- Spoiler:
- Questo è un racconto ma anche un gioco. Lascio il finale aperto e un sondaggio: cosa ti piacerebbe leggere nel prossimo episodio?
«Ciao, ma’!»
Appoggiò il trolley delle Winx senza farlo cadere. Si tolse il berretto col paraorecchie, il piumino giallo e la sciarpa; li appese in ordine all’attaccapanni. Sfilò le sneakers senza sciogliere i lacci e le sistemò nella scarpiera.
«Ciao, Cris; va’ a lavarti le mani, che è quasi pronto.»
«Ti aiuto ad apparecchiare?»
Prese in mano il trolley e, senza trascinarlo, s’incamminò verso la cameretta.
«No, ho già fatto.»
Con stizza, lanciò il trolley tra i cuscini sul letto. Un bicchiere! Ho solo fatto cadere un bicchiere una volta. Ok, ok. Sta’ calma. Sta’-cal-ma! Respirò profondamente un paio di volte con le mani sulla faccia, poi si guardò allo specchio: provò a sistemarsi i lunghi capelli scuri, infine decise di mettere il cerchietto.
Dopo essersi lavata le mani entrò in cucina; notò che sul tavolo mancava la bottiglia.
«Cosa fai nel frigorifero, signorina?»
La mano della madre era già sullo sportello, pronta a chiudere.
«Ho preso l’acqua.»
I loro visi stavano alla stessa altezza, ma lo sguardo della madre era quello di una persona abituata a guardare dall’alto in basso.
Cristina non abbassò gli occhi; poteva reggere la bottiglia con una sola mano, ma mise l’altra sotto al fondo per far vedere che era stata attenta.
«Appoggiala piano.»
«Sì, ma’.»
Eseguì con attenzione, poi si sedette. In televisione il TG2 era già alla cronaca di costume. Sua madre portò in tavola la pentola e le servì i tortellini in brodo.
«Com’è andata a scuola?»
«Inglese bene, italiano bene, scienze bene, disegno bene.»
«La Giacomazzo ti ha portato le mappe?»
«Sì.» Ma aveva ancora bisogno di quegli strumenti didattici? Ormai non li usava quasi più.
Silenzio, oltre la voce della giornalista. Cristina era tesa; mandò giù una cucchiaiata per sciogliere il nodo in gola. Il calore le diede coraggio.
«Ma’, voglio fare i Geometri.»
La madre distolse lo sguardo dal televisore e sfoggiò il suo sorriso irridente.
«Cos’è questa novità? No, tu vai a fare il professionale, abbiamo già deciso insieme.»
«Ho cambiato idea, non voglio andare al Don Bosco.» Si sforzò di restare calma e imboccò un altro cucchiaio.
«Ma proprio i Geometri, amore? Che c’è tanto da studiare e poi è roba da maschi, Gesù.»
Inghiottì. «A me piace studiare.» Continuò a mangiare, cercando di mascherare il nervosismo.
«Senza le mappe? Guarda che non è mica come alle Medie che c’è musica, disegno, tecnica… bisogna studiare tutte le materie. Pensi che avranno la pazienza di seguirti? La scuola giusta per te è il professionale, questa è la verità.»
«Al Don Bosco ci va chi non ha voglia di studiare. Io voglio studiare.» Non stava piagnucolando, vero?
«Amore, ma che discorsi sono? Anche l’Ilaria aveva tanta voglia di studiare ed è andata al Don Bosco, su.»
«È andata al Marco Polo, ma’.»
«Ma sì, Don Bosco, Marco Polo… E poi il Don Bosco è vicino alla fermata della corriera, dai, lo sai. Lo bevi il brodo?»
«No.»
Le mise davanti il secondo piatto. «Vuoi un’arancia per dopo? Te la sbuccio.»
«No, bevo un succo.»
«Sta’ attenta a non rovesciare.»
«Sì, ma’.»
«E fa’ piano quando sparecchi.»
«Ok.»
Cristina aveva appena terminato in silenzio la finta cotoletta di pollo quando la madre uscì. Terminò anche le patate, non si sa mai che rientrasse. Quando fu sicura d’essere rimasta sola in casa sbatté la forchetta sul tavolo e andò in camera.
Col primo colpo di braccia buttò a terra alcuni cuscini.
Col secondo grugnì, senza farne cadere altri.
Allora ne prese due con le mani, «A-ah!» e li gettò oltre il letto.
Uno per volta, i cuscini volarono per la stanza, accompagnati da un urlo soffocato tra i denti.
Ansimava.
Un senso di frustrazione l’assalì, per non essere riuscita a trattenere la rabbia. Pianse, singhiozzando, stringendo tra i pugni il copriletto.
Tornata un po’ di serenità si sciacquò la faccia con l’acqua fredda. Gli occhi erano rossi; si tolse il cerchietto e lasciò cadere il ciuffo sul viso, per nasconderli; Mi preferisco così, mentì a sé stessa.
Sistemò alla bell’e meglio i cuscini in cameretta e sparecchiò con calma e naturalezza. Poi bevve un succo alla pesca senza rovesciarne una goccia.
Rimise le sneakers, il piumino giallo, la sciarpa e il berretto con i paraorecchie; si guardò soddisfatta. Controllò d’avere con sé l’abbonamento per Rovigo e uscì. La foschia del mattino s’era finalmente diradata e il sole splendeva nel cielo di Stanghella; eppure faceva freddo. Con le mani ben infilate in tasca si diresse verso la fermata della corriera. Sotto la pensilina erano sedute un paio di persone.