Nonostante questa interfaccia nera sia, almeno per me, un vero cazzotto nell'occhio (BTW, c'è qualcuno che sa come fare per ripristinare l'interfaccia precedente?), provo a rispondere agli argomenti per i quali vengo chiamato in causa, fermo restando il concetto che le mie erano constatazioni, opinioni personali, impressioni di lettura, e non domande o richieste di spiegazioni: cose che l'autore in ogni caso non è tenuto a dare ma, semmai, considerare le critiche come costruttive o perfettamente inutili per il suo lavoro futuro.
Ma andiamo per ordine.
- Indipendentemente da quello che dice o non dice l'Accademia, a me il termine "sgravare", associato a una donna che deve partorire, sembra estremamente sgradevole; e se dico che nemmeno il vecchio Charles lo avrebbe usato, lo dico con cognizione di causa. Anzi, aggiungo che nepure un certo Faulkner, in un certo contesto, lo ha usato, preferendo "dare alla luce" (lighten: vedi Light in August). Né conosco in generale autori che lo abbiano usato, riferendolo al parto di una donna. Se tu ne conosci qualcuno, fammi sapere. Ma per quanto mi riguarda resta un brutto termine.
- La figura della madre: ad alcuni (fra i quali io stesso) non è sembrata credibile, adeguata, mentre ad altri lettori sì. Lo stesso vale per la madre che compare nel mio racconto tanto quanto per molte altre madri che hanno popolato questo step. Serve a qualcosa sapere che esistono madri che fanno atrocità indicibili? Secondo me no, non serve a niente. Io ho letto ciò che hai scritto di lei e ciò che ho letto mi ha dato quell'impressione; non posso sapere se un'eventuale alternativa mi sarebbe sembrata "un brodino di dado", dato che tu non l'hai scritta e, di conseguenza, io non l'ho letta.
- La frase del "suonare al primo palazzo che vedi ecc." è ovvio che a te sembri coerente, sennò probabilmente non l'avresti scritta. A me invece non sembra coerente perché sei tu, personaggio calato in una certa realtà, che la pensi; sei tu che sai perfettamente come, in una certa situazione, chiunque (non) ti risponderebbe. Quindi, se lo sai che nessuno ti aprirebbe la porta in quel frangente, che bussi a fare? Tanto vale prendere subito l'ascia...
- Lo stesso vale per quanto riguarda il punto 7, relativo ai tempi narrativi. Anche in questo caso mi trovo davanti a una excusatio non petita: nessuno mette in dubbio che fosse "esattamente così" che la volevi, ma a qualcuno la narrazione non è sembrata così ben scandita. A te, come a me, come a tutti quelli che ricevono commenti e critiche, resta la scelta se tenerne conto oppure no.
Infine, e non è per rigirare il coltello dell'editor nella piaga dei refusi, vorrei farti notare che "Ho tuttora un amica, sopravvissuta ecc." vuole l'apostrofo (un'amica).
Detto questo, ti aspetto al raduno per la sbronza promessa in calce al mio racconto.
M.
Ma andiamo per ordine.
- Indipendentemente da quello che dice o non dice l'Accademia, a me il termine "sgravare", associato a una donna che deve partorire, sembra estremamente sgradevole; e se dico che nemmeno il vecchio Charles lo avrebbe usato, lo dico con cognizione di causa. Anzi, aggiungo che nepure un certo Faulkner, in un certo contesto, lo ha usato, preferendo "dare alla luce" (lighten: vedi Light in August). Né conosco in generale autori che lo abbiano usato, riferendolo al parto di una donna. Se tu ne conosci qualcuno, fammi sapere. Ma per quanto mi riguarda resta un brutto termine.
- La figura della madre: ad alcuni (fra i quali io stesso) non è sembrata credibile, adeguata, mentre ad altri lettori sì. Lo stesso vale per la madre che compare nel mio racconto tanto quanto per molte altre madri che hanno popolato questo step. Serve a qualcosa sapere che esistono madri che fanno atrocità indicibili? Secondo me no, non serve a niente. Io ho letto ciò che hai scritto di lei e ciò che ho letto mi ha dato quell'impressione; non posso sapere se un'eventuale alternativa mi sarebbe sembrata "un brodino di dado", dato che tu non l'hai scritta e, di conseguenza, io non l'ho letta.
- La frase del "suonare al primo palazzo che vedi ecc." è ovvio che a te sembri coerente, sennò probabilmente non l'avresti scritta. A me invece non sembra coerente perché sei tu, personaggio calato in una certa realtà, che la pensi; sei tu che sai perfettamente come, in una certa situazione, chiunque (non) ti risponderebbe. Quindi, se lo sai che nessuno ti aprirebbe la porta in quel frangente, che bussi a fare? Tanto vale prendere subito l'ascia...
- Lo stesso vale per quanto riguarda il punto 7, relativo ai tempi narrativi. Anche in questo caso mi trovo davanti a una excusatio non petita: nessuno mette in dubbio che fosse "esattamente così" che la volevi, ma a qualcuno la narrazione non è sembrata così ben scandita. A te, come a me, come a tutti quelli che ricevono commenti e critiche, resta la scelta se tenerne conto oppure no.
Infine, e non è per rigirare il coltello dell'editor nella piaga dei refusi, vorrei farti notare che "Ho tuttora un amica, sopravvissuta ecc." vuole l'apostrofo (un'amica).
Detto questo, ti aspetto al raduno per la sbronza promessa in calce al mio racconto.
M.