Tranne lei.
La riconosco nel letto d'angolo, piccola come un germoglio che sta nascendo.
O morendo.
Si gira, mi vede sulla soglia.
Sorride, e diventa dio.
Mi vorrei inginocchiare davanti a lei, dirle non andare, stai, non andare, abbiamo bisogno di te, io ho bisogno di te, ma faccio solo un passo avanti, e sorrido.
Vorrei avere la bocca grande del lupo, vorrei potermi aggiungere dei denti, per sorriderle di più. Ancora di più.
E invece un passo dopo l'altro, mi avvicino.
Si sistema i capelli e liscia il lenzuolo con le mani.
-Scusami, ho i capelli sporchi. Sono un disastro.
Lo sussurra, sull'orlo di quelle lacrime che non riesce a trattenere quasi più.
Penso in fretta, oggi voglio vederla ridere, ma non è facile arginare le sue emozioni. E neanche le mie.
-Sei bellissima, sciocchina. Ma ti sei guardata intorno?
Annuisce, con un mezzo sorriso.
-Be', cara, io no! Ho occhi solo per te, amore della mia vita.
Lo dico a voce molto alta, e lei sorride ancora.
-Basta dai, che ci guardano tutti.
-E lasciali guardare.
La stringo tra le braccia e la sento fremere.
-Ho portato la tua dose di oroscopo, baby.
La sento fremere ancora. Sta ridacchiando.
Mi rilasso un po'.
-L'infermiera mi ha detto che posso muovermi, con la carrozzina, Andiamo in giardino, che c'è il sole, ti va?
-Certo che mi va, bellezza.
Io non lo so come si sta, con la certezza della propria morte imminente.
Ma so come sto io, con la certezza che presto morirà.
Ogni momento diventa tesoro, paradiso, insomma la cosa migliore.
Ogni momento migliore del precedente.
Anche questa sciocchezza dell'oroscopo, ecco. Prima, l'avrei chiamata sciocchezza. Ora la chiamo speranza.
La sistemo davanti a me, e mi siedo sulla panchina. Tiro fuori il giornale, per il nostro rito quotidiano.
- “Ariete: Potreste risentire di un certo calo, nella giornata di domani 21 Marzo. Ma ad Aprile le cose andranno meglio. Se siete della prima decade potreste sentirvi addosso una certa malinconia, e sentire la necessità di sistemare delle cose rimaste in sospeso. Non disperate. Tra giovedì e venerdì ci saranno chiarimenti importanti”.
Chiudo il giornale.
-Ci credi?
Me lo chiede con un mezzo sorriso.
- No, non lo so, forse. Non ho mai creduto in nulla, solo in me. E in te. E se tu ci credi... ma tu, ci credi?
-In un certo senso. Mi ci aggrappo, anche. È l'oroscopo di domani, e io ci spero, nel domani. Anche se dovesse essere una pessima previsione. Mi fa credere che ci potrà essere ancora un domani, ecco. Mi fa sperare in un giorno in più.
Nel parco sembra tutto più leggero, come se non fosse reale.
Alle volte è come se fosse già andata, come se stessi parlando solo con il suo fantasma, con la sua essenza.
In quei momenti, se siamo insieme, le stringo forte la mano, per sentirla.
La sua mano sempre più sottile, con le dita macchiate d'inchiostro. Oggi come allora.
Ai tempi dell'università, lei ogni mattina faceva colazione nel bar dove facevo colazione anche io. Si sedeva sempre nel tavolino all'angolo, nel dehor. Totalmente indifferente al meteo. Tirava fuori un taccuino argentato, una penna, un giornale. Apriva il giornale e prendeva appunti. Poi posava la penna e lasciava vagare lo sguardo sulla strada, verso il mondo, a guardare la gente di passaggio.
È stato più o meno così, che mi sono innamorato di lei. Guardandola mentre guardava altrove.
Quell'immagine mi torna in mente ora.
-Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?
Lo so che lo ricorda, ma voglio portarla al momento esatto in cui sono io.
-Allora, era primavera, un bel giorno di primavera, pochi giorni prima del mio compleanno. Ero seduta nel mio solito bar, al mio solito posto, e facevo le mie solite cose. E tu sei arrivato, ti sei seduto con un bel sorriso e tutti quei riccioli scomposti sulla testa e mi hai chiesto cosa stavo facendo. Io ti ho risposto che stavo facendo colazione, abbiamo riso ed eccoci qui.
-Però non me lo hai mai detto, poi.
-Che cosa?
-Quello che facevi, con giornale, il taccuino, la penna.
-Davvero non ne abbiamo mai parlato? Ma pensa. Leggevo l'oroscopo del giorno, poi guardavo le persone e cercavo di immaginare il loro segno zodiacale. In quel periodo avevo velleità da scrittrice.
Mi piaceva sentirmi bohemien, anche se non lo ero.
-Quindi sei un appassionata di oroscopo da sempre, ti ho scoperta.
Ridiamo, e sembriamo giovani e sereni. Non lo siamo, ma che importa.
Le prendo la mano.
Questo momento, adesso, è reale. Fin troppo reale, come quei giochetti della realtà aumentata. Riesco a vedere tutti i particolari, la perfezione delle sue orecchie, la limpidezza degli occhi, le piccole rughe. Ogni cosa mi entra dentro, piccoli tesori di lei.
-Sono curioso di arrivare a giovedì e venerdì.
-E perché mai?
Non capisce cosa sto dicendo, ma sorride lo stesso. È tranquilla, adesso.
-Perché il tuo oroscopo dice che ci saranno chiarimenti. Magari finalmente scopriremo come mai le tue dita sono sempre macchiate d'inchiostro.
Abbassa gli occhi.
-Sto scrivendo un lettera.
-Per qualche amante nascosto?
-Per te.
-Una lettera per me? È molto tenero, ma come mai?
-Penso che ne avrai bisogno, prima o poi.
Non ci ho mai pensato, non ne ho avuto il tempo. Eppure la amo da sempre, lo so com'è fatta. La amo proprio per com'è fatta. Certo, lei si preoccupa per me. Per come starò dopo.
Mi stringe la mano più forte, e mi stupisco di come possiamo tenerci la mano per ore senza provare disagio. Un altro dei suoi tesori, solo per me.
-Ci sarà un momento in cui io smetterò di soffrire, e tu soffrirai di più. Per me il momento più duro è adesso. Adesso che sono qui e faccio i conti con tutto quello a cui devo rinunciare. Ma quando morirò, per me sarà finita. Per te, no. E io ci penso, a come starai dopo.
Non voglio piangere, e non piangerò.
Non voglio sprecare nessuno dei miei momenti con lei. Piangerò dopo, casomai. Dopo avrò un sacco di tempo, per piangere.
-E quindi mi hai scritto una lettera. Sarà bellissima, ma non ho nessuna fretta di leggerla.
Il sole si nasconde tra le foglie, tra i suoi capelli, nelle nostre mani.
Non lo so, quando sarà.
Stanotte, domani, tra sei mesi, tra due minuti.
Non importa molto.
Io leggo solo l'oroscopo e colleziono tesori. E tanto mi basta.
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