complimenti e un abbraccio a te e a Bowie.
onnipresente nella mia gioventù musicale. E forse un aspetto un po' demoniaco l'aveva pure lui.
La storia si legge che è una bellezza, e conta più dei paletti e altre cose, la piacevolezza della lettura.
Poi il racconto diventa veramente horror solo nella scena finale. Prima c'erano stati i tormenti di una donna. E quelli li ascolto sempre con piacere.
Complimenti e un abbraccio a te e a Bowie.
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Re: Il profumo del crocus sativus
Titolo: Lo zafferano entra in scena già dal titolo.
È probabilmente una mia “fissa” ma, soprattutto in un contest – pur se i racconti vanno letti tutti – anche il titolo ha una sua importanza. Deve dire “leggimi subito, leggimi subito”.
Paletti: Il contadino c’è; il periodo anche; così come il campo. Lo zafferano come pianta prende forza col nome dato al demonio, che oltretutto, anziché odorare del classico zolfo, profuma di zafferano.
La veranda diventa importante nel finale, ma poteva essere anche un salotto o la cucina
La storia: come ogni storia finisce per essere particolare pur se ricalcando trame già lette. La presenza del diavolo tentatore, sottile e crudele consigliere, affascinante con quegli occhi di colore diverso, si correla con i nomi delle protagoniste, Elisabetta e Anna, nel Vangelo donne che a lungo e con sofferenza avevano desiderato un figlio.
Il dramma di una mancata maternità che mina la mente di una donna: per quando la società possa evolversi, il tema della donna necessariamente madre è ancora molto radicato, e scelte o natura che sia, le donne che non lo possono/vogliono diventare sono non di rado considerate di serie B.
I personaggi: sono delineati a sufficienza, con tanti piccoli dettagli sparsi qua e là.
La scrittura: ancora un racconto declinato in prima persona. In questo racconto ciò aiuta a dare spessore alla protagonista, attraverso i suoi pensieri, espressi a volte con la semplicità di un pensiero reale, non studiato a tavolino.
Proprio questa particolarità mi ha fatto accettare certi periodi che possono apparire frettolosi. Il finale non è poi una sorpresissima: il chiodo fisso di avere un figlio ha portato Anna ad un livello di esasperazione e gelosia, di disturbo, già anticipato dalla sua incapacità di accettare anche un semplice manifesto, letto come “offensivo” perché appeso in una stanza dove entreranno donne che soffrono la maternità negata. Anche lo stesso rifiuto di tornare dalla psicologa è emblematico: so di stare male ma VOI non capite niente.
Il genere: l’horror, leggendo il racconto papale papale, è rappresentato dalla presenza del demonio e dall’inevitabile finale cruento. Punto.
Sul diavolo, presenza soprannaturale che consente di considerare il racconto come horror, mi soffermo un momento: potrebbe essere una presenza soprannaturale tout court, ma reale, nel senso di un essere che si può anche percepire fisicamente, come in tanti racconti, magari solo dal protagonista; ma potrebbe essere solo nella testa di Anna, generato dal suo stato di fragilità: la voce che le ha detto di uccidere.
Le frasi che mi sono piaciute molto:
Non sono in grado di far nascere nulla, nemmeno una pianta. --- Quanta amarezza!
Speravo che mi crescesse la pancia, sono cresciute solo le doppie punte. --- Potrebbe anche strappare un sorriso, in altra circostanza. Qui rende l’idea del malessere, al pari di: “Adesso, a dire il vero, non saprei più a che altro rinunciare”
Le mie note, che risentono anche del mio modo di scrivere: a te, come al solito, accettarle o meno.
Refusi e imprecisioni nella punteggiatura e in alcuni punti sui dialoghi sono stati già segnalati: davvero un’ultima rilettura ci vuole sempre, cara Penna, anche lenta. Purtroppo però, conoscendo a menadito il proprio testo, si passa e non ci si accorge di quello che un altro, tac, vede subito.
lancia un'occhiata di disappunto
le forze dell'ordine--- come locuzione è corretta, ma in una discussione vedo meglio Polizia o Carabinieri, più corto e di maggior impatto verbale.
Il Diavolo mi afferra il bracciodestro--- non è poi importante quale sia il braccio, quanto l’azione di essere afferrata per un braccio, quale che sia.
Tra poco piùbei di quattro mesi
Anche se la cosa che più m’inquieta, è che abbia indovinato con incredibile esattezza il filo dei miei pensieri. --- è una frase interrotta: l’anche se all’inizio presuppone un proseguo. Inizia con “La cosa che più ....” e la frase gira.
Te lo dico io: niente. Al posto della tua virgola metterei un due punti, più incisivo
Ti dài una mossa --- Si scrive dai senza l'accento in tutte le circostanze, sia come verbo sia come preposizione articolata. Si può scrivere anche dài, l'accento è ammesso ma sconsigliato, anche perché non si potrebbe confondere con l’omofona preposizione articolata.
È probabilmente una mia “fissa” ma, soprattutto in un contest – pur se i racconti vanno letti tutti – anche il titolo ha una sua importanza. Deve dire “leggimi subito, leggimi subito”.
Paletti: Il contadino c’è; il periodo anche; così come il campo. Lo zafferano come pianta prende forza col nome dato al demonio, che oltretutto, anziché odorare del classico zolfo, profuma di zafferano.
La veranda diventa importante nel finale, ma poteva essere anche un salotto o la cucina
La storia: come ogni storia finisce per essere particolare pur se ricalcando trame già lette. La presenza del diavolo tentatore, sottile e crudele consigliere, affascinante con quegli occhi di colore diverso, si correla con i nomi delle protagoniste, Elisabetta e Anna, nel Vangelo donne che a lungo e con sofferenza avevano desiderato un figlio.
Il dramma di una mancata maternità che mina la mente di una donna: per quando la società possa evolversi, il tema della donna necessariamente madre è ancora molto radicato, e scelte o natura che sia, le donne che non lo possono/vogliono diventare sono non di rado considerate di serie B.
I personaggi: sono delineati a sufficienza, con tanti piccoli dettagli sparsi qua e là.
La scrittura: ancora un racconto declinato in prima persona. In questo racconto ciò aiuta a dare spessore alla protagonista, attraverso i suoi pensieri, espressi a volte con la semplicità di un pensiero reale, non studiato a tavolino.
Proprio questa particolarità mi ha fatto accettare certi periodi che possono apparire frettolosi. Il finale non è poi una sorpresissima: il chiodo fisso di avere un figlio ha portato Anna ad un livello di esasperazione e gelosia, di disturbo, già anticipato dalla sua incapacità di accettare anche un semplice manifesto, letto come “offensivo” perché appeso in una stanza dove entreranno donne che soffrono la maternità negata. Anche lo stesso rifiuto di tornare dalla psicologa è emblematico: so di stare male ma VOI non capite niente.
Il genere: l’horror, leggendo il racconto papale papale, è rappresentato dalla presenza del demonio e dall’inevitabile finale cruento. Punto.
Sul diavolo, presenza soprannaturale che consente di considerare il racconto come horror, mi soffermo un momento: potrebbe essere una presenza soprannaturale tout court, ma reale, nel senso di un essere che si può anche percepire fisicamente, come in tanti racconti, magari solo dal protagonista; ma potrebbe essere solo nella testa di Anna, generato dal suo stato di fragilità: la voce che le ha detto di uccidere.
Le frasi che mi sono piaciute molto:
Non sono in grado di far nascere nulla, nemmeno una pianta. --- Quanta amarezza!
Speravo che mi crescesse la pancia, sono cresciute solo le doppie punte. --- Potrebbe anche strappare un sorriso, in altra circostanza. Qui rende l’idea del malessere, al pari di: “Adesso, a dire il vero, non saprei più a che altro rinunciare”
Le mie note, che risentono anche del mio modo di scrivere: a te, come al solito, accettarle o meno.
Refusi e imprecisioni nella punteggiatura e in alcuni punti sui dialoghi sono stati già segnalati: davvero un’ultima rilettura ci vuole sempre, cara Penna, anche lenta. Purtroppo però, conoscendo a menadito il proprio testo, si passa e non ci si accorge di quello che un altro, tac, vede subito.
lancia un'occhiata di disappunto
mi sembra che mi tratti come se avessi cinque anni, non trentacinque. --- due mi troppo ravvicinati
Vedi così: sembra trattarmi come se avessi... mi sembra di essere trattata come avessi...
a sta grassona--- la contrazione di questa è ‘sta.Non ho comprato nulla, nemmeno calzini o biancheria intima, se non per mio marito. l’ultima parte non serve, il fioretto è di Anna e suo marito non c’entra nulla.
se su di me, ma le assicuro--- qui ci vedrei una virgolale forze dell'ordine--- come locuzione è corretta, ma in una discussione vedo meglio Polizia o Carabinieri, più corto e di maggior impatto verbale.
Il Diavolo mi afferra il braccio
Tra poco più
Anche se la cosa che più m’inquieta, è che abbia indovinato con incredibile esattezza il filo dei miei pensieri. --- è una frase interrotta: l’anche se all’inizio presuppone un proseguo. Inizia con “La cosa che più ....” e la frase gira.
Te lo dico io: niente. Al posto della tua virgola metterei un due punti, più incisivo
Ti dài una mossa --- Si scrive dai senza l'accento in tutte le circostanze, sia come verbo sia come preposizione articolata. Si può scrivere anche dài, l'accento è ammesso ma sconsigliato, anche perché non si potrebbe confondere con l’omofona preposizione articolata.
______________________________________________________
"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Boh, non sarà un pezzo perfetto, ma tutti questi commenti negativi non li capisco.
Tranquilli, non sono io l'autore del racconto e non so neppure chi sia, ma ci tenevo a difendere un pò questo pezzo, non tanto per solidarietà verso l'autore(che comunque penso gli gireranno), ma per amore di obiettività.
Allora, la critica che si può fare(e che in effetti non è una critica da poco) è che il racconto evidentemente non è erotico ma è anche poco horror. Non ci sono le atmosfere giuste, anche la scena finale cruenta non basta a inserirlo pienamente nel genere. C'è la figura del diavolo, è vero, ma tutto comunque è troppo soft, troppo diluito. Ci troviamo di fronte a un drammone se vogliamo classificarlo. Però il pezzo non è tutto questo disastro, non è pienamente in tema, ma brutto proprio no.
Io reputo che la costruzione della storia sia davvero buona, con tante piccole frasi di rilievo, per esempio questa( Io invece, qualsiasi cosa cerchi di coltivare, dopo poco muore. Non sono in grado di far nascere nulla, nemmeno una pianta.)
Anche l'incontro con la psicologa, la contrapposizione tra l'ambiente dove tutto ricorda la natalità e la disperazione di Anna per me è un bel passaggio. E la potenza di quel NO finale, quando la psicologa ricorda alla protagonista l'appuntamento per la prossima settimana.
Insomma, l'autore o autrice del pezzo non è uno sprovveduto/a ed è capace di costruire una storia.
Questo non vuol dire che sia da primissimi posti, ma a me il tuo racconto è piaciuto e scusami, ma ci tenevo a dirtelo.
Tranquilli, non sono io l'autore del racconto e non so neppure chi sia, ma ci tenevo a difendere un pò questo pezzo, non tanto per solidarietà verso l'autore(che comunque penso gli gireranno), ma per amore di obiettività.
Allora, la critica che si può fare(e che in effetti non è una critica da poco) è che il racconto evidentemente non è erotico ma è anche poco horror. Non ci sono le atmosfere giuste, anche la scena finale cruenta non basta a inserirlo pienamente nel genere. C'è la figura del diavolo, è vero, ma tutto comunque è troppo soft, troppo diluito. Ci troviamo di fronte a un drammone se vogliamo classificarlo. Però il pezzo non è tutto questo disastro, non è pienamente in tema, ma brutto proprio no.
Io reputo che la costruzione della storia sia davvero buona, con tante piccole frasi di rilievo, per esempio questa( Io invece, qualsiasi cosa cerchi di coltivare, dopo poco muore. Non sono in grado di far nascere nulla, nemmeno una pianta.)
Anche l'incontro con la psicologa, la contrapposizione tra l'ambiente dove tutto ricorda la natalità e la disperazione di Anna per me è un bel passaggio. E la potenza di quel NO finale, quando la psicologa ricorda alla protagonista l'appuntamento per la prossima settimana.
Insomma, l'autore o autrice del pezzo non è uno sprovveduto/a ed è capace di costruire una storia.
Questo non vuol dire che sia da primissimi posti, ma a me il tuo racconto è piaciuto e scusami, ma ci tenevo a dirtelo.
Byron.RN- Maestro Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Vado al di là dei refusi che non trovo mai, come i funghi, se non quando qualcuno ci mette davanti una bella freccia per indicarli.
L'inizio l'ho trovato molto piatto, e ti sei soffermat@ su scene domestiche, ordinarie, che non hanno aggiunto molto al racconto.
La trama è centrata sulle sensazioni di una donna che non può avere figli, ma non ho trovato originalità.
La fine sveglia il racconto, trasformandolo in un horror, con il diavolo a farla da padrone.
O si prendeva il figlio o gli vendeva l'anima per averne uno suo.
Scusa, non mi ha convinto.
L'inizio l'ho trovato molto piatto, e ti sei soffermat@ su scene domestiche, ordinarie, che non hanno aggiunto molto al racconto.
La trama è centrata sulle sensazioni di una donna che non può avere figli, ma non ho trovato originalità.
La fine sveglia il racconto, trasformandolo in un horror, con il diavolo a farla da padrone.
O si prendeva il figlio o gli vendeva l'anima per averne uno suo.
Scusa, non mi ha convinto.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Tutto sommato un buon racconto, scritto in una forma scorrevole e piacevole. L’horror è soft ma c’è, così come l’epoca. Il personaggio (contadino o spia) è un po’ latitante, come pure la veranda che avrebbe dovuto essere più centrale nella storia. Ho visto solo un paio di refusi, già segnalati, ma cose di poco conto. Se ce ne sono altri, non me ne sono accorto, il che significa che sono stato attratto da altre cose che mi hanno preso di più.
Ho storto un po’il naso sul titolo. Avrei evitato l’uso del nome scientifico, sia nel titolo che nel testo, preferendo “il profumo di zafferano”. Visto che utilizzi la prima persona, a nessuno verrebbe spontaneo dire a se stesso: “mentre tutto intorno a me si spande un inebriante profumo di crocus sativus”.
Mi hanno fatto riflettere anche quelle strane preghiere e formule esorcistiche che mi sono sembrate in netto contrasto con il finale tutt’altro che “cristiano”. Riflettendo mi sono ricreduto. C’è chi, con una certa autorevolezza, ha parlato, non a caso, di “sepolcri imbiancati”.
Ho storto un po’il naso sul titolo. Avrei evitato l’uso del nome scientifico, sia nel titolo che nel testo, preferendo “il profumo di zafferano”. Visto che utilizzi la prima persona, a nessuno verrebbe spontaneo dire a se stesso: “mentre tutto intorno a me si spande un inebriante profumo di crocus sativus”.
Mi hanno fatto riflettere anche quelle strane preghiere e formule esorcistiche che mi sono sembrate in netto contrasto con il finale tutt’altro che “cristiano”. Riflettendo mi sono ricreduto. C’è chi, con una certa autorevolezza, ha parlato, non a caso, di “sepolcri imbiancati”.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Un racconto con molti riferimenti Biblici. Perché oltre ad Anna c'è anche la figura di Elisabetta che rimanda alla parente di Maria rimasta incinta in tarda età. C'è anche il demonio che diventa affasciante e tentare. Insomma tante idee che avrebbero potuto dar vita a un racconto veramente terrificante.
Per me nei racconti horror la tensione è un elemento fondamentale e deve crescere man mano che si prosegue con la lettura del testo.
In questo caso per più di metà del testo assistiamo al dramma di una donna che non riesce ad avere figli e basta.
All'incirca a metà c'è una piccola svolta ma non così d'effetto. Confesso, credevo che "il demonio" seducesse Anna e la mettesse incinta in un crescendo erotico, invece la scena finisce con la minaccia di chiamare le forze dell'ordine.
Nel paragrafo successivo non cambia nulla come se quell'incontro non avesse sortito nessun' effetto sulla protagonista.
Tutto succede frettolosamente nelle ultime righe ma ormai l'attenzione è ormai del tutto scemata.
Per quanto riguarda la veranda, è l'ennesimo caso in cui è solo presente perché ci succedono le cose sopra. Come in altri casi poteva essere sfruttata molto di più e meglio.
Così su due piedi, ho voglia di farti un esempio che magari può esserti d'aiuto o comunque può darti spunto per migliorare il testo.
La figura del "demonio" potevi inserirla sin dall'inizio, come brevi incursioni man mano sempre più angoscianti. A ogni incursione Anna reagiva con gesti folli e inspiegabili fino al gesto finale estremo e terrificante.
In poche parole, potevi giocare maggiormente sulla discesa nella follia della protagonista.
Comunque il testo ha una trama non così scadente e il potenziale rimane molto alto, ho l'impressione che tu non abbia avuto molto tempo a disposizione per consegnare il testo come avresti voluto. per questo ci sono così tanti rifusi.
Per me nei racconti horror la tensione è un elemento fondamentale e deve crescere man mano che si prosegue con la lettura del testo.
In questo caso per più di metà del testo assistiamo al dramma di una donna che non riesce ad avere figli e basta.
All'incirca a metà c'è una piccola svolta ma non così d'effetto. Confesso, credevo che "il demonio" seducesse Anna e la mettesse incinta in un crescendo erotico, invece la scena finisce con la minaccia di chiamare le forze dell'ordine.
Nel paragrafo successivo non cambia nulla come se quell'incontro non avesse sortito nessun' effetto sulla protagonista.
Tutto succede frettolosamente nelle ultime righe ma ormai l'attenzione è ormai del tutto scemata.
Per quanto riguarda la veranda, è l'ennesimo caso in cui è solo presente perché ci succedono le cose sopra. Come in altri casi poteva essere sfruttata molto di più e meglio.
Così su due piedi, ho voglia di farti un esempio che magari può esserti d'aiuto o comunque può darti spunto per migliorare il testo.
La figura del "demonio" potevi inserirla sin dall'inizio, come brevi incursioni man mano sempre più angoscianti. A ogni incursione Anna reagiva con gesti folli e inspiegabili fino al gesto finale estremo e terrificante.
In poche parole, potevi giocare maggiormente sulla discesa nella follia della protagonista.
Comunque il testo ha una trama non così scadente e il potenziale rimane molto alto, ho l'impressione che tu non abbia avuto molto tempo a disposizione per consegnare il testo come avresti voluto. per questo ci sono così tanti rifusi.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Cara Autrice, Caro Autore.
Ho trovato questo tuo racconto molto cinematografico. Scelte registiche molto particolari, come far introdurre alcune scene dalla radio o dalla preghiera mi portano in un film. Che scorre normale, forse anche un po' lento, ma che ti porta a una follia finale ben costruita. Sì, è vero, ci sono molti refusi e forse non è totalmente horror, però lo trovo un buon lavoro.
Complimenti
Grazie.
Ho trovato questo tuo racconto molto cinematografico. Scelte registiche molto particolari, come far introdurre alcune scene dalla radio o dalla preghiera mi portano in un film. Che scorre normale, forse anche un po' lento, ma che ti porta a una follia finale ben costruita. Sì, è vero, ci sono molti refusi e forse non è totalmente horror, però lo trovo un buon lavoro.
Complimenti
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CharAznable- Maestro Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Una storia che si palesa solo nel finale, la parte iniziale manca invece un po’ di mordente: per generare una giusta contrapposizione con l’orrore, avrei iniziato con qualcosa di più scherzoso o al contrario drammatico; così com’è gli manca qualcosa. L’incontro con il diavolo è credo la parte più interessante, nelle spoglie di un bel giovane anziché del solito Belzebù con la coda e le corna, descritto con cura e fantasia. Veniamo ora alla scrittura: passa dal gergale al colto delle preghiere con una certa scioltezza, senza cambi repentini e forzati e questo lo apprezzo; ho invece notato qualche termine gergale di troppo, non so quanto messo ad hoc e che comunque, in un contest letterario, preferirei non vedere. I paletti sono tendenzialmente rispettati tutti, ottima l’idea di inserire lo zafferano più come odore che come campo coltivato. Un racconto che, tra chiaroscuri vari, di certo è diverso da quelli letti fino ad ora.
Nellone- Younglings
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Re: Il profumo del crocus sativus
Dei diversi refusi ti hanno già detto, quindi non mi ci soffermo oltre. Al netto di quelli, però, io trovo che la scrittura, come stile, non sia per niente malvagia. Tra l’altro, in questo contesto la trovo funzionale a rendere la disperazione sotterranea di Anna. È una scrittura piana, apparentemente quieta, che però racchiude e racconta un grande dramma, un dramma che scorre sotto la pelle, sotto l’apparenza di una quotidianità normale.
Tutto sembra normale e invece non lo è, ma nessuno lo capisce tranne Anna. Per il marito, alla fin fine, questo non poter avere un figlio non è un problema fondamentale: nemmeno va ai colloqui con la psicologa, non si fa problemi a invitare a cena la sorella incinta, non si accorge che la moglie è scivolata in un abisso di dolore che si traduce in una non cura di se stessa e in una religiosità che perde la sua sostanza e diventa vuota obbedienza a cosa a cui non crede nemmeno più. Anna non si cura di sé da un anno e lui nemmeno se n’è accorto.
Anna è sola, ed è in questo vuoto, in questa solitudine che ha buon gioco il demone. Lui è l’unico che sembra comprenderla, tanto da ripeterle i suoi pensieri e le sue emozioni. È l’unico che ad Anna sembra darle una soluzione reale al suo dramma. Certo, è una soluzione legata alla perdita di connessione con la realtà, alla follia, ma Anna non ha più niente e la sua mente si attacca a quello.
Ci sono momenti della vita in cui la nostra parte razionale e quella emotiva si sganciano e viaggiano su due binari paralleli, senza comunicare tra loro, e noi non possiamo farci nulla.
Questo è sì il dramma della mancata maternità, ma è anche il dramma della solitudine e della mancanza di relazioni positive.
Dato che per lo step era richiesto il genere horror, qui si è inserito il demone, ma credo che, tolta la parte fantastica, questo potrebbe tranquillamente diventare anche un racconto noir.
Non avrei usato il nome latino dello zafferano, perché suona innaturale, e non capisco questa insistenza sul suo profumo legato al demone, dato che il demone non è stato prima collegato alla coltivazione dello zafferano.
I paletti sono un po’ stiracchiati.
Con una sistematina e una revisione può diventare un buon racconto, perché l’idea è buona, così come lo è il percorso che porta alla conclusione.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Commento
Racconto un po' difficile da seguire all'inizio, e non proprio a tema dei paletti proposti. Il personaggio di Anna mi è piaciuto particolarmente. La chiave horror finale ha un effetto un po' a sorpresa, perché dai colloqui di Anna col diavolo il lettore si poteva aspettare altro, ma non mi convince del tutto. Non male secondo me lo stile del racconto, nonostante qualche refuso. Grazie!
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Re: Il profumo del crocus sativus
Al di là dei refusi e degli errorini, il racconto mi è piaciuto. La scrittura è fresca e colloquiale e ricca di dettagli interessanti (es.: Fiera di cosa? Crede di essere migliore di me, soltanto perché a lei è bastato aprire le gambe un paio di volte per farsi ingravidare?
Taglio la mia margherita a spicchi regolari, cerco di farli tutti della stessa dimensione.
La concentrazione di Anna sulla pizza ci mostra tutta la sua rabbia repressa, che poi esplode nel finale).
La figura del marito è resa benissimo: distante, disinteressato, completamente assente e incapace di percepire il dramma di Anna. È lui forse il vero colpevole.
La cognata è odiosa. Poverina lei fa solo la mamma, tutta concentrata sulla sua gravidanza, ma ci risulta odiosa grazie al filtro della percezione di Anna. Anche qui viene fuori la buona scrittura che ci fa percepire la realtà filtrata dagli occhi della protagonista.
Il finale horror è il completamento del dramma interiore di Anna.
Piaciuto.
Taglio la mia margherita a spicchi regolari, cerco di farli tutti della stessa dimensione.
La concentrazione di Anna sulla pizza ci mostra tutta la sua rabbia repressa, che poi esplode nel finale).
La figura del marito è resa benissimo: distante, disinteressato, completamente assente e incapace di percepire il dramma di Anna. È lui forse il vero colpevole.
La cognata è odiosa. Poverina lei fa solo la mamma, tutta concentrata sulla sua gravidanza, ma ci risulta odiosa grazie al filtro della percezione di Anna. Anche qui viene fuori la buona scrittura che ci fa percepire la realtà filtrata dagli occhi della protagonista.
Il finale horror è il completamento del dramma interiore di Anna.
Piaciuto.
SuperGric- Padawan
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Re: Il profumo del crocus sativus
Perché questo titolo?
Non ci sono fiori di zafferano in tutto il racconto.
La storia di questa donna, il desiderio di maternità non appagato, le frustrazioni conseguenti, il suo rivolgere le proprie preghiere affinché possa concepire: plausibile e ben descritto nonostante la lettura risulti poco scorrevole.
Poi la comparsa del demonio che la istiga a sfogare la sua invidia ed a prendere quello che desidera.
E lei che scanna la cognata quasi partoriente e le toglie il feto dal grembo ottenendo un cadaverino invece del figlio tanto desiderato.
Finale non horror ma disgustosamente cruento.
Scusa, ma non è di mio gradimento.
Non ci sono fiori di zafferano in tutto il racconto.
La storia di questa donna, il desiderio di maternità non appagato, le frustrazioni conseguenti, il suo rivolgere le proprie preghiere affinché possa concepire: plausibile e ben descritto nonostante la lettura risulti poco scorrevole.
Poi la comparsa del demonio che la istiga a sfogare la sua invidia ed a prendere quello che desidera.
E lei che scanna la cognata quasi partoriente e le toglie il feto dal grembo ottenendo un cadaverino invece del figlio tanto desiderato.
Finale non horror ma disgustosamente cruento.
Scusa, ma non è di mio gradimento.
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Re: Il profumo del crocus sativus
ciao autor@
racconto dai nomi e dai contenuti biblici. dove nulla è impossibile a Dio, come far nascere figli da donne sterili o avanti negli anni.
Anna cede alle lusinghe di lucifero, l'invidia la corrode. il finale è inaspettato, ma allo stesso tempo costruito lungo tutto il racconto.
la scrittura è molto buona, le due donne ben caratterizzate. la scelta di narrare in prima persona fa crescere la tensione per la folle lucidità di Anna.
nel complesso ritengo il racconto valido e ben riuscito
complimenti
racconto dai nomi e dai contenuti biblici. dove nulla è impossibile a Dio, come far nascere figli da donne sterili o avanti negli anni.
Anna cede alle lusinghe di lucifero, l'invidia la corrode. il finale è inaspettato, ma allo stesso tempo costruito lungo tutto il racconto.
la scrittura è molto buona, le due donne ben caratterizzate. la scelta di narrare in prima persona fa crescere la tensione per la folle lucidità di Anna.
nel complesso ritengo il racconto valido e ben riuscito
complimenti
Resdei- Maestro Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Questo racconto ha due grossi pregi, secondo me.
Mi piace perché la scrittura è semplice, misurata, non eccede mai. Però è anche piena di risentimento, fredda, tagliente. E sono due cose che riflettono perfettamente il carattere della protagonista. Sicuramente ci sono dei refusi. Non li ho notati più di tanto, a voler essere sincero, perché ero molto concentrato su quello che diceva, sul capire dove volesse andare a parare.
E questo è l'altro pregio. In uno step con due generi così invadenti tanti racconti hanno mostrato il loro vero volto fin dalle prime righe e spesso certi risvolti sono diventati evidenti con largo anticipo, rovinando un po' trame che in altri contesti sarebbe risultate più sorprendenti. Questo racconto invece ha la capacità di nascondersi fino all'ultimo. E oltretutto non lo fa in modo furbo, per sorprenderci a tutti i costi sul finale. Certo, il finale è sorprendente, forse nella gestione della trama non è nemmeno preparato in modo così rigoroso, ma resta il fatto che rivela la sua natura solo alle ultime battute e lo fa in modo molto naturale, dandoti l'impressione che le basi per un escalation così orrenda ci fossero fin dal principio. In questo suo camminare sul filo e voler restare in equilibrio fino alla fine lo trovo davvero riuscito. Si sa che deve cascare da una parte dell'altra, che quello sconosciuto darà un figlio alla protagonista, ma sarebbe potuto essere un amante occasionale. Ci mettevi una scena torrida e il gioco era fatto. Oppure c'era quest'altra soluzione. Lo sconosciuto è un demone che suggerisce che il mondo migliore per avere un figlio è prenderselo. E invece di una scena torrida sulla veranda abbiamo un omicidio con tanto di parto cesareo (mi ricorda Ozark e la moglie incinta del pastore, di cui fanno scomparire il cadavere non prima di averle estratto il bambino per farlo ritrovare al padre).
Insomma due pregi fanno un buon racconto, secondo me.
Ultimo accenno ai paletti. Non ci sono particolari guizzi di originalità, ma sono lì. Diciamo che le senti ma non li vedi. Segno che la trama li ha metabolizzati.
Mi piace perché la scrittura è semplice, misurata, non eccede mai. Però è anche piena di risentimento, fredda, tagliente. E sono due cose che riflettono perfettamente il carattere della protagonista. Sicuramente ci sono dei refusi. Non li ho notati più di tanto, a voler essere sincero, perché ero molto concentrato su quello che diceva, sul capire dove volesse andare a parare.
E questo è l'altro pregio. In uno step con due generi così invadenti tanti racconti hanno mostrato il loro vero volto fin dalle prime righe e spesso certi risvolti sono diventati evidenti con largo anticipo, rovinando un po' trame che in altri contesti sarebbe risultate più sorprendenti. Questo racconto invece ha la capacità di nascondersi fino all'ultimo. E oltretutto non lo fa in modo furbo, per sorprenderci a tutti i costi sul finale. Certo, il finale è sorprendente, forse nella gestione della trama non è nemmeno preparato in modo così rigoroso, ma resta il fatto che rivela la sua natura solo alle ultime battute e lo fa in modo molto naturale, dandoti l'impressione che le basi per un escalation così orrenda ci fossero fin dal principio. In questo suo camminare sul filo e voler restare in equilibrio fino alla fine lo trovo davvero riuscito. Si sa che deve cascare da una parte dell'altra, che quello sconosciuto darà un figlio alla protagonista, ma sarebbe potuto essere un amante occasionale. Ci mettevi una scena torrida e il gioco era fatto. Oppure c'era quest'altra soluzione. Lo sconosciuto è un demone che suggerisce che il mondo migliore per avere un figlio è prenderselo. E invece di una scena torrida sulla veranda abbiamo un omicidio con tanto di parto cesareo (mi ricorda Ozark e la moglie incinta del pastore, di cui fanno scomparire il cadavere non prima di averle estratto il bambino per farlo ritrovare al padre).
Insomma due pregi fanno un buon racconto, secondo me.
Ultimo accenno ai paletti. Non ci sono particolari guizzi di originalità, ma sono lì. Diciamo che le senti ma non li vedi. Segno che la trama li ha metabolizzati.
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Asbottino- Cavaliere Jedi
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Re: Il profumo del crocus sativus
Premetto che a me questo racconto è piaciuto assai. Premetto, perché poi qualche critica costruttiva la voglio fare, ma non si pensi che non lotti per un posto nella mia classifica, anzi. Quel demonio là, molto Lucifer, come fisionomia dico, mi garba assai, e non ho faticato a pensarlo in realtà un prodotto della fantasia di Anna, una deriva della sua mente ormai compromessa. Insomma, lei stessa diventa il male che la seduce. Lo penso perché altrimenti la scena dalla psicologa avrebbe poco senso. E qui la mia prima critica: l'uso della prima persona è molto potente in questo genere di racconti, e avresti dovuto sfruttarla meglio, in un crescendo di pensieri sconnessi e cattiveria, alzando il ritmo, facendo sragionare Anna. Dopo la scena dalla psicologa sarebbe dovuto essere tutta una caduta verso il baratro, c'erano tutte le premesse. La seconda critica riguarda la veste grafica del racconto, perché tutti quei micro paragrafetti? Soprattutto nella parte iniziale, che è priva di ritmo, mentre in quella finale, che di ritmo avrebbe avuto bisogno, ecco che i paragrafi si dilatano. Ultima piccola critica sul finale, che mi è piaciuto certo, ma è troppo ristretto, infeltrito, avresti dovuto dilatare un po' il tempo, rallentare, far dialogare le due donne, far presagire qualcosa, far intravedere la pazzia di Anna, far crescere la tensione, e infine colpire; invece risolvi il tutto in poche righe, un vero peccato.
Detto questo, sto leggendo in questi giorni il nuovo romanzo di Franzen, "Crossroad", che è una bomba, be', il personaggio della madre, Marion, assomiglia tanto ad Anna, c'è una lunga scena in cui lei è a consulto con la psicologa, sovrappeso anche lei, infatti la chiama raviolo, e alla fine della scena se ne va sbattendo la porta. Incredibile, non credi? Poi certo, i problemi mentali delle due donne sono diversi e la scrittura e la psicologia di Franzen sono inarrivabili, ma ti posso assicurare che anche la profondità del tuo personaggio mi ha davvero preso ed è credibile. Complimenti e a rileggerci!
Detto questo, sto leggendo in questi giorni il nuovo romanzo di Franzen, "Crossroad", che è una bomba, be', il personaggio della madre, Marion, assomiglia tanto ad Anna, c'è una lunga scena in cui lei è a consulto con la psicologa, sovrappeso anche lei, infatti la chiama raviolo, e alla fine della scena se ne va sbattendo la porta. Incredibile, non credi? Poi certo, i problemi mentali delle due donne sono diversi e la scrittura e la psicologia di Franzen sono inarrivabili, ma ti posso assicurare che anche la profondità del tuo personaggio mi ha davvero preso ed è credibile. Complimenti e a rileggerci!
Akimizu- Cavaliere Jedi
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