L’aveva fatta entrare, l’aveva fatta sedere sul divano-letto angolare del salotto, le aveva preparato una tazza di latte caldo.
“Come sei arrivata fin qui? Chi ti ha accompagnata?”
Il silenzio.
La maestra Gianna si specchiava in quegli occhi vuoti e inespressivi e ne leggeva l’abisso.
“Come fai a sapere dove vivo?”
Il latte caldo creava cerchi concentrici a causa delle mani che tremavano senza sosta.
I vestiti che Agnese indossava erano sporchi. Glieli aveva visti addosso ogni giorno, nell’ultima settimana. Solo il nastro blu, attorno al polso, era pulito.
Il panico iniziale cominciò, gradualmente, a lasciare il posto alla razionalità: “È evidente che questa bimba ha una situazione familiare difficile, è evidente che i suoi genitori non sono più in grado di prendersi cura di lei. Devo pensare a qualcosa, devo fare qualcosa che possa migliorare la sua vita”, diceva tra sé mentre la guardava sorseggiare il latte ormai intiepidito.
La razionalità aveva aperto le porte della rabbia.
Mentre pensava e rifletteva, e il sangue le pulsava nelle vene della fronte, le proprie mani, quasi come fossero staccate dal controllo del cervello, avevano già composto quel numero di telefono.
Uno, due, tre squilli.
“Come sei arrivata fin qui? Chi ti ha accompagnata?”
Il silenzio.
La maestra Gianna si specchiava in quegli occhi vuoti e inespressivi e ne leggeva l’abisso.
“Come fai a sapere dove vivo?”
Il latte caldo creava cerchi concentrici a causa delle mani che tremavano senza sosta.
I vestiti che Agnese indossava erano sporchi. Glieli aveva visti addosso ogni giorno, nell’ultima settimana. Solo il nastro blu, attorno al polso, era pulito.
Il panico iniziale cominciò, gradualmente, a lasciare il posto alla razionalità: “È evidente che questa bimba ha una situazione familiare difficile, è evidente che i suoi genitori non sono più in grado di prendersi cura di lei. Devo pensare a qualcosa, devo fare qualcosa che possa migliorare la sua vita”, diceva tra sé mentre la guardava sorseggiare il latte ormai intiepidito.
La razionalità aveva aperto le porte della rabbia.
Mentre pensava e rifletteva, e il sangue le pulsava nelle vene della fronte, le proprie mani, quasi come fossero staccate dal controllo del cervello, avevano già composto quel numero di telefono.
Uno, due, tre squilli.