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Inquisizione (Demonology Ep.5)

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Inquisizione (Demonology Ep.5) Empty Inquisizione (Demonology Ep.5)

Messaggio Da Fante Scelto Mer Mag 12, 2021 5:11 pm

Spoiler:


Inquisizione 
(Demonology Ep. 5)
 
Ogni tanto me lo chiede, tra le battute di un discorso d’altro tipo oppure nel mezzo d’una tirata contro qualcuno che quasi sempre non conosco.
È una domanda spinosa.
Una di quelle che sottintendono altro.
Me la pone non perché le interessi sul serio la risposta, pensavo, ma per solleticare una reazione. Reazione d’orgoglio, di possesso, da gorilla maschio che batte i pugni sul petto.
La cosa è più complessa.
Ma a te darebbe fastidio se lo facessi?
Dove facessi è la figura retorica per postassi foto svestita su Instagram.
 
La risposta va scelta con cura e calcolo strategico.
Non puoi dire sì, perché è quel che vuole sentirsi dire.
Non puoi dire no, perché è quel che vuole sentirsi dire.
Devi stare nel limbo.
La parola chiave da usare, quella che sbatto lì in evidenza, a caratteri cubitali e grondanti Inquisizione spagnola, è DIPENDE.
La sua replica è sempre la stessa. “Dipende da cosa?”
Guido nel traffico per accompagnarla a casa, che stasera non può stare da me. Siamo partiti dal commentare le frasi boriose sotto ai fashion post di una stra-bocciata dell’altra quinta e di colpo, tra un momento di gloria e l’altro, è arrivata la domanda.
Quella domanda.
Ma a te darebbe fastidio se lo facessi?
Respiro a pieni polmoni. Mi vien da sorridere ma non bisogna MAI sorridere davanti alla domanda, quella domanda. Mai.
“DIPENDE.”
“Dipende da cosa?”
Mi guarda come fanno i gatti con gli oggetti curiosi, quelli che non sanno come gestire, se prenderli o se finisce che scottano. Giorgia ha tutte le espressioni del repertorio dei gatti.
“Allora, innanzitutto da quanto ti devi svestire.”
“Ma solo un po’, ti pare, mica nuda.”
“Poi dipende da cosa ci devi fare.”
“Che vuol dire?”
Qui le parti s’invertono. La gatta non sta più studiando l’oggetto misterioso, è l’oggetto misterioso che sta studiando la gatta. E nel gioco all’Inquisizione spagnola non si dice mai di sì o di no, si gira intorno al concetto.
“Vuol dire che, se mi chiedi una cosa del genere, è perché c’è un motivo per il quale vuoi farla.”
“Ma io non ho detto che voglio farla, ho solo chiesto se ti darebbe fastidio.”
Mai dire sì, mai dire no.
“Allora te l’ho detto, dipende.”
“Sì, e questo l’ho capito.”
“Allora bon, siamo a posto, no?”
“Eh, no, io ti ho risposto ma tu a me no.”
Nel gioco dell’Inquisizione bisogna essere pronti a ricominciare il giro della ruota dentata.
“Giorgina, lo schema è semplice. Dipende. Da quanto ti svesti e da cosa devi farci con quelle foto.”
“Ma solo metterle su Insta.”
Nel gioco dell’Inquisizione, poi, occorre avere in mano tutti i dati per capire dove stia veramente il punto della questione. Una volta inquadrato, ci si può giocare intorno con vari strumenti del mestiere.
Bisogna fare delle premesse.
Giorgia è veramente una bella ragazza, ma veramente, però con quel tipo di bellezza artistica, ricercata, che ha poco a che spartire con l’ostentazione gratuita e selvaggia delle influencer sue coetanee. Ha un fisico esile, snello, adorabile, ma non è prosperosa o lavorata come quelle che invece così ci nascono e possono sbrodolarlo al mondo.
“Ma su Insta hai già diverse foto in costume da bagno, non vanno bene?”
Mi guarda come fanno i gatti di fronte agli oggetti misteriosi ma patetici. “Avrò quindici anni in quelle foto?”
“A parte che non è vero, ma anche fosse, non vanno bene?”
“Vabbé, ma adesso sono molto meglio, no?”
Altro ferro inquisitorio che punzecchia tra le costole. Occorre risposta a effetto parabolico.
“Guarda che se t’avessi conosciuta prima, con quelle foto là, io ti portavo via alla Bonnie e Clyde, che me ne frega a me.”
Sorride, alza gli occhi, me la tiro vicino mentre siamo al semaforo, le stampo un bacio sulla guancia. Lei torna composta sul sedile, si riaggiusta i capelli tenendosi quel sorriso un po’ seccato un po’ sognante; gongola senza darlo a vedere, ma io lo vedo, lo so, la conosco.
È bella, bellissima, di quella bellezza artistica.
Giorgia lo sa, ci marcia, ci sguazza, ma a volte se ne dimentica e credo che una parte di lei invidi quelle sue coetanee che sbrodolano corpi formosi alla rete, per quanto sia come buttare molliche di pane in un laghetto costipato di trote.
Il maschio medio in rete è una trota che si agita e morde per arrivare al pane per primo.
E so, sono sicuro, che una parte di lei desidera essere quella mano che getta le molliche. Solo non ha il coraggio di farlo.
Per questo lo chiede a me, il coraggio.
Per questo pone la domanda, quella domanda, lanciandola in mezzo a un discorso che non c’entra, tirandola come una mollica all’unico storione del lago.
Il problema è la risposta che cerca.
Vuole il sì per sentirsi legittimata a farlo, vuole il no per sentirsi amata al punto da negarsi questa ambizione.
“Senti,” scandisco dopo un paio di minuti buoni che nessuno parla più e anche il traffico s’è diluito, “Per te questa cosa è importante?”
Sospira, alza di spalle. “Ma no, figurati, è solo per dire.”
“Ah, boh, okay.” Regolo l’aria condizionata. “Perché avevo un’idea, ma vabbé, se non è importante meglio così.”
Occhi di gatto si spostano inquisitori sulla mia sorniona figura. “Che idea?”
“Ma niente, figurati, è solo per dire.”
“No, adesso me lo dici.”
Mischiare il gioco dell’Inquisizione con quello del tira e molla è un’esperienza che tutti dovrebbero provare, almeno una volta nella vita. Soprassiedo in nome della diplomazia.
“Te lo voglio dire sinceramente, Jo: secondo me tu non hai bisogno di ostentare niente, sei sexy con qualunque cosa indossi, cazzo, anche con la tuta da casa. Non hai bisogno di mettere su Insta foto strane, davvero.”
“Sì, vabbé.”
“Però, se mi fai finire, secondo me potresti fare qualcosa di artisticamente bello senza scadere nella banalità noiosa e pallosa di tutte le migliaia di cretine che si fanno profili zeppi di foto banali solo per far vedere tette e culi.”
“Ma tipo?”
“Cose che valorizzino la tua bellezza senza scadere nella banalità.”
“Sì, ma tipo?”
È il momento di usare il ferro inquisitorio di rimando. “Ti fidi di me?”
Espira, s’appoggia al sedile, la finta espressione seccata che è mista a un mezzo sorriso. “Dipende.”
“Dipende sta gran ceppa. Ti fidi o no?”
Espira di nuovo, ancor più seccata e ancora più sorridente. “Dimmi che idea è.”
“Te l’ho detto. Fare delle foto che siano belle, sexy, ma composte. Niente esibizioni gratuite e banali che tanto fanno già tutte.”
“Ma io non sono come tutte,” anche il tono, adesso, è decisamente felino.
“È per questo che non voglio che tu faccia cose banali. E soprattutto, una ogni tanto, per le occasioni speciali, in modo da distinguersi e farsi desiderare. E sia chiaro che il fotografo sono IO.”
“Ma se non sei capace.”
“Hai un telefono della madonna, per fare una foto decente basta avere il pollice opponibile. Ci stai?”
Ridacchia, fissa avanti, mordicchia le labbra.
“E se mi vergogno?”
“Eh, ciccia, non è che posso decidere io per i tuoi dubbi esistenziali.”
Ridacchia di nuovo, prende un po’ di colore sulle guance, ciondola, guarda la strada.
“Facciamo una prova, allora, e poi vedi se ti piace o no.”
Occhieggia, molto più coinvolta di quanto cerchi di nascondere. “Dai, va bene.”
“Sicura?”
“Sicura.”
“Allora io domani vado a ordinare un paio di cose per la foto che ho in mente, sabato vieni da me e la facciamo.”
“Un paio di cose cosa?”
“Un artista non rivela mai le sue idee prima del tempo.”
“Ma dammi almeno un indizio.”
“Cosa piace a tutta Italia e che sta per tornare?”
Mi guarda come fanno i gatti.
“Cioè?”
“Ciao, Giorgina, siamo arrivati.”
Fermo davanti al suo portone. Non dirò una parola di più, ferri o non ferri dell’Inquisizione.
 
***

[continua...]
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